Categoria: Fotografia

  • OLI 399: MUSEI – Occhio allo scatto

    Botticelli Gemäldegalerie – Berlino 

    Ormai è vietato un po’ ovunque. Se ti beccano può succedere che ti minacci un sorvegliante – l’ho vista sa! – e ti assalga un senso di paura, con fuga mentale verso la tua rubrica, con un solo, fondamentale quesito: conosco un avvocato?
    E’ vietato, ma alcuni non possono farne a meno, come i ludopatici attaccati alle macchinette, loro non riescono a separarsi da quella che hanno al collo sempre pronti allo scatto E’ vietato qui, in Italia. Mentre a Berlino, Amsterdam, New York c’è molta libertà a condizione che si eviti con cura di utilizzare il flash. Accade così che le opere d’arte italiane, in territorio nazionale, siano per un pezzetto di qualcun altro e che questo qualcuno decida che è vietato fotografarle.
    Ma non ho il flash! – sorride il visitatore indicando l’innocente macchinetta
    No. E’ vietato – risponde il sorvegliante
    Ma perché? Non capisco
    Perché no
    Non c’è logica nella scelta di proteggere gli affreschi del Beato Angelico dallo scatto fotografico quando su di loro impatta una luce che non è certo a basso consumo energetico. E se è vero che questo divieto è dovuto al commercio di poster, cartoline, borse, magneti da frigo, legittimo chiedere chi mai abbia autorizzato lo stato italiano e cedere le immagini di opere d’arte, impedendo di fatto, al visitatore pagante, di fotografarle.
    Succede a Firenze, ma anche nella Basilica di Santa Caterina a Galatina, dove il sacrestano si affretta a mostrare le cartoline esposte dicendo di comprare quelle. E succede anche in Val d’Aosta, al Castello d’Issogne, dove il divieto di fotografare gli interni si estende, come bolla pontificia, fino al cortile e alla cinquecentesca fontana del Melograno. Con la differenza che lì il divieto dicono l’abbia imposto la Regione senza nemmeno darsi la pena di riprodurre due cartoline.
    Ma, con l’espansione di smartphone e tablet, qualcuno si sta rendendo conto dell’assurdità della norma e propone una svolta.
    Nell’attesa, occhio allo scatto.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 396: TRASPARENZA – A Scarpino non si fotografa

    Pare che le aziende impegnate nella gestione dei rifiuti, del gas, delle acque, della depurazione siano particolarmente attente a non far pubblicare foto dei  propri impianti, E’ successo già due volte, in occasione di sedute di commissioni consiliari fuori sede: al depuratore di Quarto, gestito da Mediterranea delle acque (gruppo Iren) e in Amiu, la partecipata del Comune, oggi in mezzo allo scandalo dei liquami di Scarpino e delle “liason”, non propriamente professionalidi alcuni dirigenti di vertice.
    Nel caso del depuratore la telecamera aveva lo scopo (dichiarato) di documentare il funzionamento dell’impianto, e l’autorizzazione richiesta non è mai arrivata. Per quanto riguarda Amiu, il diritto di un Consigliere comunale a fotografare e riprendere si ferma al cancello dell’impianto di trattamento della differenziata a Sardorella, così come nella discarica di Scarpino.
    Certo, viene da pensare che entrambe le aziende possano avere qualcosa da nascondere, in realtà non è proprio così. Fa forse solo parte di un modo di pensare che fa della trasparenza un pericolo da combattere, perché il controllo viene mantenuto solamente con la negazione “per motivi di sicurezza”.
    In Amiu a dare la disposizione è l’ex Presidente Casale in persona, in Iren si lascia fare subordinando l’autorizzazione alla pubblicazione ad un consenso che poi non arriva.
    Comunque, qualsiasi cosa non abbiano voluto far fotografare a Scarpino, alla fine un problema esce comunque fuori dal recinto e scende nel fiume.
    (Stefano De Pietro – foto di una discarica – da internet)