Categoria: Michela Costa

  • OLI 417: REGIONALI 2015 – Se non ora, quando?

    Si dice che ormai la partita sia quasi chiusa e che sulle primarie per le regionali liguri 2015 del centro sinistra i giochi siano praticamente fatti. Si avverte un vago senso di resa anche nei militanti più radicali che, dalla lettura dei quotidiani, nemmeno osano proporre un nome e pare si siano in maggioranza allineati nel sostenere Cofferati. Niente di troppo vincolante, sia chiaro, ma qualcosa che si può serenamente trattare durante una cena – la politica genovese alimenta una tradizione abbastanza consolidata di pasti – definita su la Repubblica ed Genova “Patto della Lanterna” dove tutti o quasi si sono messi d’accordo (Lista Doria, Sel, Civatiani, Prc) per sconfiggere i renziani liguri. Le primarie fissate per il 21 dicembre mirano a ridurre l’affluenza e l’eventuale danno, quindi è bene far fronte.
    Chi non comprendesse i motivi per i quali un neoeletto al Parlamento Europeo debba essere candidato in Liguria, se ne faccia una ragione e prenda nota della recente frase di uno scafato militante Pd: il problema è che non abbiamo nessuno.
    Ma sarà vero?
    Forse il Pd e una certa rappresentazione della sinistra non hanno nessuno.
    L’affluenza alle elezioni Europee ha prodotto un dato implacabile: solo il 57% degli aventi diritto è andato a votare sei mesi fa. Mentre nel 2010 in Liguria, per le regionali, l’affluenza era stata del 60,92%.
    Il 40% non si è presentato a votare e probabilmente non lo farà la prossima primavera, alla faccia del premier che sventola la stessa percentuale per rivendicare un consenso ottenuto alle europee.
    Ma sarà vero che non c’è via di uscita e nemmeno alternativa in Liguria?
    Cosa dicono le ragazze di Se non ora quando? Le stesse, che si battono per la preferenza di genere nella legge elettorale regionale e che con precisione avevano prodotto e messo in rete un sondaggio dove si indicavano i nominativi di donne competenti e preparate da proporre nella carica di assessore comunale? Nessuna di queste donne potrebbe essere della partita? Penso a Michela Costa, Alessandra Ballerini, Deborah Lucchetti, Manuela Cappello e alle altre.
    E le molte associazioni, quelle in prima linea per la difesa del territorio, per il diritto allo studio e alla salute cosa dicono?
    Davvero, in una regione che frana fisicamente e politicamente, ci possiamo accontentare di andare al voto aderendo ai soliti rituali?
    Non è vero che non c’è nessuno. E’ l’assenza di politica che ci rende deboli e un pochino ciechi.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 396: SANITA’ – Brignole, la morte di un gigante

    Un buco di bilancio che sfiora i 40 milioni di euro, al 2013. Una favola che poteva avere un lieto fine si chiude come quella della Piccola Fiammiferaia. Questo grazie ad un mix di responsabilità micidiale, perché la politica ha male agito e purtroppo anche il sindacato non è stato all’altezza della situazione, ha spiegato Antonello Sotgiu, ex dirigente della Cgil. Al suo fianco Michela Costa, Direttore Generale al Brignole dal 2003 al 2008 e Mario Calbi, che la favola dell’assistenza agli anziani a Genova la conosce sin dal 1970.
    Allo Zenzero il 14 gennaio, si è cercato di raccontare la storia dell’Albergo dei Poveri partendo proprio dagli anni Settanta quando nel territorio non c’era assistenza domiciliare e solo il ricovero era la soluzione. Grandi “universi concentrazionari” ha spiegato Calbi, parafrasando Foucault, laddove la famiglia, intesa come nucleo protettivo di cura e assistenza, stava evaporando. Il sogno politico di quegli anni era de-istitutizzare, togliere per creare servizi servizi territoriali, ambulatoriali integrati, piccoli istituti di quartiere, con commissioni di controllo costituite da parenti, ospiti e lavoratori. Un sogno che si stava realizzando con un drastico calo dei ricoveri a favore dell’assistenza domiciliare, quando è cambiata la visione politica. E, ha spigato Sotgiu, si è agito con la logica delle clientele, sia per quanto riguardava i servizi che per la parte relativa all’utilizzo del patrimonio disponibile. Anche i cittadini, invitati a vigilare hanno preferito tacere, per l’ansia di vedere il parente rispedito a casa. Mentre la politica nominava presidenti senza competenze manageriali.
    Un gigante, così viene definito il Brignole da Michela Costa, per patrimonio immobiliare, autonomia gestione e quattrocento anni di storia. Un gigante stremato dal disordine amministrativo e dai debiti, in grado però, nel 2003 di ripartire grazie al capitale umano professionale di cui disponeva, se questo cammino fosse stato appoggiato dalle istituzioni.
    Un gigante che poteva far confluire su di sé, con un’operazione di unificazione, l’istituto Doria e che avrebbe potuto ripartire dando una risposta agli anziani e ai loro bisogni con un’unica azienda pubblica, a sua volta integrata dai servizi del privato-sociale grazie ad un patto che impegnava Regione, Provincia, Comune, e Asl 3. Un patto che è saltato nello spazio di pochi giorni perché qualcuno ha ritenuto che era assolutamente impossibile, impensabile poter mettere un milione e mezzo di Euro su questa partita. Le stesse dirigenze, gli stessi politici che per errori poi banali hanno pagato botte di quattro milioni e mezzo con qualche conto ancora aperto ha detto Sotgiu.
    Però il risparmio del 36% in meno c’era, insieme ad un livello di produttività molto alto e posti letto coperti del 95%. Ci doveva essere un provvedimento che non facesse morire asfissiata l’azienda. Nel 2007 il Brignole poteva offrire servizi pubblici e sopperire a funzioni varie per 150 Euro al giorno a posto letto di riabilitazione. Tutto questo nel pubblico. Non c’è stato verso di trovare questo denaro. Nessuno ha mai risposto. Così l’ipotesi è stata cedere il personale in altri enti pubblici, perdendo know how per assumere nuovo personale con altri contratti. Così Michela Costa ha restituito le chiavi. Ed ha chiarito ai presenti in sala: Quest’azienda non è morta da sola perché si volevano fare i servizi domiciliari, ma si voleva che tutti i servizi pubblici venissero convenzionati a qualcun altro. Ed è esattamente quanto si è conseguito perché oggi questa città che, dal punto di vista demografico, sappiamo come è, non ha più servizi pubblici residenziali per gli anziani.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)