Categoria: Sicurezza

  • OLI 418: CONVEGNO – 10/12 Sicurezza del territorio e lavoro edile

    Si terrà a Genova il 10 dicembre 2014 a partire dalle ore 9.00 al Salone Del Bergamasco della Camera di Commercio Via Garibaldi 4 di Genova il convegno il “Messa in sicurezza del territorio e lavoro edile: presente e futuro” organizzato da Fillea Cgil Genova e Camera del Lavoro Metropolitana di Genova con il patrocinio della Camera di Commercio di Genova.
    Milioni di danni causati dalle alluvioni di questi giorni, di questi anni. Migliaia di lavoratori edili genovesi e liguri sono disoccupati ormai da tempo.
    Saranno presentati alla cittadinanza ed alle istituzioni le proposte della Fillea CGIL; la sfida è di utilizzare bene ed in fretta le risorse a disposizione contro il dissesto idrogeologico impiegando lavoratori edili autoctoni e migranti che vivono e abitano in Genova e in Liguria. 

  • OLI 375: LAVORO – Benetton nella fabbrica crollata in Bangladesh

    Ennesima catastrofe in Bangladesh per il crollo della fabbrica Rana Plaza a 30 km da Dhaka, avvenuto il 24 aprile scorso, che ha causato la morte di oltre 380 operai, 2000 feriti e molti dispersi che lavoravano per i grandi marchi della moda internazionale. L’edificio Rana Plaza ospitava 5 fabbriche di abbigliamento dove migliaia di operai ogni giorno lavoravano stipati in condizioni disumane. Loro stessi avevano denunciato le preoccupanti crepe all’interno dell’edificio, ma gli era stato intimato dai datori di lavoro di restare nella fabbrica.
    La Campagna Abiti Puliti (Clean Clothes Campaign), associazione internazionale nata per assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori e lavoratrici del tessile, sta intervenendo denunciando i grandi marchi implicati tra cui Primark, Mango e l’italiana Benetton, quest’ultima in un primo momento aveva dichiarato di non aver legami diretti con le fabbriche del Rana Plaza.
    L’agenzia AFP ha fotografato tra le macerie alcune t-shirt con etichetta “United Colors of Benetton”.

    Inoltre Abiti Puliti è in possesso di una copia di un ordine d’acquisto da parte di Benetton per capi prodotti dalla New Wave, una della 5 fabbriche dell’edificio.
    La Campagna Abiti Puliti sta facendo pressione sull’azienda veneta chiedendo di assumersi le proprie responsabilità su queste tragiche morti sostenendo i familiari delle vittime. “Aziende importanti come la Benetton hanno la responsabilità di accertare a quali condizioni vengono prodotti i loro capi” ha dichiarato Deborah Lucchetti – coordinatrice e referente italiana della Campagna Abiti Puliti – “e di intervenire adeguatamente e preventivamente per garantire salute e sicurezza nelle fabbriche da cui si riforniscono”.
    Il crollo del Rana Plaza è una delle tante tragedie avvenute nel sud est asiatico: ricordiamo l’incendio della fabbrica pakistana Ali Enterprises dove lo scorso settembre sono arsi vivi 300 lavoratori per la mancanza di uscite di sicurezza e l’incendio di novembre della Tazreen Fashions in Bangladesh dove hanno perso la vita più di 100 operai che cucivano per C&A, Carrefour, Kik e Walmart, lavorando 12 ore al giorno per 30 dollari al mese.
    Il tessile è un settore redditizio e le aziende occidentali di abbigliamento sono più interessate a massimizzare i profitti che alla sicurezza e ai diritti dei lavoratori. Il sud-est asiatico è il più grande esportatore di prodotti tessili al mondo, come possiamo notare dalle etichette che ogni giorno indossiamo.
    Anche i consumatori spesso sono responsabili e complici inconsapevoli di questo processo in cui, attraverso l’acquisto di abbigliamento, contribuiscono a mantenere in schiavitù i lavoratori che cuciono e confezionano i nostri abiti per pochi dollari al mese.
    Come consumatori consapevoli possiamo sostenere la campagna firmando la petizione online che chiede che i lavoratori in Bangladesh siano tutelati da norme di sicurezza più severe.
    (Maria Di Pietro – foto da internet) 

