Categoria: PUC

  • OLI 421: AMBIENTE – Il Marsano tra tradizione centenaria e PUC prossimo venturo

    L’Istituto Agrario Marsano di Sant’Ilario a Genova è un’eccellenza nel panorama della conservazione della tradizione ligure. Fin dai tempi della sua costituzione Bernardo Marsano pensò a qualcosa che servisse alla creazione di posti di lavoro per i giovani attraverso la trasmissione di tradizioni agrarie arricchite dalle “nuove tecnologie”. Oggi, una nuova tecnologia potrebbe essere considerata una delle attività più antiche al mondo che si è persa: saper costruire a mani quasi nude un muretto a secco, uno di quei tanti che caratterizzano il paesaggio ligure e che hanno contribuito alla sua trasformazione nel rispetto delle proprietà di drenaggio dell’acqua.
    La gara dei muretti a secco che si è svolta giovedì 12 febbraio 2015 tra le classi delle varie succursali della scuola sparse per il territorio della provincia genovese ha trovato una giornata primaverile a mezzo febbraio. Bene per tutti: per i ragazzi che amano, a quell’età, muovere le mani più che piegare la testa sui libri, bene per i professori che hanno modo di conoscerli anche al di fuori dei banchi in un contesto pratico, per gli invitati esperti di muretti a secco ben felici di trasmettere le proprie conoscenze, e per gli ospiti con la fortuna di ammirare il paesaggio mozzafiato che si gode da quel posto selezionato. La professoressa Angela Comenale ci spiega nel video come mai sia così importante non perdere questa tradizione, fatta di saperi locali, lontani, e di natura che si incastra tra le pietre accatastate.

    Eppure, in mezzo a questo paradiso, incombe ancora una voce strana del Piano urbanistico comunale che presto passerà in Consiglio a Genova: una strada prevista in zona ma stranamente non disegnata, per scelta, per non segnare graficamente la pretesa assurda di attraversare il Marsano con una viabilità verso il nulla dei terreni a levante, pronti per una possibile speculazione, una cosa che nessuno vorrebbe votare ma che qualcuno pretende con forza ed insistenza.
    Una situazione più volte segnalata dalle associazioni ambientaliste, da alcuni gruppi politici, dal Marsano stesso che attende da anni un riconoscimento ministeriale di area protetta che non arriva, senza comprenderne la ragione.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 400: COMUNE – Un 54 che da i numeri!

    Il cartello delle “Profonde sintonie” tra Pd e Pdl distribuito
    dal M5S in Consiglio comunale a Genova.

