Autore: Redazione

  • OLI 293: SOCIETA’ – La crocefissione della laicità dello stato

    Il bassorilievo del processo a Giordano Bruno (Roma, Campo de’ Fiori)

    Nella foto, come viene erroneamente indicato nella didascalia, non vediamo il bassorilievo del processo a Giordano Bruno, bensì l’attuale situazione nei tribunali italiani. Non lasciatevi ingannare dai vestiti né dalle panche in legno, tantomeno dalle barbe fluenti o dal fatto che l’incriminato è costretto a restare in piedi di fronte alla corte. L’elemento che convince della modernità di questa immagine è la presenza importante e ribadita di un crocefisso sopra la capa del giudice.
    La sentenza della Cassazione di pochi giorni fa che ribadisce l’obbligo del crocefisso nei tribunali, parla chiaro: il nostro amico sofferente deve essere lasciato perché, se da una parte non si può escludere l’utilità dello stesso per i credenti all’interno di un’aula di tribunale, dall’altra non si può nemmeno consentire a tutti gli altri di entrarvi, quindi, la soluzione miracolosa è quella di lasciare tutto come sta. Insomma, mettere un simbolo ebraico accanto al crocefisso potrebbe essere lesivo per l’incompatibilità delle due dottrine, di levare il crocefisso non se ne parla perché un sano ladro cattolico potrebbe aversene a male, ecco il riassunto della sentenza, che conferma la radiazione del giudice di Camerino, Luigi Tosti, dalla magistratura per essersi rifiutato di tenere udienze all’ombra del simbolo cristiano. Cassazione dixit.
    Trovare una soluzione in ambito legislativo è impossibile, al momento, infoiati come saranno i nostri parlamentari a discutere già di sesso degli angeli (Ruby), presenza dell’anima nelle donne (regionalismo/de centralismo), discendenza divina dell’imperatore (processi vari al Presidente del Consiglio dei Ministri), non scordiamoci l’annoso problema dell’immagine dell’Italia nel mondo dopo il recente forfait della Nazionale di calcio in Sud Africa.
    Resta una sola speranza per salvare la Laicità dello stato: che a causa dell’inesistente manutenzione delle strutture pubbliche, qualche crocefisso decida che è arrivato il momento di staccarsi e di infilare i poveri piedi feriti nella testa del giudice sottostante. Forse, prendendola dal lato della sicurezza, qualcosa si muoverà finalmente, tra l’altro rivalutando l’importanza, in questo caso, della mansione di giudice “a latere”, così, giusto per salvarsi da uno spiacevole incidente.
    Adesso che abbiamo scherzato un po’, ritorniamo alle cose serie: qualcuno ha ancora voglia di parlare di nucleare?
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 293: CITTA’ – Domande dell’elettore, risposte della politica

