“La Regione scommette sullo sport”, così su Repubblica il presidente Burlando annuncia ” riprogrammazione di fondi comunitari” per investire su ventisei strutture sportive ad uso scolastico in Liguria. A tutta pagina poi l’assessore regionale allo sport precisa che ci saranno 3 milioni di euro per mettere a norma più di venti impianti sportivi, strutture che una volta ammodernate, permetteranno di utilizzare gli stessi impianti in orario pomeridiano, grazie alla sinergia tra scuole e società sportive. Si sceglie di valorizzare interventi significativi “per garantire le migliori condizioni per lo sport scolastico, fondamentale nello sviluppo psicofisico dei ragazzi”. Che buoni intenti.
A scorrere il Giornale della Giunta della Regione Liguria si legge: “Scuola e sport: in arrivo 3 milioni grazie ai fondi Par Fas 2007-2013”.Ovvero, mentre già si lavora per i progetti 2014/2020 la Regione Liguria con una riprogrammazione ha utilizzato, finalmente, i fondi europei richiesti ancora nel primo mandato. Fondi a destinazione puntuale, lasciati in stand by, che si sono tenuti stretti, non sono arrivati adesso, sono stati investiti ora perché magari si sarebbero dovuti restituire.
Intanto diamo il benvenuto noi ai liceali di Mol, cittadina vicino a Bruxelles, giovani atleti che l’assessore regionale allo sport non è riuscito a salutare, ragazzi venuti per quattro giorni dal Belgio a Genova, grazie ad un’iniziativa d’interscambio sportivo del Trionfo Ligure di Villa Gentile ( Mercantile, 17/4).
Una sorta di Erasmus dello sport insomma. Peccato, l’assessore non è riuscito a festeggiarlo, era impegnato in veste istituzionale, nella mezza maratona, a partecipare pure ad un gara di foot golf per beneficenza. Nell’occasione si rileva pure che tra calciatori, giornalisti , professionisti, imprenditori, coccolati anche dalle trofiette di Zeffirino, per la Gigi Ghirotti sono stati raccolti ben millequattrocento euro.
(Bianca Vergati – Foto dell’autrice)
Categoria: SPORT
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OLI 407: REGIONE – L’Europa scommette sullo sport, la Liguria forse
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OLI 391: SPORT – Il Pallone d’Oro a Cristiano Ronaldo
E’ ormai tempo di assegnare il Pallone d’Oro e su tutte le radio e tv imperversa il toto scommesse: Chi sarà il Re quest’anno? Sembrava che il candidato numero uno fosse Frank Ribery autore con il suo Bayer di una stagione entusiasmante protagonista in patria come in Europa, ma nelle ultime ore è spuntato il nome di un certo Cristiano Ronaldo che dopo l’ennesima tripletta, questa volta con il suo Portogallo ai danni della Svezia di Ibra, è tornato prepotentemente a farsi sotto per la vittoria finale.
Ma ora mi chiedo senza troppa diplomazia: esiste un giocatore più forte di CR7? Dissacrante vero? Molti di voi ora penseranno: ma questo Messi lo ha dimenticato? Niente affatto! In questi giorni ho passato parecchie ore su Youtube a confrontare i tre giocatori sopra menzionati e nonostante abbia cercato in ogni modo di convincermi del contrario non riesco proprio a non urlarlo: Ronaldo è Ronaldo… Sarà forse pieno di sé, ma tutti i grandi calciatori lo sono un po’, sarà mica stufo di essere considerato secondo? Ma quando esibisce il repertorio per me è poesia, pura poesia. Proprio oggi in radio raccontavano di un famoso difensore di fama internazionale che diceva: “quando vedi arrivare Ronaldo palla al piede ti viene voglia di spostarti e farlo passare” e invece a me viene da dire: rimani li! Cosi vediamo cosa inventa il portoghese!Giocatore completissimo dotato di una forza straordinaria, una corsa eccezionale, accelerazione bruciante, colpo di testa, punizioni e….i tricks, gli hard tricks più incredibili mai visti su un campo di calcio, rabone, tacchi, tutto al limite della fisica.Ma non c’è solo calcio in questa difesa appassionata che faccio a CR7, si perché forse non tutti sanno che Cristiano Ronaldo ha messo all’asta la sua scarpa d’oro ottenuta nel 2011 ed ha donato il ricavato ai bambini palestinesi assediati nella striscia di Gaza. In una partita disputata dalla sua Nazionale contro Israele si rifiutò di scambiare la maglia con un giocatore israeliano, tutto ciò probabilmente ha causato non pochi danni di immagine al campione portoghese il quale ha dimostrato di essere coraggioso e capace di sostenere le idee di giustizia in cui crede.E scusate se “ci metto il carico” ma non è che non gli hanno più dato il pallone d’oro perché hanno paura che faccia la fine della scarpa? E se lui esibiva il cartello “Todos con Palestine” io dico “Todos con CR7!” vinci il pallone d’oro e regalalo ai bimbi che soffrono, sarai il vero Re del Calcio.