    L’articolo 54 del regolamento del Consiglio comunale di Genova determina le modalità con le quali possono essere presentate interrogazioni a risposta immediata alla Giunta, con passaggio nella prima ora che precede la seduta del Consiglio, ogni martedi pomeriggio.
    Si tratta di un momento importante per molti gruppi, soprattutto per quelli che cercano la visibilità sui giornali, in quanto di solito le domande riguardano il territorio, dove i politici si coltivano la base di consenso per essere eventualmente rieletti la volta successiva. Qualche consigliere ne fa un uso fin troppo copioso, presentandone anche più di cento per ogni seduta. Dei quali forse ne sarà scelto uno, dal Presidente, che in questo contesto fa un po’ da “chef aprés dieu”, avendo il diritto di estrazione a propria indiscussa preferenza. Cercando, si dice, di mediare in modo che ogni gruppo possa trovare il suo momento di gloria in Consiglio; si dice, “più o meno suppergiù” (cit. Vasco Rossi).
    Durante il lungo percorso di revisione del regolamento, durato un anno e mezzo, il “54” ha trovato un humus di discussione molto fecondo, e ne sono stati proposti diversi anche molto differenti. Alla fine si era optato, a maggioranza, per un sistema che levasse al Presidente la scelta, creando una lista di arrivo che avrebbe dato la sequenza di presentazione in Consiglio. In pratica, ci si sarebbe auto limitati ad un solo 54 per consigliere per settimana, e l’ordine di arrivo avrebbe determinato l’ordine di discussione di tutti quelli presentati, con eventuale rimando alla volta successiva nel caso l’ora prima del Consiglio non fosse stata sufficiente ad esaurirli.
    Sulla proposta scelta in commissione, in Consiglio, il terzo di fila sul regolamento, cade però la scure del Pd, nella persona del capogruppo Farello, in un qualche modo d’accordo con il Pdl, quasi a suggello delle profonde sintonie romane. Farello in verità in un anno e mezzo si era fatto vedere poco in commissione, anche se ovviamente dal punto di vista regolamentare nulla si può obiettare sulla scelta di rimettere tutto in gioco. Questo scatena anche un po’ di proteste della minoranza, Pdl escluso come detto.
    Così in Consiglio comunale arrivano altre proposte, come quella di far di nuovo scegliere tutto al Presidente, limitando prima ad una sola presentazione di 54 per consigliere, poi cambiando per metterlo a un numero per consigliere che corrisponde al numero dei consiglieri in aula (40) ma con una scelta di massimo 40 domande, poi cambiando ancora ripescando un’idea cinquestelle di un 54 anche a risposta scritta. Insomma, un pastrocchio ridicolo che blocca per la terza volta il Consiglio comunale, al punto che alcuni consiglieri cominciano ad innervosirsi per lo spettacolo indecoroso che viene mostrato ai cittadini. Settanta mila euro di commissioni in un anno e mezzo di lavoro per arrivare ad una cosa condivisa che in consiglio viene smontata dal Pd e dal Pdl.
    Alla fine, per terminarla lì, si decide in conferenza capigruppo che si faranno degli incontri tra i gruppi prima del prossimo consiglio in modo da arrivare con una soluzione nuovamente condivisa, terminare le votazioni e cominciare a litigare sulle cose più urgenti: ad esempio il nuovo Puc.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 396: PUC – Quando si partecipa troppo

