Categoria: Israele

  • OLI 418: PALESTINA – Oltre il muro con gli scout

    Sono stati tantissimi a partecipare la sera del 21 novembre all’iniziativa AGESCI per la pace in Medio Oriente e per la solidarietà con i palestinesi: “Uno sguardo oltre il muro: Genova – Palestina”. Il convento di Santa Maria Castello era pieno di gente, naturalmente moltissimi giovani. E’ stato presentato il progetto “Uno sguardo oltre il muro”: un gruppo di giovani scuot palestinesi sarà ospitato nelle case degli scuot genovesi. E’ stato proiettato un video girato in Palestina da Maria Di Pietro che ha spiegato la sofferenza dei palestinesi a causa del muro della separazione razziale costruito da Israele. Nel suo intervento Maria di Pietro ha fatto un breve racconto della storia della Palestina dall’anno 1948: I palestinesi sono stati espulsi e dispersi nella West Bank e in Gaza (territori palestinesi che sono stati occupati da Israele nel 1967 e che continua ad occupare ad oggi), in vari campi profughi nei paesi arabi limitrofi e nei diversi paesi del mondo. I palestinesi sono circa 11 milioni: 1.5 milioni in Israele, 4.5 milioni in West Bank e Gaza e altri 5 milioni in campi profughi e comunque fuori dal territorio della Palestina.
    Maria Di Pietro ha spiegato come i territori palestinesi occupati sono continuamente rubati alla popolazione palestinese per costruire insediamenti per i coloni israeliani proprio in quei territori che l’ONU considera territori occupati da restituire ai palestinesi, dove dovrebbe nascere lo stato palestinese in base agli accordi di pace che Israele non ha mai rispettato. Israele invece continua la sua guerra di aggressione nei confronti dei palestinesi e nell’ultima aggressione contro i palestinesi di Gaza Israele ha ucciso circa 2000 civili palestinesi, 577 dei quali sono bambini.
    Il medico palestinese Mohamed Nature, che vive a Genova da trent’anni, ha raccontato la sua storia personale e di come i palestinesi hanno di colpo perso la loro patria e sono stati sradicati dalla loro terra. Nature, che fa parte di quella piccola parte dei palestinesi sfuggita alla deportazione forzata nel 1948 ed alla quale è stata concessa la cittadinanza

