Autore: Redazione

  • OLI 373: POLITICA – Les Misérables, tra maschile e femminile

    Il suo nome per un po’ è girato, poi non più. Ora siamo molto – e drammaticamente – oltre.
    Comunque può essere interessante tornare brevemente sull’episodio che ha coinvolto nei giorni passati Anna Finocchiaro, il suo carrello della spesa, e il ‘miserabile’ Renzi.
    Il sindaco rampante aveva messo insieme con strumentalità due categorie incomparabili, e cioè le qualità necessarie ad essere una buona presidente della Repubblica, ed un episodio di scarsa importanza: essersi, la Finocchiaro, fatta aiutare a trasportare un carico Ikea da persone della scorta, con cui si può immaginare abbia sviluppato un sufficiente grado di consuetudine e confidenza da rendere questo atto nulla più che un normale episodio di gentilezza.
    Lei, ahimè, ha reagito senza misura, usando parole – miserabile, inaccettabile, ignobile – che andrebbero usate in ben altre circostanze, se vogliamo che le parole abbiano un senso.
    E’ questo, e non il carrello, che la dimostra inadeguata.
    Sono giorni e giorni e giorni che incontrando amiche ed amici ci scambiamo sguardi sempre più disperati per l’orrenda gestione di questa crisi, e tutto questo delirio mi conferma che non c’è speranza nelle modalità maschili di esercitare il potere; ma per le donne la strada di praticarlo senza adeguarsi ai riti maschili (comportamenti, linguaggi, strategie) resta ancora irrisolta e sostanzialmente inesplorata.
    Su questo nodo cruciale e complesso molte donne, da molti anni, discutono, pensano, scrivono; ma questo universo di pensiero femminile pare ancora drammaticamente separato da quello delle donne che percorrono le strade del potere, che pare non abbiano il tempo per pensarci su, per parlarsi tra loro, per trovare la forza di offrirci, collettivamente, un’alternativa.
    Anche in queste ultime ore le vedo isolate e disperate, o conniventi e subordinate.
    (Paola Pierantoni – Immagine da internet)

  • OLI 373: CITTA’ – Una marcia contro il cemento, a Genova il 21 aprile

    Disegno di Guido Rosato

    Una marcia contro il cemento e a favore della tutela e valorizzazione dei suoli agricoli; una manifestazione contro la speculazione edilizia e a favore del paesaggio come risorsa anche economica; un corteo colorato di nero e giallo (come le api), che collegherà due luoghi simbolici di Genova, l’Acquasola, dove è stato sventato uno degli scempi più inauditi in un giardino pubblico storico, e Valletta Carbonara, dove negli antichi orti dell’Albergo dei Poveri un simile pericolo non è ancora scongiurato.
    L’evento, che non conosce precedenti a Genova, è la ‘Marcia per la Terra’, proposta dal coordinamento genovese di ‘Salviamo il paesaggio’, e organizzata insieme alle associazioni sotto elencate, nel capoluogo ligure domenica 21 aprile, in concomitanza con analoghi eventi promossi in Piemonte, Lazio, Veneto, Puglia, Sicilia e dagli altri coordinamenti locali del Forum nazionale Salviamo il paesaggio, per celebrare l’Earth Day, la Giornata Mondiale per la Terra promossa dalle Nazioni Unite.
    L’obiettivo è dire STOP! al consumo scellerato di suolo che nei decenni ha devastato il capoluogo ligure e l’intera regione, compromettendo in modo irreversibile il paesaggio e i naturali assetti idrogeologici del territorio, con le drammatiche conseguenze che tutti conoscono: devastanti alluvioni come quelle del 2010 a Sestri Ponente e del 2011 in via Fereggiano e nello spezzino, incendi boschivi e frane, ultima quella drammatica di via Ventotene, che ha riportato alla memoria la tragedia della non lontana via Digione a fine anni ’60, quando la città aveva già iniziato ad essere brutalizzata dal cemento.
    Guardando a un orizzonte semplice ma apparentemente ambizioso quale la salvaguardia del pianeta Terra, la manifestazione intende sottolineare la necessità di conservare le risorse naturali e i suoli agricoli e fertili, fermando il consumo indiscriminato di suolo.
    Per restare a Genova e provincia, l’elenco dei casi di cementificazione realizzata o minacciata, in alcuni casi sventata con grandi mobilitazioni, è infinito: dai progetti di parcheggi spuntati ovunque (dopo l’enormità dell’Acquasola ci sono stati fra gli altri Salita della Misericordia, le Caravelle di piazza della Vittoria, il Bosco Pelato a San Fruttuoso, Nostra Signora dell’Orto in pieno centro storico di Chiavari), alle edificazioni in zone di alto pregio paesaggistico o storico (Valletta Carbonara, l’ex scalo ferroviario di Camogli e l’ex Mercato di corso Sardegna, per non parlare dell’ex Ospedale psichiatrico di Quarto, monumento su cui incombe una gigantesca speculazione).
    IL PROGRAMMA DELLA MARCIA: MUSICA, BAMBINI E MERENDA CON I CONTADINI DI VESIMA
    La marcia partirà alle 14 dai giardini dell’Acquasola e approderà ai Giardini Pellizzari (circonvallazione a monte, sopra l’Albergo dei Poveri e Valletta Carbonara) intorno alle 16.

