Categoria: crisi
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OLI 403: EUROPA – Morte del Carnevale a Siviglia
12 marzo 2014. Una banda si esercita in periferia tra vicoli e svincoli di fabbriche, capannoni dismessi, sono in maggioranza giovani: pure la musica sembra cogliere l’aria della Crisi.
Anche in città, con il bel tempo, le persone sono in giro ma bar e ristoranti hanno tanti tavoli liberi, nonostante i turisti. Nei vicoletti panni stesi, poche luci accese, nessun fiore e finestre chiuse: c’è aria di abbandono e il turismo non basta più. Anche le cristaleras, le verande e i balconcini di Spagna, paiono tristi.
Si vede in giro meno gioventù, donne già d’età fanno crocchio per la strada e gli uomini in gruppetti a parlottare.
Sarà suggestione d’Italia, ma non sembra ci sia più l’aria festosa che sempre ritrovavi, dall’Andalusia alla Catalogna, a Gibilterra.
La Spagna è in piazza il 4 aprile, da Madrid a Saragozza, da Valencia a Granada con 53 cortei per gridare “Stop recortes”, basta tagli.
Per favore, ridatemi il mio ola e i miei olé.
(Bianca Vergati – video dell’autrice) -
OLI 396: ESTERI – Grecia, riso amaro
Disoccupazione, povertà, licenziamenti, criminalità, suicidi, senza tetto.
“Eccellente sviluppo! Bravo Antonio!”(il primo ministro greco si chiama Antonio Samaras)“6 anni alle elementari, 3 al ginnasio, 3 anni al liceo, 5 anni di università e ora con tutti questi anni emigrante all’estero per trovare lavoro?”
“Buio, dottore! Non vedo niente! Forse che mi è capitato un distacco della retina?”
“Dimitri, ci vedi benissimo! La realtà è proprio questa!” -
OLI 394 – POLITICA: Pinotti, Genova e la lentezza
Genova è una città che ha grandi potenzialità a volte sembra di non crederci in queste sue potenzialità. Invece si deve poter cambiare, si deve poter andare in fretta, questa è una città che va troppo lenta e oggi abbiamo bisogno di correre proprio perché la crisi morde più forte, se non corriamo rischiamo di non risollevarci più. La prima emergenza è il lavoro
Intervista a Roberta Pinotti TGR Liguria del 9.12.2013Genova si è materializzata in tutta la sua identità nella dichiarazione della Sottosegretaria alla Difesa che ha consentito agli spettatori liguri di cogliere le ragioni del perché si è arrivati a questo punto. Lei (la città) non crede in se stessa e va troppo lenta. Genova è persona, è autonoma e responsabile delle sue azioni. Il trucchetto dialettico è noto, non è la prima volta che i politici fanno queste dichiarazioni sul paese, sull’industria, sul turismo, e su tutto quello che dovrebbero gestire e non gestiscono. Ma qui Roberta Pinotti, va oltre, sprona la città, lenta, ad andare in fretta.
Abbiamo bisogno di correre. Dice
Ma dove? Con chi? In base a quale progetto?
Probabilmente dipende solo da Genova e dai genovesi.
Se non fosse andata veramente in onda si poteva pensare che questa intervista fosse tratta da un film di Checco Zalone.
Chi, eletto Renzi, temeva il cambiamento, non si preoccupi. Nel Pd locale, per ora, è tutto come prima
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 393: SOCIETA’ – Così fan tutti
“Quell’universitaria in Ferrari figlia di tredici anni inutili di scuola”, titolava in prima pagina domenica 1 dicembre il Corriere della Sera, spendendo quasi tre mezze colonne per una reprimenda ai “ ragazzi e ragazze che hanno imbrogliato, sottraendo ai bisognosi e magari più meritevoli”, chiedendosi “se la scuola serve a qualcosa, se fornisce educazione civica, se i figli non sanno ribellarsi ai padri su quel minimo di eticità su cui si fonda la convivenza civica”. Giusto, troppo comodo però dare colpa alla scuola, in fondo in fondo alle famiglie e a nient’altro.
