Una storia grillina, qualcuno la giudicherà di parte, non me ne vogliate.
Un anno fa il Governo italiano, ammettendo in Parlamento un emendamento del Movimento 5 Stelle, aveva inserito una nuova voce che riguarda l’otto per mille dell’Irpef, quello indirizzato al finanziamento dell’edilizia scolastica. Il termine per la presentazione dei progetti da parte dei Comuni, da finanziare con questo capitolo di bilancio, era stato fissato al 30 settembre 2014, termine poi prorogato al 15 dicembre, per dare modo ai Comuni di rilevare l’elenco degli interventi e predisporre dei progetti.
Il gettito ipotetico, in un calcolo svolto tenendo conto del ricavato destinato in passato allo Stato, potrebbe aggirarsi sui 50 milioni di euro, una cifra poco significativa rispetto alle reali necessità degli edifici scolastici italiani, comunque una risorsa utilizzabile in aggiunta ai finanziamenti sempre meno copiosi previsti nelle finanziarie, di anno in anno.
La Giunta genovese ha ricevuto nei primi giorni di settembre una lettera dal Gruppo consiliare di cui faccio parte che indicava i termini temporali e i riferimenti legislativi per poter accedere al fondo, sapendo che a livello italiano questa opportunità non era stata pubblicizzata a sufficienza negli ambienti amministrativi, per cui si rischiava il flop. A fine settembre è stato presentato infatti da Genova un solo progetto (da 1,2 milioni di euro), chissà se senza l’avviso ci sarebbe stata almeno questa opportunità. Rispetto invece alla proroga, questa ha trovato la Giunta completamente spiazzata, e solo l’interessamento del Consiglio comunale ha potuto smuovere ancora qualcosa, anche se pare, dalle parole dell’Assessore Crivello e dei suoi tecnici, che l’argomento interessi poco perché ci si aspettano pochi soldi da quel fondo nazionale.
Dire di no a priori certamente è un ottimo modo per lasciare ad altri le opportunità.
(Stefano De Pietro – immagine da internet)
Blog
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OLI 419: SCUOLA – OttoXmille di zero
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OLI 419: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale
Manifestazione antirazzista a Washington
Daily Mail, 13 dicembre 2014: “Migliaia di manifestanti stanno marciando a Washington per portare l’attenzione sulle morti di inermi di colore per mano della polizia.” Ferguson, dove è stato ucciso Michael Brown, una città di circa 21.000 abitanti, due terzi dei quali sono di colore, ha una forza di polizia di 53 uomini di cui soltanto tre sono neri.http://www.dailymail.co.uk/wires/ap/article-2872453/Protesters-police-killings-march-Washington.htmlAttivisti israeliani di estrema destra bruciano la scuola arabo-ebraica
Ynet 12 dicembre 2012: “Tre attivisti di estrema destra ammettono di aver bruciato la scuola arabo-ebraica di Gerusalemme”. “Il gruppo è parte dell’organizzazione Lehava, il cui obiettivo principale è quello di evitare i matrimoni interreligiosi tra ebrei e musulmani o arabi cristiani.” “E’ disgustoso che ebrei e arabi studiano fianco a fianco”, ha detto a Ynet “. http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4602506,00.htmlLa morte dei civili yemeniti passa in secondo piano sul New York Times
New York Times, 07 icembre 2014: “Due ostaggi uccisi in Yemen con il fallimento del tentativo USA” “la morte degli ostaggi, oltre a diversi civili yemeniti”. http://www.nytimes.com/2014/12/07/world/middleeast/hostage-luke-somers-is-killed-in-yemen-during-rescue-attempt-american-official-says.html?ref=todayspaper&_r=3USA in Sri Lanka
