Categoria: Aglaja

  • OLI 279: VERSANTE LIGURE – VIENI VIA DA LUI

    A dir la verità,
    a rischi tu ti esponi:
    avrai malignità,
    gravi diffamazioni
    minacce a volontà,
    con quadri astrali buoni.
    Sennò, peggio ti andrà:
    un mobbing da Maroni.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA

  • OLI 278: VERSANTE LIGURE – CADUTA RUGHE

    Quel crollo maledetto
    va inteso in senso lato:
    è un simbolo perfetto
    di sfascio dello Stato
    di un conclusivo atto.
    Sia vero o esagerato,
    di Papi, questo è un fatto,
    il lifting si è schiantato.
    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 278: COSTITUZIONE ITALIANA – Il Presidente Napolitano racconta i Principi Fondamentali della Costituzione

    Da “La rinascita del Parlamento. Dalla Liberazione alla Costituzione”, a cura della Fondazione Camera dei Deputati

    (a cura di Aglaja)

  • OLI 277: VERSANTE LIGURE – FARE LA CORTE

    Di un triste e plumbeo Ieri
    si addensano le nubi:
    diritti? No, favori!
    Persone? Solo plebi!
    Scintillano i valori
    (per agghindare Ruby).

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 277: COSTITUZIONE ITALIANA – La Costituzione difende la cultura

    Costituzione della Repubblica Italiana, Articolo 9:

    “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”

    5 maggio 2003. Dall’intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione della consegna delle medaglie d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte.

    “È nel nostro patrimonio artistico, nella nostra lingua, nella capacità creativa degli italiani che risiede il cuore della nostra identità, di quella Nazione che è nata ben prima dello Stato e ne rappresenta la più alta legittimazione. L’Italia che è dentro ciascuno di noi è espressa nella cultura umanistica, dall’arte figurativa, dalla musica, dall’architettura, dalla poesia e dalla letteratura di un unico popolo. L’identità nazionale degli italiani si basa sulla consapevolezza di essere custodi di un patrimonio culturale unitario che non ha eguali nel mondo. Forse l’articolo più originale della nostra Costituzione repubblicana è proprio quell’articolo 9 che, infatti, trova poche analogie nelle costituzioni di tutto il mondo: ‘La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione’. La Costituzione ha espresso come principio giuridico quello che è scolpito nella coscienza di ogni italiano. La stessa connessione tra i due commi dell’articolo 9 è un tratto peculiare: sviluppo, ricerca, cultura, patrimonio formano un tutto inscindibile. Anche la tutela, dunque, deve essere concepita non in senso di passiva protezione, ma in senso attivo, e cioè in funzione della cultura dei cittadini, deve rendere questo patrimonio fruibile da tutti. Se ci riflettiamo più a fondo, la presenza dell’articolo 9 tra i ‘principi fondamentali’ della nostra comunità offre un’indicazione importante sulla ‘missione’ della nostra Patria, su un modo di pensare e di vivere al quale vogliamo, dobbiamo essere fedeli. La cultura e il patrimonio artistico devono essere gestiti bene perché siano effettivamente a disposizione di tutti, oggi e domani per tutte le generazioni. La doverosa economicità della gestione dei beni culturali, la sua efficienza, non sono l’obiettivo della promozione della cultura, ma un mezzo utile per la loro conservazione e diffusione. Lo ha detto chiaramente la Corte Costituzionale in una sentenza del 1986, quando ha indicato la ‘primarietà del valore estetico-culturale che non può essere subordinato ad altri valori, ivi compresi quelli economici’ e anzi indica che la stessa economia si deve ispirare alla cultura, come sigillo della sua italianità. La promozione della sua conoscenza, la tutela del patrimonio artistico non sono dunque un’attività ‘fra altre’ per la Repubblica, ma una delle sue missioni più proprie, pubblica e inalienabile per dettato costituzionale e per volontà di una identità millenaria”.

    Carlo Azeglio Ciampi
    (a cura di Aglaja)
  • OLI 276: VERSANTE LIGURE – BANDANA BIANCA

    Ma cosa vuoi che opponga
    idee a chi ci stanga
    o una visione lunga
    che smonti ogni lusinga!
    Non c’è ratio che tenga,
    davanti al bunga bunga.