C’è la crisi, si è scoperto però che da Nord a Sud s’ imbroglia per ottenere agevolazioni su borse di studio, rette mensa, asili nido, tanto che d’ora in poi, decreta il governo, si potrà fare un’autocertificazione “parziale” dei redditi, ai dati importanti risponderà direttamente l’agenzia delle entrate. Ah sì? E ad esempio per quelli che hanno auto intestate a società, la villa–casale dichiarata al catasto casa agricola, bilanci in passivo perenne, che si fa? Si dirà, l’imbroglio è nell’animo umano, quanti cittadini-modello girano con il tagliando park invalidi della zia che manco guida, in fondo che male vi fo?
Ormai il senso di comunità pare la sottile linea grigia che si sbiadisce sul mare all’orizzonte, puoi dare addosso alla scuola, ma è la famiglia l’ambiente primario, cui un individuo dovrebbe fare riferimento. Nella società dell’apparire forse si sono rimescolati i modelli e non ce ne siamo accorti, non abbiamo ancora messo a fuoco i danni.
Anche la legge pare un po’ meno uguale a quella di una volta.
Farà scuola la sentenza pronunciata nei giorni scorsi dalla corte d’appello di Genova (Secolo, 2/11): almeno sul piano penale non è reato dichiarare un reddito fasullo per accedere alla riduzione dell’abbonamento dell’autobus (e con l’azienda trasporti in bancarotta..).
I magistrati infatti hanno stralciato in secondo grado l’addebito di falso contestato ad una quarantenne, che aveva dichiarato con atto notorio di non arrivare al reddito di settemilacinquecento euro. Omettendo di essere inserita nello stato di famiglia come convivente di un medico: convivente però non vuol dire moglie a quanto sembra per i giudici, e qui giuristi e femministe potrebbero schiumare, perciò la sua dichiarazione, compreso il reddito non era poi “così falsa”. Si è passati quindi ad ipotizzare sul piano penale il reato specifico per “indebita percezione di erogazioni ai danni dello stato” e sorpresa però, tale reato non si lo può applicare se il “beneficio ricevuto “ è inferiore ai quattromila euro. Al massimo una sanzione amministrativa, l’avvocato in trionfo, la signora estasiata.
Di fatto, la sentenza suggerisce che si può fare un pochino i furbetti, carta straccia diverranno dunque tutti quelle denunce ai suddetti furbetti strombazzate in tv, con buona pace per chi il furbo non fa e ogni tanto si sente pure un po’ fesso.
(Bianca Vergati – immagine di Guido Rosato) -
OLI 392: LAVORO – Sara, Elina e un pianoforte
Sara da Milano, friulana, risata cristallina, Elina finlandese da Lussemburgo, poche parole, sguardo diretto, hanno in comune l’Università, entrambe hanno studiato ad Edimburgo, generazioni in viaggio, leva ’90, anno più anno meno, studiose e la Scozia premia i ragazzi d’impegno con l’università gratis.
Laureate a giugno, tutte e due si sono fermate nel Regno Unito, Elina ha vinto un dottorato in neuroscienze, sede a Londra, mentre già vi si era trasferita Sara a ferragosto per lavorare in una casa di numismatica, le amiche ancora insieme. Ecco arrivare per Sara un’offerta di lavoro presso una casa d’aste di Edimburgo, dove aveva fatto uno stage, un sogno per lei che ha studiato arte, mentre per Elina c’è la conferma di borsa di studio per quattro anni del suo dottorato.
Dieci giorni per cambiare casa e vita, partono da Londra, Sara con i suoi bagagli, per tornare di nuovo a Edimburgo, da cui era partita in giugno, Elina per portare via da Edimburgo tutte le sue cose insieme al suo amato pianoforte. Oplà e via, quasi in pellegrinaggio le ragazze, l’auto lungo strade secondarie per evitare il traffico, a rincorrere pioggia e sole.