Yahoo, 6 dicembre 2014: “L’ambasciata degli Stati Uniti in Sri Lanka ha negato che sabato che stava “pompando denaro” nel paese per rovesciare il presidente Mahinda Rajapakse, dopo le accuse di un ministro” http://news.yahoo.com/us-denies-funding-opposition-oust-sri-lanka-leader-144233044.html
I ribelli siriani ed i legami con Israele
The Christian Science Monitor, 07 dicembre 2014: “L’esercito israeliano, secondo i rapporti delle Nazioni Unite, è stato in contatto diretto con i ribelli siriani per più di 18 mesi” .“ Israele oltre all’assistenza umanitaria offerta a 1.000 siriani ribelli feriti aveva anche aperto un canale di comunicazione con i ribelli siriani. Oggi, l’esercito siriano ha accusato Israele di effettuare due attacchi aerei vicino a Damasco.” http://www.csmonitor.com/World/Middle-East/2014/1207/UN-reports-Israeli-support-for-Syria-rebelsPastore cristiano statunitense
The Independent, 4 dicembre 2014: “Un pastore cristiano statunitense ha affermato che il mondo potrebbe essere libero dall’Aids da Natale se viene eseguita la condanna a morte di tutte le persone omosessuali. In un sermone dal titolo “Aids: Il giudizio di Dio”, Steven Anderson ha detto alla congregazione della Chiesa Battista un Mondo Fedele nel Tempe, di Arizona, che la Bibbia sostiene il genocidio delle persone LGBT “. http://www.independent.co.uk/news/world/americas/us-pastor-steven-anderson-says-gay-people-should-be-executed-for-an-aids-free-christmas-9903543.htmlCome è possibile che un esercito simile possa combattere nel mondo per liberare le donne?
New York Times, 4 dicembre 2014: “Un nuovo studio militare afferma che gli stupri e le aggressioni sessuali nell’esercito sono aumentate dell’8 per cento nell’anno fiscale che termina a settembre 2014, hanno detto funzionari dell’amministrazione Obama. I risultati che sono destinati ad attirare l’attenzione, arrivano appena un anno dopo un aumento del 50 per cento nella segnalazione di stupri sessuali”. http://www.nytimes.com/2014/12/04/us/reports-of-sexual-assaults-in-military-on-rise.html?ref=todayspaper&_r=1I ricchi stati del Golfo non sono riusciti a dare ospitalità nemmeno ad un singolo rifugiato siriano
Reuters, 5 dicembre 2014: “Più di 3 milioni profughi e rifugiati siriani vengono ospitati in soli cinque paesi limitrofi: la Turchia, il Libano, la Giordania, l’Iraq e l’Egitto, mettendo a dura prova le risorse. Il resto del mondo si è offerto di prendere solo 63.170 rifugiati.” Amnesty International: “I ricchi stati del Golfo non sono riusciti a dare ospitalità nemmeno ad un singolo rifugiato dal conflitto siriano, è una mancanza particolarmente vergognosa da aprte di quei paesi che dovrebbero essere in prima fila tra quelli che offrono riparo”. http://www.reuters.com/article/2014/12/05/us-syria-refugees-idUSKCN0JJ14920141205La Gran Bretagna aprirà una nuova base militare in Bahrain
The Telegraph: “La Gran Bretagna aprirà una nuova base militare in Bahrain” “Questa nuova base è una espansione permanente della Royal Navy e consentirà la Gran Bretagna di inviare più e più grandi navi per rafforzare la stabilità nel Golfo”, ha detto il segretario della difesa Michael Fallon. “Avremo nuovamente una base nel Golfo per un lungo termine.” http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/bahrain/11277087/Britain-to-open-new-military-base-in-Bahrain-in-fight-against-Isil.html
Vincitore del premio Nobel
