Categoria: Manutenzione

  • OLI 424: COMUNE – Genova cancella il diurno

    Foto da internet

    Ci sono molti divieti strani dovuti ad ordinanze sindacali o dirigenziali che in questi anni hanno popolato le pagine dei giornali nazionali (e anche internazionali): dal divieto di passeggiare con il cane al guinzaglio, fino a quello di circolare in bikini per il lungomare, tranne i casi giudicati possibili dal vigile urbano di passaggio.

    Ma a Genova abbiamo inventato il divieto di lavarsi, o meglio l’impossibilità di farlo come effetto collaterale di un sistema disorganizzato all’inverosimile: la chiusura del Diurno di De Ferrari per motivi di sicurezza.
    Il Diurno, gestito un tempo da undici dipendenti del Comune che nel tempo di sono ridotti fino a quattro, è stato recentemente oggetto di cronaca per un’indagine proprio sull’abitudine di timbrarsi il cartellino vicendevolmente. Però due mesi prima proprio una lettera degli stessi dipendenti aveva denunciato uno stato di grave disagio sulla manutenzione dei locali perdurante da anni: un’uscita di sicurezza impedita nel suo uso regolare da una palizzata in legno esterna alla struttura, una botola posta sul passaggio delle persone, proprio alla base della scala di accesso, la cui copertura rischiava di cedere, per cui fu ricoperta in qualche modo con una tavola di legno, il sistema di aerazione sulla cui efficienza gravano dubbi.
    La nostra storia inizia due mesi fa, quando per effetto di un controllo scaturito proprio dalla segnalazione dei dipendenti, il dirigente decide di chiudere temporaneamente la struttura per motivi di sicurezza. Come spesso accade in Comune, si innesca un processo di verifica di competenze, arrivano i lavori pubblici a verificare che il diurno necessiterebbe di circa 150 mila euro di lavori, anche se in realtà poi per gli interventi di minima messa in sicurezza un preventivo successivo parla di circa 15 mila. Nel frattempo che il tempo passa, le centinaia di persone che settimanalmente si recavano al diurno per lavarsi, scaldarsi un po’ in inverno, restano fuori. Alcuni si recano a Tursi per avere informazioni, l’assessore competente li riceve in giardino, in mezzo al consiglio comunale, e gli prospetta che in una decina di giorni il problema sarebbe stato risolto: ecco, in questo i nostri “immigrati” (si tratta soprattutto di persone straniere) si saranno sentiti molto integrati nel sistema burocratico italiano.
    Alcuni consiglieri comunali si muovono nel frattempo, viene effettuato un sopralluogo, una commissione consiliare, telefonate al dirigente: ci si aspetta che la giunta “faccia qualcosa”. Invece, tutta l’attenzione degli uffici si concentra solo sulle responsabilità e il diurno resta chiuso. Che queste persone almeno sappiano dove andare altrove non viene tenuto in alcuna considerazione, figuriamoci lavorare per trovare una soluzione di accordo con altre strutture. Solo dopo un intervento in Consiglio comunale, dove viene proposto di mandarli ai Bagni San Nazaro in Corso Italia per il tempo necessario alle riparazioni nel diurno, qualcosa pare cominciare a muoversi, con un tentativo di far intervenire le associazioni aderenti al patto di sussidiarietà sociale. Ma per ora, nulla.
    Durante la commissione, l’assessore Fracassi spiega che il diurno di De Ferrari non è considerata una struttura adatta, che si progetta di realizzarlo altrove, con un doppio accesso separato per turisti da una parte e povera gente dall’altra, con centro servizi e un deposito bagagli. A parte l’ingresso separato che lascia perplessi molti consiglieri, una bella idea, c’è l’ex diurno abbandonato nel metro di De Ferrari che sarebbe perfetto, ci sarebbe stato quello di Piazza Acquaverde proprio di fronte alla stazione Principe se non fosse stato ceduto in una permuta immobiliare pochi mesi fa. Ma, intanto, mentre la fantasia galoppa, Genova è una città con una giunta di centrosinistra senza servizi igienici per i poveri. L’estate si avvicina, il caldo pure, se prendendo un autobus qualcuno si trovasse accanto un passeggero molto puzzolente, sappia che potrebbe essere una persona che non vorrebbe esserlo, come ognuno di noi.
    (Stefano De Pietro) 
  • OLI 410 – CITTA’ – Come rilassa il Verde