L’ultimo viaggio spensierato, le riunisce un pianoforte, le aspetta la vita, un’altra vita, quella da grandi: sono i nuovi migranti, i figli della vecchia Europa, che a casa non trovano spazio per i loro sogni e allora vanno via, curiosi, determinati, giovani esploratori, che come gli immigrati di una volta hanno fame di lavoro, sono magari più attrezzati, di sicuro consapevoli che le loro patrie li hanno dimenticati, che forse non potranno realizzare quei sogni. In Italia a quattro anni dalla laurea triennale chi resta e lavora, guadagna in media 500 euro netti in meno che all’estero (Corriere della Sera 14/10) e con quei soldi puoi avere un tetto sulla testa. Questi ragazzi fanno numero per le statistiche, prologo ai discorsi della politica e da chi un tempo il lavoro lo difendeva. Dà un brivido vedere sfilare impiegati, autisti, operai, che in questi giorni riempiono le piazze, lavoratori giustamente impauriti di perdere il lavoro: lavoratori che il lavoro però già lo hanno e nemmeno li sfiora il pensiero di chi ancora non ha un’occupazione, di chi l’ha precaria, di chi va via per cercarla.
E’ la crisi che oscura menti e cuori, nessuno di quei dimostranti pensa a chi verrà dopo, non conta più poi tanto cercare di mantenere aziende o imprese, contano quei posti di lavoro e basta, è sopravvivenza. Crollano le iscrizioni agli istituti professionali industriali e vanno forte gli studi di enogastronomia, turismo e agraria (Sole 24ore, 27/10), due cuochi per ogni operaio, un bene e un male: si guarda al Bel Paese con le sue bellezze e le sue tradizioni, una rivoluzione culturale nell’ultimo quadriennio, con un aumento del 45% nelle Facoltà citate. Ok al made in Italy, ma le eccellenze di artigianato e industria chi le porta avanti?
“I ragazzi sono in giro”, ormai si dice così e non sono i “figli di papà”, tante madri e padri hanno fatto sacrifici per mandare i figli via, li hanno fatti partire per non vederli all’angolo, alla finestra, senza sapere se torneranno. Ragazzi carissimi, ai vostri cuccioli non riusciremo nemmeno a cantare una ninna nanna.
(Bianca Vergati – immagine di Guido Rosato) -
OLI 384: DAL WEB – La crisi diventa semplice da comprendere
(Nighthawks – Edward Hopper) Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte. Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti). La formula “bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città.
Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora. La banca di Helga, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia. Intanto l’Ufficio Investimenti e Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Helga e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli Sbornia Bond. I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Così, dato che rendono bene, tutti li comprano.
Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Sbornia Bond.
Un giorno però, alla banca di Helga arriva un nuovo direttore che, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite. A questo punto Helga, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi. Helga non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi. Il bar fallisce e camerieri e baristi si trovano per strada. Il prezzo degli Sbornia Bond crolla del 90%. La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende. L’attività economica locale si paralizza. Intanto i fornitori di Helga, che in virtù del suo successo, le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare. Purtroppo avevano anche investito negli Sbornia Bond, sui quali ora perdono il 90%. Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce. Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a seimila chilometri di distanza. Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero. Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Helga perché astemi o troppo impegnati a lavorare. Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli Sbornia Bond alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi sobrio.
(http://blog.safog.com/2010/06/08/die-wirtschaftskrise-leicht-verstandlich-suffbond-alkbond-und-kotzbond/ Stefano De Pietro – testo e immagine da Internet) -
OLI 383: GRECIA – Microcronace da una crisi, tra razzismo, cultura e danza
Conosco una famiglia, due giovani genitori, meno di trenta anni, e tre figli. Madre greca, padre nigeriano, buon livello culturale. Vivono ad Atene, ma sull’isola che frequento lei ha i genitori.
Perfettamente bilingui tra inglese e greco stanno progettando l’emigrazione in Australia, ma la ragione principale non è che le varie attività di lavoro seguite in questi anni sono ora tranciate dalla crisi, la ragione principale è il razzismo. Si sentono spaventati e inquieti.
Già, perché la Grecia, con la crisi, si è scoperta razzista, e lo si vede nella quotidianità.