New York Times, 5 dicembre 2014: “Sette anni fa, aveva detto, in un’intervista al Sunday Times di Londra, che era pessimista circa l’Africa, perché” tutti le nostre politiche sociali si basano sul fatto che la loro intelligenza sia uguale alla nostra, mentre tutti i test dicono che non è vero.” Si tratta di James Watson vincitore del premio Nobel. http://www.nytimes.com/2014/12/05/nyregion/james-watsons-nobel-medal-sells-for-record-4-million.html?smprod=nytcore-ipad&smid=nytcore-ipad-share&_r=1(A cura di Saleh Zaghloul – immagine di Guido Rosato)
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OLI 418: PALESTINA – Oltre il muro con gli scout
Sono stati tantissimi a partecipare la sera del 21 novembre all’iniziativa AGESCI per la pace in Medio Oriente e per la solidarietà con i palestinesi: “Uno sguardo oltre il muro: Genova – Palestina”. Il convento di Santa Maria Castello era pieno di gente, naturalmente moltissimi giovani. E’ stato presentato il progetto “Uno sguardo oltre il muro”: un gruppo di giovani scuot palestinesi sarà ospitato nelle case degli scuot genovesi. E’ stato proiettato un video girato in Palestina da Maria Di Pietro che ha spiegato la sofferenza dei palestinesi a causa del muro della separazione razziale costruito da Israele. Nel suo intervento Maria di Pietro ha fatto un breve racconto della storia della Palestina dall’anno 1948: I palestinesi sono stati espulsi e dispersi nella West Bank e in Gaza (territori palestinesi che sono stati occupati da Israele nel 1967 e che continua ad occupare ad oggi), in vari campi profughi nei paesi arabi limitrofi e nei diversi paesi del mondo. I palestinesi sono circa 11 milioni: 1.5 milioni in Israele, 4.5 milioni in West Bank e Gaza e altri 5 milioni in campi profughi e comunque fuori dal territorio della Palestina.
Maria Di Pietro ha spiegato come i territori palestinesi occupati sono continuamente rubati alla popolazione palestinese per costruire insediamenti per i coloni israeliani proprio in quei territori che l’ONU considera territori occupati da restituire ai palestinesi, dove dovrebbe nascere lo stato palestinese in base agli accordi di pace che Israele non ha mai rispettato. Israele invece continua la sua guerra di aggressione nei confronti dei palestinesi e nell’ultima aggressione contro i palestinesi di Gaza Israele ha ucciso circa 2000 civili palestinesi, 577 dei quali sono bambini.
Il medico palestinese Mohamed Nature, che vive a Genova da trent’anni, ha raccontato la sua storia personale e di come i palestinesi hanno di colpo perso la loro patria e sono stati sradicati dalla loro terra. Nature, che fa parte di quella piccola parte dei palestinesi sfuggita alla deportazione forzata nel 1948 ed alla quale è stata concessa la cittadinanzaisraeliana, ha spiegato come per molti giorni i suoi familiari si sono nascosti nei boschi per evitare l’espulsione. I palestinesi “di Israele”, cioè quelli che vivono oggi in Israele con passaporto israeliano, sono circa il 20% dei cittadini di Israele e sono vittime di trattamenti razzisti. Come esempio di tale razzismo, Nature ha raccontato di non essere stato accettato come studente di medicina nelle università israeliane, malgrado avesse tutti i titoli per entrarci.
Alla fine della serata un gruppo di giovani studenti palestinesi al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova ha eseguito brani di musica palestinese.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 418: CEMENTO – Corri, corri, che frana
Correndo in Corso Italia, qualche dannato runner all’altezza dei Bagni S. Nazaro, a Punta Vagno, lunedì 17 novembre, di sera, solo allerta uno, si ferma interdetto: c’è odore di gas, eppure nessun fuoco, luci, anima viva intorno, tranne qualche appassionato salutista. Sotto, il mare rumoreggia infuriato, se ne dovrebbe annusare il salino, fra la pioggia.