(Riccardo Badi) -
OLI 390: SPORT – Povera Samp
Siamo ormai giunti alla dodicesima giornata di campionato e la nostra povera Sampdoria si trova più che mai invischiata nella lotta per non retrocedere; il bottino è magro per non dire magrissimo solamente 9 i punti fino adesso racimolati dalla formazione blucerchiata. Mentre scrivo si sta decidendo il nome del nuovo allenatore in quanto Delio Rossi è stato esonerato dopo la sconfitta di Firenze, ma a tal proposito quello che mi chiedo è: ma a cosa serve cambiare allenatore quando la rosa è palesemente inadeguata? Cosa ci si potrà mai aspettare anche dal migliore allenatore del mondo quando in campo scendono giocatori, a mio modesto parere, inadeguati per la categoria? Ricordiamoci che la Sampdoria si salvò l’anno scorso già a fatica disponendo di una rosa più esperta e di giocatori come Icardi e Poli in grado di cambiare il volto di una formazione modesta come la nostra; sul fronte degli avversari c’era una Cenerentola come il Pescara, un Siena penalizzato di ben 6 punti, per non parlare di uno sciagurato Palermo. Detto ciò sposai anche io con convinzione il progetto giovani voluto dalla società però comincio a chiedermi: essere giovane coincide sempre con l’essere bravo? Perché sono stato giovane anche io, ma forte mai! Quello che voglio dire è che mi sembra un po’ tutto improvvisato in questa Sampdoria orfana di Marotta, si continua a cambiare rotta senza mai davvero volerne intraprenderne una, Rossi a dire la verità non mi ha mai entusiasmato più di tanto ma per certo so che è un “uomo di calcio” e anche persona schietta (a volte forse pure troppo) e se è arrivato lui stesso ad ammettere che non ci sono molte speranze per questa formazione, beh, scusate, ma la cosa mi fa pensare e anche tanto! Come avrete forse capito chi vi scrive è un tifoso appassionato e forse un po’ deluso che mette nella sua ipercritica tutto l’affetto per “quei colori magici che ci fanno venire i brividi”. Mi scusino i “cugini” per la dichiarazione d’amore finale e Buon Campionato a tutti.
(Riccardo Badi – Immagine da Internet) -
OLI 386: LETTERE – Europa, riflessioni dal Bar Sport
Venerdì 11 ottobre mi trovavo come di consueto al Bar dove quasi ogni mattina faccio colazione e dove sfoglio pigramente il quotidiano della mia città partendo dalle prime pagine per affrettarmi verso le pagine della rubrica sportiva (sapete faccio parte di quella schiera di persone un po’ affaticata per dire cosi…) quando incappo in un articolo divertentissimo su un ex giocatore della Sampdoria, Federico Piovaccari, trasferitosi alla Steaua di Bucarest gloriosa società della capitale Romena. L’articolo riportava le fortunate vicende del calciatore italiano immigrato in Romania diventato in pochissimo tempo idolo della tifoseria a suon di goal e buone prestazioni, ma soprattutto si soffermava sulle vicende del chiacchieratissimo patron della Steaua ossia Gigi “Big” Becali…e lo faceva in tono davvero divertente e ironico raccontando episodi più o meno ridicoli sulle uscite dell’istrionico presidente tipo “vinsi tre giocatori giocando a poker” oppure “ho comprato un aereo perché quello che aspettavo era in ritardo” ma anche sul presunto passato poco chiaro, facendo notare altresì che il presidente si trova al momento in carcere a scontare una pena detentiva di sei anni per presunte mazzette all’esercito nel primo periodo post-comunista dell’attuale Repubblica romena. Terminando, Il Secolo XIX ridicolizzava ulteriormente Becali