    israeliana, ha spiegato come per molti giorni i suoi familiari si sono nascosti nei boschi per evitare l’espulsione. I palestinesi “di Israele”, cioè quelli che vivono oggi in Israele con passaporto israeliano, sono circa il 20% dei cittadini di Israele e sono vittime di trattamenti razzisti. Come esempio di tale razzismo, Nature ha raccontato di non essere stato accettato come studente di medicina nelle università israeliane, malgrado avesse tutti i titoli per entrarci.
    Alla fine della serata un gruppo di giovani studenti palestinesi al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova ha eseguito brani di musica palestinese.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 391: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    Affinità tra l’antifemminismo israeliano e quello saudita
    Il giornale israeliano Haaretz del 14 novembre 2013 dice che un “importante rabbino israeliano” ha sentenziato che “le donne non devono guidare”.
    Bambini di tutto il mondo unitevi
    Lindsay Abrams su Saloon del 15 novembre scrive di lavoro agricolo minorile negli USA: “Bambini di 12 anni stanno lavorando – e morendo – nelle fattorie americane.” La legge non tutela i giovani lavoratori e la loro sicurezza: ” è inoltre legale che un bambino di 12 anni possa lavorare 70 ore settimanali in un campo di tabacco.”
    Il Sunday Times rivela un piano israeliano-Sauduta di colpire l’Iran
    Il Sunday Times dice che “il Mossad israeliano sta lavorando con funzionari sauditi su un piano di emergenza per un eventuale attacco contro l’Iran se il suo programma nucleare non fosse significativamente frenato in un accordo che potrebbe essere firmato a Ginevra questa settimana.” Molte ormai le affinità tra Arabia Saudita e Israele.
    “L’Arabia Saudita è il paese più accusato di diffondere il settarismo”
    Nell’ultimo numero di European Council on Foreign Relations, Fatima Ayub, esplora il fenomeno del settarismo nel Golfo e spiega come i governi della regione coltivano e manipolano le agende settarie per perseguire obiettivi politici strategici.
    Sciacalli nelle Filippine
    CSMONITOR del 13 novembre 2013 dice che: “la devastazione provocata dal tifone Haiyan – arrivato sulla scia di un terremoto micidiale in un’altra parte del paese – potrebbe favorire una grande presenza militare degli Stati Uniti, ora non solo meno desiderabile, ma addirittura auspicabile.” http://www.csmonitor.com/World/Security-Watch/2013/1113/US-military-footprint-on-Philippines-could-grow-after-typhoon-Haiyan-video
    Jehadisti occidentali
    “Ho visto ceceni, norvegesi, belgi e persino uno che diceva di essere somalo che parlava con un stretto accento di Bermingham. Questi combattenti vengono da ogni posto. Secondo gli analisi del controterrorismo gli occidentali sono circa il 10% dei combattenti stranieri in Siria. Gli ufficiali europei ed americani hanno lanciato l’allarme sull’aumento del numero dei loro cittadini che partecipano al combattimento.”  http://world.time.com/2013/11/14/jihad-for-beginners-westerners-fighting-with-al-qaeda-in-syria/
    Diplomatico saudita a Londra avrebbe schiavizzato le sue domestiche
    L’articolo di London Evening Standard del 13 novembre 2013 dice che “Un diplomatico saudita e la moglie avrebbero costretto due donne a lavorare in condizioni di schiavitù nella loro casa di Londra.” Il diplomatico saudita trattava le due lavoratici domestiche in base alla legge saudita sul lavoro dei migranti dove vige il cosiddetto “kefala system” in base al quale i datori di lavoro sauditi (anche in Qatar) controllano totalmente i loro dipendenti. Vedi articolo su OLI 390.
    Giustizia razzista negli USA: la popolazione carceraria
    “Al 2000, il 3 per cento della popolazione degli Stati Uniti è stato rinchiuso in carcere o è stato in libertà vigilata, un tasso senza precedenti in tutto il mondo. Michelle Alexander, autore di The New Jim Crow, ha dimostrato che questa tendenza colpisce in modo sproporzionato le persone di colore (il Dipartimento di Giustizia ha stimato che un terzo degli uomini neri e quasi un quinto degli uomini Latini nati nel 2001 andranno in carcere nel corso della loro vita), e rafforza la disuguaglianza razziale esistente in tutta la società degli Stati Uniti”. A che serve avere un presidente nero? Cosa sta facendo esattamente Obama?
    Un ribelle siriano decapitato per errore dagli stessi ribelli
    Il New York Times del 16 novembre dice che i ribelli siriani vicini ad al Qaeda hanno tagliato la testa di un oppositore del regime siriano per errore pensando fosse sciita.
    Il traffico internazionale di jehadisti
    La CNN dice che “è straordinario osservare questo volume di traffico internazionali da paesi dove Al Qaeda ha una confermata e consistente presenza verso uno stato membro della NATO”. “Viaggiare attraverso la Turchia è diventato così facile e confortevole che è il percorso preferito dei jehadisti.” “Ci sono persone che arrivano da Olanda, Germania e persino dal Perù” ha detto affermando che il numero delle reclute europee alla jihad sta superando quelle arabe.” 
    (Saleh Zaghloul)
  • OLI 388 – PALESTINA: Muri dentro di noi

    Sono sul volo Tel Aviv – Roma, è fine estate, guardo dal finestrino, ormai la Palestina è alle mie spalle. Ripenso all’intenso viaggio appena terminato: ripercorro paesaggi, il deserto, i villaggi, gli insediamenti, campi profughi, check points, ricordo i volti, le testimonianze e il muro! Un muro che incute disagio e desolazione. Il muro di separazione formato da blocchi di cemento alti sette metri allineati su un percorso di 730km che dal 2002 impediscono la libertà di movimento di un’intera popolazione.

