Autore: Redazione

  • OLI 257: VERSANTE LIGURE – Reo Confesso

    “Lo ammetto, io i gay

    giammai li ho additati

    e mai citai gli ebrei

    per scopi interessati”:

    curato anti-Cei

    confessa i suoi peccati.

    Versi di ENZO COSTA 
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 257: SOCIETA’ – Le parole del cardinale

    “El xe pezo el tacon del buso” si dice in Veneto, ovvero “è peggio la toppa del buco”, quando un tentativo di aggiustare una falla risulta maldestro e controproducente.
    È quanto è accaduto con la dichiarazione di Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, per cercare di riparare l’ennesima voragine apertasi nell’attendibilità della sua istituzione, ora grazie all’improvvida dichiarazione del segretario di Stato Tarcisio Bertone in merito ai legami tra pedofilia, celibato ecclesiastico e omosessualità.
    Com’è noto, il potente numero due della gerarchia vaticana, trovandosi in Cile, ha detto con perentoria supponenza: “molti psicologi e psichiatri hanno dimostrato che non c’è relazione tra celibato e pedofilia; però molti altri hanno dimostrato – me lo hanno detto recentemente – che esiste relazione tra omosessualità e pedofilia (…) che leggano i documenti degli psicologi (…) questo è il problema…”.
    Tanta cialtroneria ammantata di informata ragionevolezza ha immediatamente suscitato polemiche a non finire. Non solo l’associazionismo gay cileno e del resto del mondo – come prevedibile – e vari esponenti politici di ogni schieramento si sono opposti con risolutezza, ma persino l‘Aippc, Associazione psicologi e psichiatri cattolici, ha preso nettamente le distanze da quanto affermato dal braccio destro del papa. Il governo francese ha espresso una ferma nota di protesta. Il governo italiano s’è ovviamente ben guardato dal fare altrettanto.
    La stampa ha dato ampio conto di tutto ciò, tranne Avvenire e Osservatore Romano che hanno glissato e insistono sulla tesi di una campagna mediatica ostile alla Chiesa cattolica.
    Il portavoce vaticano Lombardi s’è premurato di precisare che le parole del cardinale riguardavano non la popolazione in generale ma solo i sacerdoti, tra i quali si è riscontrato un “dieci per cento di casi di pedofilia in senso stretto e un 90% di casi da definire piuttosto di efebofilia (cioè nei confronti di adolescenti [che comunque sempre minori sono, ndr]), dei quali circa il 60% riferito a individui dello stesso sesso e il 30% di carattere eterosessuale”.
    Del resto, che nell’ambiente religioso la percentuale di persone omosessuali sia alquanto più alta della media è un dato di fatto, checché se ne dica: farsi prete (o suora) è un ottimo alibi per non doversi sposare quando non si è attratti dalle femmine (o dai maschi), mettendo a tacere le malelingue e guadagnando anzi in rispettabilità sociale.
    Peccato che nello stesso giorno di questo “chiarimento, non presa di distanza” dall’affermazione di Bertone “che non c’è relazione tra celibato e pedofilia” sia giunta la notizia dell’arresto in provincia di Teramo di un prete d’origine indiana per abusi non su un fanciullo ma su una bambina di 10 anni.
    Una malaugurata coincidenza, a ribadire quanto siano grotteschi i tentativi per rimanere a galla di una Chiesa che annaspa tentando di non affogare e gioca con le parole arrampicandosi sugli specchi. Sempre più in crisi di credibilità e di potere materiale non solo per il diffondersi di quel clima di indifferenza e soggettivismo permeati di razionalismo, scientismo, relativismo e materialismo consumista di cui continua a lamentarsi la Cei, ma anche e soprattutto per l’agire dei propri gerarchi.