Poco più tardi, sui tg regionali, un altro annuncio: frana in via Trento, interruzione della rete gas, il suo odore era sceso da lassù, da via Trento sino al mare. Fra i danni infiniti alcune immagini eloquenti del Levante cittadino, relative a frane piccole, di poca importanza perché i danni sono poca cosa in confronto a quello che si vede in tv persino sulle reti nazionali, ormai Genova è nota.Sopra il cantiere di via Majorana in via Primavera, una frana che casualmente non ha provocato danni a tutti coloro che quotidianamente usano la stradina sottostante di via dell’Ulivo per passare da via Romana della Castagna e scendere al mare. Adiacente al rio Castagna in via Romana della Castagna, un’altra frana che risale al mese scorso durante la prima alluvione.
Ad oggi la strada è sempre bloccata ed ancora nessun intervento per consolidare il muro soprastante e liberare il percorso. Vicino al rio Castagna è previsto un edificio, mentre un altro ancora con autorimessa si realizzerà in via Romana della Castagna vicino al sito dell’Uliveto Murato di Quarto.A monte sotto il cavalcavia di Corso Europa è stata ultimata una palazzina nei pressi dell’area di cantiere del previsto parcheggio in via Cadighiara a Borgoratti, dove si è avuto uno smottamento alcuni giorni fa.
Per verificare la concentrazione di progetti edilizi nel levante si invita a esaminare in rete il sito www.osservatorioverde.it Dopo tanti anni di cemento, adesso escono come funghi i danni sul territorio.(Ester Quadri, Bianca Vergati, foto di Ester Quadri)
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OLI 418 – ILVA: Tutto e il contrario di tutto
Un quadro di Escher, con le scale che finiscono nel nulla per ritrovare se stesse, capovolte. Sono quadri che sfidano l’osservatore, accompagnandolo nell’anticamera della follia. Ma l’insieme che Escher tratteggia ha un suo equilibrio, una sua logica. Così se ne rimane incantati.
L’Ilva pittoricamente è questo: un quadro di Escher. E’ tutto e il contrario di tutto. Il palcoscenico nazionale dove si mostrano le doti di un leader, l’impegno del governo, la capacità a gestire l’emergenza, la produzione a cui non si può rinunciare, la tutela del territorio insieme alla salvaguardia dell’occupazione. E piani. Molti e diversi, ognuno in contraddizione con l’altro.
Come una matrioska l’Ilva è abbracciata da Taranto, anche lei oggetto delle suggestioni più coraggiose, alla quale va riconosciuta la vocazione culturale e turistica. Dove oltre al Museo Archeologico – visitato di recente dal ministro Franceschini – si potrà promuovere la città “come unica città spartana al mondo” – superando l’immaginario dato dall’inquinamento – “intercettando i milioni di cittadini che sono legati al mito di Sparta”. Il presidente del senato Grasso pare stupito dalle sue stesse parole, ma ammette che la lettura del progetto, tra passione storica, sportiva e mediatica, gli ha permesso di scoprire che “esiste un brand Sparta” che può “rappresentare un volano per una città così sofferente sul piano dell’immagine”.
Per la Puglia sono prossime le elezioni regionali. Nel frattempo sono scesi in sciopero i camionisti, è partito il processo e urge rivedere gli estimi catastali del quartiere Tamburi – naturalmente al ribasso – poiché quanto venduto solo a quaranta è registrato con un valore di cento.
Di inquinamento e malattie parla Bonnelli, che ritiene impossibile rendere compatibile la produzione siderurgica con l’ambiente. E propone il modello Bilbao, tradotto: radere al suolo tutto e ricominciare da capo.
Nel frattempo la Comunità Europea, nel ricordare che Taranto è nella top ten dei siti più inquinati d’Europa, ha chiesto numi sui soldi concessi dallo stato per le bonifiche. Ma proprio alla Bei – Banca Europea per gli investimenti – il governo intende chiedere “1,2 miliardi di euro” per opere infrastrutturali da destinare al siderurgico.
