Epidemie.Il lungo silenzio su epatite e alga

La fine della stagione balneare e le piogge recenti sembrano aver posto fine all’epidemia di Epatite A che alla metà agosto aveva superato a Genova la quarantina di casi. Sembra, perché dalla fine d’agosto i quotidiani locali hanno abbandonato la notizia che si era imposta improvvisamente il 23 luglio scorso con l’annuncio di 21 casi di infezione.


Erano già sufficienti per parlare di epidemia ma nelle settimane successive sono raddoppiati. Dal silenzio si è passati al clamore, poi al chiacchericcio e alla fine… Beh, alla fine si sta facendo finta di niente. Eppure la vicenda meriterebbe qualche riflessione. Quaranta e più casi conclamati sono da considerarsi una epidemia, numeri – come si usa dire – da terzo mondo. Quali che siano i risultati dell’inchiesta in corso per determinarne l’origine, non si può sfuggire alla gravità del dato.
La notizia dell’epidemia è arrivata sulla stampa solo quando i casi erano già più di una ventina e solo perché un altro episodio aveva richiamato l’attenzione dei cronisti sugli ospedali locali. La domenica pomeriggio del 17 luglio, 195 bagnanti tra San Nazaro e Quinto erano finiti in ospedale. “Alga killer”, “Alga tropicale assassina” avevano titolato i quotidiani nei giorni successivi. I primi 21 casi di epatite erano stati scoperti allora. C’erano voluti alcuni giorni (quotidiani del 26 luglio) per dire che tra epatite e “alga tossica” le relazioni erano piuttosto improbabili. Nel frattempo, dalla fine di luglio, i casi di epatite continuavano a crescere e le autorità che fino a quel momento avevano tenuto la sordina hanno cominciato a prendere posizione: oltre l’assessore regionale alla Sanità, l’Azienda sanitaria locale, in particolare col suo Servizio di Igiene pubblica, l’Arpal, il Dipartimento di scienze della salute dell’Università, l’Istituto Zooprofilattico, l’Unità di Igiene veterinaria e altri ancora. Tutti schierati alla ricerca del colpevole, del famigerato fattore K a cui attribuire la turbativa – nel caso l’epidemia – di una situazione “soddisfacente”. Perché questa è stata per oltre un mese la linea dei comunicati ufficiali.
“Le condizioni igieniche in Liguria sono sempre state ottimali” ha dichiarato il direttore del Dipartimento di scienze della salute dell’Università. Purtroppo nella situazione “ottimale” era esplosa una anomalia – per definizione imprevedibile e incontrollabile e che proprio per questo non metteva in discussione la responsabilità delle istituzioni. E la stampa? E’ stata al gioco. Ha partecipato con entusiasmo alla caccia al colpevole almeno fino a quando le indagini non hanno rivelato “anomalie” così numerose da mettere seriamente in dubbio la teoria delle “condizioni igieniche ottimali”. Mentre i controlli degli allevamenti di mitili, dei ristoranti, del mercato del pesce non davano risultati, venivano scoperti (19 agosto) quintali di lonza infetta in alcuni centri commerciali, una “fogna segreta” (7 agosto) che alla Foce scarica direttamente in mare i liquami del centro e altre simili amenità. Quando (12 agosto) l’assessore regionale alla sanità ha dichiarato “Ora la causa dell’epidemia va trovata e in fretta: non si possono tenere gli operatori commerciali continuamente sotto pressione”, tutti hanno pensato che era una vera fortuna che ci fossero gli operatori commerciali. Sennò chissà per quanto tempo ancora sarebbe durata l’epidemia.
Comunque, e malgrado la fretta, l’epidemia è continuata. Il 17 agosto, quando i casi erano ormai 38, l’assessore ha annunciato la vaccinazione per 50 mila persone (ecco almeno qualcuno – i produttori di vaccino – che da questa storia trarrà qualche vantaggio), e la pubblicazione di un vademecum con i consigli per evitare il contagio. Il 24 agosto la stampa ha annunciato il quarantunesimo caso. Dopo è sceso il silenzio.
(Manlio Calegari)