    Alle lamentele del pubblico in sala – questa sinistra ha fatto errori eclatanti, e D’Alema e Bersani e vorrei che … – Concita de Gregorio, domenica 27 febbraio, replicava: Cosa ha da proporre in alternativa?
    A questa domanda corrispondeva il silenzio.
    Chi era intervenuto pareva devastato dal quesito.
    Forse non aveva ragionato sugli effetti.
    Oppure, più semplicemente, non aveva una vision politica. Privo di malizia, condivideva con la platea le proprie aspettative, più simili ad ansie calcistiche.
    Alla base – finiamo sempre lì – c’è l’assenza di corrispondenza. In sintesi la percezione che, chi è delegato a rappresentare l’elettore, non fa o non vuole fare quello per cui è stato votato.
    E se lo fa non è in grado di comunicarlo.
    E’ un problema nodale.
    Se la politica agisce bene deve condividere le proprie azioni con i cittadini. Se, invece, pare in balìa di interessi economici o di lobby deve avere il coraggio di replicare e difendersi.
    Assodato che la città di Genova e la Regione Liguria sono governate dal centro sinistra, prendiamo atto che è molto difficile per il cittadino digerire l’aumento del biglietto del bus a 1.50 euro insieme al taglio delle corse.
    A Milano il costo rimane di 1 Euro a fronte di un servizio assai maggiore. Inoltre è possibile utilizzare i biglietti vecchi ancorché scaduti.
    Non viene spiegata ai cittadini la scissione tra i consiglieri di maggioranza sull’Acquasola. E rasenta il ridicolo sapere che solo lunedì  7 marzo si è reso necessario un sopralluogo della Commissione urbanistica al parco per verificare soluzioni alternative alla revoca della concessione alla Sistema Parcheggi. Che la politica praticata sia frutto di paziente tessitura lo dimostrano in allegato i documenti sottoposti al voto in Consiglio comunale nelle ultime due settimane. Ma che la tessitura non sia sufficiente lo evidenzia il fatto che il caso Acquasola sia ancora all’ordine del giorno e fonte di scontro all’interno della maggioranza in comune.
    I soggetti politici coinvolti non hanno spiegato con sufficiente chiarezza le vicende Ist ed Ospedale Evangelico, insieme al buco di bilancio dell’Albergo dei poveri – stimato a 50 milioni di euro – con l’inchiesta sulla vendita delle case, e il nuovo progetto edilizio della Valletta Carbonara.
    Sul bilancio del Brignole ha gravato negli anni anche un’applicazione di tariffe per malato insufficiente a coprire i costi – OLI 13 maggio 2009 n. 225 – con tariffe di molto inferiori al quelle di altri istituti convenzionati.
    Cosa ha da proporre in alternativa? – chiedeva Concita de Gregorio – all’elettore deluso, tagliando la questione sul nascere.
    La politica della chiarezza, della coerenza e dell’ascolto – avrebbe potuto rispondere lui.
    Ci vuole così tanto?
    Documento 2
    (Giovanna Profumo)
  • OLI 293: PAROLE DEGLI OCCHI – Banchetto nuziale

    Foto di Giorgio Bergami ©

    Dopo un matrimonio, riso e petali di fiori.
    C’è chi ne approfitta, in buon ordine.
  • OLI 293: AUGURI – Buon compleanno, Giorgio


    Il 15 marzo Giorgio Bergami compie gli anni. Ci piace festeggiarlo presentando la sua prima tessera di “collaboratore fotografo” del quotidiano socialista Il Lavoro Nuovo.
    Da poco diciassettenne, era stato fermato dalla polizia mentre fotografava uno sciopero e portato in questura.
    Sandro Pertini, all’epoca direttore del giornale, non appena ne venne a conoscenza investì per telefono i responsabili dell’accaduto con una delle sue memorabili sfuriate, pretendendo – e ottenendo – l’immediato rilascio del suo fotoreporter.
    Per evitare il ripetersi di simili incidenti, fece preparare seduta stante questa tessera che reca la sua firma di vecchio antifascista, protagonista della Resistenza, futuro presidente della Camera dei deputati e della Repubblica italiana.

  • OLI 293: LETTERE – Il famigerato sonetto dello Pseudo Belli

    Anonimo ha lasciato un bel commento chiarificatore in merito al post
    OLI 287: POLITICA – Mignottocrazia alla romana
    Riteniamo che meriti visibilità e lo proponiamo quindi tra le Lettere, invece che relegarlo in calce a quell’articolo.