E il risanemento del sito? Il ricorso in cassazione di Adriano Riva non permetterà di utilizzare a breve il miliardo e ducento milioni bloccati per presunti reati fiscali e destinati alla bonifica. E, nonostante la seconda tranche del prestito ponte concessa dalle banche – 125 milioni di euro, ci si pagheranno fornitori, stipendi e tredicesime – dimenticati Bondi e Ronchi, è difficile immaginare qualcosa di minimamente sensato per l’anno nuovo.
In questo delirio generale in cui una dichiarazione lava l’altra, i dipendenti del gruppo, 16.000 di cui 11.000 a Taranto, traguardano mese dopo mese, confusi tra svendita, liquidazione, cessione, nazionalizzazione, perdite. Come per magia appaiono e spariscono cordate di investitori italo stranieri, con proposte indecenti, nell’attesa che l’azienda sia ridotta allo stremo per salvarla con pochi euro. E si leggono pacate dichiarazioni di Dini Lamberto che invoca un rientro dello stato. O di chi garantisce il supporto della cassa depositi e prestiti. Dichiarazioni confermate da Renzi che chiosa “Valutiamo l’intervento pubblico, non faccio saltare Taranto”. Nel frattempo c’è chi, in assemblea sindacale a Genova, nutre sospetti sulla gestione Gnudi e chiede numi su consulenze e acquisiti di auto aziendali, mentre a Taranto l’USB chiede dove siano finiti i soldi ricavati dalla produzione “150-170 rotoli a turno che vengono immediatamente spediti”.
Il tasso di fiducia, alla terza gestione in due anni, è al minimo.
A ricordare a tutti loro di chi è l’Ilva, si fa carico Claudio Riva in un’intervista a la Repubblica: “Gli azionisti sono disposti a investire e a fare la loro parte per contribuire alla soluzione del problema” e desiderano essere “coinvolti o quanto meno interpellati nelle decisioni che verranno prese in merito all’Ilva nonostante la società sia commissariata”
La commedia delle beffe, i conti senza l’oste.
(Giovanna Profumo – immagine da internet) -
OLI 418: CITTÀ – Un portone esemplare
Si sa che le informazioni non si trasmettono soltanto con parole dette o scritte, ma in larga misura anche per immagini.
Pure le città – e qualsiasi altro territorio – narrano le proprie vicende non tanto con le rare iscrizioni apposte nei secoli qua e là, quanto attraverso tutto il complesso di testimonianze visive costituite dagli innumerevoli manufatti realizzati dalle generazioni che le hanno vissute e trasformate, anche in modi radicali, ma con esiti quasi sempre armoniosi e organici alle preesistenze, finché non hanno preso il sopravvento materiali, tecniche e mentalità propri della civiltà industriale, nella banale omogeneità e ripetitività seriale dei suoi prodotti, infarciti per giunta di disastrosi fraintendimenti formali quando si pretende di realizzare “in stile”.
Gli intonaci con le loro rifiniture superficiali e colori, i serramenti, le pavimentazioni, le recinzioni, gli arredi urbani e altri elementi solo in apparenza insignificanti – e ritenuti sostituibili a piacere – costituiscono in realtà, nella loro autenticità, ciò che connota gli specifici luoghi, distinguendoli l’uno dall’altro ed esprimendone lo spirito.
Troppo spesso si interviene in modo sconsiderato, con uno stillicidio continuo di perdite irreversibili e rimpiazzi incongrui che, in modo irrimediabile, impoveriscono e rendono standardizzato l’ambiente in cui si vive o nel quale si accolgono i forestieri, mortificandone l’identità, l’interesse, la piacevolezza e il fascino, con la progressiva cancellazione, per sempre, di quanto fu vissuto da chi ci precedette e dei messaggi – percepiti spesso inconsciamente – che esso sarebbe in grado di trasmettere se opportunamente tutelato.
Di tanto in tanto capita di imbattersi in interventi in controtendenza, attenti al valore dell’esistente e risultato di una felice interazione tra committenti di intelligente e colta sensibilità e maestranze capaci, detentrici di saperi tramandati nel tempo.