chiamando in causa le vicende di un suo fratello venditore di Rolex falsi in quel di Napoli; il ritratto che ne usciva era davvero ridicolo e divertente, faceva sorridere pensando ad una realtà, quella dell’est Europa, dove ancora tutto è concesso e dove c’è spazio per improvvisazione e intrallazzo. Tuttavia, si dà il caso che, essendo sposato con una ragazza romena, conosca più o meno da dentro le vicende dell’amatissimo e sottolineo amatissimo, presidente della Steaua che mi ricorda moltissimo un altro amatissimo presidente di una società di calcio italiana noto anch’egli per uscite istrioniche e divertenti, pensate che il burlone voleva far passare una sua amante minorenne per la nipote di Mubarak! O che si divertiva a fare le corna agli altri premier nelle foto ufficiali! (perché da noi Lui è anche un “grande” politico). Sapete però che differenza ho notato? Che i romeni hanno messo in gabbia il povero Gigi “Big” Becali! Che gente eh? Privi del ben che minimo senso dell’humor…
(Riccardo Badi – immagine da internet) -
OLI 350: EUROPEI – Vince la Spagna, il calcio italiano deve cambiare
Nessuno dei molti esperti e giornalisti sportivi di calcio aveva previsto che la nazionale italiana sarebbe arrivata alla finale degli europei, seconda in una competizione alla quale hanno partecipato 53 nazionali europee. Ora invece, dopo la sconfitta contro la Spagna, è facile criticare le scelte finali del commissario tecnico Prandelli. Il motivo principale della sconfitta, a mio parere, è quello di non aver avuto il coraggio di non fare giocare quei giocatori che avevano già dato tutto e che erano così stanchi ed acciaccati da non poter più giocare. Immaginate se fossimo partiti con Ogbonna, Maggio, Nocerino e Diamanti (Di Natale o Borini) fin dall’inizio. L’unico che era in grado di correre fino all’ultimo era Balotelli. Super Mario, ci ha fatto sognare, riuscendo a finalizzare il bel gioco di squadra, segnando due splendidi gol contro la Germania. Super Mario Balotelli è risultato essere insieme all’inesauribile Pirlo il migliore calciatore della nazionale. Dopo la sconfitta nella finale Prandelli ha detto: “Siamo un paese vecchio, abbiamo metodi e mentalità vecchie, dobbiamo cambiare”. Dopo i goal di Balotelli contro la Germania si è improvvisamente parlato di calcio multietnico, i commentatori sportivi più bravi (ad esempio Mario Sconcerti su Sky) dicevano che se non abbiamo molti Balotteli nella nostra nazionale è soltanto perché la Germania ha accolto gli immigrati almeno quarant’anni prima dell’Italia. Che dobbiamo solo aspettare ed avremmo anche noi, come i tedeschi, i nostri vari Ozil, Khedira, Boateng, Klose e Podoski, giocatori tedeschi di origine turca, araba, africana e polacca. In verità, ci sono altri motivi. In particolare è che la legge tedesca permette ai figli degli immigrati di diventare cittadini tedeschi con pari diritti ed opportunità anche nell’accesso al gioco del calcio. Da noi la legge non c’è. Inoltre come scrive il docente universitario Mauro Valeri le norme di gran parte delle federazioni sportive italiane “sono concepite per impedire o comunque rendere particolarmente difficile la carriera agonistica per uno straniero e per i suoi figli, pur se nati e cresciuti in Italia”. “Si tratta di una discriminazione a tutti gli effetti – dice Valeri – e gran parte delle federazioni non solo non hanno provato a cambiare la situazione, ma hanno inteso la tutela dei vivai come la tutela dei soli italiani, e non di tutti coloro che sono presenti nei vivai”. Istituzioni dello Stato hanno mostrato molta simpatia per la nazionale di calcio durante questi europei, c’è stata la presenza del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio alla prima ed all’ultima partita; ci sono stati lo scambio di lettere e gli elogi reciproci. Ora Napolitano, Monti, Prandelli, Balotelli e Pirlo, potrebbero fare un appello per una rapida approvazione della proposta di legge di iniziativa popolare che dà la cittadinanza ai figli degli immigrati. Sarebbe un ottimo epilogo della bella avventura europea della nazionale di calcio.