    L’esternazione cilena di Bertone, in spagnolo:
    http://www.youtube.com/watch?v=mjSz4_OZg5Y&feature=fvsr
    Il servizio del tg3:
    http://www.youtube.com/watch?v=60CpX0wPj6E
    Riflessione di Francesco Merlo su “La confusione della Chiesa”:
    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/04/14/la-confusione-della-chiesa.html
    La Cei sul rinnovamento della catechesi nell’attuale clima d’indifferenza e soggettivismo:
    http://www.oecumene.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=371813

    (f.b.)
  • OLI 257: MIGRANTI – Ambulanti e vigili: dettagli di un safari

    La notizia è comparsa sui giornali dell’11 aprile (Corriere Mercantile, La Repubblica ed. Genova; Il Giornale Ed. Genova): un blitz di alcuni agenti in borghese contro una anziana venditrice abusiva orientale seduta con i suoi cartoni di braccialetti e occhiali in Via Ponte Reale. Secondo alcuni passanti gli agenti sono in borghese, non identificabili, il loro modo di rapportarsi alla ambulante è aggressivo. La loro protesta e richiesta di spiegazioni resta senza risposta, da qui la decisione di telefonare al 112, per far intervenire una pattuglia di Carabinieri. Alla fine tutti, cittadini ed agenti, vengono identificati, e si accerta che “l’operazione” era condotta dalla Polizia Municipale. L’ambulante scappa, pende sui cittadini che si sono intromessi una accusa di favoreggiamento. L’assessore Scidone dichiara di aver dato mandato all’Avvocatura del Comune di valutare l’ipotesi di un danno alla immagine per il corpo della Polizia Municipale, difende l’operato degli agenti di cui è certo che non possano aver agito con violenza o animati da sentimenti razzisti, e aggiunge che “non si può interrompere il lavoro della Polizia Municipale con motivazioni pretestuose, mettendo tra l’altro in pericolo l’incolumità dei passanti, perché sappiamo che quando gli abusivi fiutano il pericolo scappano travolgendo tutto e tutti”. Solidarietà agli agenti anche da parte delle associazioni di categoria degli ambulanti regolari: Anva Confesercenti e Fiva-Ascom, che affermano che l’abusivismo va debellato, e sottolineano che dietro agli ambulanti irregolari stanno organizzazioni illegali che li sfruttano.
    Quello che manca in queste cronache, per altro puntuali, sono alcuni “dettagli” che leggo in una mail del gruppo Vivoilcentrostoricovivo, scritta da Cesare Gobbo che, con altre persone, è stato protagonista dell’episodio. Dietro sua autorizzazione, riporto: “Tre persone non identificabili aggredivano una ambulante probabilmente cinese, strattonandola e strappandole di mano un paio di cartoni contenenti occhiali da sole e braccialetti di stoffa … ad una nostra richiesta di identificarsi ci veniva risposto: ‘chi cazzo siete voi … fatevi i cazzi vostri … siamo della Guardia di Finanza’”.
    Beh, questa narrazione contiene “dettagli” essenziali a interpretare l’episodio. Il punto non è la legittimità di una azione di controllo, ed eventualmente di repressione, di un comportamento illecito, ma la gratuita mancanza di rispetto con cui questa azione di controllo viene eseguita. Perché una anziana signora cinese sottoposta a un controllo deve essere “strattonata”? Perché a dei passanti che chiedono chiarimenti non si può rispondere in termini anche asciutti, ma corretti? Dove sta questo ricorso al turpiloquio e alla menzogna? Perché nascondersi dietro la Guardia di Finanza?
    La mail prosegue osservando: “Non reputando tali metodi ascrivibili a forze dell’ordine abbiamo chiamato il 112”. I metodi, denunciati dal Sig. Gobbo, possono essere considerati indipendenti dalla nazionalità e dalla condizione sociale della signora cinese? Non credo proprio. Ma allora questo si chiama razzismo. La mancanza di rispetto verso i cittadini interventisti viene di conseguenza.
    Sullo sfondo la drammatica, quotidiana farsa da guardie e ladri tra venditori ambulanti e forze dell’ordine: le contrattazioni coi turisti improvvisamente si increspano come per una raffica di vento, i lenzuoli vengono annodati, i venditori si disperdono, poi passato il controllo, la superficie del lago si ricompone. Un lago fatto di ostacoli alla regolarizzazione degli immigrati, e di leggi draconiane applicate con discrezionalità. Lo Stato di diritto è lontanissimo.
    (p.p.)
  • OLI 257: SANITA’ – Aborto in telediagnosi