    Potenza del web! Il sonetto (in versione non corretta e originariamente senza alcun titolo) è di mio fratello M.G., il quale, in una mail inviata il 23 novembre scorso a 24 tra parenti stretti ed amici, aveva premesso scherzosamente le seguenti parole: “Carissimi, nelle mie peregrinazioni in vecchie biblioteche ho trovato un inedito belliano. Mi ha colpito subito il livello assai più basso del sonetto rispetto alla produzione del grande Belli, tant’è che ho pensato all’opera di un suo rozzo e tardivo imitatore. D’altra parte come si dice: ’Quandoque dormitat Homerus noster’ Dormicchia talvolta il nostro Omero; poteva dormicchiare anche il nostro infaticabile Belli. Comunque, al di là dell’attribuzione, ve lo mando, se non altro come testimonianza di un’epoca”.
    Poi tutto si è ampliato in progressione geometrica. Può interessare quanto ha scritto recentemente all’autore del sonetto uno dei più grandi studiosi di Belli: «Certo però evidentemente sei riuscito a intercettare un qualcosa che accomuna molte persone: di questo stavo scrivendo a una collega d’università, come cioè la diffusione ‘orale’ (in questo caso virtuale) e anonima sia irresistibile. Ed è buffo che adesso invece si sa chi è il famigerato anonimo… C’è da riflettere su quello che ti dicevo: perché una cosa come il tuo sonetto si è così diffuso, e anonimo, anzi gabellato per cosa di Belli? Perché riflette un “sentimento” comune e riesce a dire quello che tanti sappiamo? Perché la poesia, soprattutto quella in dialetto, “sembra” più libera di esprimersi? Perché l’anonimato (come succede per le favole, per le barzellette, e a pensarci bene anche per le parole) è più forte e potente?».
    Analogamente al Vero Belli che consegnò a Monsignor Vincenzo Tizzani i suoi sonetti romaneschi per custodirli in una cassetta, con la disperata richiesta di bruciare tutto ad una prima, improbabile occasione, anche lo Pseudo Belli continua a farlo con me, Novello Monsignor Tizzani, e mi chiedo perché non li diffonda o non li bruci lui stesso.
    Comunque, al di là degli altri 48 (più o meno su temi analoghi) che intercorrono tra quel primo equivocato sonetto che ha suscitato tante reazioni e il cinquantesimo, al di là della ventina di sonetti ancora successivi, preso atto che cercando con Google l’ultimo verso di quell’ormai famigerato primo sonetto vengono fuori, attualmente, circa 40.000 risultati, e constatando che c’è anche qualche pubblicazione cartacea che lo diffonde a firma Giuseppe Gioachino Belli, mi sembra doveroso rendere pubblico almeno il citato 50° sonetto:

    50 – L’equivoco

    Ce sta quarche cervello sopraffino,
    che letti du verzacci scritti in fretta,
    ha penzato, je piji na saetta,
    a la mano der Massimo Gioachino.

    Uno sbajo accussì, bestie da soma,
    è come scambià er giorno co la notte,
    come pijà le sante pe mignotte,
    come scambià la Lazzio co la Roma.

    A parte er fatto che sti pochi verzi
    a paragon de Belli è robba sciapa,
    li fatti che s’allude so diverzi.

    Na scusa c’è pe ste teste de rapa:
    osserveno, e pe questo se so’ perzi,
    che come allora ce comanna er papa.

    E questo,come diceva padre Dante, ” fia suggel ch’ogn’uomo sganni.”

  • OLI 293: LETTERE – Modena, pièce con sottotitoli

    “Sabato sera, di una settimana pesante. A sorpresa ricevo 2 biglietti omaggio per uno spettacolo al Teatro Modena, dove quest’anno ho trascorso delle belle serate, così accetto volentieri e coinvolgo un complice ad accompagnarmi; dopo alcune considerazioni sullo spettacolo (argomento “pesante”, attore in scena con accompagnamento musicale…) scappa la considerazione dovuta alla stanchezza: mal che vada ce ne andiamo prima, o ci riposiamo, e COMUNQUE è GRATIS! parolina magica che rimette in pari i piatti della bilancia.
    Mi informo comunque andando sul sito del teatro, e decido di correre il rischio: si va, consapevoli nel frattempo che probabilmente lo spettacolo avrà un unico tempo, e sfuma così la possibilità di una fuga anticipata, ché di andarsene durante non se ne parla.
    Giunti sul luogo del delitto…ops dello spettacolo, mi rendo conto che dovremo rinunciare anche alla possibilità di un eventuale riposino: di accoccolarsi in una avvolgente poltrona non se ne parla, a teatro ora si sta come sulla sedia della sala d’aspetto del dottore, e che non vi venga un colpo di sonno o il giorno dopo avrete bisogno dell’osteopata!
    Buio, musica.
    La prima frase recitata e penso:”non sarà mica tutto così?”
    E invece. La mente torna alla locandina, ma non trovo la frase fatidica “Spettacolo in lingua originale”…in questo caso il calabrese cosentino, che per me ligure, è un’altra lingua! Mi sarà sfuggito.
    Inizia tutto un lavoro di traduzione, mi perdo intere frasi che, anche se ripetute, restano suoni incomprensibili. Con animo colpevole allungo sguardi interrogativi alla mia destra e mi ritornano sorrisi imbarazzati e rassegnati, segno che probabilmente da quella parte si comprende ancora di meno…
    Alla fine dello spettacolo riguardo la locandina: nessuna menzione sulla scrittura e recitazione in lingua originale, anzi, proprio in calce ai premi e menzioni leggo:
    “La Borto (2010) scritto e diretto da Saverio La Ruina, premio UBU come migliore testo italiano….?
    Allora: se omesso deliberatamente sa di “inganno”, indigesto per i presenti paganti, e ancora di più per l’autore-attore; se dimenticato sa di lavoro fatto male, ma mi sembra improbabile.
    (Cristina Capelli)