    http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/marcia-per-la-terra-in-liguria/

  • OLI 373: GENERAZIONE PRECARIA – Io voglio restare, a Roma il 21 aprile

    Vogliono un progetto di paese e non un paese a progetto.
    Si incontreranno domenica 21 aprile a Roma, alle ore 10 per una giornata di discussione e confronto per organizzare le prossime mobilitazioni, radicare la campagna, organizzare l’impegno con maggior forza e determinazione.
    A chi fosse interessata/o a partecipare chiedono di scrivere per  facilitare l’organizzazione di eventuali trasporti e regolarsi per la capienza della sala. Di seguito il testo della loro inziativa

    In queste lunghe settimane post-elettorali, i temi reali della crisi, della mancanza di lavoro e welfare, dell’impoverimento di parti sempre più ampie della popolazione, sembrano spariti dalla scena. Il giorno dell’insediamento del nuovo parlamento, il 15 marzo scorso, mentre un turbinio di calcoli parlamentari e numeri di seggi invadeva i quotidiani, ci siamo presentati davanti a Montecitorio a Roma, davanti alla torre pendente a Pisa e in piazza del Plebiscito sempre a Roma per far presente a tutti la quota drammatica dell’unica vera maggioranza nel paese: il 38,7% di giovani disoccupati.
    L’urgenza della nostra situazione è evidente a chiunque si guardi intorno, fuori dalle aule dei palazzi: un’intera generazione è priva di ragionevoli prospettive di lavoro e di vita dignitosa, in questo paese come nelle altre aree maggiormente colpite da crisi e austerity, come l’iniziativa dei nostri coetanei spagnoli di Juventud Sin Futuro “No nos vamos, nos echan” (“non siamo noi che ce ne andiamo, sono loro che ci cacciano”) ci ha ricordato.
    Una situazione che, come abbiamo sempre detto, ci preoccupa ma non ci spaventa. Eravamo e siamo pronti a metterci al lavoro per costruirci un futuro, a cambiare il paese per non dover cambiare paese. Nei quattro mesi che ci separano dal nostro primo incontro nazionale, lo scorso novembre a Firenze, il nostro percorso ha iniziato a radicarsi: le 10 proposte “un progetto di paese o un paese a progetto” che abbiamo presentato alla politica durante la campagna elettorale hanno riscosso interesse e attenzione, e tanti comitati territoriali sono nati e stanno iniziando a darsi da fare, ognuno nella propria città. Ora è il momento di rilanciare, scegliendo, in forma pubblica, aperta e partecipata, la strada da seguire.
    Quali sono gli strumenti migliori per organizzare i disorganizzati e renderci tutti più forti? Come possiamo costruire, insieme ai tanti altri che come noi si pongono questi interrogativi, un terreno comune di mobilitazione, analisi e proposta su precarietà, welfare, abitare? Quali pratiche mutualistiche siamo in grado di mettere in campo già da oggi, come strumenti di cambiamento dal basso della nostra società? Come possiamo far superare alla nostra battaglia i confini nazionali e affrontare i nodi dell’Europa, della crisi e dell’austerity? Quali idee siamo già capaci di proporre e realizzare per mettere saperi e conoscenze al servizio dell’innovazione e del cambiamento? 
    Per discutere di tutto questo, come deciso nell’incontro di febbraio, ci ritroveremo tutti insieme a Roma il 21 aprile, per un nuovo momento di discussione e partecipazione, dal quale poter ripartire mobilitando tutte le idee e le energie a nostra disposizione.
    LE NOSTRE PROPOSTE PER CAMBIARE IL PAESE