Un bell’esempio, che a occhi poco accorti può sembrare di scarso rilievo ma che in realtà è da prendere a modello, ce lo fornisce il recente ripristino del portone in legno di un caseggiato nel centro storico genovese, in vico del Campanile delle Vigne. Un semplice intervento di manutenzione, ma condotto nel migliore dei modi.
Vecchio e malandato, pesante, con problemi nella chiusura e di non eccezionale valore artistico e storico, ma autentico, avrebbe potuto essere sostituito con un anonimo manufatto moderno, magari realizzato imitando il vecchio, come talvolta si fa con tristi risultati. Così si sarebbe però prodotta l’ennesima perdita di una tessera di quel grande mosaico che è la città antica, in cui ogni elemento, anche quello apparentemente meno importante, contribuisce al mantenimento di tutto l’insieme nella sua genuinità, da tramandare il più a lungo possibile a coloro che verranno dopo di noi.I condòmini hanno deliberato di affidare il loro oggetto a un bravo falegname nei dintorni, esperto nel ripristino di serramenti logori – si occupa anche di persiane alla genovese e altro – il quale lo ha portato nel suo laboratorio in piazza dell’Amor Perfetto e, in alcune settimane di lavoro, lo ha rimesso in sesto, verniciato a regola d’arte con un bel verde scuro lucido, lustrati gli ottoni, aggiustati i cardini sgangherati e riposizionato le due ante, ora perfettamente funzionanti e con una gran bella figura. Il tutto per una spesa inferiore a 1500 euro, assai meno di quanto sarebbe costato un analogo portone nuovo e con un risultato di gran lunga migliore.
Interventi corretti ed esemplari come questo non dovrebbero essere lasciati all’iniziativa di singoli particolarmente sensibili e consapevoli, ma dovrebbero essere gestiti dagli enti pubblici istituzionalmente preposti alla tutela di un patrimonio che non può ridursi a un numero limitato di casi eccezionali sottoposti a vincolo, ma che è rappresentato dall’intero contesto. Occorrerebbe lavorare su più fronti: da un lato elaborare una normativa che più che imposizioni proponga suggerimenti per ben operare, con incentivi anche economici; dall’altro promuovere una capillare azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, con esempi e indicazioni pratiche sulle modalità di intervento, i materiali, le tecnologie e le opportunità concrete costituite dalle imprese e dagli artigiani in grado di effettuare quanto richiesto, offrendo in tal modo pure un sostegno a realtà lavorative di alto livello ma spesso in sofferenza e che meritano di essere salvaguardate.
(Ferdinando Bonora – fotografie dell’autore) -
OLI 418: VIAGGI – New York, la vita in un carrello
C’è un carrello.
Grande. Profondo.
E dentro il carrello, c’è il mondo.
Tre tipi diversi di affettati, barattoli di sughi a non finire, latte che ti vendono nei contenitori di plastica che sembrano quelli usati per trasportare la benzina e che sono letteralmente giganteschi. Pane, il pane in cassetta e quello fresco, fatto affettare. Il pane per lo Shabbath ebraico, il pane ai cinque cereali, il pane solo ai cereali, il pane dietetico, il pane aromatizzato, il pane dolce. Ma se il pane non è abbastanza mettiamo in un sacchetto anche qualche beagle. Contenitori di yogurt (non i barattoli piccini, ma quelli che possono durarti per due settimane). Verdura e frutta di grandezze inquietante (si pensi ad arance grosse come dei meloni). Tomatos, potatos, turnips, parsnips, broccoli, avocados. Dolciumi vari. Marmellate, miele, sciroppo d’acero, senape e maionese e ketchup. Pollo arrosto che non può mai mancare. Pollo arrosto organico, plain oppure aromatizzato al BBQ, al rosmarino e aglio, al limone. Ice Cream, ice