    Stiamo ormai volando sul mar mediterraneo, vicino a me siedono due ragazzi di sedici anni, chiacchieriamo, mi chiedono di raccontare un po’ di storia sulla Palestina.
    Inizio con il 1947 quando la risoluzione dell’Onu 181 decide la spartizione del territorio palestinese tra due popoli: Israele per il 55% del territorio e la Palestina per il 45%.
    Parlo della Nakba del 1948: la catastrofe per i palestinesi e la nascita dello Stato d’Israele per gli israeliani. La signora seduta nella fila davanti a noi, una bella donna sulla sessantina, si gira ed inizia ad urlarmi che quello che sto dicendo non è vero sostenendo che i palestinesi rubarono le case degli israeliani mandando via chi vi abitava. Le chiedo dove ha preso queste informazioni, a me non risultano. Dice che ha lavorato per i servizi segreti israeliani, a stretto contatto con le istituzioni sia israeliane che palestinesi, e che lei conosce la vera storia. La signora, un’ebrea nata e vissuta fino all’adolescenza in Romania, si vanta di sapere sette lingue e di aver girato il mondo in gioventù. Andiamo avanti con la discussione, afferma che i palestinesi siano dei violenti e che lei e tanti come lei lottino per la pace. Allora le chiedo cosa pensa del muro. Penso che chiunque “lotti per la pace” inorridisca davanti a ciò che taglia villaggi, divide famiglie, separa intere comunità da luoghi sanitari, scolastici e di culto, La signora mi risponde che ritiene il muro fondamentale per la difesa del popolo israeliano, continua dicendo che il lancio di pietre possono ammazzare gli israeliani. Le ricordo che durante operazione piombo fuso i militari israeliani sulla Striscia di Gaza non hanno lanciato pietre ma fosforo bianco sui civili, ammazzando 1387 palestinesi in 22 giorni. Armi chimiche non autorizzate dalla convenzione di Ginevra. La discussione si fa più accesa.
    Le esprimo l’assurdità nell’adottare una “democrazia” difensiva per giustificare l’occupazione dei territori.
    La signora non vuole più ascoltarmi, ormai ascolta solo se stessa, la discussione va avanti, mi viene rabbia. Ognuno di noi rimane sulle sue posizioni, La signora continua il suo monologo affermando che nelle scuole palestinesi c’è un indottrinamento alla violenza. Non accetto le convinzioni della signora e sicuramente lei non accetta le mie; penso ai ragazzi israeliani che sono costretti a prestare tre anni di servizio militare, penso al libro della scrittrice israeliana Nurit Peled “La Palestina nei testi scolastici israeliani: ideologia e propaganda nell’istruzione” che analizza le rappresentazioni della Palestina nei libri scolastici adottati dalle scuole superiori israeliane, in cui si trovano forme di razzismo verso il popolo palestinese; i palestinesi non sono mai rappresentati come esseri umani ma come problema. Provo ad esprimere questi miei pensieri anche se ormai tra me e lei si è alzato un muro, non c’è più confronto, il dialogo è naufragato.
    Stiamo per atterrare, sono demoralizzata, mi domando come si può giustificare tanta disumanità e sofferenza dell’essere umano. Penso alle organizzazioni israeliane che lottano contro l’occupazione, alle donne ebree di “Machsom watch”, agli ex militari israeliani di “Breaking the silence”, alla Rete ECO “Ebrei contro l’occupazione”, agli attivisti israeliani che collaborano con i Comitati Popolari palestinesi.
    Penso a cosa vuol dire lottare per la pace e subito mi vengono in mente le parole di un padre palestinese che aveva perso la figlia di dieci anni ammazzata da un militare israeliano: “prima di fare pace devi vivere la pace dentro di te”.
    (Maria Di Pietro)

  • OLI 387: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    Titolo razzista del New York Times: “I Rom sono primitivi, o semplicemente poveri?”
    Immaginate se invece della parola “Rom” ci fosse la parola “Ebrei”, per rendervi conto di quanto è razzista il New York Times o semplicemente è stupido, o entrambi.
    Il titolo del New York Times è del 19 ottobre 2013.  http://www.nytimes.com/2013/10/20/sunday-review/are-the-roma-primitive-or-just-poor.html?hp&_r=3&

    La ragazzina dai capelli biondi tra i rom in Grecia: un articolo razzista della Reuters.
    L’articolo riguarda la scoperta di una ragazzina bionda tra i rom. Il razzismo dell’articolo è particolarmente grave considerando le attività violente di Alba Dorata contro i Rom, gli immigrati e la sinistra. La giornalista dà per scontato che la coppia Rom coinvolta sia colpevole. Non c’è alcun riferimento alla violenza della polizia e di Alba Dorata contro i Rom e l’articolo potrebbe essere preso per un pezzo di propaganda. L’articolo della Reuters del 19 ottobre 2013 è pubblicato da Yahoo http://news.yahoo.com/greece-riveted-mystery-blonde-angel-150842127.html