  • OLI 373: TEATROGIORNALE – Maschere in una città che muore

    Dal fattoquotidiano.it: Comuni in rosso, i cittadini di Alessandria a Montecitorio: “La città così muore”

     – Stiamo camminando tra le strade di una città che fu. La guida ha un ombrello alzato, dietro i croceristi camminano in fila per due, macchine fotografiche e adesivi SMC. A fianco le guardie giurate scortano il gruppo.

     – Questa città è pericolosa? Chiede una grassa cinese con i capelli biondi che escono da un cappello di paglia.

     – No signora, è che in questi paesi decaduti non si sa cosa può succedere. Gli abitanti sono perlopiù impauriti e rimangono chiusi nelle loro abitazioni, ma non bisogna abbassare la guardia. Un tempo questa città era ricca, è stata la prima città che ha venduto una strada, via Garibaldi, al governo Indiano aprendo così il “mercato delle città”. Finché era solo via Garibaldi gli abitanti potevano passare per altre strade o carrugi, come le chiamano qui le strade strette. In breve la situazione era diventata ingestibile: sembrava che tutto il modo volesse accaparrarsi un pezzo d’Italia.
    A furia di vendere strade, per ripianare i debiti del comune, le case private sono diventate delle prigioni, gli abitanti non potevano più uscirne, pena multe salatissime. La legge del 2015 ha dato la possibilità di passaggio sulle strade, non più pubbliche, solo indossando abiti tradizionali.

    Ecco, potete ammirare alla vostra sinistra una Colombina con un Pulcinella insieme a un piccolo putto alato.
    Sull’altro lato del marciapiede una famiglia in abiti sintetici e colorati sta litigando.

     – Osservate l’uso delle mani, gli Italiani hanno una gestualità esasperata, il teatro nel sangue. Se fate silenzio potete ascoltarne la lingua, un canto.

    Il Pulcinella alza il braccio destro e stringe le dita, rivolto verso la Colombina in lacrime:
     – Ma che cazzo vuoi?
     – Che bello, possiamo dare qualche spicciolo all’angioletto? – chi parla è una Turca dallo smalto verde con degli Swarovski.
     – Signora, aspetti che la guardia li chiami. La guardia fa segno al Pulcinella di avvicinarsi.
    Pulcinella smette di urlare e fa segno alla donna di andare dalla fila di turisti col bambino alato.

    La Colombina saluta e ringrazia aprendo il grembiule mentre il bambino passa tra le signore a raccogliere Yen, Lire Turche, Dollari e per gettarli tra le gonne della mamma.

    Il Pulcinella si toglie il cappello e declama:
     – Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita.
    I turisti applaudono, la guida fa segno alle guardie di allontanare la famiglia Pulcinella.

    Sono ancora in Via Balbi e devono arrivare a San Lorenzo prima di pranzo per la performance dell’orchestra del Carlo Felice, ormai ridotta a orchestra di strada.

    La moglie della guida è il primo violino, i turisti non devono finire tutti i soldi con i Pulcinella, gli Arlecchini e i Pantaloni improvvisati che incontrano.
    Suoneranno Vivaldi, la primavera. I brasiliani l’adorano. Genova, la sua città, una città che fu.

