Autore: Redazione

  • OLI 303: 30 maggio: Milano in piazza

    Galleria fotografica di Paola&Ivo
  • OLI 303: ELEZIONI – Come è cominciata

    Messaggini dall’Italietta
    fra un casellante nella nebbia
    e un pensionato, ex, ma di tante storie.
    Parole, persone, cellulare. Tutto vero!
    Il casellante si chiama Italo.
    E’ del profondo Nord. Ama l’Italia unita.

    Notte di febbraio.
    I: Gramsci a Sanremo!!!
    Ma che cazzo succede
    In quest’Italia, spacciata?

    P: solo a Sanremo.
    Nessuno sa chi è.
    Tranquillo e allegri!

     I: “che questa maledetta notte
    dovrà ben finire…” Milano,
    Napoli, speriamo Cagliari.

    P: forse le prime luci di un nuovo giorno?

    I: e Trieste, anche le provincie,
    sembra Mantova e Varese e Pavia,
    che sono avanti di poco e dovevano
    stravincere, e a Napoli, De Magistris
    è avanti di venti punti. Da solo contro tutti.
    Altro che, abbiamo sbagliato candidato!
    E’ quasi ora che qualcuno alzi il telefono
    “pronto Barak, avrei un problema”.

    P: ma anche Barak ce l’ha!

    I: ma non penso chieda consigli a Berlusca…

    P: spero li chieda a Nobel, quello del premio

     (Angelo Guarnieri

  • OLI 303: SCUOLA – La Don Milani narrata al Ministro

    E’ notizia recente che il progetto della scuola media Don Milani di Genova possa essere privato delle risorse che ne alimentano l’esistenza. Un Consiglio Comunale nella giornata di oggi 31 maggio sancirà con parole politiche ciò che assolutamente non deve succedere.

    Altra cosa è spiegare perché la scelta dei tagli, se confermata, è sbagliata.
    Si potrebbe fare un collage, utilizzando colori, fotografie, foglie secche, sabbia, ritagli di giornale, simili a quelli che i ragazzi della Don Milani raccolgono durante le vacanze estive per dare un senso didattico alla propria estate. Perché quella scuola li stana e li stimola, anche se non ne hanno voglia, anche in vacanza, anche se, per alcuni, di vacanze non si parla.
    Nel collage, a pioggia, qualche istantanea delle riunioni di classe, a sciogliere i nodi di situazioni difficili che, alla Don Milani, sono talvolta di casa.

    A Mariastella Gelmini si potrebbe spedire il fotogramma del Cineforum, organizzato nelle classi e provare a spiegare perché un ragazzino di tredici anni è in grado di commentare film come Salaam Bombay, Persepolis o Viaggio alla Mecca. E spiegare al Ministro che la geografia si può arricchire con Mondialità, materia attraverso la quale si spiega agli alunni – con tabelle e statistiche – lo stato di vita nei paesi più poveri del mondo. Poi raccontarle dei corsi di recupero, del potenziamento pomeridiano di inglese e dei laboratori di arte, con visite a musei e mostre. E dei viaggi in Francia e dei laboratori teatrali. E anche dei lunghi viaggi in autobus di insegnanti di ginnastica e alunni, per fare nuoto.

    Al Ministro spiegare che per i genitori scegliere la Don Milani è aderire a un percorso, fatto di integrazione, cultura, disponibilità, ascolto, tolleranza.
    Aggiungere che alla Don Milani il conflitto tra i ragazzi esiste, perché essere adolescenti e stranieri, oggi, è molto difficile. Ma che il razzismo, nelle sue molte sfumature, è messo alla porta dagli alunni stessi che imparano, proprio lì, a tenerlo alla larga, a riconoscerlo e a combatterlo.
    E raccontare al Ministro dell’energia che ogni professore investe quando è supportato ed è parte di un gruppo e di un progetto.
    Dire a Mariastella Gelmini che ogni risorsa sottratta ad un giovane studente, lo renderà cittadino peggiore. E che mettere lapidi sui progetti eccellenti di questo paese rende un pessimo servizio agli italiani e, politicamente, al governo in carica.
    Raccontare al Ministro di Carlo Mereta, professore della Don Milani, mancato nel 2009 che ripeteva “la scuola non dovrebbe chiudere mai”.
    Provare a smussare quell’inflessibilità che rende il Ministro astro di un governo perdente e chiederle:
    “Ma lei, che ha pubblicato una raccolta di favole, come mi spiega che oggi mio figlio ha sottratto dalla libreria di casa Se questo è un uomo?”
    (Giovanna Profumo)
  • OLI 303: COMUNICAZIONE – “Cacocromie” elettorali

