Autore: Redazione

  • Prè – Politiche di risanamento in un vicolo cieco

    Notizie da Prè. La strada è ancora chiusa, e la prima vittima dell’effetto broken window (vedi OLI 171) è il panificio che stava a ridosso del crollo del civ. 14. Adesso, sulle saracinesche abbassate, si legge il commiato dalla propria clientela e la denuncia dello stato di incuria che ha condotto la via, in risanamento da circa un ventennio, ad un degrado ingestibile.
    Un passo indietro nella storia della via. Era il 1995 quando il Comune di Genova, in attuazione del Piano Organico d’Intervento (POI), procedeva all’acquisto degli immobili nell’ottica di avviarne il risanamento. In contemporanea, l’Ufficio Stranieri del Comune e l’Ufficio recupero centro storico convocavano le organizzazioni sindacali e le associazioni operanti nell’immigrazione, con la richiesta di fare da cuscinetto, nei confronti di immigrati irregolari durante le operazioni di sgombero.

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  • Telecamere – Se disciplinare il traffico è una perdita di tempo

    Repubblica 23 ottobre 2007: “Arrivano i tutor. Guai a chi corre… Telecamere intelligenti sulle principali arterie cittadine. Progetto della società Autostrade per il comune di Genova: 21 “macchine” per il controllo della velocità”. Quattro sulla Sopraelevata e altre 17 sulle più importanti arterie cittadine. Il costo varia: più alto se verranno impiegate anche per l’analisi di rischio. Il tutor infatti individua, nei tratti monitorati, la velocità media delle vetture, rilevandone i numeri di targa. Rischi di contestazione? Impossibili. “Immagini ad alta definizione” ha scritto il Secolo XIX (28 ottobre ’08).

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  • Ilva – La cassa finisce, l’attesa no

    La cassa integrazione ed i lavori di pubblica utilità per 650 dipendenti dell’Ilva stanno per scadere. Ad agosto di quest’anno – in base all’accordo del 2005 – i lavoratori dovranno rientrare chi sugli impianti costruiti da Riva, chi negli uffici.
    Ma tutti – enti locali, sindacati, azienda e quel che resta del governo – sanno che non potrà essere così. A nulla sono serviti i segnali – giunti in questi tre anni – che gli impianti procedevano con lentezza, che bisognava prendere atto di una crisi della banda stagnata che coinvolgeva l’Ilva, che l’accordo doveva – per tempo – essere ridiscusso o quanto meno interpretato alla luce dei fatti. Riva ha sempre ribadito che il piano industriale poteva essere attuato in cinque anni. Sulla carta ne mancano ancora due. Ad essere ottimisti.
    Che ne sarà dei lavoratori? Quanti di loro potranno rientrare in azienda quest’estate? E a fare cosa? Ci saranno altri periodi di cassa? Verranno finanziati lavori di pubblica utilità? Quali tempi, quali scadenze per la costruzione degli impianti? Cosa verrà chiesto ancora ai dipendenti genovesi dell’Ilva?
    Il migliore degli accordi possibili – ha ricordato il sindacato in una assemblea alla scuola edile di Borzoli giovedì 21 febbraio. Solo da quello si partirà, nelle sedi opportune, per affrontare la situazione.
    Nell’attesa dei tempi burocratici, quindi, i lavoratori dovranno aspettare. In questo sono diventati veri professionisti e con loro le mogli, i figli, i parenti e chi all’Ilva è ancora in forza e gli abitanti di Cornigliano che adesso vedono le aree destinate al quartiere occupate da container colorati. La politica genovese è ancora in tempo per abbozzare una risposta credibile.
    (Giulia Parodi)

  • Indulto – Tra sostegno e ritardi

    A diciotto mesi dall’applicazione dell’indulto un detenuto su tre è tornato in carcere, ed in alcune situazioni la percentuale è ben più alta. A sentire gli addetti ai lavori uno dei problemi principali è rappresentato da chi commette reati, inizialmente di minore entità e poi via via crescendo con il tempo, che si trova in una situazione di disagio sociale ed economico, privo di una rete di sostegno, di un lavoro, di una famiglia, in situazioni di tossicodipendenza o di clandestinità. Sul Secolo XIX di venerdì 22 febbraio una buona notizia: 27 detenuti sono stati inseriti presso 15 aziende nell’ambito del progetto “Lavoro nell’inclusione sociale dei detenuti beneficiari dell’indulto”, promosso dai ministeri del Lavoro e Previdenza sociale e della Giustizia. Ne parla Milò Bertolotto, assessore provinciale con delega alle carceri, sottolineando alcune difficoltà, fra le quali spicca “che quando il provvedimento è stato emanato l’indulto già c’era stato, e chi era uscito non era al corrente dell’opportunità lavorativa”. Nell’ultimo anno, dopo alcuni incontri per la stesura del curriculum e la ricerca del lavoro promossi dalla Provincia, si è arrivati all’inserimento lavorativo di 27 persone, che, in quanto detenuti, hanno poche opportunità di stabilizzazione professionale e molte di restare in quel giro di reiterazione del reato che ha riportato in carcere un detenuto indultato su tre. E’ sicuramente una buona notizia, ma non esime dal chiedersi come mai sia stato approvato l’indulto e i finanziamenti per il reinserimento dei detenuti beneficiari dell’indulto siano arrivati mesi se non un anno dopo, costringendo gli operatori del carcere ad andare a cercare dopo molto tempo i detenuti indultati, e quando ormai un terzo di essi sta tornando dentro.
    (Maria Cecilia Averame)