A scuola, ad esempio. O nei quartieri, dove gli ‘attivisti’ di Alba Dorata, il partito neo-nazista, fanno scorribande in motocicletta: alla guida nerboruti palestrati, dietro ragazzine con la svastica dipinta in faccia, a minacciare gli ambulanti immigrati, a proporsi come quelli che ‘aiutano i poveri’, pur che siano rigorosamente greci. Come è avvenuto recentemente nel centro di Atene, in Piazza Syntagma, dove hanno organizzato una distribuzione di generi alimentari, e poi hanno pestato i ragazzi che contestavano il loro razzismo.
Vanno negli ospedali, fanno incursioni, minacciano il personale medico e paramedico che presta le cure ai non greci. Di fronte alle denunce, ci dice un’amica “la polizia tarda ad intervenire”. Aggiunge: è un terrorismo quotidiano. I sondaggi li accreditano al 10 %.
In parlamento sono avvenuti episodi gravi. Insulti sistematici ai parlamentari, risse. Recentemente uno di Alba Dorata è entrato armato. Ora, tra incertezze e ambiguità in particolare da parte di Nea Democratìa, i partiti al governo stanno discutendo un disegno di legge contro il razzismo.Nei “Persiani” di Eschilo l’ombra di Dario viene a consolare il suo popolo dopo che l’ambizione di Serse aveva condotto alla catastrofe di Salamina, e dice: “Anche avvolti di angoscia offritevi quel poco di gioia, ogni giorno che passa”. Spirito e filosofia greca messa in bocca al nemico, combattuto fino alla morte, e pur rispettato nel suo dolore.
In Grecia c’è ancora un modo di dire: “Η Φτόχια θέλει καλοπέραση”, la povertà richiede la capacità di saper vivere bene.I greci lo sanno ancora fare. Così nelle feste interminabili, in questa isola citata nell’Iliade, citata nei ‘Persiani’, la gente continua a perdersi nella danza. A farsi compagnia intorno a tavolate con sopra sempre, rigorosamente, gli stessi cibi. La cosa importante più di tutte infatti non è la varietà o raffinatezza del mangiare, ma la ‘παρέα’, la compagnia, e la musica.
Speriamo che ce la facciano, che non si perdano, che la disperazione non prevalga gettandoli definitivamente nelle braccia di Alba Dorata, degli speculatori e degli opportunisti di casa propria, del rigore miope di un’Europa che non sa riconoscere se stessa.
(Paola Pierantoni – Foto dell’autrice) -
OLI 382: GRECIA – ERT tra clientelismo e colpi di mano
In un articolo di Nicos Neratzis “Vi spiego perché la Grecia ha spento la tv pubblica” pubblicato su Europa on line leggo: “Certo la Ert, come del resto tutti gli organismi del settore pubblico, ha subìto le conseguenze di anni di clientelismo“.
Questa frase dice tutto. Per anni la ERT (Ellinikì Radiofonia kai Tileorasi) è stata come una barca bucata, giornalisti con stipendi di 15.000 euro al mese, più della metà dei lavoratori della ERT sono “clienti” di Pasok (partito socialista), di Nea Demokratia (centrodestra), e anche di Syriza (sinistra radicale).
Abbiamo amici dipendenti della ERT, che con stipendi di 1500 euro lavorano tre/quattro ore al giorno …
Pochi mesi fa i disoccupati, licenziati da aziende del settore privato, avevano fatto una manifestazione, i telegiornali ne hanno parlato, ma certo senza il rilievo che in questi giorni è stato dato alla ERT. Si dirà: ma la questione della chiusura della emittente pubblica è un fatto culturale e politico. Infatti! Ma le proteste sono state centrate invece soprattutto sulla questione occupazionale.
Non sottovaluto la gravità della perdita di questi posti di lavoro, anche perché mette in moto a sua volta una catena di ulteriore disoccupazione. La cosa triste è che viviamo una specie di guerra civile tra poveri: da un lato quelli che erano già disoccupati da tempo, e dall’altro “quelli della ERT”, da sempre considerati “gente che cazzeggia”. Ci vorrebbe invece una alleanza capace di buttare giù i politici che fino ad oggi hanno guidato la Grecia col clientelismo.