    Legge sulle affissioni elettorali, n. 212 del 4 aprile 1956, art. 4, comma 4: Sono vietati gli scambi e le cessioni delle superfici assegnate. La legge del 1956 probabilmente non contemplava che nel 2011 la cortesia del Comune di pulire gli spazi elettorali prima della loro messa in opera sarebbe venuta meno, e che quindi ci sarebbe stata una stratificazione di cartelli di precedenti elezioni, di diverso credo politico, in svariate condizioni di putrefazione grafica, al punto di rendere inefficace l’affissione dei cartelli “regolari”: appunto una cacocromia, un’accozzaglia di colori. Sono certo che un Procuratore della Repubblica avrebbe da dire sulla capacità del Comune di Genova di rispettare tale normativa in quello che dovrebbe esserne lo spirito: la trasparenza della competizione elettorale. Situazione riflesso del grande stato di disordine dei servizi tecnici del Comune, insieme agli autobus e a tutto il resto. Bisognerà ricordarsene alle prossime elezioni: verba volant, scripta manent.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 303: IMMIGRATI – La circolare è buona? Allora sospendiamola..

    Molte domande di emersione dal lavoro irregolare (regolarizzazione del lavoro domestico e di cura alla persona del 2009) sono state rigettate in base ad un’interpretazione del ministero dell’interno per la quale il reato di mancato ottemperamento all’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato è ostativo alla regolarizzazione.
    Il Consiglio di Stato con due sentenze del 2 e del 10 maggio 2011, recepisce la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE basata sulla Direttiva 2008/115/CE (Direttiva Rimpatri) ed accoglie i ricorsi contro i provvedimenti di rigetto delle domande di regolarizzazione fondati sull’interpretazione ostativa di cui sopra.  
    A questo punto il Ministero dell’Interno il 24 maggio 2011, per evitare ulteriori condanne a pagare i risarcimenti e spese processuali, emana una circolare nella quale si raccomanda agli Sportelli Unici ed Uffici Immigrazione delle Questure di cambiare interpretazione: di accogliere d’ufficio le istanze non ancora definite e di valutare caso per caso le istanze già definite su richiesta del lavoratore straniero interessato.
    Queste sagge indicazioni del Ministero dell’Interno durano solo due giorni e rischiano di sparire del tutto: una seconda circolare dello stesso Ministero del 26 maggio 2011, dispone, infatti, di sospendere temporaneamente tali indicazioni.
    Comportamento denunciato dalla CGIL e dalla segretaria confederale nazionale Vera Lamonica. Nel comunicato stampa del 27 maggio 2011 pubblicato su http://www.cgil.it/ si legge che “La sospensione di un atto, peraltro dovuto, la dice lunga sullo stato di confusione e di pressapochismo in cui ormai versa il Ministero degli Interni in materia di immigrazione. Viene spontaneo pensare anche alla consueta e propagandistica strumentalità, orientata più alla campagna elettorale in atto che alla soluzione dei problemi delle persone. Chiediamo al Ministro – conclude  – di risolvere questo stato di gestione confusionale e di ripristinare da subito diritto e buon senso”.
    (Saleh Zaghloul)
  • OLI 303: NUCLEARE – Perché sono contro il nucleare (da fissione)

    Essere antinuclearisti è fin troppo facile solamente ragionando sul costo di produzione dell’energia normalmente considerato al netto della dismissione della centrale, o sul problema delle scorie che nessuno sa dove mettere perché non esistono siti immutabili nei secoli.
    Ma non solo: si parla di centrali atomiche di terza generazione per dire che la sicurezza è aumentata e che crescerà ulteriormente: vero salvo il fatto che le sicurezze hanno il compito di prevenire ciò che l’esperienza insegna possa accadere, ma non gli incidenti poiché per loro natura sono imprevedibili, infatti quelli noti sono gli eventi descritti nei manuali di gestione, gli altri no.
    Uno degli argomenti di chi si ostina a difendere il nucleare è che, dove sono successi incidenti, le centrali sono vecchie. Sarà pur vero ma, non dimentichiamo che all’epoca della loro costruzione l’uomo era già andato sulla luna, che Barnard aveva fatto i trapianti di cuore, che l’informatica aveva già raggiunto una fase di maturità sufficiente a gestire un razzo: insomma i progettisti delle prime centrali non erano degli sprovveduti, eppure quanti errori hanno commesso, uno dei quali appare oggi in tutta la sua evidenza in Giappone. Per averli vissuti personalmente, posso citare alcuni episodi.Ho lavorato per la centrale di Caorso avendo disegnato una speciale attrezzatura per sollevare, oltre uno spessissimo muro antiradiazioni costruito in tutta fretta, alcuni pezzi della turbina che percorsa da vapore radioattivo impediva ai tecnici di lavorare nei suoi dintorni.