  • OLI 293: LETTERE – Insegnare oggi in Italia

    Chi si dedica all’educazione, genitore o insegnante che sia, sa bene che i valori non si “inculcano”, ma si trasmettono con l’esempio e che i valori di rispetto dell’altro, di collaborazione per il perseguimento del bene comune, di eguaglianza tra i membri di una comunità, per essere trasmessi, vanno vissuti nella vita scolastica, familiare e sociale.
    Solo così potranno diventare patrimonio dei bimbi e dei futuri adulti.
    Nelle scuole pubbliche, frequentate dal 95% degli studenti, insegnanti sottopagati, ma rispettosi del mandato che hanno ricevuto dalla comunità secondo Costituzione, propongono percorsi di studio che richiedono impegno e fatica, presentano gli ideali che hanno costruito il nostro paese unito, per cui tanti giovani, provenienti da tutte le parti d’Italia,con grande generosità hanno messo a repentaglio la propria vita e sono morti.
    Insegnano a vivere il rispetto di sé nella relazione con gli altri, si trovano invece a combattere, non tanto contro le famiglie, ma contro i pessimi esempi di vita che vengono proposti da chi ci governa.
    Come si fa ad educare la coscienza dei giovani alla rettitudine, se chi avrebbe il dovere di rappresentarci e quindi essere di esempio per tutto il paese, frequenta lestofanti amorali e propone comportamenti che corrompono giovani vite?
    Come si fa ad insegnare la Costituzione e la nostra storia, quando Ministri della Repubblica, che pure hanno giurato sulla Costituzione, negano valore e significato al nostro stare insieme?
    I morti che ci sono stati, per costruire un’Italia unita, che senso hanno avuto? Come facciamo a spiegarlo nelle aule, ai nostri giovani?
    Sono le contraddizioni, l’ignoranza e la malafede dei nostri governanti, che rendono molto più difficile, oggi rispetto a ieri, il compito dell’educatore. Il Paese è debitore nei confronti della scuola e di tutti coloro che, se pur con bassa considerazione sociale e stipendi inadeguati, lavorano da sempre con impegno e dedizione, in collaborazione con le famiglie, per trasmettere conoscenza e contribuiscono a mantenere la coesione culturale e sociale.
    Il Capo di Governo ed il Ministro dell’Istruzione, invece di valorizzare la scuola italiana, in cui la funzione pubblica, ha svolto un ruolo fondamentale in questi 150 anni dal punto di vista linguistico, storico e sociale, ne sottovalutano l’importanza e continuano a perpetrare lo svilimento della cultura e della formazione giovanile, ritenute spese inutili, assumendosi così la pesante responsabilità di creare grave danno per i giovani e per il futuro di tutto il paese.
    (Carla Olivari – insegnante)

  • OLI 292: VERSANTE LIGURE – HA FATTO SCUOLA

    I soldi idolatrati
    in telealtari bui
    di Nulla addobbati.
    Cultura? Schifo, pfui!
    I corpi sfigurati
    a involucri con cui
    spacciarsi nei mercati
    per il piacere altrui:
    valori sciagurati
    che ci ha inculcato Lui.
    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 292: COSTITUZIONE ITALIANA – La parità tra uomo e donna nella Costituzione