Sempre nell’articolo di Neratzis viene detto che “Dopo la crisi la Ert è stata un esempio di pluralismo e un megafono importante sulle conseguenze sociali della crisi, spesso ‘dimenticate’ dai canali privati“. Ebbene, non è assolutamente vero. La Ert non ha fatto niente in più rispetto ad altri canali. Si sono rifugiati in telenovelas acquistate all’estero e documentari di 20-30 anni fa.
I lavoratori della Ert dicevano: “lottiamo contro la dittatura che abbiamo vissuto in questi giorni” … ma se la Ert restasse chiusa, e ai dipendenti venisse offerto un altro lavoro con un buon stipendio, a ‘lottare’ ne rimarrebbe uno su cinquanta. E se una settimana prima della chiusura si fosse fatto un sondaggio, avresti trovato che quasi l’ 80% non guarda la Ert, e che il senso comune è che “visto che non la guardiamo allora perché dobbiamo pagare l’abbonamento (obbligatorio) tramite la bolletta della energia elettrica?“.
Ognuno guarda al suo interesse privato, non c’è cultura del bene pubblico. La soluzione non è privatizzare il sistema pubblico, ma “igienizzarlo”, dalla scuola, alla informazione, alla sanità. Ma finché la gente vota in base ai favori che può ottenere da un politico, continueremo ad avere politici impresentabili.
Quando hanno chiuso la Ert ci sono venute le lacrime agli occhi, ma ognuno seguiva i suoi interessi, non eravamo uniti! Così Samaras ha fatto una mossa di dittatura mai vista nella storia. Ma Samaras sostiene che tutti i partiti al governo erano perfettamente consapevoli della chiusura …
Ora il Consiglio di Stato ha deciso che la Ert deve riaprire, che lo schermo nero deve essere tolto. I partiti discutono su come riaprirla: con le 2700 persone di prima? Con solo la metà? Con lo stesso programma di prima? Con gli stessi giornalisti sovrapagati?
(Melina Tounta – immagine dal sito di Europa)Proponiamo un video dal titolo “il segnale perduto della democrazia”, in cui si possono seguire gli ultimi minuti di trasmissione della ERT prima della chiusura, e le manifestazioni dei giorni successivi.
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OLI 382: TEATROGIORNALE – Grazie di tutto
La ragazza è seduta davanti al tavolo in marmo della sala, davanti a lei un quaderno aperto, una calcolatrice e degli scontrini. Al suo fianco c’è il padre, mani sulle ginocchia e testa bassa. Dal corridoio che porta in cucina si sente un rumore di pentole.
– Ricapitolando abbiamo un debito di duemila e quarantuno euro.
– Punto tre – dice il padre con un filo di voce.
– Punto tre cosa?
– Punto tre e basta, c’è scritto duemila e quarantuno punto tre, e credo che sia giusto tenerne conto.
La figlia lo guarda incredula
– Va bene punto tre. Papà, ci sono cinquantadue euro in più rispetto all’anno scorso
– Punto sei.- ribadisce il padre
– Punto sei, mi sta anche bene, ma sono ben ottantatré punto tre euro rispetto a due anni fa. Vuol dire che prima dovevamo solo duemila e diciassette euro punto sei, ma non sono quei sei contesimi che fanno la differenza, capisci? Se continui a fare debiti a destra e a manca, l’anno prossimo avrai tremila euro di debiti, capisci?
– Si, mi dispiace. Non sono mai stato capace a tenere i conti e ora ci ritroviamo in questa situazione.
– Non importa papà, dimmi un po’: con chi abbiamo questi debiti? Dalla porta sbuca la moglie, ha un vassoio con due tazzine di caffè, una zuccheriera e un cartoncino di latte.
– Diglielo, diglielo che hai chiesto un prestito.
– Sì, allo zio, lo so – dice la ragazza versando un po’ di latte nel caffè.
– Macché settecento venticinque virgola tre li ha chiesti ad altri.