    Mentre l’Italia dei maschi si divide nei consigli regionali come nei bar su aborto farmacologico si e no e come e quando e perché, c’è chi lavora per risolvere il problema di milioni di donne che vivono in paesi dove l’aborto è vietato o inaccessibile.
    Un articolo della Stampa (1*) richiama l’attenzione su un sistema rischioso, usato da molte donne dell’Est a base di alcuni farmaci contenenti la prostaglandina, ossia il principio attivo della Ru486. Una rapida ricerca su internet con questa parola magica fa invece apparire due siti che la sanno lunga sull’argomento. Il primo è svizzero e spiega per filo e per segno tutto quello che occorre sapere sull’aborto farmacologico, mettendo in evidenza anche il confronto con quello chirurgico (2*). Il sito è di una associazione che si è sciolta nel 2003 ma la cui ex presidente continua a mantenere aggiornate le informazioni. Dalla traballante impaginazione si vede che è fatto da un addetto ad “altri” lavori che l’informatica, questo in un certo senso dà un imprimatur di validità dei contenuti. C’è anche una pagina di aggiornamento sugli ospedali italiani (3*) che hanno già praticato l’aborto farmacologico. Segnala anche un’organizzazione olandese (4*) che fa attività di infor mazione e che elenca i siti dove poter comprare la Ru486 “vera”, oltre ad una lunga lista di fakes.
    www.womenonweb.org: il pezzo forte però è questo link, uno di quelli che fa tremare le fondamenta di San Pietro: un servizio via Internet per il teleaborto (5*), riservato ai paesi dove l’aborto è vietato. Con una procedura semplice ma efficace, la donna interessata risponde ad un questionario e riceve per posta il farmaco, sotto il controllo a distanza di un medico. Propongono una donazione di 70 Euro, che servirà a coprire le spese per chi non disponesse del denaro per comprare il prodotto. Il dominio è registrato a nome di Women On Web International Foundation, Ontario, Canada.
    Un approfondimento è impossibile nello spazio di un articolo Oli, ma alla fine appare lampante l’importanza dell’accesso alla Rete per riuscire a migliorare la vita delle persone, la padronanza del mezzo di ricerca e l’abitudine di esplorare l’informazione. Possibile che La Stampa si sia perso questo sviluppo al di là del riportare la semplice notizia di agenzia?
    Fate circolare queste informazioni, chissà che non arrivino nel posto giusto per salvare la vita di una giovane ragazza spaventata. E anche se viviamo in Italia, non abbiamo nulla da invidiare ai “peggiori bar di Caracas” quando parliamo di accesso democratico alla Sanità, chissà che presto Piemonte e Campania non siano inseriti nella lista dei paesi esteri serviti dal sito.

    1*http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=124&ID_articolo=903&ID_sezione=&sezione=
    2* http://www.svss-uspda.ch/it/mifegyne.htm
    3* http://www.svss-uspda.ch/it/ospedali_italia.htm
    4* http://www.womenonwaves.org/article-445-es.html?lang=es
    5* http://www.womenonweb.org