  • Treni abbandonati nel deserto di Nervi

    Il treno parte, in orario, da Principe. Poco dopo una sosta per dare la precedenza a un treno in direzione contraria. Normale amministrazione. Ma anche alla stazione di Nervi la sosta si prolunga: un altro treno da far passare? Il tempo scorre e scorre, e non passa nessun treno. Una signora inizia ad agitarsi, sospira ad alta voce, si guarda in giro cercando conforto e complicità. Tutti gli altri però se ne stanno tranquilli. Ma il tempo passa, treno fermo, nessun ferroviere all’orizzonte. Gli altoparlanti della stazione, nel frattempo, nulla dicono del destino del nostro convoglio, e – sinistramente inframmezzati da notizie di soppressione di (altri) treni – diffondono inviti che, data la situazione, assumono un sapore surreale: non attraversare i binari, attenti al gradino, allontanarsi dalla riga gialla….
    La signora si agita sempre di più, ma ora anche altri iniziano a stropicciare il giornale, ad andare avanti e indietro nel corridoio. Molti scendono dal treno e cercano lumi sui video sul marciapiede. Inutile, sono fuori uso. Nessun ferroviere all’orizzonte. Qualcuno tenta: si potrebbe cercare qualche informazione in stazione… ma gli viene ricordato che la stazione è inanimata: zero personale, zero informazioni. Alcuni venditori senegalesi solidarizzano con gli altri viaggiatori: … treni sempre ritardo, sempre! I viaggiatori dimenticati si scambiano ricordi ed esperienze di quotidiani disastri ferroviari.
    Chi può, alla fine, cambia programma, e si lascia alle spalle il treno e le persone che vanno avanti e indietro, incerte, lungo il marciapiede.
    (Paola Pierantoni)

  • Caserme e forti – Begato: un passato da chiarire

    Caserme e forti, un futuro “civile”: così titola il Secolo XIX del 22 febbraio l’accordo tra l’Agenzia del demanio e la Regione per la riconversione di 34 edifici dislocati nelle quattro province. Gli edifici, un tempo usati per scopi militari (caserme, forti, depositi ecc.) saranno destinati – di intesa con gli enti locali – ad uso pubblico oppure dati in concessione e in parte venduti a privati.

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  • Elezioni: immigrati, parliamone seriamente

    Sembra certo che il 13 aprile in contemporanea alle elezioni politiche si svolgeranno, nelle regioni e nei comuni interessati, anche quelle amministrative. E’ una buona decisione, che mi auguro definitiva anche per il futuro. Sono troppi i periodi in cui il nostro paese vive in campagna elettorale tra elezioni politiche, amministrative ed europee. Svolgere diverse elezioni in un solo giorno non è importante solo perché serve a risparmiare danaro pubblico, ma perché nei periodi elettorali prevalgono litigi, propaganda, ed interessi particolari e particolarissimi a scapito della ragione e degli interessi generali del Paese. Credo che le numerose elezioni che si sono susseguite senza tregua negli ultimi 18 anni, favorendo il pensare più all’oggi che al futuro e spingendo all’inseguimento delle voci più rumorose e meno razionali, abbiano dato una buona mano alla grave crisi politica, economica, sociale e culturale del paese. Di certo, in particolare, que sto affollamento non favorisce gli immigrati: nelle campagne elettorali si assiste ad una gara a chi è più bravo ad espellerli mettendo in “secondo piano” i diritti di cittadinanza e le politiche di “integrazione”. Alla vigilia del voto si moltiplicano i politici che si erigono a paladini della sicurezza dei cittadini (che hanno il diritto al voto) e delle loro case popolari o degli asili minacciati dagli immigrati (che non votano); aumentano gli attacchi, le offese, le discriminazioni e diminuiscono coloro che difendono i loro diritti.
    (Saleh Zaghloul)

  • Colloqui: La Grande Madre e l’inquisitore

    Cara Oli, vi scrivo, per raccontarvi un po’ cosa succede in giro. Sono per colloqui, soliti pantaloni scuri con la riga, lupetto anonimo che non da troppo nell’occhio, nella sala d’attesa di una scuola di lingue che cerca promoter per i propri corsi. Tralascio la descrizione lombrosiana dell’ossuto esaminatore dagli occhi di ghiaccio, il naso rapace ed i folti capelli canuti.

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  • VERSANTE LIGURE


    CHE CAVALIERE!

    Sconfitto, avea promesso

    di opporsi a Tursi rosso

    ma adesso ha un chiodo fisso:

    “Se posso a Roma passo!”.

    Così, dà a Marta addosso

    e implora Silvio, Musso.



    IL COMMUSSO VIAGGIATORE

  • 194 – A difendere le donne ci pensa Ferrara

    Qualche giorno fa a “Prima pagina” (rassegna stampa di Radio3) la segnalazione di una ascoltatrice: Giuliano Ferrara, intervistato al TG1, aveva affermato che negli ultimi trent’anni si è verificato un miliardo di aborti. Nessun riferimento al ambito geografico a cui si riferiva questo numero apocalittico.
    La signora si chiedeva: che modo è questo di fare informazione? Da un lato c’è un giornalista (Ferrara) che usa strumentalmente un indimostrabile dato mondiale giocando sull’ambiguità del contesto, con l’evidente intento di spaventare ed influenzare irriflessive anime italiane, dall’altro, cosa almeno altrettanto grave, un altro giornalista (Gianni Riotta) che non ha sentito il dovere di una precisazione. Per fare informazione, aggiungeva l’ascoltatrice, non basta mettere un microfono in mano ad una persona famosa. Il conduttore di Prima Pagina del momento (Renzo Foa, direttore di Liberal) svicola e risponde di non poter esprimere giudizi sui propri colleghi. Ecco, nel breve arco di un minuto e mezzo, una bella sintesi della nostra informazione malata.

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