– Ma come ad altri? Ma chi sono questi altri? Non mi fate preoccupare per cortesia. Ma perché avete chiesto un debito ad altri? Con lo zio ci si può ancora parlare, è uno di famiglia, ma chi sono questi altri?
– Stranieri, che ne so – dicendo questo la madre ritorna in cucina con le tazzine di caffè vuote.
– Ma non potevate chiederli a me, scusate, questi 725 euro.
– E’ che io gli ho già detto che tu gli darai 35 mila euro.
La ragazza è rimasta con i fogli in mano, guarda il padre, è come se non riuscisse a metterlo a fuoco e poi si rimette a leggere il quaderno dei conti:
– Amministrazione locale: 115,5 miliardi. Di cosa scusa?
– Di euro.- il padre guarda la figlia da sotto in su mentre la madre rientra prepotentemente nella discussione.
– Ma siamo migliorati: prima erano 118 miliardi di euro.
La ragazza si gira verso la madre e molto lentamente le dice
– Voi avete speso deumila e quarantuno miliardi di euro.
-Virgola tre. Ma è stato per mandarti a scuola, metterti l’apparecchio, portarti a sciare e al mare. Dovresti ringraziarci invece di aver sempre qualcosa da ridire – la figlia fa per ribattere qualcosa ma la madre la precede.
– E in Inghilterra per l’inglese, le scarpe nuove, il motorino, le ripetizioni.
– Si, ma io non ce li ho 35 mila euro, sono una precaria che lavora, se va bene, otto mesi l’anno. E poi, comunque, qualcuno dovrà ben dare tutti questi soldi quando voi non ci sarete più, e come facciamo? Vi siete già venduti le case della nonna, i terreni dello zio. Ma dove li trovo duemila miliardi?
– E quarantuno
– Virgola tre.- aggiungono i genitori e si alzano, la abbracciano, la baciano ed escono di casa.
– Grazie, cara, avevamo bisogno proprio del tuo sostegno, quando risolvi facci sapere.
E si chiudono la porta alle spalle. La ragazza, in piedi, davanti al tavolo in marmo della sala, legge il quaderno dei conti:
– Regioni: 46,7 miliardi, 6 miliardi in più in un anno, ovvero 1,58% in più che, se rimane costante, in tre anni diventa 64,7 miliardi ovvero 2106 tondi tondi di debito complessivo, ma i comuni sono stati più bravi perché sono passati da 51 miliardi a 45,5 miliardi, quindi 6,5 miliardi in meno che in tre anni fanno 18,5 e quindi il debito totale sarebbe di 2087,5 ma contando gli interessi, a quanto ammontano gli interessi? E le entrate? Eccole qui: entrate tributarie 113,050 miliardi l’anno, quindi a metà aprile del 2031 potrei aver saldato il debito se non faccio più debiti e non pago gli interessi. Ma cosa vuol dire questa cosa qua? Contabilizzate 29,2 miliardi, e quindi? Arrivano gli altri, oppure no? Portiamo avanti l’ipotesi più nera: a soli 29 miliardi l’anno ci metto settant’anni… senza fare spese e senza pagare gli interessi. Ma chi sono questi stranieri?
La ragazza si guarda attorno, chiude tutte le finestre con tanto di persiane, da i giri alla porta di casa.
– Duemila e quarantuno miliardi di euro… ma il bancomat papà me l’ha restituito? E la carta di credito?
Alla ragazza suona il cellulare, è arrivato un messaggio:
– Pensi che a tuo figlio possa piacere un monopattino nuovo? E dimenticavamo: come garante, gli stranieri hanno voluto anche la sua firma ma, visto che Giacomo non sa ancora scrivere, gli abbiamo messo la sua impronta digitale. Ti vogliamo bene. Mamma e Papà. La ragazza Sorride, risponde al messaggino, prende la sua giacca, la sua borsa ed esce senza chiudere la porta:
– Mi dispiace ma il debito da voi creato è troppo alto, prendo mio figlio e mi trasferisco altrove. Non è conveniente far parte di questa famiglia, cercherò una famiglia più virtuosa altrove. Grazie di tutto.
(Arianna Musso)