E’ notizia di non molti mesi fa l’intervento della Corte dei Conti nei confronti del Comune di Recco, dove la raccolta differenziata eseguita con percentuali molto più basse dei limiti di legge, è stata considerata dal giudice un danno erariale e (qui sta la novità) anche ambientale.
Come era prevedibile, la Guardia di Finanza si è recata ieri negli uffici del Comune di Genova per acquisire gli atti relativi alla nostra “rumenta”, c’è quindi da attendersi una multa salata che ricadrà in modo pesante su un bilancio già ferito a morte dalla rivisitazione della spesa di Monti.
Nell’articolo de Il Secolo XIX di giovedi 14 marzo 2013 si fa riferimento ad un progetto di legge che galleggia da tempo (immemore) in Parlamento, il quale istituisce un rimborso del 25% della Tia per i cittadini i cui comuni non avessero adempiuto agli obblighi di legge sulla differenziata. A rincarare la dose, c’è la sentenza della Corte di Cassazione che ha imputato ai soli comuni il danno erariale e la relativa multa, rendendo inefficaci le clausole inserite da molti comuni nei contratti con le aziende di gestione dei rifiuti: infatti, secondo il giudice, non è ascrivibile con certezza alla responsabilità diretta dell’azienda incaricata il mancato raggiungimento dei valori di raccolta differenziata, ancorché inserita in contratto, in quanto la sua realizzazione è dipendente da comportamenti dei cittadini, che sono al di fuori del controllo delle aziende aggiudicatarie del servizio. Le multe ricadranno, quindi e senza diritto di appello, sui comuni, quindi sui cittadini.
Nel citato articolo del Il Secolo XIX ci si dimentica di un’altra chiave di lettura del problema, all’interno della Tares, la nuova legge che regolamenta la raccolta dei rifiuti. Nell’articolo 20 della norma oggi in vigore si legge: “Il tributo è dovuto nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente“. Se tanto mi dà tanto, allora il mancato raggiungimento della quota di differenziata minima di legge ricade in una grave violazione, che addirittura la Corte dei Conti punisce come danno ambientale e la proposta di legge sulla Tia con un rimborso al cittadino del 25%. Potremo quindi vedere ridotta per legge la tariffa Tares e accreditati dei rimborsi Tia per i 5 anni precedenti? In fondo, pagare a giugno solo il 20% della Tares è un’ottima soluzione per addrizzare la politica di Amiu, che fino a ieri ha promosso l’inceneritore di Scarpino a danno, quindi di tutti i cittadini. Risulta evidente la necessità di cambiarne la dirigenza, insieme alla politica, e tocca al comune applicare la legge rimodulando la tariffa al ribasso in un regime di auto-punizione.
Alla fine, inaspettatamente, l’Italia non pronta alla differenziata e i suoi Comuni arruffoni e affidati ad aziende irrispettose delle leggi rischiano di fallire sulla spazzatura, invece che sui grandi temi della politica che riempiono i giornali e che fanno sbalzare alle stelle gli indici dei bookmakers inglesi.
E nell’aria c’è anche la legge di iniziativa popolare Rifiuti Zero, per la quale presto vedremo i banchetti in giro per Genova e tutta l’Italia, firme raccolte nell’ambito europeo e che sarà obbligatoriamente discussa in tutti i parlamenti nazionali.
(Stefano De Pietro – immagine da internet)
Autore: Redazione
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OLI 369: RIFIUTI – Tutti i nodi vengono al… cassonetto
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OLI 369: SCUOLA – Bambini, va in scena il denaro
Sabato 9 marzo, il teatro è quello della parrocchia di S. Giuseppe Benedetto Cottolengo di Genova, il pubblico è di grandi e piccini, accorso numeroso, nonostante il diluvio, per il Money Show di Davide Tolu e Matteo Manetti.
I due vanno in scena vestiti da coloratissimi straccioni per raccontare a bambini e bambine – età compresa tra i 6 e i 13 anni – la storia del denaro e del suo utilizzo presente, passato e auspicabilmente futuro.
Con i fratelli Caciotta e Polpaccio si fa un viaggio nella storia e – partendo dal baratto e dalla Roma imperiale – si arriva al salario, fino all’euro che prende corpo in scena.
L’idea è far riflettere i piccini su come possono essere spesi e sprecati i soldi in famiglia – è proprio necessario spenderne così tanti per una giacca di Amaro Gabbiano? – e su come sono investiti da banche d’affari da una parte e banche etiche dall’altra.