    II razzismo scioccante e crescente in Israele contro gli immigrati africani.
    Articolo di The Electronic Intifada del 18 ottobre sulla situazione degli immigrati africani in Israele: “Quando i ministri del governo israeliano incitano le folle infuriate, descrivendo gli africani come “cancro”, stanno semplicemente esprimendo un altro volto del razzismo che i palestinesi hanno sempre vissuto.” L’articolo è accompagnato da un video che, secondo l’autore, sarebbe stato commissionato dal New York Times ma, dopo averlo visionato, si sarebbe rifiutato di pubblicare. http://electronicintifada.net/blogs/ali-abunimah/watch-video-israeli-racism-new-york-times-didnt-want-you-see

    Ateismo in Egitto
    Ne parla Magdy Samaan in articolo su The ZAM Magazine del 17 ottobre 2013: “Ci sono decine di siti web e pagine di social media, in Egitto, che ora usano le parole atei e ateismo, tra i quali: «Atei egiziani», «Atei senza frontiere», «La Fratellanza degli Atei», «Atei contro le religioni», « Ateo e fiero», «Ateo egiziana» e «Io sono ateo». Internet, con aggiunta lo stato d’animo rivoluzionario, ha incoraggiato sempre più persone a rompere il silenzio in questo senso. Il movimento ha persino superato il relativo anonimato di Internet. Lo scorso febbraio, una delle moschee del Cairo ha ospitato un dibattito tra un gruppo di atei ed un gruppo di religiosi musulmani, la maggior parte dei partecipanti atei erano giovani.”
    http://www.zammagazine.com/chronicle-3/38-atheists-rise-in-egypt

    Due mesi di presidenza Rouhani (Iran), 5 anni di presidenza Obama
    Il New York Times, in un articolo del 17 ottobre, dice che gli iraniani, due mesi dopo l’insediamento del nuovo presidente Rouhani, sono ancora in attesa dei grandi cambiamenti: “Quattro mesi dopo l’elezione di Mr. Rouhani e due mesi dopo il suo insediamento come presidente, la gente qui nella capitale è ancora in attesa dei grandi cambiamenti alle quali aspira la maggior parte di loro.” Sono passati soltanto due mesi, ditemi se non è grossolana esagerazione? Ditemi, invece, se non si possa dire la stessa cosa, forse senza alcuna esagerazione, circa gli Stati Uniti: “Cinque anni dopo l’elezione di Obama ed il suo insediamento come presidente, la gente qui a Washington sono ancora in attesa dei grandi cambiamenti che aveva promesso.
    http://www.nytimes.com/2013/10/18/world/middleeast/hopeful-city-buoyed-by-campaign-vows-waits-for-change-in-iran.html?ref=todayspaper
    (Saleh Zaghloul)

  • CARTOLINE DI OLI – L’ignoranza del Nobel

    Foto da internet

    Confesso di ignorare i lavori in chimica del prof. Arieh Warshel, che insegna all’Università di Southern California, Los Angeles, CA, USA, vincitore del premio Nobel 2013 in Chimica, doppia cittadinanza americana ed israeliana, nato nel mio paese (in Palestina) nel 1940. Per fortuna non faccio parte della commissione che assegna questo prestigioso riconoscimento.
    Ma almeno un pochino ignoranti lo sono anche quelli della commissione Nobel e/o quelli che ne curano il sito (http://www.nobelprize.org/): secondo loro, Arieh Warshel  è nato in Israele nel 1940: peccato che nel 1940 Israele non esistesse ancora. Ho sempre sospettato che quelli che assegnano il premio Nobel fossero almeno un pochino ignoranti anche perché conosco, nel mio piccolo, almeno quindici scrittori arabi che avrebbero meritato il premio Nobel in letteratura molto più di altri che l’hanno vinto e molto più dello stesso Nagib Mahfuz, l’unico arabo ad averlo ottenuto.
    Sicuramente ignoravano i lavori di Taha Hussein, di Abderrahman Munif, Mahmud Darwish, Nizar Qabbani, Tayyebb Saleh, Ghassan Kanafani, Hanna Mina, ecc…
    P.S. Mi ero stupito quando hanno azzeccato ed assegnato il premio a Dario Fo, la regola è che non ci azzeccano quasi mai, infatti il premio Nobel per la letteratura andava assegnato quest’anno a Roberto Vecchioni. Ma che ne sanno loro delle Luci a San Siro.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 385: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    I Fratelli Musulmani non sono l’unica manifestazione di Islam politico. 