     Versi di ENZO COSTA 
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 276: COSTITUZIONE ITALIANA – La Costituzione tra i banchi di scuola

    (…)L’interrogativo di partenza è obbligato: a cosa serve conoscere la Costituzione? La risposta può essere costruita attraverso un sillogismo elementare.
    La Costituzione è regola e limite al potere: il costituzionalismo moderno di matrice liberale (cui appartiene anche la nostra Costituzione) ha sempre guardato al potere negativamente, ponendosi il problema di come contenerlo e controllarlo. Se la democrazia – come ha detto una volta Norberto Bobbio – è «il potere pubblico in pubblico», allora non c’è democrazia senza controllo dei governati su chi governa, e non c’è controllo senza cultura costituzionale, senza conoscenza dei meccanismi che regolano la vita delle nostre istituzioni. Ergo: conoscerne la Costituzione è una precondizione essenziale per la vita stessa di un ordinamento che voglia essere e conservarsi democratico.
    E’ un sillogismo dal quale, in primo luogo, dipende l’effettività dei diritti e delle libertà di cui il cittadino è titolare.
    Conoscere i propri diritti costituzionali è premessa per poterli esercitare. Sapere quali sono i limiti e le modalità per il loro esercizio significa praticare la cittadinanza, che non si riduce allo status giuridico acquisibile attraverso le regole prescritte nella legge n. 91 del 1992: oggi, la cittadinanza riassume in sé la condizione di titolarità di quelle libertà che la Costituzione proclama inviolabili e che – come insegna la Corte costituzionale – spettano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani» (sentenza n. 105/2001).
    E’ un sillogismo dal quale, in secondo luogo, dipende lo stato di salute delle istituzioni, sempre a rischio di contrarre malattie virali, insidiose e recidivanti, come l’antipolitica e la cattiva politica.

    Questi due virus nascono da un ceppo comune. Come da altri è stato detto, antipolitica e cattiva politica derivano entrambe dal fatto che il cittadino poco conosce del meccanismo di un ordinamento democratico; non ha piena coscienza di quali siano i suoi diritti e doveri costituzionali; soprattutto ignora il legame tra quel meccanismo e quei diritti e doveri. E la reazione più comune di chi, posto davanti ad un marchingegno, non ne capisce il funzionamento, è quella di rifiutarlo: «Io di politica non capisco niente, dunque non me ne interesso». La trova detestabile perché incomprensibile. Ecco perché il primo antidoto all’antipolitica ed alla cattiva politica è una necessaria, adeguata e diffusa conoscenza della nostra Costituzione.

    Credo sia questa la chiave di lettura delle parole che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha recentemente espresso in tema, chiedendo che «la Carta costituzionale e le sue disposizioni vengano sistematicamente insegnate, studiate e analizzate nelle scuole italiane, per offrire ai giovani un quadro di riferimento indispensabile a costruire il loro futuro di cittadini consapevoli dei propri diritti e doveri» (…)
    Andrea Pugiotto (Ordinario di Diritto costituzionale, Università di Ferrara),  La Costituzione tra i banchi di scuola
    (a cura di Aglaja) 
    .
  • OLI 275: COSTITUZIONE ITALIANA – Aldo Moro: Costituzione e antifascismo

    Da sinistra, tre giovanissimi “professorini”, deputati all’Assemblea costituente:
    Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giuseppe Dossetti
    (foto Publifoto).

    Il clima politico nel quale si incominciano a gettare le basi della costruzione del nuovo Stato è un clima incerto in cui soprattutto nei primi mesi che seguono la caduta di Mussolini, siamo ancora nel ’43, sembra per Moro difficile tracciare il confine tra antifascismo e fascismo in un paese dove il ventennio ha condizionato il costume, le relazioni sociali e il modo di fare politica, e dove essere antifascisti deve, nel suo pensiero, voler dire che si rinnega quel costume e quel modo. Agli antifascisti, Moro chiede, dunque, di essere capaci di seguire altre strade dove, smessa la pratica e abbandonato il linguaggio dell’intolleranza e della violenza, si promuova il pluralismo, si rafforzi l’idea che ogni uomo debba essere responsabile, debba avere «una fede, una sua libera fede, e [debba] serv[irla] con fedeltà assoluta, fino in fondo», perché «dove il fascismo oscurò le differenze ed andò promuovendo una piatta unità insignificante, l’antifascismo dovrà lasciarle sussistere, anche quando a questo o a quello non facciano comodo, ed incanalarle verso la sola unità ammissibile, quella generata dall’incontro rispettoso e dal vaglio serio ed onesto di tutti i punti di vista»(…)«Non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro paese un movimento storico di importanza grandissima il quale nella sua negatività ha travolto per anni la coscienza e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa nostra Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale. Guai a noi, se per una malintesa preoccupazione di serbare appunto pura la nostra Costituzione di una infiltrazione di motivi partigiani, dimenticassimo questa sostanza comune che ci unisce e la necessità di un raccordo alla situazione storica nella quale questa Costituzione si pone. Quando vi sono scontri di interessi e di intuizioni, nei momenti duri e tragici, nascono le Costituzioni, e portano di questa lotta dalla quale emergono il segno caratteristico».