    Mercoledì 22 gennaio, ecco presentarsi alle audizioni di cittadini e associazioni in commissione comunale, circa il recepimento nel Puc delle osservazioni regionali di Valutazione Ambientale, il Comitato di Terralba. Di nuovo? il suo rappresentante ha ormai calcato tutte le platee possibili, presenziando ai convegni, nei municipi, in comune, ai tavoli di discussione, dal piano urbanistico al dissesto idrogeologico, ovunque,occupando tempo e spazio, anche quando la questione c’entrava di striscio. Indubbiamente utile per Terralba, che sarà impressa nella memoria dei partecipanti, pure presso gli stralunati cittadini comuni, che avrebbero voluto sentire qualcos’altro, come in quest’occasione e non una mezz’ora di Terralba con claque al seguito.
    Chissà, magari avere una visione un po’ più ampia, sapere quale sarà il futuro dell’abitato e del paesaggio, patrimonio di tutti e non soltanto il destino delle aree ferroviarie di Terralba, su cui erano previsti edificazioni in cambio di una messa a punto di linee metropolitane di superficie: proposta delle Ferrovie dal sapore ricattatorio s’intende.
    Così all’ennesima riunione, grazie a chi si guarda soprattutto il suo ombelico, si sono avute “comode”  risposte frettolose e poco articolate su tematiche più generali, che invece interessano tutti i cittadini. Come la proposta di “moratoria sul consumo di suolo” chiesta per la Liguria da Salvatore Settis sul Secolo XIX ( 22.1.14) e portata avanti dalla rete delle associazioni della “Città che vogliamo”, infatti a Genova ci sono quindicimila vani vuoti e dunque che senso ha costruire ancora? Però apparirebbe da “esproprio oltrecortina” la proposta presentata dalle associazioni di un “allontanamento delle popolazioni” da edifici o zone più o meno a rischio, via la Valbisagno o via la Foce.
    Inquieta la preoccupazione degli uffici circa l’abbandono delle aree in collina se non si permette l’edificabilità anche a chi non fa agricoltura, come invece chiedono i giovani agricoltori, che lamentano una probabile impennata dei prezzi sui terreni agricoli se diverranno edificabili. E altrettanto dicasi per la richiesta della Coldiretti di tenersi stretti, ovviamente per trasferire o vendere, i diritti edificatori.
    Non si sono ancora avute risposte puntuali per le aree a rischio idrogeologico, che ora sono rosse e poi potrebbero non esserlo più, dopo la costruzione dello scolmatore, e nemmeno è chiaro se si costruiranno altri megaparcheggi come quelli a monte nel levante: non è un caso che il terreno dei parchi di Nervi con i suoi alberi centenari che vengono giù, sia intriso d’acqua anche quando non è piovuto. Non sono un caso neppure le casette a picco sul mare sempre nel levante cittadino, quelle che stanno franando a Nervi, frutto di un condono dell’anno di grazia 1986.
    Nessun chiarimento neppure sulle “porzioni” di verde che spettano a ciascun abitante, non soltanto l’aiuola-giardinetto o la porzione di mare libero, o al diritto di ciascuno a non vivere con troppi decibel e traffico inquinante con nuovi insediamenti. Invece di costruire le associazioni propongono una “rigenerazione urbana”, come il rinnovare anche dal punto di vista energetico per risparmiare magari sul riscaldamento, e sarebbe anche lavoro per le imprese edili, è vero, ma di questi tempi e con una popolazione anziana chi andrà a dire a migliaia di cittadini che dovrebbero ristrutturare le loro pareti o le loro finestre?
    Tutto rinviato alla discussione nello specifico del solo Puc.
    Da sottolineare previsioni demografiche ottimistiche degli uffici su eventuali futuri abitanti, previsioni che si rifanno ad un auspicio di città, più che a delle certezze. Si spera che verranno city users per l’università, per l’high tech, per il turismo, per altro lavoro e lo speriamo davvero per Genova, per i nostri giovani, non possiamo respingere queste speranze, ma la realtà di oggi ed il futuro che s’intravede dicono altro.
    Prospettive occupazionali che mettono i brividi.
    Grazie alla crisi che, per la nostra città, ha radici lontane, grazie allo spirito d’iniziativa dei nostri arditi imprenditori, che hanno investito sì nel territorio, ma al massimo nel mattone, grazie alla preminente politica industriale pseudo-pubblica, che ci ha travolto quando non ha più funzionato. A Genova sarà durissima vedere la mitica luce in fondo al tunnel, ma ancora luccicano i soliti noti, armatori, petrolieri, ministri, parlamentari, amministratori di aziende e istituzioni.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 394 – PUC: Alla fine della Fiera

    Mercoledì 11 dicembre presso il Municipio Medio Levante si è avuto un pacifico esempio di come si può ragionare tra cittadini e rappresentanti delle Istituzioni senza perdere la bussola, lontano dai disastri in parlamento, piazze e web. L’occasione è stata un incontro organizzato dal Movimento 5 Stelle con giovani volontari esperti e garbati, per discutere sul destino della Foce e dei suoi spazi degradati, luoghi su cui si è ormai ipotizzato di tutto, dallo stadio alla Fiumara 2.
     Una prova di percorso di partecipazione, un concorso di idee, “un interpelliamo i residenti”  auspicato e mai avvenuto, al di là dei comitati.
    Si apprende dai giornali ( Repubblica, e Mercantile 29/11) di un megaprogetto sul palazzo dell’ex Nira-Ansaldo, edificio dismesso da tempo, per il quale si erano prospettati dapprima nuovi uffici. Per quali società? visto il lavoro che non c’è; e poi un grande albergo per le manifestazioni in Fiera, quali? se pure il Salone Nautico s’è ristretto.
    Aste deserte per l’ex Nira, ma gli uffici di Sviluppo Genova – altro mistero di partecipata – da agosto stanno studiando in segreto la proposta di un’immobiliare di Torino, presentata a tre giorni dalla scadenza del 2 dicembre, in Commissione comunale. Si prevedono megastore alimentare e altri servizi commerciali per circa 7mila metri mq, più magazzini , perché si comprendono alcune costruzioni precarie intorno al palazzo, un albergo, palestre per quattromila mq, residenze, non manca proprio nulla: 23mila mq di superficie, a cui aggiungere un migliaio di posti auto. Finalmente, ironizza il consigliere comunale 5 Stelle in Municipio, potrà sbarcare in città la grande firma alimentare che mai v’è riuscita ed uno pensa a tutte le aiuole cittadine che da anni cura l’azienda in questione, una fortuna in giardinieri per aprire supermercati a Genova.