cream dietetico, gelato (attenzione: tra ice cream e gelato gli americani fanno la differenza), sorbetto. Diversi tipi di cereals, diversi tipi di pasta (Barilla, De Cecco, Maria e altre marche vendute come tipicamente italiane e che io non ho mai visto), prodotti congelati, prodotti cotti da riscaldare, sushi. Olive (dieci tipi diversi che il consumatore provvede a pescare con un cucchiaione dai barattoli di plastica senza coperchio per mettere la quantità desiderata dentro contenitori più piccoli). E il carrello scivola per questi corridoi infiniti, dagli scaffali alti fino al soffitto, stipati di qualsiasi cosa tu possa desiderare ed è così claustrofobico. C’è così tanta scelta, come si fa a scegliere? Degli studi dimostrano che più prodotti sono offerti ad un consumatore, meno quel consumatore compra. La scelta è troppa. Gli americani vogliono avere la possibilità di poter trovare esattamente quello che gli interessa, quel prodotto fatto in tal modo, come piace a loro, esattamente come piace a loro, con l’importo calorico che vogliono. C’è un reparto solo per l’olio. Dove ci sono bottigliette piccole e bottiglioni enormi e c’è quello pugliese, toscano, ligure, quello con gli aromi, quello con le olive di derivazione controllata. Ci sono tutti questi carrelli e a volte si scontrano e le persone si chiedono scusa o si insultano. Proseguono arrabbiate o come se nulla fosse. Così concentrate su quello che devono comprare. Velocemente, più velocemente. Che a New York non c’è mai tempo. Che ogni attimo è vissuto perché ti porti all’attimo successivo. Che il consumismo di questi supermercati non è diverso dal consumismo della loro stessa vita. Sempre tutto. Sempre il meglio. Sempre di più. Che non è mai abbastanza.
(Biancalice Sanna) -
OLI 418 – ESTERI: Voci dalla Stampa Internazionale
La fine che ha fatto il sogno americano
Daily Mail, 30 novembre 2014: “Dopo aver studiato i dati degli ultimi 100 anni ed applicando una formula su di essi, il signor Clark ha concluso che agli svantaggiati americani non saranno più concesse maggiori opportunità se lavorano duro. Saranno invece bloccati nella loro condizione sociale per il resto della loro vita e la loro posizione, a sua volta, influenzerà o status dei loro figli, nipoti e pronipoti”.
http://www.dailymail.co.uk/news/article-2854440/There-no-American-Dream-one-professor-believes-national-ethos-illusion-country-no-higher-rate-social-mobility-medieval-England.htmlLo schiavismo nel Regno Unito
The Teleghraf, 29 novembre 2014: “Ben 13.000 persone in Gran Bretagna vengono tenute in condizioni di schiavitù, quattro volte il numero che si pensava in precedenza” “Vi sono coinvolte donne costrette a prostituirsi, personale domestico e lavoratori nei campi, nelle fabbriche e nelle barche da pesca.”
http://www.telegraph.co.uk/news/uknews/crime/11262320/Theresa-May-says-tens-of-thousands-held-as-modern-slaves-in-Britain.htmlSchiavismo dei lavoratori migranti nei paesi arabi petroliferi del Golfo
The Guardian, 29 novembre 2014: “Sharan Burrow, segretario generale del Sindacato Internazionale CSI, ha dichiarato: Gli Stati del Golfo, tra i più ricchi del mondo, stanno sviluppando le loro economie in base al sistema kafala (garante/sponsor) che è schiavitù moderna. I lavoratori sono proprietà di un datore di lavoro/garante, non hanno il diritto di movimento da un lavoro all’altro, non c’è nessun serio rispetto degli articoli fondamentali della Convenzione OIL sui diritti dei lavoratori, inoltre i lavoratori non hanno la possibilità di lasciare il lavoro quando diventa insopportabile o quando le condizioni di vita sono tali che non è più possibile vivere con dignità. Questo deve finire.”
