Categoria: Irpef

  • OLI 419: SCUOLA – OttoXmille di zero

    Una storia grillina, qualcuno la giudicherà di parte, non me ne vogliate.
    Un anno fa il Governo italiano, ammettendo in Parlamento un emendamento del Movimento 5 Stelle, aveva inserito una nuova voce che riguarda l’otto per mille dell’Irpef, quello indirizzato al finanziamento dell’edilizia scolastica. Il termine per la presentazione dei progetti da parte dei Comuni, da finanziare con questo capitolo di bilancio, era stato fissato al 30 settembre 2014, termine poi prorogato al 15 dicembre, per dare modo ai Comuni di rilevare l’elenco degli interventi e predisporre dei progetti.
    Il gettito ipotetico, in un calcolo svolto tenendo conto del ricavato destinato in passato allo Stato, potrebbe aggirarsi sui 50 milioni di euro, una cifra poco significativa rispetto alle reali necessità degli edifici scolastici italiani, comunque una risorsa utilizzabile in aggiunta ai finanziamenti sempre meno copiosi previsti nelle finanziarie, di anno in anno.
    La Giunta genovese ha ricevuto nei primi giorni di settembre una lettera dal Gruppo consiliare di cui faccio parte che indicava i termini temporali e i riferimenti legislativi per poter accedere al fondo, sapendo che a livello italiano questa opportunità non era stata pubblicizzata a sufficienza negli ambienti amministrativi, per cui si rischiava il flop. A fine settembre è stato presentato infatti da Genova un solo progetto (da 1,2 milioni di euro), chissà se senza l’avviso ci sarebbe stata almeno questa opportunità. Rispetto invece alla proroga, questa ha trovato la Giunta completamente spiazzata, e solo l’interessamento del Consiglio comunale ha potuto smuovere ancora qualcosa, anche se pare, dalle parole dell’Assessore Crivello e dei suoi tecnici, che l’argomento interessi poco perché ci si aspettano pochi soldi da quel fondo nazionale.
    Dire di no a priori certamente è un ottimo modo per lasciare ad altri le opportunità.
    (Stefano De Pietro – immagine da internet)

  • OLI 366: ECONOMIA – Tares tra imposta e tariffa

    Il decreto “Salva Italia” del governo Monti ci regala una nuova tassa in sostituzione di Tarsu e Tia: la Tares. Si sentiva il bisogno di una rivisitazione della norma sui rifiuti, analizziamo insieme i punti salienti per scoprire cosa nasconda la cinquantina di commi di cui è composta.
    Il “Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi” è dovuto da chiunque utilizzi una superficie abitativa, commerciale, industriale o agricola a qualsiasi titolo, ha lo scopo di finanziare la raccolta e il trattamento dei rifiuti urbani ma anche la manutenzione della città, oltre che i costi di acquisto dei servizi (energia elettrica, acqua, gas). Sostanzialmente è pensata per trasferire ai comuni l’onere di incassare direttamente tali somme, sottintendendo che i trasferimenti da Roma saranno ridotti o eliminati, con l’obbligo di finanziare l’azienda incaricata della raccolta dei rifiuti secondo le sue necessità economiche, comprendenti anche gli investimenti. La tassa che riguarda i servizi si paga sempre a metro quadrato, e il valore va da 30 a 40 centesimi di euro, quindi non costosissima ma aggiuntiva a quanto il cittadino paga già di Imu e Irpef e pagava di Tarsu/Tia. Inevitabile pensare che presto questa tassa di superficie sarà aumentata per dar modo ai comuni di avviare le manutenzioni cittadine che attendono da anni di partire.
    Il tributo può essere trasformato in tariffa solo se l’azienda dei rifiuti inizia una misurazione “puntuale” del conferito, che ad esempio a Genova non avviene, anche se voci sindacali di Amiu spiegano che la direzione rassicura che l’azienda genovese continuerà a incassare direttamente la tassa. Il termine “puntuale” non viene definito esattamente, per cui ci si aspetta che sia oggetto di interpretazione da parte dei comuni con le inevitabili circolari interpretative del ministero: il solito tran tran legislativo.
    L’unico riferimento alla raccolta differenziata, per nulla tenuta in considerazione nella nuova norma, è per indicare l’obbligo di una diminuzione di tariffa in proporzione alla quantità di differenziata raccolta, nulla più. Molto interessante è invece il riferimento alla eventuale violazione di termini di legge, per cui il cittadino ha diritto a pagare un massimo del 20% della tariffa piena in caso di manifesta e grave violazione delle norme sui rifiuti: la fantasia insegna che se messo in relazione alle quantità di differenziata di legge e reali, in pratica quasi ovunque in Italia sarà possibile chiedere la riduzione. Si vede che il legislatore non conosce affatto la situazione italiana sui rifiuti e che la legge è stata scritta a tavolino solo per dare modo ai comuni di avere a disposizione una leva fiscale utile alla propria sopravvivenza.
    Rimandiamo un approfondimento ad alcuni prossimi articoli su Oli.
    (Stefano De Pietro – immagine da internet)