    New York Times, 09 luglio 2013, articolo di Robert F. Worth: “Se l’islam politico fosse quotato in borsa, sarebbe crollato drasticamente durante la scorsa settimana.”  http://www.nytimes.com/2013/07/10/world/middleeast/aid-to-egypt-from-saudis-and-emiratis-is-part-of-struggle-with-qatar-for-influence.html?pagewanted=2&_r=4&hp&

    Una cosa sulla quale sono d’accordo le due parti in conflitto in Egitto. 
    The Washington Post, 10 luglio 2013, articolo di William Booth e Michael Birnbaum: “C’è poco in comune tra i sostenitori arrabbiati dei Fratelli musulmani ed i laici, festaioli liberali di piazza Tahrir in questi giorni – tranne che per una cosa. Entrambi ritengono che il governo degli Stati Uniti stia cospirando contro di loro “. http://www.washingtonpost.com/world/middle_east/in-egypt-gripes-about-us-government-are-a-common-theme/2013/07/09/6cf7e44e-e8e6-11e2-818e-aa29e855f3ab_print.html

    Israele e l’esercito egiziano.
    Haartz, 9 luglio 2013, articolo di Barak David: “Israele la scorsa settimana ha invitato gli alti funzionari degli Stati Uniti a non bloccare la somma di 1,3 miliardi di dollari con cui l’America sostiene l’esercito egiziano ogni anno in risposta al colpo di stato in Egitto”. http://www.haaretz.com/news/diplomacy-defense/israel-urged-u-s-not-to-halt-aid-to-egypt-says-top-american-official.premium-1.534651

    L’amico di Netanyahu.
    Ahramonline, 07 luglio 2013, articolo di Bassem Aly: “Il governo di Netanyahu considerava il presidente islamista dell’Egitto come un potenziale amico, soprattutto dopo la cacciata di Mubarak, ex-tesoro strategico israeliano”. http://english.ahram.org.eg/NewsContent/2/8/75909/World/Region/The-US–Israel-What-to-do-on-Egypt.aspx

    La vera rivoluzione.
    Jadaliyya, 08 luglio 2013, articolo di Sarah Carr: “La vera rivoluzione avverrà quando il coinvolgimento militare in politica sarà un ricordo lontano nella storia”. http://www.jadaliyya.com/pages/index/12779/on-sheep-and-infidels

    I quattro motivi per i quali ad Israele mancherà Morsi
    Haartz, 03 luglio 2013, articolo di Anshel Pfeffer: “Ma negli ultimi anni, sotto il governo di Morsi, l’esercito è stato inviato su operazioni più mirate e forte contro gli elementi di Al-Qaeda che hanno preso il sopravvento in alcuni parti della penisola, e ancora più importante per Israele è il fatto che ha demolito gran numero di tunnel di contrabbando . La vicinanza tra Fratelli Musulmani e Hamas ha reso l’Egitto più determinato a combattere gli islamisti estremi nel Sinai e Gaza, nonché il contrabbando di armi.” http://www.haaretz.com/misc/article-print-page/four-reasons-why-israel-may-miss-morsi-after-all.premium-1.533603?trailingPath=2.169%2C2.216%2C2.217%2C
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 384: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    I militari USA in Africa
    Reuters, articolo di Peter Apps: “Tuttavia, con circa 4000-5000 persone a terra in ogni momento, gli Stati Uniti ora hanno più truppe in Africa che in qualsiasi altro tempo dal suo intervento in Somalia due decenni fa.” “Ci sono due ragioni principali: per contrastare al Qaeda e altri gruppi militanti, e per aumentare la propria influenza in un continente che potrebbe diventare una destinazione sempre più importante per il commercio e gli investimenti americani, vista la crescita della presenza della Cina in Africa (…) Altri temono che l’influenza militare degli USA possa essere utilizzata per portare via le risorse”. http://www.reuters.com/article/2013/06/27/us-usa-africa-military-idUSBRE95Q1EZ20130627