    E da qualche parte risuonano le parole del poeta: Genova palpitante. Mio cuore. Mio brillante.
     (Arianna Musso – foto da internet)

  • OLI 372: PAROLE DEGLI OCCHI: Rapallizzazione genovese

    (Crollo di Via Ventotene, Genova – Foto di Sandro Lorenzetti)

  • OLI 372: URBANISTICA – Corso Italia, la fuffa certificata delle spiagge libere

    Nel marzo 2012 l’assessore al Demanio Farello della Giunta Vincenzi annunciava con toni trionfali novità importanti per l’estate, in particolare per Corso Italia – “la parte di litorale più in sofferenza” ammetteva – dove ci sarebbe stato un aumento del 20% di spiaggia libera con l’ampliamento di spazi già pubblici fra S. Nazaro e Punta Vagno e fra i bagni Squash e Capo Marina con la riduzione di spazi in concessione, togliendo pure un po’ di cementificazione.
    Inoltre si sarebbe potuto mettere la barca in mare senza pagare su quattro nuovi scali fra Nervi e Punta Vagno e chiunque avrebbe potuto fermarsi gratis per fare il bagno, perché “La battigia si allargherà e dovrà avere una profondità non inferiore ai dieci metri per consentire sosta gratuita per la balneazione”, affermava.
    Evviva, finalmente. Il Pro.u.d., Progetto di Utilizzo del Demanio, licenziato dal Consiglio Comunale, prevedeva il nullaosta della Regione entro un paio di mesi. Gli uffici regionali però, hanno prodotto le loro osservazioni soltanto a gennaio di quest’anno e con qualche sorpresina niente male.
     Innanzitutto è stata smontata la tesi che a Genova si ottemperi alla legge regionale che prevede il 40% di spiagge libere, dove si dichiara di arrivare oltre il 54%, compresi gli scogli, come sottolineato dall’allora assessore.
    Nell’incontro del 5 marzo 2013 fra Municipio Medio Levante e gli uffici comunali  è uscita invece una percentuale assai diversa per il litorale fra Boccadasse e Punta Vagno: le spiagge libere arrivano ben all’ 11%! Come mai? Semplice: la Regione ha chiesto di “eliminare tra le aree libere quelle dichiarate non accessibili o non praticabili, …foci di torrenti, scogliere impraticabili… ed integrare …dettagliato Municipio per Municipio..” (Decreto n.3 del 7/1/2013). Ovvero di considerare i tratti liberi e accessibili per ogni porzione di costa, cioè per corso Italia, Quarto, Quinto, ecc.
    Il computo era stato invece redatto in maniera complessiva. Non solo. Si sono messi nel conto il tratto di spiaggia libera della Marinetta , che sarà interessato dal miniscolmatore del Fereggiano, rio che sfocia proprio a metà di corso Italia, la nuova spiaggetta della Motonautica, con accesso chiuso dai cancelli del club, e pure la nuova spiaggia che ancora non c’è accanto al depuratore.
    Il Progetto presentato “non risolve efficacemente il nodo della carenza di spiagge libere e libere attrezzate nel litorale cittadino con particolare riferimento a Corso Italia…” dichiara la Regione, che per contro ha stralciato “la previsione di una fascia intermedia tra le concessioni e la battigia, utilizzabile liberamente e in cui è permessa la sosta per la balneazione… in quanto costituisce una modifica e una servitù ai concessionari balneari. E ci si arriverebbe fra cancelli e barricate soltanto piedi in acqua dalla spiaggia libera di S.Giuliano, aggiungiamo noi: un aiutino ai balneari tanto perseguitati, alcuni dei quali sono anche in causa per i canoni giudicati troppo elevati, poveracci.
     Come clou dell’incontro alla richiesta di aprire gli stabilimenti Comunali tutto o parte dell’anno, come propone la nuova L.R di febbraio 2013, viste le perdite finanziarie della partecipata del Comune, la risposta dei Bagni Comunali ( con presidente in scadenza mandato) è stata: “ci sono problemi di personale”. Peccato che pochi giorni dopo in Consiglio Comunale l’assessore al Bilancio abbia dichiarato che per i due stabilimenti comunali ci sono in organico trentasette bagnini ( Mercantile, 21/3).
    (Bianca Vergati – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 372: COMUNE – Conoscete l’Aspl?

    Il logo della Aspl di Genova

    E’ uno di quegli acronimi che fa annodare la lingua: aessepielle, ossia l’Autorità per i servizi pubblici di Genova, un organismo in seno alla macchina comunale, ma indipendente, che vigila e controlla sull’applicazione corretta delle norme nei servizi pubblici.
    Il nome un po’ altisonante racchiude in realtà una struttura operativa molto esigua, che lentamente cerca di farsi vedere dai cittadini con scarsissimi risultati, anche tra le file comunali stesse. Al punto che il Movimento 5 Stelle propone in Consiglio comunale la realizzazione di un registro pubblico delle lamentele, che non passa per un soffio, senza che nessuno – né della giunta, né degli uffici, né degli altri gruppi politici  – abbia fatto notare che sul sito dell’Aspl tale cosa esiste già. Quindi, alla fine, che fa l’Aspl?