  • OLI 307: ENTROTERRA – Cogorno, ronde e mazze da baseball

    Cogorno, amena località dell’entroterra ligure, tra la Val Fontanabuona e la Val Graveglia, colline digradanti verso il letto dell’Entella, oliveti sulle fasce terrazzate e vista su Chiavari e Lavagna, che si uniscono alla foce del fiume, sulla costa.
    Se la descrizione evoca un luogo tranquillo, la realtà sembra essere differente: parecchi segnali inquietanti arrivano dalla vallata.
    Come ogni estate, infatti, aumenta il numero dei furti nelle abitazioni, villette isolate o abitazioni familiari, molto ambite dai ladri di appartamento (Il Secolo XIXed. levante, 22/06/2011). La media, preoccupante per un comune che annovera circa 5300 abitanti, è di un furto alla settimana.
    Altrettanto inquietante è l’affissione di manifesti che invitano all’arruolamento a ronde per il controllo del territorio. Sui manifesti troneggia, come unico segno grafico, una mazza da baseball; è poi ben leggibile il bollo di affissione del comune, con scadenza al 3 giugno 2011.
    Forse l’iniziativa può essere collegata alla proposta di creare delle ronde nel Tigullio, da parte del sottosegretario leghista al Ministero della semplificazione, Francesco Belsito, che l’ha riproposta di recente (“Ronde leghiste nel Tigullio”, Corriere mercantile 18/06/2011).
    Il taglio ai finanziamenti dei piccoli comuni da parte dello Stato ha inferto un grave colpo ai servizi di controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. Ne deriva una percezione di insicurezza per cui molti lettori del blog che riporta la notizia (http://www.menabonews.it/notizie/primo-piano-liguria.php?id=15983 ) si dichiarano favorevoli alle ronde ed alle ricadute positive che deriverebbero dal controllo, (sedicente) pacifico e disarmato, del territorio.
    E allora che c’entra la mazza da baseball?

    (Eleana Marullo)
  • OLI 296: NUCLEARE – No e basta.

    Passato un po’ di tempo dalla catastrofe del terremoto giapponese, si possono tirare le prime somme, usando il linguaggio molto diretto di chi è preoccupato per la nuova svolta nuclearista del governo italiano. E’ mia convinzione che dietro l’apparente gentilezza del modo di pensare comune a chi lavora con una formazione tecnica universitaria e legato a concetti economici e affidabilistici, si nasconde in realtà la determinazione di imporre il nucleare in modo paternalistico, come risultato di un processo di analisi alterato per farlo suonare come logico ed apparentemente inattaccabile. Invece, fuori dalle considerazioni economiche ci sono, tanto per iniziare, quelle sanitarie, che hanno già ampiamente dimostrato che il nucleare, in realtà, è letale per fondamento stesso, al di là delle ipotesi incidentali, ad esempio come quando (non) si parla dei rifiuti, che rifiuti restano anche se prodotti da centrali di ennesima generazione. Per quanto riguarda la sicurezza, avere avuto tre incidenti “top” nel giro di poco più di trent’anni lascia presumere che i valori di frequenza attesa siano stati a dir poco sottostimati. Certo, a posteriori, sia Three Miles Island, che Chernobyl e adesso Fukushima, così come le centinaia di piccoli eventi “minori” silenziosi (per questo a mio avviso ancora più inaccettabili), innestano il ciclo virtuoso di analisi che consente di capire i difetti degli impianti per renderli “un po’ più sicuri”.
    Però, quando poi si scopre che un’ondata d’acqua, per quanto gigantesca ma comunque prevista in quella zona, mette in ginocchio 4 reattori, allora il parere anche dei tecnici dovrebbe cambiare. Cosa sarà stato questa volta? I muri hanno dimostrato di reggere perché l’ondata era prevista, quindi cosa scopriremo? Che si sono staccati i serbatoi del gasolio dei generatori, galleggiando sull’acqua? O che le prese d’aria non sono state previste ad un’altezza tale da garantirne il funzionamento con i motori sommersi? Non mi stupirebbe che particolari tanto semplici possano aver causato un effetto domino di tale dimensione, i generatori erano molti e che tutti siano saltati lascia presupporre ad un problema di progettazione comune legato all’inondazione o ad un punto critico non previsto nell’analisi di rischio. Diversamente da così sarebbe ancora più preoccupante, perché la stupidità di un particolare purtroppo esiste al di là dei calcoli generali più esatti, mentre un evento dovuto ad un problema “di fondo” sarebbe davvero inaccettabile e criminale. E nel caso di Fukushima, il progetto ha affidato la vita della centrale ad un sistema non a sicurezza intrinseca, direi quindi che si è trattato di un problema “di fondo”: il flusso d’acqua legato ai generatori (sicurezza attiva) è un errore lampante, una scelta operativa sicuramente dettata dai famosi “costi inaccettabili” di una centrale più sicura. Ricordo che un giorno proposi ad un’assicurazione di legare il premio della RCT al livello di attenzione che l’azienda poneva nella gestione degli impianti, in quel caso dei semplicissimi stoccaggi di gas, e della loro conformità ai gradi più elevati della tecnica migliore. Ricevetti un diniego, perché, mi spiegarono, le assicurazioni lavorano proprio sull’imprevedibile, basandosi su un’analisi statistica dei dati a posteriori, sull’esperienza. E i dati storici sul nucleare, al di là dei numerini “dieciallamenoqualcosa”, delle promesse dei progettisti, delle parole dei politici, dicono che è l’ora di smetterla.
    Votai a sfavore del nucleare nel 1987, allora non tanto perché non credevo nella capacità della tecnica in sé stessa, quanto per una basilare sfiducia di una gestione così complessa in un paese come il nostro (non credo di dover citare i motivi, sono evidenti, ed oggi siamo peggiorati). Adesso, invece, si scopre che questa tecnologia è “troppo complessa” anche per un popolo come quello giapponese, esempio di efficienza e dove l’amministratore delegato della Tepco va in giro per i campi profughi a scusarsi personalmente per il *casino* che hanno combinato (scusate il termine, ma è davvero appropriato).
    Comunque, arrivati a questo punto non credo che ci sia più spazio per una discussione su questo argomento, chi ancora è convinto che si possa fare e gestire la fissione, vive in un passato di illusione ingegneristica sconfessata dai fatti. Per noi, antinuclearisti della prima ora, resta solo di avvisare che difenderemo duramente il nostro diritto alla vita. Il vecchio motto del “Nucleare, no grazie” da oggi diventa un esplicito “Nucleare, no e basta!”. Pazienza se saremo tacciati di non essere democratici come le nubi radioattive, quando sorvolano il mondo inquinando ricchi e poveri in egual misura.
    E non si venga a dire che “tanto le centrali straniere sono a pochi chilometri fuori del confine”: chi vuole cambiare il mondo, cominci a cambiare sé stesso.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 275: SOCIETA’ – Le leggerezze di un pm