    E’ tempo di bilanci, anzi di Bilancio e il Comune di Genova annuncia che nonostante i tagli, si è mantenuto lo standard dei servizi nel sociale, si è scelta una certa aliquota sugli immobili per garantire asili, anziani, disagiati. In controtendenza rispetto ad altre amministrazioni, ha onorato puntualmente i pagamenti con le imprese, ha diminuito i debiti , pagando così interessi più bassi, risparmiando sul personale, la dirigenza, sono andate in pensione quattrocento persone, per un totale di trenta milioni di stipendi in meno.
    Gocce nel mare e con tante incognite, vedi Amt e Fiera e alla fine dell’anno chissà. Per i lavori pubblici, dalla manutenzione scuole alle frane, stanziati 137 milioni di euro e quasi due milioni ai nove municipi oltre ai due già previsti: si dovrà scegliere e impiegare oculatamente.
    Ci sono però dei “ fuori sacco”, dei non detti. Tra questi spicca nel municipio del Medio Levante, quartieri di Foce, Albaro S. Martino, il completamento della riqualificazione di piazza Paolo da Novi, una piazza ottocentesca, alberata, in centro città, dove, tolta l’area centrale, il resto è una cayenna: un’invasione di auto e motorini nelle aiuole, fino alle radici degli alberi. Sono previsti quattrocentomila euro di spesa, un totale di un milione e mezzo di euro almeno fra il primo intervento e quello futuro, quante buche e aiuole si potrebbero fare, ma ne varrebbe la pena se la si volesse davvero trasformare. La piazza è un’importante area di scambio da levante però e quindi fonte di guadagno dai parcheggi, così, se in una prima stesura il progetto prevedeva una parte di pedonalizzazione, come si vede in azzurro nel piano, ora è sparita. Come sostiene Aster è vincolante “la proposta della Direzione Mobilità volta a contenere la perdita di posti auto… La
    pedonalizzazione di una sola e limitata porzione della piazza della prima versione sarà compensata con una riqualificazione più organica delle aiuole di cui non si intende assolutamente diminuire le dimensioni: sgombre dalle moto, liberate
    dall’asfalto, sostituito con pavimentazione drenante, come suggerito,dotate di panchine e di alberi sani, collegate da attraversamenti pedonali ben segnalati, le aiuole di piazza Paolo Da Novi devono diventare il percorso pedonale privilegiato, protetto e molto gradevole ad anello intorno alla piazza”: peccato che qui non si rispettino neppure le aiuole, figurarsi il percorso ad anello inframmezzato da strisce pedonali!
    E poi un po’ di colpa del “ ripiego” nel progetto è conseguenza della “proposta della Soprintendenza, volta a

    mantenere l’attuale sesto di Impianto…” Cioè a voler mantenere lo stesso numero di piante, lasciando quelle che ci sono, lo spazio viene meno: seccante questa disposizione di alberature storica. Troppo costoso sostituire le piante malate, si sono sbagliate a suo tempo le potature (ma chi le ha fatte?), meglio tutte nuove, un’altra specie più forte, che comunque fra una decina d’anni faranno di nuovo ombra perché per sicurezza che attecchiscano meglio piantarle “giovani giovani”. Un’inezia il costo delle piante, una fortuna buttar giù tutto.
    Quindi ai posteri l’ardua sentenza, nel frattempo non ci starebbe male la revoca dell’ordinanza “sperimentale” valida un anno e vecchia di tredici anni per consentire il parcheggio dei motorini sulle aiuole. Ma qual è l’idea di verde e di spazio pubblico pienamente godibile dai cittadini a Genova?
    In Europa parchi, in ogni angolo una piazza, una piazzetta , rigorosamente pedonale appena possibile e alberi, piante, fontane, pavillon, come nella foto a Madrid e a Lisbona, ma anche per ogni piccolo spazio nei vicoli tortuosi c’è un’aiuola, un albero e panchine. E poi lungofiumi alberati, strade solo ciclabili.
    Qui dice Aster che dobbiamo abituarci a vedere un verde “naturale” nel rispetto della biodiversità con insetti e topolini, come asserito nel Convegno sul Verde di lunedì 30 giugno a Tursi.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 330: PRIMARIE – Doria, Nichi, e la creatività di una perdita d’acqua

    Un muro di fotografi per Doria, Vendola e Don Gallo

    Al banchetto dei gadget, oltre al volantino, vengono distribuite matite, spille e fazzoletti. Gli ultimi, mi spiega una supporter, serviranno per “asciugarsi le lacrime di felicità” dopo che Doria avrà vinto le primarie.
    Il 1 febbraio 2012 la sala chiamata del porto – tempio di austerità operaia – è bandita a festa con palloncini arancioni e manifesti. E se non siamo alle convention americane, poco ci manca: nel tempo si può migliorare, affinarsi. Le primarie genovesi ci ricordano che da consumatori di beni siamo anche diventati consumatori di politica e l’evento, a seconda della regia, va dritto al cuore.
    In sala nessuno pare domandarsi cosa stia accadendo alla parte migliore della sinistra di questo paese. E chi percepisce il cambiamento lo accoglie con l’entusiasmo di aver imparato a maneggiare le armi del nemico, quelle del puro marketing politico e della vision.
    L’incontro è denso di speranze: Gallo, Vendola e Telese sono un bel tris per i sostenitori del Pisapia locale in salsa di noci.
    Ad una giovane e bellissima studentessa l’onore del primo, breve intervento: primarie come occasione per valorizzare i giovani e prendere la parola rispetto ai partiti che “non ci rappresentano più”. Per tutto l’incontro lei, unica donna al tavolo dei relatori, non verrà più interpellata.
    Nichi porta a Marco e alla platea la sua capacità di raccontare i diritti smarriti e la solidarietà, vira come un pilota acrobatico dal paradigma Fiat, al welfare per arrivare al “turbocapitalismo ebbro e famelico” e “alla vita agra degli operai”. Vendola sosta sulle scelte coraggiose fatte nella sua regione come la regolarizzazione dei precari. Ma più che Marco Doria, di cui dice poco, Nichi sostiene soprattutto se stesso ed una politica che deve imparare a difendersi dagli attacchi del mercato e della finanza in nome dei diritti e della giustizia sociale. Anche a Genova.
    Don Gallo è certo che Marco sia “l’uomo nuovo”. Il suo entusiasmo è autentico e sente che la vittoria è palpabile, come tangibile è l’entusiasmo dei sostenitori di Doria, desiderosi di diritti, lavoro e servizi sociali. Alla chiamata non sono presenti i funamboli del Pd, ma molti delusi dell’attuale giunta. E gli interventi di Doria e Vendola evocano un new deal e la necessità che il soggetto pubblico locale diventi interlocutore del governo nazionale. Si valorizzano importanza di ascolto e linguaggio. E la “possibilità per i cittadini di prendere la parola nei consessi collettivi”.
    E’ una politica alta quella che scalda i cuori in sala, che non vuole ridurre la riflessione sul governo di una grande città come Genova alle manutenzioni dei marciapiedi. Una politica che dichiara: “Non ci vuole una scienza per trovare la soluzione al problema dei marciapiedi”, consapevole che sia necessario un “grande sforzo creativo e di analisi per condurre un Comune ed una Regione”.