Ogni quadro storico è accompagnato da canzoni e sketch, che divertono i bambini e li rendono partecipi, in uno spasso che coinvolge anche i grandi.
Davide e Matteo parlano di lavoro minorile e di denaro destinato all’acquisto di armi in equilibro tra informazione e ironia e nel linguaggio proprio dei bambini.
Money Show è una bella occasione per portare il denaro a portata del piccolo pubblico e lavarlo da quell’idea sporca che lo vuole fine e non mezzo.
L’auspicio è che Davide Tolu e Matteo Manetti siano ospitati con il loro spettacolo dalle scuole elementari genovesi per sensibilizzare i bambini su un utilizzo più sano e consapevole dei soldi.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 369: POLITICA – Gli amici divisi
La grande maggioranza delle mie amiche e dei miei amici non solo non ha votato Grillo ma, detto in chiaro, proprio non lo può soffrire.
Eppure ho anche carissime e intelligenti amiche e amici che nel Movimento 5 Stelle hanno riposto le ultime, residue, speranze di cambiamento.
Quanto a me, rientro nel primo gruppo.
Ogni tanto mi rimprovero di non aver fatto nessun serio tentativo per far cambiare idea alle care amiche ed amici che mi annunciavano il loro voto grillino. Poi, subito dopo, mi assolvo: il fenomeno elettorale che si è verificato è stato talmente sovrastante che qualche perorazione in più sarebbe stata del tutto inefficace. Dubito inoltre che, pur impegnando tutte le mie forze dialettiche, sarei riuscita a far cambiare idea anche a uno/una solo/a di loro.
Mi interrogo su questo divario, al momento apparentemente incolmabile, nonostante le molte affinità personali, affettive, ma anche di natura sociale, culturale e politica che mi legano a loro, e che legano tra loro alcune di queste persone.
Di certo, penso, sono stati fatti tutti gli errori possibili, sono state commesse tutte le possibili colpe, con l’esito di una realtà politica sconfortante.
Ma questa realtà è riconosciuta e sofferta con la stessa angoscia sia da chi sta nel primo che da chi sta nel secondo gruppo.
E allora, da dove viene una separazione così radicale?
Forse una radice sta “nell’apprendistato politico” che amiche ed amici del primo gruppo hanno alle spalle in misura molto maggiore. Esperienze molto varie, di cui la principale non è quella di aver militato in un partito: in alcuni casi è successo, ma da anni più nessuna di queste persone ha una tessera in tasca. Invece in molti casi c’è l’essere stati delegati sindacali in fabbrica, o parte di associazioni e movimenti che hanno operato politicamente, facendo, nella pratica, i conti con differenze e complessità che impongono la necessità della mediazione non solo come espediente tattico, ma come esito dello sforzo di conoscere, comprendere, accettare, e a volte condividere, le ragioni degli altri.
Nel mio giro amicale ad avere questo retroterra non sono solo le persone più “grandi” di età, ci sono anche delle giovanissime. Tutte comunque reagiscono con insuperabile diffidenza ai tratti della comunicazione di Grillo: violenza verbale, semplificazioni, tratto autoritario, sistematica svalutazione degli “altri”, identificazione tra leader e movimento.
Sull’altra sponda prevale senza discussione il sollievo per la scossa che è stata data, la fiducia in un rinnovamento impersonato dalle facce sconosciute che si affacciano. Peraltro, si può osservare, non sono le sole: il 66% degli eletti del PD sono new entries. Tra loro il 41% di donne.
Certamente eravamo giunti a un passaggio che imponeva una discontinuità, e al Movimento 5 Stelle va riconosciuto il merito di aver interpretato questa esigenza, spingendo in questa direzione anche le altre forze poltiche.
Ma lo tsunami senza le consapevolezze e le disponibilità di cui si è detto rischia di produrre, di rimbalzo, un nuovo affondamento nella palude: indebolimento della parte più progressista del Pd, liquidazione di Sel, nuove opportunità ad una destra variamente interpretata; il tutto a maggior ragione se la concretezza e le speculazioni della crisi economica verranno rese ancora più pressanti dall’incertezza politica.