    Premesso che qualcosa se ne dovrà pur fare di quel palazzo, a tirarlo giù nemmeno se ne parla, del resto è un immobile pubblico in un posto bellissimo, vista mare e quant’altro, come ci si arriverà? Un bel problema che l’Amministrazione dovrebbe assolutamente risolvere prima di ogni “ sì” a qualunque ipotesi, la stretta stradina sotto la sopraelevata non reggerebbe il traffico, visto il maxiparcheggio proposto: il quartiere della Foce ne ha già abbastanza di servitù di viabilità.
    Nel limbo l’ipotesi stadio, il patron ha ora grosse grane con il fisco. Anche in questo progetto si prevedevano però centri commerciali, mentre è recentissima la presentazione di un Polo permanente della Nautica in Fiera da parte degli operatori del settore. Oddio che affollamento e quanto interesse tutti insieme!
    E se invece si puntasse ad una rigenerazione urbana, in una visione d’insieme globale, riqualificando tutto il litorale da Boccadasse al Porto Antico, spiagge comprese, recuperando gli edifici dismessi per puntare ad una vocazione turistica? Follia cedere patrimonio pubblico in una posizione di pregio per uno stadio, attrattiva soltanto per una parte di genovesi, i tifosi di una squadra. Al di là dell’impatto urbanistico, dei max trenta posti di lavoro, come dice la brochure della Sampdoria, non se ne vedono i vantaggi per città e quartiere. Restituire invece agli abitanti il desolato piazzale Kennedy per farne un “belvedere-giardino” sopraelevato all’altezza della scogliera, vista mare con dei gradoni a rovescio come gli antichi teatri, per ricoverarvi sotto le auto dei residenti e di chi vuole passeggiare fino a Boccadasse o arrivare, tornare dall’Acquario, lungo un nuovo collegamento pedociclabile. In Fiera una cittadella del tempo libero, aperto tutto l’anno, polo per gli sport del mare e del benessere, parco acquatico, albergo: un’offerta turistica permanente per chi viene a Genova a visitare l’Acquario, fare una scappata in Riviera, si ferma un po’ e scopre che Genova è bella e non vuole morire.
    L’equilibrio economico? Un po’ di permute tra enti e riordino, una volta per tutte, negli intrecci di autorità portuale, comune, fiera e altro ancora.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 391: CITTA’ – Puc, Regione e autorimesse AMT