    (s.d.p.)
  • OLI 257: AFGHANISTAN – Una tavola per il futuro, in skate a Kabul

    I medici di Emergency sono stati liberati. Potranno ritornare a salvare vite umane e soprattutto bambini, come raccontava la moglie di uno dei volontari, che rileggendo alcuni messaggi del marito alla Tv, ne sottolineava lo sgomento di fronte alla strage dell’infanzia.
    Perché si parla di missioni di pace ma giovanissimi afgani fanno migliaia di chilometri sotto gli chassis dei camion pur di fuggire da quell’inferno e si sentono fortunati ad arrivare in Occidente mentre i più piccoli rimangono lì, orfani di casa, affetti, giochi.
    Nella Kabul devastata dalla guerra, dove gli adulti tirano avanti in condizioni difficilissime, i giovani, il 68% della popolazione, devono crescere alla svelta senza alcuna educazione e la scuola è per pochi. La felicità negli occhi di un bambino afgano? Tra gli orrori, la povertà, i bombardamenti è magari andare a scuola. Se per un ragazzino europeo è realtà, in Afganistan spesso sembra un sogno impossibile.
    Ma Skateistan (http://www.skateistan.org), organizzazione no profit, ha fatto di più: combina lezioni scolastiche con l’insegnamento dello skateboard. L’iniziativa è ad opera di un giovane australiano, Oliver Percovich, a cui giovani volontari americani ed europei, sono venuti a dare una mano. “Lo skateboard è un pretesto – dice – perché attraverso il gioco, l’educazione al rispetto e alla cultura, i ragazzi afgani stanno insieme fra loro e con il resto del mondo”.
    Lo scorso ottobre è stato inaugurato lo skate Park coperto, di 1800 mq, costruito su un insediamento concesso dal comitato olimpico afgano grazie alle donazioni. Così si sta concludendo il primo semestre con lezioni di gruppo per 270 giovani afgani, dove si mette al centro l’aspetto ludico, necessario per la crescita, oltre ad impartire lezioni che vanno dall’informatica all’insegnamento dell’inglese. Lo skate non solo come attività socializzante ma propedeutico per vincere la paura di sé e degli altri.
    “Per molti ragazzi, spaventati dalla violenza che li circonda, è un percorso importante” afferma ancora il giovane direttore australiano della scuola, convinto di non stare importando la cultura occidentale: sempre più spesso ormai ogni iniziativa umanitaria viene connotata politicamente, come è successo per Emergency.
    Ma lo skateman va avanti, anzi la sua prossima sfida è realizzare strutture dedicate alle donne, anche se qualcuno gli sta dando del pazzo come già all’inizio di Skateistan.
    (b.v)
  • OLI 257: SCUOLA – Il classico non è acqua

    Sabato 17 Aprile, Repubblica ed. Genova, articolo di Stefano Bigazzi: “Sole e fitness aspettando l’esame, la gita del D’Oria si fa in crociera”.
    Si sono imbarcati nella mattina di uscita dell’articolo i ragazzi delle terze dello storico liceo classico genovese. Partiti dalla stazione Marittima “come i borghesi a fine Ottocento”, torneranno a Genova tra otto giorni. Tra le mete, precisa l’articolo “Tunisi, Palma di Maiorca e Tolone”.
    Anche se il sito della MSC non indica nel tragitto né Palma né Tolone. Segnalando Marsiglia, Barcellona, Tunisi, La Valletta, Messina, Civitavecchia.
    Peccato “per la Magna Grecia, l’Egeo dei miti e degli scontri di civiltà, sarà un’altra volta” spiega Bigazzi che specifica anche un vago costo del viaggio “meno di quattrocento euro”.
    Al liceo classico Colombo, la gita delle terze è stata fatta a Novembre. Pullman e poi partenza da Ancona in traghetto con rotta Patrasso. In otto giorni hanno vistato Atene – con musei e Acropoli – poi Micene, Epidauro e Capo Sounion. Al costo, tutto incluso di 355 Euro.
    Ma il confronto tra i due viaggi di “formazione” si fa duro: nella nave Splendida “evoluta tecnologia e ospitalità hanno creato questo fantastico Eden dove il sogno diventa realtà” spiega il sito della flotta. Che segnala: saune, bagno turco, solarium, sala massaggi, vasche idromassaggio, palestra sospesa sul mare, quattro piscine, un campo di squash. E inoltre l’AUREA SPA, dove MSC Crociere “fonde la magia dei massaggi balinesi con la tradizione dell’acqua salutare ereditata dagli antichi romani”. Quindi con un’attenzione ai classici davvero preziosa per la formazione degli allievi. “E per consolidamento delle relazioni tra i ragazzi” mi dice il padre di uno studente del liceo D’Oria, che precisa che il prezzo della settimana bianca proposta dal liceo quest’anno era di 420 Euro, costo con il quale il padre ha portato l’intera famiglia, in montagna. Solo per tre giorni.
    http://www.msccrociere.it/crociere/cruise.asp?id=31917

    (g.p.)
  • OLI 257: ISLANDA /1 – Ma come stanno gli islandesi?