    Facendo i debiti scongiuri, se qualcuno vi rubasse la chiave di casa e vi entrasse facendoci un semplice giro uscendone senza danneggiare nulla, questo sarebbe considerato una violazione di domicilio. Aggiungendo a questo la rottura di un televisore, qualsiasi sentenza comporterebbe in aggiunta un reato di danneggiamento, con relativo danno per il ripristino del bene danneggiato. Se il bene danneggiato fosse un bel “puzzle” appeso al muro, al valore del gioco dovremmo aggiungere un “costo” delle ore di impegno necessarie per montarlo, valutabili in chissà quale modo.
    Quindi non si riesce a capire come mai una persona che ha subito il danneggiamento di un proprio “puzzle” personale su Facebook (la sua casa di Pet Society), costruito con centinaia di ore davanti al PC e spendendo soldi nei negozi virtuali della rete, debba subire il doppio scorno della richiesta di archiviazione da parte di un pubblico ministero. Perché è questo che sarebbe successo ad una persona di Palermo, la cui vicissitudine è stata riportata da diversi quotidiani (*).
    Lascia sconcertati che un pm non sia stato in grado di riconoscere un reato così evidente, previsto in termini espliciti dalla legge, che comincia con il furto della password per finire con una casa vuota, anche se virtuale, e nemmeno di capire che, oggi, i beni possono essere anche dematerializzati, possono consistere in un archivio di musica, di film regolarmente acquistati su un supporto diverso dai classici CD. E possono consistere anche nell’idea di possedere qualcosa per la quale si è pagato denaro sonante (più o meno, vista la dematerializzazione anche di quest’ultimo): è il caso di Pet Society.
    Per fortuna che il giudice per le indagini preliminari ha invece accolto l’opposizione agguerrita degli avvocati della danneggiata, disponendo l’indagine della polizia postale per individuare il colpevole. E se riusciranno a trovarlo, lo scherzo costerà caro al nostro Lupin virtuale, vista la somma di reati ascrittigli, dal furto d’identità fino al danneggiamento: tutti reati penali.
    Un’osservazione più tecnica a piè d’articolo: il termine hacker usato dall’Ansa (l’agenzia stampa dalla quale la notizia deriva) è usato in questo caso in modo errato, in quanto per i pirati informatici che creano danneggiamenti è in uso un termine diverso, cracker. Hacker è colui che non abusa della propria capacità ma, anzi, spesso la mette a disposizione proprio per il miglioramento dei sistemi di difesa informatica.

    * http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2010/10/22/AMvxIxAE-facebook_svaligiata_inchiesta.shtml
    * http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/369891/

    (Stefano De Pietro)