    Dunque va bene o non va bene quanto hanno deciso gli Uffici Comunali riguardo le Osservazioni della Regione in materia Ambientale? Un bel parere secco e se ti va un bel malloppo da leggere, quasi duecento pagine di verbali, tabelle, recepimenti, inviati ai Municipi per approvare un qualcosa che neanche in consiglio comunale hanno ancora visto.
    Tra le pagine di quegli stizziti verbali si è consumata invece una bella lotta tra Enti per decidere il futuro assetto edilizio della città con abitanti in calo irreversibile, costruire o non costruire nei famigerati Distretti di trasformazione, ovvero nelle aree dismesse di fabbriche, vallette verdi, autorimesse, quante residenze, quanti centri commerciali, quanti parcheggi è permesso fare. In un raptus di fine mandato la Regione ha sparato una serie di diktat ambientali, che ha entusiasmato ambientalisti e spiazzato la controparte, sentenziando osservazioni non meramente indicative come di solito avviene, ma le ha blindate a “prescrittive” , nel senso che è obbligo vadano recepite: la Vas, Valutazione ambientale strategica.
    Una spallata da ente sovraordinato, cioè da chi conta di più, sta più in alto nella scaletta d’importanza. Un bel destro per gli Uffici, nel frattempo passati direttamente dal via con il nuovo sindaco come nel gioco dell’oca, tornando a fidata gestione Pd, Fds, Ds, ante Vincenzi, un’ambientalista pura al confronto.
    Si scopre così dai verbali che il Comune “evidenzia come non sia possibile destinare sistematicamente le aree esondabili a verde, (ndr. come richiesto dalla Regione nelle sue Osservazioni) in quanto si tratta nella maggior parte dei casi di aree già insediate o sulle quali pesano interessi anche pubblici notevoli e -conseguenti affidamenti- , come la rimessa AMT della Foce ..sarà necessario esplicitare che alcune previsioni di grande trasformazione di PUC, ad esempio Corso Sardegna e Via Maddaloni, (ndr. dove c’è la rimessa Foce Amt ), per ragioni giuridiche (…!!) non possano che essere confermate, ovviamente evidenziando in norma … il raggiungimento di adeguate condizioni di sicurezza idraulica, come previsto dal Piano di Bacino..” (ndr., Il Piano di Bacino, per dirla semplice, stabilisce come e quanto è sicura una zona rispetto ad un fiume)..”evidenzia il Comune che sta approvando il progetto definitivo dello scolmatore del Ferreggiano-Noce-Rovare (…) L’intervento comporterà una revisione delle zone rosse nel Piano di bacino del Bisagno.”
    Quindi anche se “La Regione, evidenzia la necessità di individuare i distretti in contrasto con le norme di Piano di Bacino… “, il Comune non arretra, vuole lasciare a residenze, commercio, parcheggi magari interrati,  più di quattromila metri quadrati dell’autorimessa della Foce. Un’ipotesi remota si dirà, visto che la Foce è l’unica autorimessa rimasta nel Levante, quella di Boccadasse già venduta, al suo posto un palazzone ed è tramontato il progetto di ricoverare i bus allo stadio Carlini.
    Per ripianare Amt se pare corretto mettere in campo i gioielli immobiliari, posti in luoghi di pregio, altro discorso è il non arretrare rispetto ad una riqualificazione in area rossa cioè esondabile, ipotizzando che prima o poi con i lavori ancora da farsi sullo scolmatore Fereggiano, la Foce zona rossa non sarà più. Portandosi dietro a cascata progetti in soffitta di park interrati nei dintorni, come Caravelle e via Casaregis.
    Intanto già si sa come sono finiti i soldi della rimessa Boccadasse: in un’altra società, una bad company per presentare un‘Amt sana al socio francese, che nel frattempo s’è volatilizzato, riprendendosi il suo capitale tutto intero. Di sicuro Amt fu società giuridicamente inadempiente, ma il Comune fece proprio un bell’affare: soldi e immobili spariti e debiti rimasti.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 391: PETIZIONE – Stop al consumo del suolo a Genova!