    Ebbene? Ebbene, se consideriamo questo un piccolo dettaglio cui si è posto rimedio mi domando

    quali altri errori sono stati commessi, magari meno evidenti. Il Superfenix è un reattore del tipo autofertilizzante che ha a che fare con il plutonio. Nel periodo dell’avviamento, un mio amico disegnò ciò che lui chiamava il ragnetto, una macchina che muovendosi all’interno dei grandi tubi della centrale, avrebbe dovuto individuare il punto di fuoriuscita di una notevole quantità di sodio, un fluido indispensabile al funzionamento del reattore, ma che per sua natura è altamente infiammabile. Non so se, grazie al ragnetto, il guasto è stato riparato ma chi può garantire che il problema non si ripresenterà con tutte le sue imprevedibili problematiche?
    Andiamo avanti. Si dice che il nucleare sia necessario per ridurre la dipendenza dal petrolio. Vero, come è vero che anziché dai paesi produttori, in futuro dipenderemo dai fornitori di uranio; pazienza, anche perché pare che anche l’uranio sia un materiale esauribile.
    Ma il vero danno prodotto dell’energia atomica non sta nei suoi pericoli intrinseci comunque reali, ma nell’aver ritardato lo sviluppo delle tecnologie alternative. L’illusione dell’energia a basso costo ha di fatto bloccato la ricerca negli altri settori che a fatica, oggi, stanno cercando di farsi strada nella foresta dei divieti interessati.
    Si dice: il fotovoltaico non potrà mai sostituire il nucleare, lo stesso per l’eolico, lo stesso per il solare, lo stesso per l’idraulico, lo stesso per il geotermico, lo stesso per le pompe di calore, lo stesso per le biomasse, lo stesso per tutte quelle forme di energia alternativa, compreso il risparmio energetico, che tutte sommate, qualche problema sicuramente ce lo risparmierebbero sicuramente.
    Mi fermo per ragioni di brevità sottolineando solo il fatto che se alcuni paesi del nord, quindi meno favoriti dal sole, hanno obiettivi ambiziosi nel campo delle rinnovabili qualche ragione ci sarà per preferire questa strada a quella nucleare.
    Parliamo ora della produzione di energia con la tecnica della fusione nucleare. Nucleare? Ancora? Ebbene si, proprio quel nucleare che andrebbe perseguito e che invece segna il passo perché rallentato dalla miopia dei fautori del nucleare per fissione.
    Fissione: si usano materiali che vanno dall’uranio in su nella tavola periodica degli elementi. Se le cose vanno male e fonde il nucleo, come sta accadendo a Fukishima, non resta che isolare il mostro dal resto del mondo incapsulandolo in un grosso sarcofago di cemento, sperando che non si rompa come pare stia accadendo a Chernobyl.
    Fusione: utilizza un elemento che si trova nella parte opposta della tabella periodica, quello più diffuso nell’universo e notoriamente non radioattivo, l’idrogeno, che però non ci sta a fondersi con un proprio simile per formare un atomo di elio, producendo anche il calore necessario a produrre vapore. Ci vuole una macchina che riproduca sulla terra le condizioni tipiche del sole. Di queste macchine ne esistono vari prototipi, una di queste è il Jet dove nel 1992, per pochissimi istanti credo meno di due secondi, la fusione è stata ottenuta, sia pure con rapporto energetico negativo cioè immettendo più energia di quanta non se ne sia stata prodotta, ma la via è stata aperta.
    Non la faccio lunga sulla sicurezza del sistema, dico solo che se accadesse come a Fukushima, in caso d’esplosione i danni sarebbero pari a quelli di qualsiasi esplosione similare, ma la fusione s’interromperebbe istantaneamente senza danni comparabili con ciò che sta accadendo oggi.
    Termino con una considerazione: le centrali a fissione ci sono, e già che il danno è stato fatto (credo sia perfettamente inutile spegnerle perché il pericolo aumenterebbe dato che nessuno sarebbe disposto a spendere per mantenere efficienti costosi macchinari improduttivi) almeno cerchiamo di usarle al meglio ricavandone più energia possibile pur senza mai sottovalutarne la pericolosità, ma per il futuro, almeno non ripetiamo più l’errore cadendo nelle trappole tese dalle sirene nucleariste, sarebbe diabolico; di tempo ne abbiamo già perso in abbondanza, non perdiamone altro.