(Saleh Zaghloul – fotografia di Giovanna Profumo) -
OLI 315: IMMIGRAZIONE – Nazionale di calcio e sport nella società multietnica
Disegno di Guido Rosato La nazionale italiana di calcio ha convocato l’attaccante della Roma Osvaldo nato in Argentina, da genitori argentini, ma con avi italiani, e il deputato leghista Davide Cavallotto ha criticato la convocazione. Osvaldo aveva però già giocato nel 2007 con la nazionale italiana di calcio Under 21, è dunque italiano fin da allora e forse ancora prima. Tutti i “buoni” calciatori italiani dovrebbero avere il diritto di essere convocati e di giocare in nazionale a prescindere dal luogo dove sono nati. Le critiche leghiste sono dunque fuori tempo, ma la cosa interessante è stata la risposta di Osvaldo: “Le critiche di qualche politico verso la mia convocazione in nazionale? Io sono più italiano di chi ha polemizzato”. Una risposta molto appropriata, è strano, infatti, che certe critiche che riguardano la nazionale italiana siano fatte da coloro che non si sentono italiani, ma si sentono di appartenere ad una fantastica nazione denominata “padania”, e che parlano continuamente di secessione minacciando l’unità nazionale. Non solo Osvaldo (che è italiano), ma moltissimi immigrati che non hanno ancora la cittadinanza italiana si sentono molto più italiani dei leghisti.
Successivamente il deputato leghista ha dichiarato: “Non ce l’ho con Osvaldo (…) mi aspetterei che la Nazionale desse spazio ai giovani nati qui”. Che ne è dell’attività agonistica di centinaia di migliaia di giovani che vivono in Italia e che frequentano le nostre scuole ma che non sono nati qui? Che ne è di quelli nati e cresciuti in Italia da genitori immigrati e che non hanno ancora la cittadinanza italiana?
Mauro Valeri, docente universitario – autore di “Black Italians. Atleti neri in maglia azzurra” – Palombi editore – scrive: “Le norme di gran parte delle federazioni sportive sono concepite per impedire o comunque rendere particolarmente difficile la carriera agonistica per uno straniero e per i suoi figli, pur se nati e cresciuti in Italia. Statisticamente, i ragazzi e le ragazze di seconda generazione che praticano sport, sono relativamente pochi. Una discriminazione a tutti gli effetti, che viene in genere risolta soltanto in tribunale, anche perché le federazioni la “giustificano” rimandando tutte le responsabilità all’attuale legge sull’acquisizione della cittadinanza in vigore nel nostro paese. A dire il vero, di certo gran parte delle federazioni non solo non hanno provato a cambiare la situazione, ma hanno finito per avvalorare quello che è il delirio originario: intendere la tutela dei vivai come la tutela dei soli italiani presenti nei vivai, e non come tutela di tutti coloro che sono presenti nei vivai” (www.italiarazzismo.it 9 settembre 2011). Il calcio e tutti gli sport devono essere luoghi di inclusione e non di esclusione, occorre recuperarne i valori ed i principi originari.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 267: SPORT- Per chi tifano i palestinesi
Nell’articolo di Mara Vigevani che il Secolo XIX del 17 giugno pubblica in prima pagina (quando è da trentesima) si afferma che i palestinesi tifano per il Brasile “probabilmente grazie all’amicizia tra Lula e Ahmadinejad.”
Una strumentale e falsa provocazione forse dovuta alla disinformazione dell’autrice. I palestinesi non tifano Brasile per la presunta amicizia (da verificare anche questa) tra Lula e Ahmadinejad. Non c’entra nulla Ahmadinejad e non si poteva dire cosa più stupida. Ma, semplicemente perché nessuna squadra nazionale rappresenta il calcio come il Brasile. Perché Pelé, Zico, Socrates, Falcao, Ronaldo, Roberto Carlos, Ronaldinho, Kakà, Maicon, Robinho sono brasiliani e perché nessuna nazionale di calcio ha vinto quanto il Brasile (5 coppe del mondo). Chi ama il calcio, e non ha una nazionale di calcio a rappresentarlo nel mondiale, può facilmente tifare Brasile. La Palestina, si sa, non è presente ai mondiali sudafricani, non ha superato la fase eliminatoria. E’ normale, visto che ha ottenuto l’iscrizione Fifa solo nel 1998 in seguito alla nascita nel 1994 dell’Autorità Nazionale Palestinese con Arafat come presidente. Chissà quante coppe del mondo avrebbe vinto se avesse avuto la possibilità di continuare il suo cammino calcistico … Infatti, la Palestina era l’unico paese asiatico e arabo (insieme all’Egitto) a partecipare alla fase eliminatoria per la qualificazione ai mondiali di calcio del 1934. La fondazione dello Stato di Israele nel 1948 e la dispersione dei palestinesi in vari paesi ha interrotto questo cammino.