    L’abdicazione di un capo di una dinastia (di un sovrano assoluto) a favore di suo figlio è considerata riforma.
    The Economist, 29 giugno 2013: “Altri motivi possono aver spinto Hamad a dimettersi. Ora sessantunenne, ha a lungo sostenuto le riforme in altre parti del mondo arabo, al punto da finanziare generosamente le rivoluzioni in Libia e Siria. Tuttavia sentiva un certo disagio per non riuscire a praticare in casa ciò che predicava fuori”. http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21580197-remarkable-emir-bows-out-hard-act-follow

    Razzismo in Israele: le ragazze ebree non devono uscire con i neri.
    MondoWeiss, 30 giugno 2013, articolo di David Sheen: “Aggressione a Tel Aviv: Le ragazze ebree non devono uscire con i neri!” “Questa è la stessa reazione che mia nonna ha affrontato in Germania, quando i nazisti hanno impedito ai tedeschi di camminare con lei, perché era ebrea.” http://mondoweiss.net/2013/06/attack-jewish-blacks.html

    Chi sono le principali minacce alla sicurezza per gli arabi?
    The New York Times, 01 luglio 2013, articolo di Mark Landler e Jodi Rudoren: “Un recente sondaggio di 20.000 persone in 14 Paesi fatto dal Centro Arabo per la Ricerca e gli Studi Politici in Doha ha trovato che Israele e gli Stati Uniti sono visti come le principali minacce alla sicurezza.” http://www.nytimes.com/2013/07/02/world/middleeast/mideast-chaos-grows-as-us-focuses-on-israel.html?ref=todayspaper&_r=2&
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 383: TEATROGIORNALE – L’ultima predica

    [Il Teatrogiornale è un racconto di fantasia liberamente tratto dalle notizie dei giornali]

    – Io sono figlio di Chlomo e questo è il mio tempio, io sono figlio del re Salomone e invoco il ritorno a quell’era di giustizia e saggezza.
    L’uomo alto e moro è davanti al muro, parla con voce profonda, fa ampi gesti con le mani, è vestito con una lunga tunica bianca e un kippà. I numerosi avventori che affollano il muro gli passano attorno come formiche, sono tutti occupati a fare qualcosa: foto, infilare foglietti nel muro, togliere foglietti, pregare, baciare il muro, leggere, sussurrare tra le pietre, appoggiarci la testa, accarezzare il muro.
    – Io sono figlio di Avraham che su queste pietre legò la sua primogenitura per compiacerti. Io sono il figlio di Abramo e ti prego di salvare tutti i miei figli così come salvasti Isacco.
    Un gruppo di turisti americani, in pantaloncini chiari e cappellini su corpi sfondati da bevande ipercaloriche, si allontana.
    – Io sono il figlio di Yaacov che un giorno fece un sogno: una scala da terra si protendeva fino al cielo, angeli vi salivano e vi scendevano. Dio parlò e disse a Giacobbe che lì era la terra dove sarebbero prosperatI i figli benedetti e amati dall’Unico.
    L’uomo moro in kippà corre e disegna coi suoi passi un quadrato, per farlo deve spintonare una scolaresca di dodici o tredicenni che si lamenta, il professore di appoggio va a chiamare una guardia. L’uomo si sdraia a terra.
     – E aspetto l’arrivo di Mashiach, il messia!
    Un uomo con il cappello nero e la barba si avvicina all’uomo moro in kippà e cerca di farlo alzare ma l’uomo è rigido e fermo, le mani lungo il corpo, i palmi rivolti a terra, gli occhi sbarrati. Una donna, che parla ebraico con un pesante accento tedesco, chiede: – Ma è matto?
    – O vede dove noi non possiamo arrivare.
    L’uomo moro in kippà salta in piedi con un balzo.
    – Tito cercò di distruggerlo e non lo fece per intero, lasciò questo muro perché qui noi potessimo tornare, fino all’ultimo dei tuoi figli Israel.
    Il professore d’appoggio della scolaresca indica l’uomo moro col kippà a un giovane soldato.
    – Tutti cercano di espropriare la tua patria Israel.
    L’uomo in kippà si mette una mano dentro la tunica per trar fuori il tefillin Shel Rosh per la preghiera.
    – Perfino il cavallo alato al-Buraq è stato legato sulle tue pietre per permettere a chi urla ‘Allahu Akbar’ di chiedere un posto vicino ai tuoi figli.
    L’uomo moro con il kippà urla con le braccia aperte e in mano la scatoletta di pelle scura contenente brani della Torah.
    Le parole rimbalzano sul muro, il soldato prende la mira e spara al petto dell’uomo con la kippà.
    – Perché hai sparato? chiede l’uomo con il cappello nero e la barba – Era un ebreo come noi, stava per mettersi il tefillin.
    Il giovane soldato si guarda attorno spaventato – Ho avuto paura – sussurra. – Mi hanno detto che si comportava in modo strano, stava prendendo qualcosa dalla tasca… ho avuto paura.
     – Queste parole […] le legherai come segno sulla tua mano, e siano sulla tua fronte, fra i tuoi occhi. -Così dicendo l’uomo col kippà bacia la scatoletta che contiene brani della Torah e muore.
    Tutt’intorno si è fatto silenzio, molti guardano con gratitudine quel giovane soldato dal volto pallido e sudato che li ha salvati.
    (Arianna Musso)