    (Alberto Veardo)

  • OLI 303: CURIOSITA’ – La foto più grande del mondo

    La foto navigabile di Sevilla: 111 Gigapixel.

    http://www.sevilla111.com è il sito della foto più grande del mondo, circa 111 miliardi di pixel, ottenuta con un collage di migliaia di foto scattate mediante l’uso di una postazione robotizzata. Il sito propone anche la storia di come sia nata l’iniziativa, la scelta del posto per installare la macchina, la tecnologia usata per la riduzione degli errori. Non occorrono molte parole ancora, seguendo il link ci si troverà immersi nella giornata tranquilla dei pescatori, di un cane che segue il proprio compagno in bicicletta o di un monumento che svetta a decine di metri d’altezza da sempre, sulla cima di un campanile. Que viva Sevilla!
    (Siamo in attesa della seconda foto più grande del mondo: Milano, resa nuovamente vivibile da Pisapia)
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 303: RECENSIONI – The tree of life: rimpiangendo Tarkovskij

    A due terzi della proiezione una coppia si alza e comunica a bassa voce ai vicini: “Ce ne andiamo, ne abbiamo abbastanza!”. Strette di mano di solidarietà da parte degli amici che però restano fino alla fine, e così noi, soffrendo noia e irritazione. Qualche giorno dopo una scena analoga mi viene raccontata da una amica.
    Il film è The Tree of life, fischiato in sala a Cannes, ma poi vincitore della Palma d’oro.
    Critiche prevalentemente positive, a volte entusiaste: tra le tante, quella di Curzio Maltese su La Repubblica “L’opinione di chi scrive è che The tree of life sia il più straordinario dei film visti in concorso … Quando l’arte è capace di tanto bisogna smettere perfino di parlare di cinema … diventa una esperienza di vita”, e quella di Roberto Escobar su L’Espresso “… Queste cose grandi dà il cinema sinfonico di Malick, e in cambio ci chiede ascolto e abbandono”
    Come mettere insieme i fischi di Cannes, e, nel nostro piccolo, i disagi colti nella sala dell’Ariston di Vico S. Matteo, con giudizi critici che parlano di capolavoro, di primo vero film del nuovo millennio? Non lo so, però posso provare a motivare la mia soggettiva delusione.
    La parte mistica e visionaria che, come dice Escobar, intende “attraversare la nascita cosmica e terrestre della vita” occupa nel film un posto centrale: non è quindi un peccato veniale il fatto che si alimenti di immagini (galassie, vulcani, cascate, tempeste solari, microrganismi che fluttuano nell’acqua, foreste, vasti spazi deserti …) la cui grandiosità resta fredda nella sua magnificenza.
    Il telescopio Hubble ci regala visioni stupende, ma non basta proporle in sequenza con altre strepitose visioni della natura per condurre chi guarda sull’incerto terreno del nostro essere esposti alle misteriose alternanze del bene e del male in questo universo che ci precede, ci circonda, e seguirà senza di noi.

    Una immagine da Stalker di A. Tarkovskij

    Tarkovskij quaranta anni fa con i suoi piccoli rivoli d’acqua, le sue sterpaglie, la spirale in perenne rotazione del suo misterioso pianeta vivente, era riuscito a portare anche il più positivista ad avvertire il disagio dell’invisibile e dell’inspiegabile, ma lui era un vero poeta, e se si è usata a ragione la parola capolavoro per i film di Tarkovskij, è improprio usarla per Malick.
    Il film si solleva solo quando, nella descrizione per immagini e frammenti vocali della vita della famiglia O’Brien, fa irruzione il conflitto, e nelle scene della famiglia riunita a tavola emerge la patologia di una situazione familiare fino a quel momento apparentemente idilliaca.
    Ma l’esaltazione che il regista fa della angelicata figura femminile del film, e del suo rapporto col microcosmo familiare in cui vive, lascia più che perplessi. Una “madre dolcissima”, che però colma di tenerezze i figli solo a padre assente, e non si contrappone mai direttamente alle sue quotidiane violenze psicologiche, salvo un breve moto di ribellione subito represso. Una silenziosa subordinazione alla ottusa, violenta, patetica e disperata personalità del marito, glorificata come virtù femminile che riscatta il male del mondo.
    Che stanchezza.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 303: PAROLE DEGLI OCCHI – Il silenzio della città parlante

    Foto di Giorgio Bergami ©

    Genova narra se stessa senza bisogno di parole. Basta salire sul belvedere di Castelletto, inerpicandosi su per antiche creuze o coi più comodi ascensori pubblici, per godere una vista in cui epoche e stili si rincorrono dando luogo a uno stupefacente spettacolo senza fine. Con la buona stagione, sempre più numerosi sono i cittadini e i forestieri che vengono ad assistervi incantati.

  • MEMENTO – REFERENDUM ACQUA

    Andiamo a votare tutti
    PASSAPAROLA