    # Art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
    È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
    # Art. 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
    Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
    # Art. 37: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.
    La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
    La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.
    # Art. 48: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
    Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
    La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tal fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
    Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.
    # Art. 51 (il secondo periodo è aggiunto con legge costituzionale n. 1 del 30 maggio 2003): “Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.
    # Art. 117 (testo introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, sulla potestà legislativa di Stato e Regioni): “Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive”.

    a cura di Aglaja
  • OLI 292: 8 MARZO – Elsag 1977 – 2007: la quasi invarianza della discriminazione

    Mi ritrovo tra le mani un opuscolo della FLM (Federazione Lavoratori Metalmeccanici) del 28 febbraio 1977. Il titolo dice “Dati organizzativi”; all’interno, fabbrica per fabbrica, il numero degli addetti, e degli iscritti al sindacato unitario.
    Nella sola zona di Sestri Ponente le persone che lavoravano nel settore metalmeccanico erano 10814. Il totale generale per Genova, da ponente a levante, era di 52351 persone, iscritte al sindacato per più del 78%, operaie per il 68%, 2088 delegati sindacali.
    Un altro mondo, un mondo scomparso: per chi ha oggi meno di trenta anni i nomi delle aziende che si susseguono sul ciclostilato ingiallito sono sigle senza senso, per chi ha più anni evocano un tratto di vita non solo lontano per lo scorrere del tempo, ma separato per una frattura netta, una cesura, che lo fa apparire un mondo a parte, in cui non siamo proprio noi ad aver vissuto, ma qualcuno che ci assomigliava, un nostro antenato.
    Sulle due lontane sponde di questo abisso di tempo e di trasformazioni trovo – quasi invariata – la sigla di una azienda: Elsag in allora, Elsag–Datamat oggi.
    E caso vuole che riesca ad avere sotto mano due indagini, una del 1977 ed una del 2008, due documenti che tracciano almeno un filo di continuità che attraversa questi trenta anni: il desiderio delle donne di capire come stanno le cose e di cambiarle, e la discriminazione che le colpisce.

    Nel 1977 fu il “Coordinamento donne” della fabbrica a fare una ricerca, utilizzando un “questionario professionale e sociale”: venivano analizzate le discriminazioni nelle assunzioni, nell’inquadramento professionale, e l’incidenza degli aspetti personali e privati: accesso alla istruzione, lavoro domestico, complicità e paure.
    Nel 2008 le delegate sindacali hanno utilizzato una legge che è stata forse il frutto più tardivo delle lotte delle donne degli anni ‘70: la 125 del 1991, legge sulle “Pari Opportunità”, che impone alle aziende di stendere rapporti biennali sulla situazione occupazionale, professionale e retributiva delle donne (*).
    Dalle due indagini risulta evidente che la barriera che sottrae lavoro alle donne è sempre in piedi: trenta anni fa erano il 16% degli occupati, ora il 25%, un incremento irrisorio se si tiene conto delle radicali trasformazioni culturali e sociali che hanno attraversato questo periodo. E non si tratta di un retaggio del passato: ancora nel 2007 le donne sono state solo il 21% degli assunti.

    All’interno di questi numeri ridicolmente minoritari, la distribuzione professionale è un po’ meno squilibrata, ma resta il fatto che il 95% dei dirigenti, l’80% dei quadri, il 75% dei due livelli impiegatizi più elevati è maschile e che, a parità di livello, le donne guadagnano il 20 % in meno dei colleghi.
    Le delegate hanno svolto anche un sondaggio on line (**) sulla conciliazione dei tempi di vita e lavoro: esigenze, problemi, proposte. Il taglio non è più quello femminista del 1976, ma le cose emergono con chiarezza; tra queste la scarsa o insufficiente attenzione della azienda sul punto. Una grave arretratezza per un “centro di eccellenza” (***) votato all’innovazione.
    * http://lofficina.altervista.org/elsagdoc/temi/20080909_analisi_po.pdf
    ** http://lofficina.altervista.org/index.php?option=com_content&task=view&id=254
    *** http://www.elsagdatamat.com

    (Paola Pierantoni)