    La pagina del registro della segnalazioni

    Nella settimana prepasquale arriva la commissione consiliare per la relazione annuale sull’attività dell’Aspl, con l’intervento del Prof. Benedetti e del Prof. Cuocolo, oltre al risultato di un anno di lavoro, anche una serie di problemi riscontrati tra mancanza di personale e lo scarso interesse del Comune nello sviluppo del servizio. Al punto che dopo alcuni anni di tentativi per avere una pagina istituzionale sul sito comune.genova.it che avesse una visibilità sufficiente, decidono di registrarsi un loro dominio (asplgenova.it) e di iniziare su quel nuovo sito il contatto con i cittadini e le altre parti della macchina comunale. Si lamentano anche della mancanza d’interesse del Comune nel pubblicizzarne l’esistenza, a differenza di alcune partecipate molto attive, e si dichiarano disponibilissimi ad una collaborazione con chiunque intenda valorizzarne i servizi.
    Tra le proposte che sarebbe interessante mettere sul tavolo di una collaborazione, sicuramente un cambio di nome: “Autorità” è una parola che certamente non favorisce nel cittadino l’idea di qualcosa di suo, a disposizione per segnalazioni e proposte. “Servizio di controllo” certamente sarebbe più adatto, facendo sentire le persone partecipi di un’attività utile e quanto mai necessaria.
    Davvero iniziale il registro delle segnalazioni (vedi immagine), però realizzato in modo semplice da usare e rispondente a quel minimo di trasparenza che scarseggia altrove. Resta da verificare quanto la presenza dell’Autorità possa influire sui veri processi decisionali del comune e delle sue controllate. Ad esempio, potrebbe essere di grande utilità far confluire tutte le segnalazioni su questo sito, per poi distribuirle ai vari organi di controllo specifici, in modo che l’Aspl possa sempre avere il polso della situazione, invece che attendere che un cittadino stufo dei silenzi “dell’altra parte”, alla fine scopra l’esistenza dell’Autorità e cominci ad usarla.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 372: COMUNE – Marco Doria e il giardiniere

    Ha continuato a postare su youtube, con una certa regolarità, la rubrica “La settimana del sindaco”.
    Pare un po’ il diario di bordo del comandate Kirk di Star Trek.
    Nei suoi video parla di infrastrutture, collegamenti ferroviari con l’entroterra, cantieri da concludere.
    Ricorda la necessità di maggiori risorse, sia pubbliche che private. Richiama l’impegno per una politica alta. Borzoli e la soluzione del transito dei mezzi pesanti sono uno dei problemi che Doria vuole affrontare.
    Il sindaco parla anche dei dieci saggi nominati da Napolitano criticando, tra le altre cose, la mancanza di presenze femminili nel gruppo.
    Doria ha a cuore la tutela del territorio, il risanamento idrogeologico, la lotta alla diseguaglianza, il lavoro. Chiede al Movimento Cinque Stelle di farsi promotore, insieme alla sinistra italiana, della volontà di cambiamento, che significa assunzione di responsabilità.
    In tutti i suoi interventi su youtube c’è una riflessione su quello che manca e su quello che si dovrà fare. Marco Doria trova spazio anche per parlare del difficilissimo bilancio 2013 del Comune di Genova – che deve essere fatto entro il 30 giugno – e dei tagli brutali delle risorse dei comuni fatte dai governi Monti e Berlusconi; ricorda al cittadino che la tutela dei servizi pubblici essenziali e delle fasce deboli della popolazione devono essere le priorità.
    Richiama il senso di responsabilità in cui “tutti, tutti” devono fare la loro parte.
    C’è bisogno, dice, di un governo e di una maggioranza che mettano in condizione i comuni di avere qualche risorsa in più per fare dei bilanci civili.
    Tutte parole sacrosante. Ma perché Doria appare così distante e solo? E cosa ne è stato della ricchezza di energie che l’avevano sostenuto in campagna elettorale? Cosa succede ai consiglieri comunali eletti nella sua lista? Cosa ne è della spinta arancione?
    Un punto nave con chi l’ha sostenuto in campagna elettorale e con chi l’ha votato oggi è necessario. Doria si metta in ascolto, come aveva fatto in campagna elettorale, di comitati e cittadini, uscendo da un consiglio comunale che pare solo un bollettino di guerra. Trovi uno spazio per incontrare le persone e faccia manutenzione alla sua idea di città. Anche sul tetto di Palazzo Albini, nei giorni scorsi, è apparso un giardiniere. Marco Doria faccia come lui.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 372: TEATROGIORNALE – La professoressa di matematica