In realtà i palestinesi non tifano solo Brasile ma, come tutti gli amanti di questo sport, distribuiscono il tifo a tutte le squadre che esprimono un buon calcio. So di una famiglia di Gaza dove il padre tifa per il Brasile, la madre per l’Argentina e le due figlie per la Spagna, tutta la famiglia però è unita nel tifo per l’Algeria, l’unica squadra araba presente in Sud Africa. Ma questa famiglia, come tutti i palestinesi di Gaza, non riesce a fare il tifo “in pace” a causa della continua interruzione della corrente elettrica per l’assedio israeliano.
Durante i mondiali di Spagna nel 1982, vinti dall’Italia, il poeta palestinese Mahmud Darwish nel suo libro “Una memoria dell’oblio” (Juovence Editore), ha dedicato all’Italia e a Paolo Rossi una prosa poetica di rara bellezza, forse la più bella scritta sul calcio. Allora Darwish guardava le partite in un rifugio nella Beirut assediata e bombardata per circa tre mesi dall’esercito israeliano che aveva invaso il Libano, portando ai massacri di Sabra e Shatila. I palestinesi allora facevano il tifo per l’Italia, ma erano altri tempi ed era un’altra Italia quella di Andreotti, Craxi, Berlinguer e Pertini che solidarizzava con Arafat e con i palestinesi.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 263: SPORT – Vince il calcio sentimentale e multietnico
In tempi di migrazione consistente e di fronte ad un paese di fatto già multietnico il calcio italiano è in ritardo così come la politica e l’informazione: il commissario tecnico della nazionale italiana di calcio ha solennemente dichiarato qualche mese fa: “È bellissimo lo spirito di questi giocatori con il doppio passaporto che avvertono questo richiamo verso la maglia azzurra, ma non vogliamo fare una Nazionale con tantissimi elementi con queste caratteristiche”. E recentemente parlando dell’Inter, Lippi ha detto che è una “grandissima squadra, ma non è italiana”.
Malgrado la chiusura e il “nazionalismo” del calcio italiano e di chi lo governa, malgrado un ambiente ostile e qualche volta corrotto (vedi calciopoli), l’Inter non ha rinunciato al suo carattere multietnico: giocatori italiani e di tante altre nazionalità (argentina, brasiliana, romena, serba, olandese, colombiana, ecc.), africani, zingari e musulmani (prima di Muntari c’è stato l’algerino Madjer (*) il “Tacco di Allah”). Squadra vincente e piena di “stranieri”, squadra lombarda e “badana”, esempio della forza vincente dell’integrazione e della convivenza multietnica è una presenza che, in modo naturale ma molto efficace, rende felici gli antirazzisti e disturba, sconcerta e da fastidio a nazionalisti, xenofobi e razzisti.Non occorreva la vittoria in Champions, la tripletta o i cinque scudetti vinti di fila per capire la grandezza dell’Inter. Da piccoli ci insegnavano che nello sport, come nella vita, è importante la partecipazione e non la vittoria sempre ed a qualunque costo. Rispetto alle altre squadre c’è qualcosa di diverso nell’Inter, un qualcosa che rende più umano un calcio degenerato: qualcosa di sentimentale, di gentile, di rispettoso, di generoso e di sportivo ed è rappresentato da Massimo Moratti. Una figura unica nel calcio italiano, c’era soltanto un altro che gli assomigliava: Paolo Mantovani il presidente della Sampdoria che ha vinto lo scudetto.* Nella stagione 1988/89, l’acquisto di Rabah Madjer, è ufficiale, con tanto di presentazione alla stampa e foto ricordo. Ma dalle visite mediche emerge un infortunio grave che fa saltare l’ingaggio.