    Il Comune di Genova sta per approvare il nuovo Piano Urbanistico Municipale (PUC); organizzazioni, comitati, associazioni e reti di cittadini si stanno mobilitando per difendere il territorio dalla speculazione edilizia e promuovere politiche pubbliche di buon senso. Per questo motivo è stata lanciata una petizione; i promotori chiedono ai cittadini liguri, che hanno a cuore il futuro ambientale del territorio, di firmare la petizione:
     “Considerato l’alto indice di urbanizzazione e impermeabilizzazione del suolo, lo stato di abbandono del territorio ed il rischio idrogeologico che ne consegue, le difficoltà di accesso alla terra per la produzione agricola locale, l’elevato numero di edifici vuoti e l’andamento demografico decrescente, il coordinamento di reti, associazioni e comitati genovesi contro il consumo di territorio chiede che il PUC (Piano Urbanistico Comunale) non preveda ulteriore consumo di terreno libero, nè in superficie, nè sottoterra.” 
    Tra i promotori:
    Rete if, tavolo agricoltura; Forum salviamo il paesaggio, Genova; Acli Liguria; Aiab Liguria; Amici del Chiaravagna onlus; Amici di Pontecarrega; Arci Genova; Attac; Circolo arci barabini di trasta; Circolo arci belleville; Circolo arci culturale Fegino; Circolo arci erba voglio; Circolo arci futuro primitivo; Circolo arci pianacci; Circolo arci zenzero; Comitato acqua bene comune Genova; Comitato acquasola; Comitato contro la cementificazione di Terralba; Comitato protezione Bosco pelato; Coordinamento gestione corretta rifiuti della Liguria (gcr Liguria); Fair; Gestione corretta rifiuti Genova (gcr genova); Italia Nostra; Legambiente lLguria; Le serre di San Nnicola di Castellett ;Libera Genova; Liguria biologica; Mdc Genova; Medicina democratica; Medici per l’ambiente (i.s.d.e.); Movimento consumatori Liguria; Movimento decrescita felice Genova; Slow food Liguria; Terra! onlus; Vivere in collina; Wwf Genova; Wwf Italia sezione regionale Liguria; Y.e.a.s.t. youth europe around sustainability tables; GasaGenova; A.s.c.i. Liguria; Circolo nuova ecologia; Circolo arci lavoratori sturlesi accipicchia; Slow food Genova; Comitato genitori istituto comprensivo Pra’
    Per maggiori informazioni:
    http://istruzioniperilfuturo.org/2013/11/05/campagna-genovese-agricoltura-o-villette/
    http://istruzioniperilfuturo.org/2013/11/14/audizione-rete-if-su-p-u-c-e-agricoltura-a-genova/

  • OLI 387: COMUNE – L’incomprensibile futuro delle aree agricole

    L’agricoltura, di per se stessa, è un attività imprenditoriale. Quindi l’agricoltura come attività sua propria non fa tutela del territorio
    Arch. Silvia Capurro Direttore Direzione Urbanistica Comune di Genova

    Il 23 ottobre, giornata che ha inaugurato la prima allerta meteo dell’autunno, a Palazzo Tursi si è riunita la V Commissione Consiliare Territorio per discutere di PUC, e presentare le linee guida con cui il Comune intende rispondere alla Valutazione Ambientale Strategica, attraverso la quale la Regione Liguria ha chiesto all’ente di modificare la normativa che concede un indice di edificazione ad uso residenziale svincolato da impegni di attività agricola produttiva (leggasi villette) evidenziando l’esigenza di limitare il consumo di suolo esclusivamente ad attività agricole professionali.
    Ad assistere al dibattito un gruppo di preoccupati contadini e cittadini, in ascetico silenzio – la natura favorisce l’approccio zen anche delle questioni più spinose.
    Forte la difficoltà di adattare il linguaggio tecnico a quello comune, perché qui si è parlato di legge regionale, emendamenti, iter delle commissioni, tavoli di concertazione e soprattutto è emerso che non c’è un parere condiviso dai soggetti politici presenti in sala rossa su PUC e VAS, anche nella stessa maggioranza.
    Inizialmente è stato difficile persino chiarire se la Valutazione Ambientale Strategica della Regione Liguria fosse o non fosse vincolante per il PUC e se quelle fatte sino ad oggi fossero controdeduzioni del Comune o adeguamenti alla VAS.
    Il Vicesindaco Bernini che non ama esser servo di nessuno, tanto meno della Regione ha precisato che oggetto della discussione erano le controdeduzioni ad osservazioni su un provvedimento della giunta regionale che, per fortuna, vista la delicatezza della situazione ligure – che prevede il vincolo dei comuni a seguire queste osservazioni – ha inserito, la Giunta Regionale stessa, la via d’uscita rispetto a conflitti che potrebbero esserci, cioè l’istituzione dei tavoli tecnici.
    E da lì per Bernini bisogna partire, dalla dialettica che c’è in questi tavoli.