Ripenso, perché li ho vissuti nei primi anni ’70, a due momenti di passaggio non meno radicali: l’azzeramento della vecchia struttura sindacale fondata sulle Commissioni interne, spazzate via da un’inedita forma di democrazia, il delegato eletto su lista bianca nei luoghi di lavoro. E il separatismo femminista, quando le donne allontanarono gli uomini dai loro gruppi politici e dai loro cortei. Mentre si compivano questi atti di rottura la trama dei rapporti e della mediazione tuttavia non fu interrotta, ed è questa trama che ha sorretto e dato una prospettiva a quelle fasi di cambiamento.
(Paola Pierantoni) -
OLI 369 – TEATROGIORNALE – I confini di Schengen
Da il Sole 24Ore Schengen, perchè a Berlino non piace il via libera a rumeni e bulgari
Al confine tra la Germania e la Romania c’è un muro con un varco e una sbarra abbassata. Oltre vi è una fila che aspetta il gendarme addetto alla frontiera. Il cielo è plumbeo, non un posto dove sedersi. Dopo un paio d’ore la sbarra si alza: ogni cittadino rumeno che vuole entrare in Germania, e quindi in Europa, deve fornire generalità e documenti; infine i richiedenti visto vengono fatti accompagnare in una stanza scavata nel muro in attesa del 2014, quando Schengen verrà, forse, ratificato anche per loro.
– Nome?
Fa il gendarme alto, con i capelli biondi e i baffi.
– Samuel Rosenstock.
– In che campo agisce?
– Per carità, sono contro l’azione,
– Contro l’azione?
– Certo e per la contraddizione continua.
– Quindi afferma che è inoccupato.
– In realtà anche per l’affermazione non sono né favorevole né contrario.
– Esigo una motivazione sul perché vuole circolare liberamente in Europa.Il signor Rosenstock si avvicina al gendarme e gli sussurra all’orecchio:– Non do spiegazioni perché detesto il buon senso.
Il gendarme, affatto stupito, pone qualche timbro sui fogli di Samuel Rosenstock, detto Tzara e lo fa entrare nella stanza ricavata dal muro.– Nome?Questo gendarme è pelato e con una pancia da bevitore di birra.– George Palade.– Professione?– Ricercatore.– E cosa vuole cercare qui da noi?– I ribosomi.– E che sono? Cellule criminali legate alla prostituzione?– Beh, hanno a che fare con le cellule ma si dedicano alla biosintesi.– Sintesi, in sintesi cosa sintetizza?– Proteine. Anche lei le utilizza sa?– Non dica fesserie, sono un pubblico ufficiale.– Nel suo citoplasma, glielo assicuro. Altrimenti morirebbe.– Ah… mi minaccia pure. Le faccio passare io la voglia di fare lo spiritoso.Il gendarme prende il signor George Palade, nobel per la medicina, per la collottola e lo lancia dentro la stanza ricavata nel muro.Si avvicina una donna dai capelli neri.– Nome?– Nadia Comaneci.– Professione?– Ginnasta olimpionica.– Non può entrare.– Perché?– Il fratello di mio cugino si è sposato con una rumena e lo sanno tutti… La donna rimane dritta davanti al gendarme.-Va bene, venga va, ha ancora da lavorare…Il Gendarme fa entrare la campionessa olimpica nella stanza ricavata nel muro guardandole vistosamente il sedere e strizzando l’occhio al collega che esce dalla stanza. E’ il primo gendarme, quello alto con i baffi, che si avvicina alla sbarra per prendere le generalità di un altro migrante.– Nome?