    Giornali e telegiornali sono pieni di notizie vulcaniche: immagini affascinanti e terribili di fiamme, ghiacci e nuvole, bollettini catastrofici sui blocchi aerei, cronache dettagliate delle vicissitudini dei viaggiatori, allarmi per le merci bloccate e destinate a marcire.
    Ma nulla si sa o quasi di come se la passino gli islandesi.
    Uno sguardo al NYTimes ci informa che “I venti prevalenti hanno portato la gran parte della polvere all’estero”, cosicché “al di fuori degli allevatori nei dintorni del ghiacciaio Eyjafjallajokull, le cui terre sono state allagate dall’acqua disciolta del ghiacciaio, o ricoperte dalla polvere” finora le conseguenze della eruzione sulla situazione locale sono state minime, tanto che, mentre i voli in Europa sono bloccati, quelli dall’Islanda verso il resto del mondo seguono la normale programmazione. Cosicché – viene detto nell’articolo del NYTimes, dopo un giorno o due l’attenzione degli islandesi è rapidamente tornata a concentrarsi sull’altro argomento centrale: la perdurante ricaduta politica della crisi finanziaria.
    Tuttavia i problemi ci sono, e potrebbero improvvisamente drammatizzarsi se i venti cambieranno direzione: gran parte della economia del territorio dove è in atto l’eruzione si fonda sull’allevamento del bestiame, e la minaccia che per il resto dell’Europa riguarda le alte quote, impedendo il traffico aereo, in Islanda riguarda quel che avviene al suolo. La corsa è a proteggere gli animali dall’inalare o mangiare polvere che può causare emorragie interne, e danni a lungo termine alle ossa e ai denti. “Una polvere che copre tutto – pascoli, animali e persone – con uno spesso strato grigio”.
    Nel frattempo, dice il NYTimes “Anche se gli islandesi stanno ben attenti a non sembrare soddisfatti di questo ultimo periodo di guai, hanno in realtà accolto l’eruzione del vulcano prevalentemente con un sentimento di sollievo collettivo. Il tracollo finanziario può avere mandato in frantumi la reputazione della Islanda quale paradigma della rettitudine nordica, e avere determinato un profondo esame di coscienza tra i cittadini e nella classe dirigente, ma di questa crisi – sottolineano allegramente – non portano alcuna colpa”.
    (p.p.)
  • OLI 257: ISLANDA/2 – Dice il poeta…

    “(…) Ma dalla molestia degli uomini mi liberai facilmente, separandomi dalla loro società, e riducendomi in solitudine: cosa che nell’isola mia nativa si può recare ad effetto senza difficoltà. Fatto questo, e vivendo senza quasi verun’immagine di piacere, io non poteva mantenermi però senza patimento: perché la lunghezza del verno, l’intensità del freddo, e l’ardore estremo della state, che sono qualità di quel luogo, mi travagliavano di continuo; e il fuoco, presso al quale mi conveniva passare una gran parte del tempo, m’inaridiva le carni, e straziava gli occhi col fumo; di modo che, né in casa né a cielo aperto, io mi poteva salvare da un perpetuo disagio. Né anche potea conservare quella tranquillità della vita, alla quale principalmente erano rivolti i miei pensieri: perché le tempeste spaventevoli di mare e di terra, i ruggiti e le minacce del monte Ecla, il sospetto degl’incendi, frequentissimi negli alberghi, come sono i nostri, fatti di legno, non intermettevano mai di turbarmi. Tutte le quali incomodità in una vita sempre conforme a se medesima, e spogliata di qualunque altro desiderio e speranza, e quasi di ogni altra cura, che d’esser quieta; riescono di non poco momento, e molto più gravi che elle non sogliono apparire quando la maggior parte dell’animo nostro è occupata dai pensieri della vita civile, e dalle avversità che provengono dagli uomini. Per tanto veduto che più che io mi ristringeva e quasi mi contraeva in me stesso, a fine d’impedire che l’esser mio non desse noia né danno a cosa alcuna del mondo; meno mi veniva fatto che le altre cose non m’inquietassero e tribolassero; mi posi a cangiar luoghi e climi, per vedere se in alcuna parte della terra potessi non offendendo non essere offeso, e non godendo non patire.(…)”.

    http://www.leopardi.it/operette_morali12.php

    (Giacomo Leopardi)


  • OLI 257: PAROLE DEGLI OCCHI – La Storia in piazza: le sedie sono finite

    © foto: Giorgio Bergami

    16 aprile, locali del Munizioniere di Palazzo Ducale: studenti ascoltano Maurizio Maggiani sullo sfondo della mostra Ragazze di fabbrica