    A proposito di creatività, avviso a tutti candidati: accanto la fotografia scattata alle ore 15.00 del 6 febbraio relativa ad una perdita di acqua in Salita della Torretta. Lo scatto è stato segnalato telefonicamente e per e-mail alla protezione civile nel primo pomeriggio, anche per il rischio gelate notturne.
    Alle 19.30 l’acqua continuava a sgorgare copiosa come in un torrente di Courmayeur.
    Sullo sforzo di analisi si attende fiduciosi.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 317: CITTA’ : Storia di ordinaria manutenzione

    Asfalto, marciapiedi, aiuole, tubazioni, la città è un cantiere ormai da tempo, quanto efficace si vedrà, innegabile però che un po’ di buche siano sparite per la sicurezza di pedoni e motorini.
    Forse non tutti sanno che la manutenzione dello spazio pubblico è probabilmente l’unica vera competenza affidata ai Municipi, più note come Circoscrizioni, con tanto di assessori, comuni in miniatura che dovrebbero vigilare sul campo, essere il polso del territorio per il sindaco.
    Spetta al parlamentino dei rappresentanti di quartiere decidere se asfaltare un tratto di strada, con fondi ed esecuzione del Comune.
    Distrattamente i cittadini leggono i manifesti del Municipio, appiccicati qua e là con su scritto in caso di neve, inizio corsi di cucina e cucito, sfilata per Sant’Antonio, avviso agli elettori. Se però alla mattina si esce di casa e quando si torna non si riesce a fare il solito percorso, si brontola un pochino, ma in fondo si pensa che stia facendo qualcosa di buono, meno male, anche le buche stressano.
    Diverso è se le cose non tornano più come prima e in via definitiva.
    E’ quello che si stanno dicendo gli abitanti di via S. Luca d’Albaro, via Siena, viale Arezzo, con decine di palazzi: infatti sulla stradina di un centinaio di metri che portava a queste vie qualcuno ha piazzato un mese fa una sbarra per interdire il passaggio.
    La stradina in questione è all’inizio di via Orsini e conduce in via Puggia (quella delle famose palazzine finite al Tar) e da qui con un percorso a senso unico si arriva alle vie sopraddette, uscendone da un’altra creuza ancora. Per tornare a casa ora si arriva in cima a via Orsini, un’altra rampa e il doppio di creuza di via Puggia: niente di grave, pur se il massimo non è, alti muraglioni, spigoli aguzzi e di sera i pedoni stretti alle pareti.
    Si potrebbe con ragione obiettare “no” alle creuze carrabili, no alle automobili di oggi, troppe e troppo larghe, che non si doveva costruire così tanto, ma ora quegli edifici ci sono e la gente ci abita. Questione risibile si dirà e i problemi di oggi son ben altri.
    Ma se è vero, come si mormora, che il comune non ha voluto asfaltare la stradina rispondendo ai residenti che risultava privata, tant’è che per ripicca se n’è sbarrato il passaggio, un problemino si pone.
    Più che legittima l’azione di chi risiede nella stradina, ci si sarà stufati del traffico, ma ci si è passati sempre, ormai è di pubblica utilità, si obietta. Ci si chiede comunque se l’assessore del municipio del Medio Levante avrà fatto un sopralluogo nelle vie da asfaltare. Forse gli elettori dovrebbero rivolgersi all’assessore per la manutenzione del comune di Genova, ex presidente del municipio di cui sopra.
    In consiglio comunale intanto si sta proponendo di diminuire i componenti del municipio, anche se poi sono praticamente volontari, ricompensati da un gettone di presenza se va bene, mentre spesso per il territorio sono preziosi. Al presidente invece uno stipendio da dirigente pubblico.
    (Bianca Vergati)