Dice il gendarme, l’uomo che ha di fronte non risponde.– Nome?L’uomo ostenta indifferenza.– Perché non mi vuole rispondere?L’uomo osserva il gendarme.– Perché non la conosco.– Ma neanche io la conosco. Come faccio a conoscerla se non mi dice come si chiama.– E io come faccio a dirle come mi chiamo se non la conosco. E’ un buon principio non parlare con gli sconosciuti, si potrebbero fare dei brutti incontri.– Condivido, meglio essere prudenti. A meno che non si possano avere valide credenziali.L’uomo si illumina.– Giustissimo, ma non basta un nome.– Vero. Infatti chiediamo i documenti.– I documenti documentano quello che la persona sostiene di essere, ma se la persona è insostenibile non c’è documento che tenga e bisogna andarsene, o perlomeno appoggiarla da qualche parte. Il gendarme è preoccupato.– Appoggiarla dove? Il regolamento non lo prevede.– Non lo so, ma se non riesco a sostenerla è meglio che la appoggi da qualche parte prima che mi caschi su un piede.– Ha ragione, meglio essere prudenti.– La prudenza non è mai troppa. E se è troppa basta levarla, ma non troppo, quanto basta.– E poi dove la metto?– Non lo so, ma scusi ci conosciamo?– Io sono Hans Shodler e lei?– Eugené Ionesco. Piacere.– Il piacere è mio.– Mi scusi, glielo rendo subito, l’ho preso senza accorgermene e se permette ora me ne vado.Ionesco saluta alzando il capello e se ne va.(Arianna Musso – foto da internet) -
OLI 368: LIGURIA – Derivati, le regole della politica e quelle dei cittadini

Foto da internet La minaccia “derivati” ha fatto sentire i suoi effetti – dal passato – anche sul Comune di Genova. La miccia è stata accesa da Il Giornale, che ne ha ricavato un’inchiesta pubblicata a partire dall’8 febbraio con l’articolo d’esordio “Il Monte dei Paschi anche a Palazzo Tursi: 118 milioni di derivati” (8/2/2013). Lo si ricorda per i lettori inesperti di ingegneria finanziaria: il derivato è uno strumento, un contratto, un accordo il quale lega il suo valore a quello di un’attività. Nel caso dei derivati acquistati dal Comune di Genova, ci si basa sull’oscillazione dei tassi di interesse dei mutui. Ritornando al caso di Genova, Il Giornale ha sollecitato l’intervento dell’assessore al Bilancio Miceli che ha dichiarato “Si tratta di due contratti, il primo stipulato nel 2002 con Unicredit per un valore di 7.272.000 euro, il secondo stipulato con Bnl nel 2001 per 13.066.882 euro con scadenza 2020” (“Derivati, la Corte vuol fare i conti col Comune”, Il Giornale 9/2/13). Sull’onda dell’inchiesta, la Lega ha proposto un’interrogazione comunale, non ammessa per ora a discussione (Il Giornale 13/2/2013). Il modo di riportare le notizie segue l’orientamento ideologico della testata, tanto che Il Giornale in un primo momento minimizza il fatto che i derivati risalgano alla giunta Pericu, rimarcando le responsabilità a riguardo dell’attuale amministrazione, mentre in altri articoli gioca sul fatto che i derivati non siano stati annullati immediatamente dal Comune, ma – contemporaneamente – una sentenza del Tar Toscana solleva questioni che sono d’ostacolo alla possibilità per le P.A. di liberarsene (“Swap impossibili da annullare”, Il Sole 24 Ore 23/2/2013). Il Secolo XIX si occupa della questione e riporta la dichiarazione di Miceli, secondo cui “si tratta, come si è detto, di due contratti senza rischi occulti o non prevedibili, che hanno sole finalità di tutela da forti oscillazioni dei tassi, per cui si valuta che in questo momento non sia conveniente rescindere questi contratti per il pagamento delle penali” (Il Secolo XIX 1/3/2013). Rimane invece silenziosa sull’argomento la Repubblica – Lavoro. L’alone di mistero che sembra comunque continuare a circondare la faccenda (a quanto ammontano le penali che impediscono di rescindere da un contratto in cui il comune, comunque, è in perdita?) riporta alla mente vicende di simili derive e simili misteri: i derivati non sono una novità per la Liguria: nel 2011 la giunta Vincenzi aveva chiuso un contratto con BNP Paribas, che costava 24 milioni di euro soltanto di interessi e che era stato siglato poco prima del suo insediamento, ancora sotto la giunta Pericu. Nel 2007 invece era stata la Regione a finire nei pasticci: un ex impiegato della banca giapponese Nomura a Londra aveva denunciato enormi ricavi ottenuti da un prestito della Regione Liguria nel 2006, (Il Secolo XIX, 6 aprile 2007, vedi anche OLI 160). Anche in quel caso, l’accordo era circondato dal massimo segreto e riserbo: il governatore Burlando dichiarava di dover seguire le “regole”. Ma non si riferiva a quelle che tutelano il diritto dei cittadini di sapere e di pretendere trasparenza, bensì a quelle contenute nei contratti ed imposte dalle banche. Ritornando al presente, al momento il sito del comune non riporta alcuna indicazione riguardo alla stipula dei contratti derivati: la trasparenza rimane uno dei punti più dolenti delle iniziative finanziarie ad alto e medio rischio intraprese dalle pubbliche amministrazioni.
(Eleana Marullo – foto da internet) -
OLI 368: GENOVA – C’è chi dice casiNo

28 febbraio, ore 14 e 55, pubblico sul mio profilo Fb.