    (Silvia Capurro e Stefano Bernini)

    Supportati dalla competenza di dirigenti e funzionari dei vari settori del Comune i componenti politici della Commissione hanno potuto fare tesoro delle risorse dell’ente. Anche se la vischiosità del linguaggio tecnico è stato talvolta uno scoglio insormontabile.
    Silvia Capurro ha chiarito che le aree al di là della linea verde sono state classificate, dal piano regolatore adottato, tutte come aree agricole, su tutte le aree agricole possono intervenire in primis gli operatori agricoli professionali, dopodiché ci sono i cosiddetti presidi ambientali dove possono operare anche operatori agricoli non professionali.
    Ma chi controlla che il presidio ambientale venga fatto con la dovuta attenzione? Quali le sanzioni? Non esiste il rischio che costruita la villetta, in assenza di norme il territorio circostante venga abbandonato al suo destino tradendo il patto?
    Inoltre appare evidente che questa strada inciderà sul costo delle terre a svantaggio di chi a Genova crede si possa investire e incentivare il chilometro zero e la produzione agricola.
    Ma il 23 ottobre si è anche capito inoltre che sul territorio comunale le serre tradizionali, di fatto, non sono un’esigenza sentita dal settore produttivo. Non se ne prevede lo sviluppo e andrà promosso il recupero dei territori delle serre dismesse.
    Nella patria del basilico succede anche questo
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 378: COMUNE – Prove (mal organizzate) di partecipazione al Puc

    Puntata bis sulla partecipazione, oggi quella dei cittadini alla stesura del Puc, il Piano urbanistico comunale, ossia quel documento che delinea come sarà Genova nei prossimi dieci anni. Con uno scarto da cannoniere della nazionale e inventiva inattesa dopo le linee della giunta Vincenzi che fece disegnare il Puc in una barca dimenticata in darsena (il famoso Urban Lab), il vicesindaco Bernini decide che è necessario un “percorso partecipato” prima di riprendere in mano il Puc in consiglio comunale, prima ancora di rendere note le risposte degli uffici alle oltre ottocento segnalazioni inviate da associazioni, cittadini e servizi stessi del comune.
    La cosa viene organizzata con i municipi, e si svolge durante riunioni aperte nei nove municipi, a cominciare da quello di Voltri. I tempi sono però strettissimi, e dalla partecipazione molto sentita ma poco numerosa della riunione nel Medio Levante in via Mascherpa alla Foce, si capisce che la comunicazione è, come al solito quando si parla di comune, davvero poco efficace. In via Mascherpa la cosa viene fatta notare, due consiglieri si ribellano spiegando che sono stati apposti i cartelli di avviso in tutte le bacheche pubbiche del municipio. Niente mail, niente Facebook, nessun mezzo post ottocentesco nonostante il presidente ammetta di essere un informatico, e che intende migliorare questo lato della comunicazione. Però “dopo”, aggiungo io, dopo il Puc. Per fortuna che i gruppi consiliari si sono mossi con i propri elettori, che hanno divulgato loro, certo non con quella capillarità che una campagna pubblicitaria, ad esempio in televisione e sui media cittadini avrebbe consentito di sviluppare. Sarà l’esperienza, sarà l’abitudine, anche la sala scelta non poteva contenere più di 50/60 persone, e tutti erano seduti.
    A margine del metodo, il contenuto: l’amministrazione vuole conoscere cosa ne pensa la cittadinanza del Puc. Alla Foce viene travolta da infiniti problemi di manutenzione, dall’argomento nuovo stadio, qualcuno lamenta che tra il momento della notizia della riunione e la data stabilita siano passati pochissimi giorni (circa una settimana, per Voltri è andata peggio, due giorni). Comunque, una riunione sul Puc, senza avere ancora a disposizione le osservazioni e le controdeduzioni degli uffici, con pochi giorni di preavviso, in un clima da “tanto alla fine fate comunque quello che volete” che la dice lunga su come sia il clima là fuori degli uffici patinati, ma ormai non troppo, di Tursi e del “matitone”.
    Non è nemmeno più un problema di contenuti, è diventato il metodo usato che lascia fuori i cittadini, che consente alla giunta di avere scritta la parola “partecipazione” sui giornali ma, nella realtà dei fatti, nulla più che una operazione di facciata anche mal organizzata.
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 371: URBANISTICA – Mal di park in Caravelle

