In questi giorni è partita la quinta Campagna Internazionale Open Shuhada Street in solidarietà con gli abitanti di Hebron e della Palestina. Lo scorso 25 febbraio gli abitanti di Hebron hanno ricordato il massacro del 1994 in cui il colono israeliano Baruch Goldstein uccise 29 palestinesi mentre stavano pregando nella Moschea di Ibrahim, e a seguito di questo evento il governo israeliano chiuse la Shuhada Street, l’allora via di commercio principale per i palestinesi, con i suoi 500 negozi.
Oggi sulla Shuhada street possono passarci solo israeliani, internazionali, animali, ma non palestinesi.
La campagna internazionale con attivisti per i diritti umani provenienti da tutto il mondo, chiede la riapertura della strada, chiede rispetto dei diritti umani e la fine dell’occupazione militare israeliana nei Territori Occupati Palestinesi. Hebron è divisa in due: nella zona H1 vivono circa 120 mila arabi sotto l’autorità palestinese e nella zona H2 vivono 30mila palestinesi sotto l’autorità israeliana e 400 coloni “protetti” da 3000 militari israeliani. Il divieto di accesso alla Shuhada Street limita libertà di movimento ai palestinesi.
In occasione della quinta campagna internazionale è arrivata in Italia Sondos Azza, una giovane studentessa di 21 anni dell’associazione Youth Against Settlements. L’associazione è formata da un gruppo di giovani attivisti palestinesi che organizza azioni di disobbedienza civile contro l’occupazione israeliana e supporta le famiglie danneggiate dai soprusi dei coloni.
Ci sarebbe dovuta essere con lei anche Naywa Amro ma dopo essere stata trattenuta ed interrogata per 3 ore alla frontiera, gli israeliani non le hanno permesso di entrare in Giordania per poi volare verso l’Italia.
Najwa Amro e’ una donna di 40 anni impegnata con le associazioni di donne, suo marito è stato condannato a diversi ergastoli e tre fratelli sono in carcere. Un fratello è stato ammazzato dai soldati israeliani.
Ho incontrato Sondos a Padova durante il suo tour nelle città italiane in cui ha dato testimonianza della difficile quotidianità che l’associazione YAS e i palestinesi sono costretti a vivere ad Hebron.
“E’ difficile proteggerci, se andiamo in Shuhada street i militari ci arrestano e per andare a visitare una famiglia che abita a 5 minuti da casa mia devo chiedere un permesso” dice mentre mostra dei video che denunciano la repressione da parte di militari sui giovani, “ogni nostra azione di resistenza viene repressa violentemente dai soldati, è più dura di quello che vedi dai video“. L’associazione, che si trova nell’area H2, documenta tramite video la repressione sui palestinesi. “Gli israeliani non vogliono che si racconti la verità” dice Sondos, per questo spesso il materiale video e fotografico viene sequestrato.
Per Sondos spesso è difficile raggiungere una delle università di Hebron che frequenta per diventare insegnante di lingua inglese. I check point, le barriere, i blocchi e i continui controlli impediscono la libertà di movimento.
Il governo israeliano impedisce anche la libertà di studio: colpire l’istruzione per colpire il futuro del paese. Dal 1967 ad oggi sono stati arrestati 800mila palestinesi soprattutto giovani.
“Non vogliono aprire la strada, spero un giorno succederà” Sondos spera come tanti giovani che un giorno possa correre sulla Shuhada street e che l’occupazione finisca, nel frattempo la sua lotta quotidiana di resistenza ai soprusi non si ferma perché per lei, respirare, stare in quel posto, è già esistere!
(Maria Di Pietro – foto dell’autrice)
Categoria: Hebron
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OLI 422: PALESTINA – La Campagna Open Shuahada Street in Italia
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OLI 366: PALESTINA – Open Shuhada Street
Dal 22 al 25 febbraio in tutto il mondo si celebrerà la quarta azione globale per la riapertura della Shuhada Street di Hebron che è stata chiusa nel 1994 dopo il massacro di 29 palestinesi, che pregavano nella moschea Ibrahim, da parte del colono israeliano Baruch Goldstein.
Shuhada street è la via principale del centro storico di Hebron, una volta la più importante via di comunicazione commerciale e molto affollata.
Ora è deserta.
I 500 negozi arabi di Shuhada Street sono stati sigillati e questo ha devastato l’economia locale, i palestinesi non sono autorizzati a percorrere “la strada dell’apartheid” e sono costretti a fare lunghe deviazioni per arrivare dall’altro lato della strada, solo gli israeliani possono transitarvi. Hebron è l’unica città della Cisgiordania dove 600 coloni, protetti da 2000 militari israeliani, vivono in cinque insediamenti all’interno della città vecchia. Inoltre è l’unica città in cui i check point ed i blocchi alla circolazione sono imposti all’interno del centro cittadino. Secondo il protocollo che definisce lo statuto di Hebron, la città è divisa in due parti: H1 sotto l’autorità palestinese e H2 sotto il controllo militare israeliano.
La via del mercato arabo, parallela a Shuhada street, è coperta da una rete metallica che protegge i palestinesi da spazzatura, sputi, olio bollente, escrementi, che i coloni israeliani ogni giorno gettano dalle loro case sui passanti.
La violenza fisica e psicologica da parte dei coloni è una tragica realtà, le libertà personali dei palestinesi sono ridotte al minimo, i controlli sono eccessivi e a causa della “closure” molti servizi, inclusi quelli sanitari, risultano di fatto inutilizzabili.
L’imposizione ai palestinesi della chiusura della strada, dei coprifuochi, dei posti di blocco militari, la detenzione senza motivo delle persone e la mancanza di protezione dalle continue violenze ha spinto 15000 civili palestinesi a fuggire dalle loro case, trasformando il centro storico di Hebron in una città fantasma.Il 25 febbraio ad Hebron ci sarà una grande manifestazione organizzata da Youth against Settlements insieme ad attivisti internazionali e pacifisti israeliani per chiedere la riapertura di Shuhada Street e la fine dell’occupazione. In varie città del mondo ci saranno iniziative di solidarietà, Anche a Genova verrà ricordata l’iniziativa Open Shuhada Street durante l’incontro con la mamma di Vittorio Arrigoni, Egidia Beretta, che sarà al teatro della Tosse domenica 24 febbraio h.18,30 con Don Andrea Gallo.
(Maria Di Pietro – foto da internet)