  • OLI 380: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    La Siria rimprovera Erdogan per la violenza contro la rivolta turca
    New York Times, 1 giugno 2013 (Reuters): “La Siria ha allegramente rovesciato i tavoli sul primo ministro turco Tayyip Erdogan, sabato, per la sua risposta alle manifestazioni anti-governative, chiedendogli di fermare la violenta repressione delle proteste pacifiche o dimettersi” … “ le tv di stato siriane hanno trasmesso ore di filmati in diretta da Istanbul, dove migliaia di manifestanti si sono scontrati per il secondo giorno con la polizia che ha sparato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.” http://www.nytimes.com/reuters/2013/06/01/world/middleeast/01reuters-turkey-protests-syria.html?hp&_r=2&

    Erdogan definisce l’alcolismo:
    The Australian (APP): “Coloro che bevono sono alcolisti,” ha detto (Erdogan), prima di aggiungere: “Non voglio dire tutti, ma coloro che bevono regolarmente”
    http://m.theaustralian.com.au/news/breaking-news/erdogan-rejects-dictator-claims/story-fn3dxix6-1226655594916

    Erdogan: I social network sono la peggiore minaccia alla società.
    New York Times, 03 giugno 2013: “Ora abbiamo una minaccia che si chiama Twitter” ha detto. “I migliori esempi di bugie possono essere trovati lì. Per me, i social media sono la peggiore minaccia alla società.”
    http://www.nytimes.com/2013/06/03/world/europe/turkey-premier-says-protests-will-not-stop-plans-to-demolish-park.html?ref=todayspaper&_r=1

    Fosse accaduto in un paese musulmano sarebbe stato in prima pagina.
    The Times of Israel, 04 giugno 2013: “Una studentessa è stata espulsa da una scuola ultra-ortodossa per infermieri nel centro di Israele per aver messo in dubbio la sua fede.”
    http://www.timesofisrael.com/student-expelled-from-ultra-orthodox-school-for-loss-of-faith/

    Israele pianifica di espellere gli immigrati neri
    The Guardian, 03 giugno 2013: “Israele ha in programma di inviare migliaia di migranti africani in un paese non identificato, secondo un documento del tribunale, nel tentativo di affrontare una delle questioni più pressanti di Israele: cosa fare con un afflusso di circa 60.000 migranti africani che sono entrati di nascosto in Israele dall’Egitto nel corso degli ultimi otto anni.”
    http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/03/israel-plan-migrants-deport-east-africa
    (Saleh Zaghloul)  

  • OLI 378: PALESTINA – Welcome to Israel

    Richiedere l’apertura dell’email privata ed avere accesso alla pagina personale di facebook ai turisti in arrivo all’aeroporto di Tel Aviv, non è più una violazione alla privacy.
     Il procuratore generale israeliano Yehuda Weinstein, il mese scorso, ha affermato che gli agenti della sicurezza dell’aeroporto Ben Gurion sono stati autorizzati “legalmente” ad entrare negli account privati di email dei turisti. L’eventuale rifiuto potrebbe concludersi in un divieto d’ingresso nel Paese, come sta succedendo negli ultimi anni soprattutto a giovani turisti.
    Le autorità israeliane giustificano tali controlli una “necessità di garantire la sicurezza del Paese”.
     I controlli non avvengono solo per entrare nel paese, ma anche quando si è in partenza da Tel Aviv: non è un caso raro subire ore di interrogatorio all’aeroporto, non è un caso raro che i servizi di sicurezza israeliani effettuino ricerche con google per verificare contatti, interessi, orientamenti politici e possibili amicizie con palestinesi. Se ti etichettano come “personaggio sospetto”, la security può trattenerti anche una notte prima di farti uscire dal paese.