    Da Repubblica.it – Ad Auschwitz saresti stata attenta

    La professoressa entra in classe. Nessuno se ne accorge. E’ una terza, trenta sedicenni in piena crisi ormonale in uno stanzone dalle pareti un tempo bianche, le loro voci rimbombano e si accavallano. Una ragazzina ride sguaiata, i suoi acuti sbattono contro i muri e ritornano frammentati, impastati con la voce da basso di un ragazzo grasso che, dieci banchi più in là, gioca con il telefonino, un compagno si lamenta. I due marocchini sono seduti sui banchi e parlano sottovoce ma fitti. Una sgualdrinella è sotto un banco e sorride, emula di qualche altra sgualdrina televisiva. Le finestre sono alte, un vetro è sostituito da un cartone. Le luci a neon. La puzza. Gli adolescenti si immergono in profumi dolciastri per nascondere la puzza. E mutande, ombelichi, omeri, sterni, polpacci, calcagni, nuche, cosce. La professoressa socchiude gli occhi e stringe il suo manganello immaginario. E’ un manganello speciale, dà scariche elettriche. I bidelli sono già in posizione agli angoli della classe, dalle finestrelle rialzate si scorgono solo le canne dei mitra. Basta un suo cenno per far rotolare a terra quei corpi schifosi. Un’ecatombe. No, meglio, lei deve alzare una mano e indicare la prima vittima, un colpo, uno solo, colpirà Giorgio, diciassette anni, ripetente, quello che gli ha dato della “vecchia rincoglionita” dopo un tre. Lo colpirà alla tempia destra e il proiettile uscirà da quella sinistra, lui strabuzzerà gli occhi e sputerà sangue sulla faccia butterata di pircing di Jennifer. Poi cadrà dal banco su cui è seduto e in classe regnerà finalmente il silenzio. Ventinove galletti smetteranno di parlare, la guarderanno finalmente, guarderanno lei, la professoressa di matematica. La riconosceranno.
    Lei farà un cenno, loro capiranno che devono alzarsi in piedi.
    Lei si metterà davanti alla cattedra e loro, all’unisono, urleranno: “Buongiorno Signora professoressa”. Lei farà segno che debbono sedersi. Loro si siederanno senza fare rumore con le sedie.
    Un cretino dal pizzo verde apre la finestra facendo tremare i vetri ancora attaccati, lancia uno zaino. Siamo al terzo piano. La professoressa spalanca gli occhi e urla: “Sparate!”. La classe smette di vociare, la guarda, la riconosce e scoppia a ridere.
    La professoressa socchiude gli occhi e stringe il suo manganello immaginario, quello che dà le scosse elettriche e inizia la sua danza: colpisce prima il ragazzetto dal pizzo verde che, avuta la scossa, stramazza al suolo con convulsioni e vomito, poi è il turno di quello grasso che gioca al cellulare, poi di quella che le corregge le equazioni alla lavagna.
    La professoressa si siede dietro la cattedra, posa il registro. Prende il pennarello e va alla lavagna. Disegni osceni, cuori, parole in libertà. Posa il pennarello, prende il cancellino, cancella la lavagna, riprende il pennarello, inizia a scrivere le sue equazioni alla lavagna. Mentre è di spalle sogna che un vetro salga, la divida da quelle bestie urlanti. E in quella gabbia di vetro si oda un FSHHH, del vapore bianco saturi l’aria. Suona la campanella. La professoressa di matematica va alla cattedra, prende il suo registro, mette in borsa il pennarello, il manganello immaginario ed esce dalla classe.
    (Arianna Musso – foto da internet)