Categoria: medicina

  • OLI 414: SICUREZZA SUL LAVORO – Non stressiamoci

    L’incontro è così importante che i posti esauriscono in un batter di ciglia.
    Alle 10 di venerdì 3 ottobre la sala è completa, un pubblico formato da esperti e medici riuniti alla Berio per la Campagna Europea sulla gestione del rischio da  stress lavoro-correlato. In agenda anche esperienze aziendali. Tra i relatori Inail, psicologi, sindacato e Confindustria, la top ten della materia, tra cui alcuni componenti della commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro.
    Il clima pare sereno e volto a proporre buone pratiche per il bene di lavoratori e aziende. Il tema è delicato ma, una volta convenuto che “manca lo stressometro” e che il fenomeno è di difficile misurazione, nelle parole dei relatori cresce la profonda distanza tra chi rappresenta il sindacato e chi le aziende, tra chi crede nella campagna e chi non ci crede. Il momento economico pone “ben altre” questioni, dichiara infatti Fabio Pontrandolfi di Confindustria, “se il lavoro non c’è, c’è poco da stressarsi”. Ma anche sulla campagna stessa il relatore nutre perplessità e dichiara che è un errore legare lo “stress lavoro-correlato” a “fattori sociali”. Anche sul come fare la valutazione del rischio stress Confindustria lamenta poca chiarezza a livello normativo, sulle parti datoriali, denuncia, grava il compito di dover gestire “un tema che si alimenta della sua stessa incertezza”. Meglio parlar d’altro, suggerisce Pontrandolfi , magari della campagna futura, quella sull’invecchiamento attivo sul lavoro, cercando di non far pagare alle aziende il costo sociale dell’anzianità dei dipendenti.
    E’ un fiume in piena Cinzia Frascheri, CISL, sono solo due le ore di formazione dedicate in azienda a questo tema. E anche sul ruolo del medico competente rivendica la necessità di uno sguardo più attento all’organizzazione del lavoro e agli effetti che ha sul dipendente, al suo reale benessere. Frascheri denuncia che sovente i medici hanno una modalità spiccia – tot a visita, tot soldi – e che l’Italia ci ha messo quattro anni per recepire un accordo europeo, costretta dall’obbligo di farlo. Un medico competente interverrà, poco dopo, dichiarandosi stressato dal dibattito e lamentando l’assenza al tavolo dei relatori di una figura professionale che rappresenti la categoria. Al tavolo, in effetti, non c’è nemmeno un Rappresentante dei

    Lavoratori per la Sicurezza.
    La possibilità di affrontare seriamente il rischio dello stress lavoro-correlato pare quindi soffocata, in primis, da una valutazione esclusivamente a carico dell’azienda e, a livello istituzionale, da uno sguardo corto che non prevede di esaminare gli effetti dell’erosione di lavoro sui dipendenti stessi. In quella sede è stato confermato che non esistono commissioni di esperti che valutino l’impatto psicologico delle numerose crisi aziendali italiane – datori di lavoro stessi ricorrono al suicidio – su tutti i soggetti coinvolti. E nessuno, pare, ad oggi,  voler considerare i costi che graveranno in futuro sul SSN. Quindi vietato stressarsi se l’azienda va in crisi.
    Chi fosse rimasto nel pomeriggio, a sala ormai semivuota, avrebbe sentito parlare di Genova Parcheggi e dello stress causato dal rapporto con l’utenza, dell’ospedale di San Martino e della gestione dello stress generato dalla relazione con i pazienti o dal rischio di contagio di malattie gravi. Nel pomeriggio idee e modelli hanno avuto voce. Ma a quell’ora parte dei protagonisti del mattino erano già svanita.
    (Giovanna Profumo – immagine di Guido Rosato – foto dell’autrice)

  • OLI 403: SOCIETA’ – Vegano non è marziano

    (Torta di fragole vegana)

    Anni fa ne aveva scritto in Pastorale Americana Philp Roth. La figlia dello svedese era una di loro, ma non faceva una bella fine. Certo la letteratura può essere spietata.
    Oggi, numerosi anche in Italia, li puoi incontrare ad un aperitivo organizzato a Bogliasco per cercare di capire come mangiare rinunciando totalmente non solo a carne e pesce, ma anche a latte con tutti i derivati, uova, miele e a non indossare né lana, né pelle e piume. Ti indicano la strada per stare alla larga da circhi, zoo e acquari.
    Fabio e Lella hanno il volto diafano, il fisico scattante e asciutto di chi vive nella natura e la luce negli occhi che solo una fede profonda accende nello sguardo. Milanesi di nascita, vivono nelle Marche e pubblicano da sé i loro libri. Ne mostrano uno di ricette dal titolo Tutti bravi in cucina (e senza sofferenza animale) mentre attorno a noi è un trionfo di torte salate e dolci, pane, insalate, compresa quella russa, tutti rigorosamente vegan, con famiglie che assaggiano, annuendo compiaciute.
    Nel loro banchetto tante pubblicazioni di Ecoeditoria Creativa. Loro è la Troglodita Tribe S.p.A.f (Società per Azioni felici) con convinzione spiegano di essere vegani da quattordici anni. E’ stata la presa di coscienza del livello di violenza che subiscono gli animali, proprio in quella campagna bucolica che avevano immaginato prima di lasciare la metropoli, a condurli su questa strada, insieme a cinquanta miliardi di animali uccisi ogni anno.
    Si tratta anche una scelta etica dettata dall’antispecismo, la filosofia che considera un’ingiustizia il fatto che specie diverse da quella umana vengano discriminate, imprigionate, sfruttate, uccise e che si batte contro l’antropocentrismo – in un parallelo con razzismo, sessismo, omofobia – mirando ad una società in cui tutte le specie vengano considerate alla pari. Spiegano che – assodato che la violenza c’è, è evidente capita anche a loro di ammazzare una zanzara – l’intento è eliminare tutta la violenza intenzionale e sistematica.
    Essere Vegan è la pratica dell’antispecismo e l’antispecismo è la teoria.
    Raccontano di tre generazioni di vegani in Inghilterra con dati scientifici assolutamente positivi e di ambulatori – ne indicano uno pediatrico anche a Firenze – dove i dottori sono vegani e vegetariani. Parlano di nutrizionisti che favoriscono questo stile alimentare.
    Si scopre così che maionese e besciamella possono essere fatte con il latte di soia, che le frittate non hanno bisogno di uova per essere tali e che un ospite a cena vegano non è un marziano. Si può cucinare facilmente anche per lui. Bastano due parole chiave, ricette vegane e un giro nella rete.
    Chi proprio non vuole rinunciare a formaggetta e carne, ma volesse iniziare a capire, potrebbe fare come nei tempi andati, quando si mangiava pesce il venerdì, ed accostarsi all’alimentazione vegana una volta a settimana.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)