    Puc- 2000
    La zona rossa è tutta esondabile , anche il marciapiede alla base delle caravelle.
    Si deduce che non sia possibile costruire un parcheggio interrato.

    Appare, scompare, riappare, su e giù come le onde il progetto delle Caravelle in piazza della Vittoria a Genova, accantonato dopo l’approvazione del Puc del sindaco Vincenzi e la tragica alluvione. Sembrava disperso, invece eccolo di nuovo alla ribalta l’autosilo sotto i giardini in onore di Colombo, ultima certezza che i genovesi hanno come paesaggio cittadino dopo le matitone-grat-en-ciel, che oscurano la vista della Lanterna amata.
    Con una proposta-spot il Municipio del Medio Levante ha presentato in Commissione Territorio il Park Caravelle, a cui maggioranza ed opposizione, tranne Sel, hanno dato “parere favorevole”.
    Ancora? Già ancora, pur se la precedente Giunta di centrodestra aveva votato il sì al progetto, ci si è presi la briga di riproporlo una seconda volta, senza che nulla fosse cambiato nella proposta. Iter inusuale a dire poco: se ogni volta che cambia “colore” un’Amministrazione, si dovessero rifare i percorsi di approvazione di un progetto saremmo ai castelli medievali, burocraticamente parlando.
    La prassi di solito è che il progettista chieda parere al Comune e che lo domandi al Municipio e non viceversa. Nel merito non si è nemmeno entrati, con le tecnologie attuali che importa se fino al marciapiede del liceo Doria secondo il Piano Urbanistico Comunale è “zona rossa”, cioè esondabile, perciò avanti tutta con tre piani di parcheggio interrati e tre sotto la collina delle Caravelle, per 400 posti.
    Le motivazioni del sì del Municipio?
    Liberare i posti occupati dalla Questura, assegnandogliene 150: sorpresa, neppure è stata interpellata ed è già ospite in un edificio della Provincia, che non ha un soldo, figurarsi se paga i parcheggi per gli impiegati delle Forze dell’Ordine. Così si prospetta l’idea di poter liberare Piazza della Vittoria dalle auto, e chi non la vorrebbe questa bella piazza sgombra! Ma le Società di Parcheggi hanno una concessione sessantennale rinnovabile su questo spazio.Dura convincerle a sloggiare, quando hanno già tre piani sotterranei e due di questi sempre deserti, per un totale di 750 posti. A progetto, gli ascensori interni e le scale mobili ai lati delle Caravelle, tutto a carico del Comune s’intende, potrebbero collegare la Foce all’ospedale Galliera e chi abita su potrebbe venire a parcheggiare giù in piazza. Il nodo di fondo è un altro però, sono gli elettori della Foce, che lamentano carenza di parcheggi. Eppure gli abitanti sono diminuiti: giustamente, c’è l’anziano pensionato bisognoso dell’auto, ma forse ci saranno anche più auto per famiglia, o magari sono stati concessi troppi permessi per zone ai non residenti, d’altra parte però, ormai la Foce è “centro città” con uffici ed esercizi commerciali. Non si sentono ragioni. La Mobilità è prima di tutto quella privata.
    Corsie gialle? Ma tolgono parcheggi! E che importa se i bus si devono fermare per le auto in doppia fila. Gli autobus sono meno, è vero, e non per 24 ore, ma dobbiamo battagliare per avere un trasporto pubblico efficiente e non una vita a quattro ruote
    (Bianca Vergati)