Categoria: Radio3

  • OLI 407: TURISMO – Dalle città ai set

    Il ricordo è tanto antico, che non riesco più nemmeno a ricostruire l’anno. Di certo ero molto, ma molto più giovane, quando ascoltai la previsione di Ilya Prigogine, espressa nel corso di una sua conferenza a Genova: lo scienziato aveva detto che il turismo di massa sarebbe stato uno dei fattori di trasformazione del mondo più determinanti, incontrollabili e distruttivi. Ci ho ripensato qualche giorno fa, quando a ‘Prima Pagina’ il giornalista di turno, Pier Luigi Vercesi Direttore di ‘7’, settimanale del Corriere della Sera, ha citato un articolo di Tommaso Montanari pubblicato il 22 maggio sul Fatto Quotidiano, in cui si diceva che: “San Gimignano ha progressivamente perso i connotati della città per assomigliare sempre più a una quinta cinematografica, a una Disneyland del Medioevo, con tanto di ben tre ‘musei’ della tortura …” e parla dei paurosi prezzi delle case, della riduzione e omologazione delle professioni possibili, del bassissimo livello di un turismo da mezza giornata. Tutto, dice, è per i turisti, che come se fosse un turno di lavoro, ‘spazzano la città dalle 11 del mattino alle 18 di sera’.

    Ma poi non è che la città venga restituita ai suoi abitanti, perché i due terzi di loro ormai sono fuggiti, e quando i turisti se ne vanno ‘la città non c’è più’.
    Ho avuto il privilegio di visitare per la prima volta San Gimignano nel 1962; avevo sedici anni e l’emozione provata allora è stata tanto intensa da essere rimasta intatta nella memoria. Poi c’ero tornata in anni recenti, e lo shock era stato terribile: fuga immediata. Quest’anno, a gennaio, di ritorno da un viaggio, mi ci sono fermata una notte. Sulle prime l’illusione di avere ritrovato una magia nelle strade invernali e deserte, poi, molto rapidamente, la presa d’atto che la cittadina era davvero morta, scomparsa, annullata. Non solo era evidente che non ci abita quasi più nessuno, ma anche l’assenza di ogni imperfezione nel selciato delle strade, nelle facciate delle case, in ogni dettaglio urbano denunciava che non si era nella vita ma su un set.
    Che Genova resti un po’ disordinata e un po’ sporca, e che i turisti arrivino, va bene, ma non più di tanti. Che non ci portino via l’anima e la vita. (Paola Pierantoni – fotografie dell’autrice)

  • OLI 330: TEATRI LIRICI – La programmazione che uccide

    “Momus” è un programma di Radio Tre, in cui, recita il sito, “gli ascoltatori sono idealmente invitati a sedersi ai tavoli del caffè per parlare di opera lirica e, collegati con i teatri di tutto il mondo, ascoltare musica e commentare le opinioni di direttori, registi, letterati, musicologi…”
    La puntata di sabato 4 gennaio era dedicata alla stagione del Teatro Real di Madrid, in particolare allo spettacolo attualmente in programmazione, che affianca due opere liriche, Iolanta di Ciajkovskij (1891), e Persephone di Stravinskij (1932). Nel corso della trasmissione  è stato possibile ascoltare un’intervista di Gerard Mortier, sovrintendente del Teatro Real dal settembre 2010, che motivando la scelta di due opere raramente presenti sulle scene, ha indicato nell’assenza di originalità uno dei problemi dei teatri lirici. La scelta di escludere dal programma del Teatro Real l’opera belcantistica e Wagner ha sì fatto perdere il 17% degli abbonati, ma ora il pubblico sta tornando a teatro, specialmente i giovani, agevolati da biglietti a prezzi particolarmente convenienti. Il pubblico della lirica è conservatore, ma occorre guidarlo, far capire che, senza la conoscenza e la comprensione del ‘900, l’opera lirica è morta. Quando Mortier, infine, ricorda che proprio alla Scala di Milano sono state create le opere di Stockhausen, la mente dell’ascoltatore italiano non riesce ad evitare un confronto con la programmazione dei nostri teatri d’opera: una stagione come quella della Scala di Milano, composta unicamente da opere dell’800, con la sola eccezione del Peter Grimes, di Benjamin Britten, pur offrendo, probabilmente, un’elevata qualità, difficilmente attirerà i palati più “curiosi”. Se non brilla per l’innovazione la Scala, primo teatro italiano, non va meglio la stagione del Teatro Regio di Torino; saltiamo per carità di patria il riferimento al Carlo Felice. Un po’ di sale si trova invece al Maggio Fiorentino, ed ancora di più al Teatro San Carlo di Napoli, con opere di Cimarosa, Jommelli, Weill, Gerswhin.
    Certamente Gerard Mortier è un protagonista assoluto dei teatri d’opera: belga, classe 1943, direttore artistico del Festival di Salisburgo, dell’Opera Nazionale di Parigi, ora al Teatro Real di Madrid, ha l’autorevolezza, e l’età, sostiene egli stesso, per imporre scelte molto originali, ma, senza arrivare alle sue scelte quasi estreme, qualche “illuminazione” in più, nella patria di Monteverdi, Rossini, Verdi, Puccini, Nono e Berio sarebbe auspicabile.
    (Ivo Ruello)

  • OLI 317: INFORMAZIONE – Radio3: un inciampo a Prima Pagina

    Disegno di Guido Rosato

    Alle 7,15 tutte le mattine su Radio 3 va in onda da anni la trasmissione Prima Pagina (*), durante la quale giornalisti di moltissime testate giornalistiche, sia cartacee che online, si alternano settimanalmente nella lettura dei quotidiani. Attraverso la scelta di dare maggiore o minore priorità alle diverse notizie, o alle diverse testate giornalistiche, ciascuno esprime una sua sensibilità culturale, politica, personale: l’ascoltatore si può sentire più o meno in sintonia col conduttore; la bellezza di Prima Pagina sta appunto in questa diversità di voci, legate però dal tratto comune della professionalità e della correttezza.
    Ma anche a Prima Pagina capita l’inciampo, e così è stato con Giorgio Dell’Arti, editorialista di Vanity Fair, che per tutta la scorsa settimana ha gestito il colloquio con gli ascoltatori con uno stile, a nostro giudizio, irritante e manipolatorio, che sotto l’apparenza di un democratico confronto alla pari, limitava e distorceva le possibilità di espressione di chi telefonava interrompendolo continuamente. E se la conduttrice di questa settimana, Antonella Rampino, corrispondente diplomatico per La Stampa, ha precisato che nel colloquio con gli ascoltatori lei non avrebbe seguito lo stile di chi l’aveva preceduta, vuol dire che non siamo i soli ad aver avvertito un disagio.
    La conduzione di Giorgio Dell’Arti ci è parsa opinabile anche sotto il profilo delle priorità assegnate alle notizie. Un esempio? Domenica 23 ottobre il giornalista ha aperto la trasmissione sulla supposta responsabilità della madre nell’annegamento del bimbo di Grosseto, e ci si è soffermato, con spiacevole insistenza e ripetizione dei dettagli, per più di otto minuti: un tempo incredibile nell’economia di questa trasmissione, tenendo conto, tra l’altro, del non eccessivo rilievo con cui la notizia compariva sui siti e sulle prime pagine dei principali quotidiani. Nel contempo la riunione a Bruxelles dei capi di Governo, data quasi ovunque con grande rilievo, si è meritata solo tre minuti.

    (*) le puntate di Prima Pagina sono scaricabili all’indirizzo http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-546fce50-63a7-4a3a-a677-c01b234511bd-podcast.html
    (Ivo Ruello)