    Lo scorso 31 luglio all’aeroporto di Tel Aviv, in uscita dal paese, sono stata giudicata “altamente pericolosa” dalla sicurezza israeliana. Per questo perquisita e trattenuta. Il mio bagaglio è stato sequestrato e dopo il primo interrogatorio durato 3 ore, che mi ha fatto perdere il volo, sono stata scortata in una stanza di 4mq. per la perquisizione fisica e per il secondo interrogatorio durato ulteriori 3 ore.
     ……“Come mai sei venuta da sola in Israele?” “Dove hai alloggiato?” “Quali città hai visitato”, “Hai incontrato qualcuno?” “Conosci qualcuno in Israele?” “E’ la prima volta che vieni qui?” “Come mai non hai prenotato alloggi prima della partenza?” “Hai il sospetto che qualcuno ti abbia parlato in arabo?” “Mi dai il cellulare?” “Dove vivi?” “Come si chiamano i tuoi genitori?” “Chi hai incontrato a Gerusalemme?”, “Qualcuno ti ha ospitato”?, “Hai notato qualcuno sospetto?”, “Dove lavori?” “Quanti giorni sei stata a Gerusalemme?, e nel deserto? e… e… e…?” “Hai intenzione di tornare?” “I nomi dei tuoi amici che sono venuti in questo Paese?” “Come mai viaggi senza una guida turistica?” “Perchè sei venuta qui?” “Hai delle bombe?”, “….si hai capito bene, hai delle bombe, delle armi con te?” “Di che religione sei?” “Capisci l’arabo?” ”Sei mai stata in un paese arabo?” …
    Sconcerto, paura, agitazione, rabbia…. sono le prime emozioni che ricordo. Le domande vengono ripetute più di una volta in sequenze diverse; devo ricordare quello che ho dichiarato in precedenza!
    Durante il sequestro del bagaglio, dico a loro che è assurdo questo interrogatorio, che in nessun altro aeroporto di paesi che ho visitato mi hanno trattato così. Dico che c’è una privacy da rispettare.
    Loro mi rispondono che sono tenuti a fare i controlli per la sicurezza del Paese, dei cittadini e della mia.
    Trovavo tutto questo fastidioso e imbarazzante, ma mi rendevo conto che mi conveniva collaborare.
    Sono stata fortunata per le sole 6 ore e mezzo di interrogatorio e il non aver risposto “sotto giuramento” mi ha aiutato a trovare delle alternative alle risposte esatte: “non prenoto mai quando viaggio”, “cercavo su internet l’alloggio di volta in volta”, “ho incontrato tanti turisti” “la maggior parte del tempo l’ho trascorso a Gerusalemme” “ho alloggiato dalle suore”, “ho visitato i luoghi sacri” ecc.
    La verità
    Sono stata un mese nei Territori Occupati Palestinesi: ho visitato Ramallah, Hebron, Nablus, Jenin, ho condiviso le mie giornate con persone locali che mi hanno ospitato e accompagnato in giro con entusiasmo, ho intervistato e fatto riprese che ho spedito in Italia dalla posta di Gerusalemme prima di partire, sono stata testimone di situazioni che i media mettono a tacere, ho visitato campi profughi; i controlli ai check point e ai posti di blocco erano all’ordine del giorno.
    E’ un reato?
    E’ un reato ascoltare storie che raccontano di assedio ed oppressione con cui ogni giorno i palestinesi devono fare i conti? 
    L’interrogatorio ha lo scopo di demotivare le persone che vogliono tornare in Palestina, ci sono cascata anch’io : l’essere sotto pressione e il sentirmi psicologicamente aggredita e invasa della mia intimità mi ha portato a pensare di non voler più tornare… ma questo pensiero è durato solo pochi giorni.
    (M.R. – foto da internet)