http://www.theguardian.com/world/2014/nov/29/un-investigation-claims-human-rights-abuse-migrant-workers-uaeIsraeliani contro gli afro americani che protestano a Ferguson
Alternet, 01 dicembre 2014: “Un editoriale oltraggiosamente razzista pubblicato venerdì dal Times of Israele accusa i “sanguinari” palestinesi e gli afro-americani per l’oppressione che essi subiscono, dimostrando il similare bigottismo tra la destra israeliana e quelli che accusano i manifestanti di Ferguson.”
http://www.alternet.org/news-amp-politics/shockingly-racist-israeli-op-ed-compares-bloodthirsty-palestinians-ferguson?paging=off¤t_page=1#bookmarkTerra di libertà
Alternet, 10 novembre 2014: “A livello nazionale, secondo Human Rights Watch, i giovani afro-americani stanno scontando l’ergastolo a una velocità di circa 10 volte quella dei giovani bianchi.”
http://www.alternet.org/story/143776/ugly_truth%3A_most_u.s._kids_sentenced_to_die_in_prison_are_blackLa Scozia è più a sinistra dell’Inghilterra
New York Times, 27 novembre 2014: “La Scozia generalmente tende più a sinistra dell’Inghilterra e uno dei principali obiettivi di molti di coloro che hanno spinto per la secessione era di essere in grado di spendere più liberamente sui programmi sociali.”
http://www.nytimes.com/2014/11/28/world/europe/scotland-should-get-increased-powers-including-over-taxation-commission-says.html?ref=todayspaper&_r=2I miti fondanti degli Stati Uniti
Jacobin, 27 novembre 2014: “La storia degli Stati Uniti è una storia di colonialismo: la fondazione di uno Stato basato sull’ideologia della supremazia bianca, la diffusa pratica della schiavitù degli africani ed una politica di genocidio e furto della terra.”
https://www.jacobinmag.com/2014/11/americas-founding-myths/L’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti a Londra condannato
RTE, 25 novembre 2014: “L’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti è stato condannato a pagare tre ex dipendenti quasi un quarto di milione di euro per le violazioni dei diritti del lavoro. Il Tribunale del lavoro ha accettato la prova che le donne delle Filippine sono state costrette a lavorare 15 ore al giorno, sette giorni alla settimana per 170 € al mese. Il tribunale ha descritto orribili queste condizioni ed ha assegnato ad ogni richiedente € 80.000. L’ambasciatore non ha assistito all’udienza, ma un portavoce dell’ambasciata ha detto che starebbe richiedendo l’immunità diplomatica.”
http://m.rte.ie/news/2014/1125/662404-uae-ambassador-employment/Bambini palestinesi vittime di abusi sessuali
International Business Times, 22 novembre 2014: “Israele: 240 bambini palestinesi sono stati vittime di abusi sessuali nei Centri di Detenzione di Gerusalemme.”
http://www.ibtimes.co.uk/israel-240-palestinian-children-sexually-abused-jerusalem-detention-centres-group-claims-1476061
(a cura di Saleh Zaghloul – immagine di Guido Rosato) -
OLI 418: CONVEGNO – 10/12 Sicurezza del territorio e lavoro edile
Si terrà a Genova il 10 dicembre 2014 a partire dalle ore 9.00 al Salone Del Bergamasco della Camera di Commercio Via Garibaldi 4 di Genova il convegno il “Messa in sicurezza del territorio e lavoro edile: presente e futuro” organizzato da Fillea Cgil Genova e Camera del Lavoro Metropolitana di Genova con il patrocinio della Camera di Commercio di Genova.
Milioni di danni causati dalle alluvioni di questi giorni, di questi anni. Migliaia di lavoratori edili genovesi e liguri sono disoccupati ormai da tempo.
Saranno presentati alla cittadinanza ed alle istituzioni le proposte della Fillea CGIL; la sfida è di utilizzare bene ed in fretta le risorse a disposizione contro il dissesto idrogeologico impiegando lavoratori edili autoctoni e migranti che vivono e abitano in Genova e in Liguria.