    Maria Serena Piretti, 
    “Il progetto politico di Aldo Moro dalla Costituente alla Terza Fase”
    (a cura di Aglaja)
  • OLI 274: COSTITUZIONE ITALIANA – Raimondo Ricci e il compito della testimonianza

    Nell’ambito delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione italiana, il 17 gennaio 2008 l’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea aveva organizzato una tavola rotonda dal titolo “La Costituzione, stella polare della democrazia”.
    Di seguito riportiamo alcuni passi dell’intervento di Raimondo Ricci.

    (…) La mia età molto avanzata mi consente di parlare della Costituzione con un senso di commozione e nello stesso tempo di riflessione, poiché essa ha rappresentato, di quel periodo drammatico e straordinario attraverso il quale l’Italia è riuscita a cambiare la propria identità, il lascito più importante. È chiaro come mi riferisca al periodo della lotta antifascista e della Resistenza, a quel periodo cioè nel quale la parte migliore del nostro popolo è riuscita a dare il segno della propria volontà di rompere con un regime totalitario e di fondare una realtà democratica. Fondare, giacché non si può parlare di rifondazione, essendo stata la democrazia antecedente all’entrata in vigore della nostra Costituzione parziale e zoppa. Basti pensare come allora non fosse previsto il voto alle donne e al peso della casa reale. Ebbene, io credo che questo epocale cambiamento della realtà italiana e della sua identità, attuatosi grazie alla lotta resistenziale culminata nel 25 aprile 1945, sia stato non solo il frutto della vittoria alleata nella seconda guerra mondiale ma anche il merito del nostro popolo, dei tanti giovani, dei militari, degli uomini e delle donne che in condizioni estremamente drammatiche hanno compiuto la giusta scelta, a prezzo di enormi sacrifici e con il sacrificio, spesso, della loro stessa vita. Ma c’è qualcosa che non è stato portato qui dagli angloamericani o dai sovietici, qualcosa che ha mutato in profondità l’identità del nostro Paese: è stato infatti l’antifascismo, movimento politico ed ideale non importato dall’estero, a guidare, in nome dei valori di libertà, democrazia, giustizia, la lotta delle forze più nobili del nostro popolo contro il regime mussoliniano. E io voglio ricordare il senso unitario dell’antifascismo, quell’incontro tra anime, culture, ideologie diverse che, lungi dal costituire un impedimento, ha favorito la nascita di una Costituzione tra le più avanzate dell’Occidente, frutto del senso di responsabilità di uomini che sapevano di dover assolvere un compito fondamentale nella storia d’Italia.

    Io credo che l’incontro fra uomini come Umberto Terracini e Alcide De Gasperi abbia consentito alla Costituzione di nascere e che, nonostante i vari compromessi raggiunti nella stesura del testo, il suo aspetto saliente debba ravvisarsi nella condivisione di alcuni valori e principi fondamentali che venivano ad opporsi in maniera radicale e antitetica alle parole d’ordine dei totalitarismi nazista e fascista. È proprio da questa tensione, da questo vissuto collettivo, da queste speranze, che è nata la Costituzione della Repubblica, che ha tradotto nei suoi articoli, soprattutto nei primi dodici, riguardanti i principi fondamentali, e negli altri concernenti i diritti e doveri dei cittadini, l’essenza di un rinnovamento e di una prospettiva per il futuro.

    Vorrei, a questo proposito, ricordare l’articolo 3, che parla dell’eguaglianza come meta da raggiungere attraverso l’intervento pubblico, l’articolo 11, sul ripudio della guerra come strumento per la risoluzione dei contrasti internazionali, l’articolo 36, sulla dignità del lavoro. Io credo di non dovere aggiungere altro, ma questo legame fra lotta del popolo italiano e Costituzione della Repubblica doveva essere particolarmente sottolineato da chi, come me, ha vissuto personalmente questa esperienza prima come militare, poi come resistente e infine come deportato in un campo di concentramento nazista e continua a viverla adempiendo il compito, per il poco tempo che gli resterà ancora da vivere, della testimonianza soprattutto nei confronti dei giovani, nella speranza che sappiano far tesoro della nostra storia e difendere i valori della Costituzione repubblicana a sessant’anni dalla sua entrata in vigore (…).
    Raimondo Ricci
    Pubblicato in “Storia e memoria”, 2008- Vol.17 – Fasc.1 – pp. 21 – 37



    (a cura di Aglaja)

  • OLI 273: VERSANTE LIGURE – NON VOGLIO SAPERE L’ULTIMA

    Confronto oggi e ieri
    l’era che fu con questa:
    sul tag “barzellettieri”
    ho spleen revisionista:
    mi dico “Ah, Bramieri
    sì ch’era uno Statista!”.

    Versi di ENZO COSTA 
    Vignetta di AGLAJA