Facile dire “a Zena se ciamman bagasce”, facile anche scriverselo sulla maglietta. Facile gridarlo a Nicole Minetti, troppo facile. Il problema a mio avviso è che sarebbe superficiale, machista, ipocrita. Non esiste un corrispettivo maschile: insultate un uomo corrotto, marcio, approfittatore etc., cosa gli dite? Minetti è donna, si è comportata in un certo modo, quindi è bagascia. Bene. Se anche fosse il problema non è lì ma in chi fa l’investimento per quel luogo in cui di sano, economicamente e non solo, ci vedo ben poco. Possiamo anche prendercela con lei ma lo trovo miope: chi ha i capitali per fare una cosa del genere? A chi importa che cosa si farà lì dentro? Chi controllerà che la gente non ci si rovini? Sapremo da dove arriva il denaro che ci circola, lì come in tutte le altre sale e salette spuntate come funghi ovunque? Non sempre (secondo me quasi mai) il bersaglio più facile è quello giusto. Per fortuna ci sono persone lungimiranti che si fanno le domande giuste e che non mollano. Per fortuna l’antimafia a Genova non sono parole al vento.
1 marzo 2013, sera, dopo il presidio CASI-NO a Genova Pegli.Passo in moto, c’è già una folla pochi minuti dopo le 18, sorrido, qualche faccia nota, attraverso veloce il traffico e il ponte per parcheggiare e partecipare. Bandiere, di partito e non, striscioni con slogan, volantini, si aspetta Don Gallo, intanto prendono la parola il presidente del municipio, Domenico Chionetti, di San Benedetto, detto Megu , una cittadina di Pegli… Ciascun* esprime gratitudine rispetto alla partecipazione della gente – quante e quanti lo lascio dire a chi sa fare queste stime, a me sembravamo un bel po’ – e cerca di sensibilizzare sulla problematica del gioco d’azzardo e delle ludopatie, del dilagare degli investimenti poco puliti, in particolare negli ultimissimi tempi e approfittando del periodo di crisi. Don Gallo arriva annunciato e abbandona l’auto in mezzo al traffico, provocato dalla folla che attraversava di tanto in tanto la strada mostrando i cartelli (casi-NO) e invitando chi passava a restare e manifestare, raggiungendoci a piedi, circondato da foto ed entusiasmo. Prende la parola – “una sedia per il Gallo!” passa sulle nostre teste – soffermandosi sulle lotte del ponente, sulla dignità di queste lotte, sulla tenacia e sulla rilevanza politica e pubblica della partecipazione della gente, sul coinvolgimento, sull’esserci e sul contare. “Nicole Minetti vada a mostrare tette e culo altrove” – scivola, la gente si infiamma, troppo facile, continuo a pensare che il problema non sia la scelta della “madrina” per l’inaugurazione. Don Gallo prosegue, gli interventi si alternano e si respirano interesse, passione. Ascolto e ragiono: non si è fermata l’apertura del casinò: a detta di chi vive a Pegli e ne è al corrente, come racconta una signora, “la sera ci sono macchine ovunque, in terza e quarta fila, pullman addirittura, e poi, si sa, come dire, l’indotto di questi affari… prostituzione, spaccio”. Si è in qualche modo rimandata l’inaugurazione grazie alla mobilitazione cittadina e all’intervento del comune che ha voce in capitolo per quanto riguarda i permessi necessari per l’apertura e la gestione del locale. Quello che ci si aspetta ora e per cui si auspica una partecipazione e un’attenzione costante è il seguito: riciclaggio di denaro, traffici illeciti e ottime coperture, famiglie rovinate e attività commerciali che vengono sostituite da casinò, la gente è stufa, la partecipazione di oggi l’ha dimostrato: “siamo qui, torneremo!” chiude Megu di San Benedetto, applausi, speranza, desiderio di cambiare, coraggio!
(Valentina Genta – foto di Marco Pelizza) -
OLI 368: ELEZIONI – L’inverno del nostro sconcerto
Sono davvero sconcertata e tristissima per i risultati elettorali e per quello che sta succedendo adesso nella società politica e civile.
(Frammento di una mail a commento delle recenti elezioni)Se si imbocca la sopraelevata da Sampierdarena, la Lanterna, prima visibile al visitatore, è stata oscurata da una quinta di due torri, astutamente battezzate Torri Faro. Non si tratta di edilizia popolare e poco importa in quale PUC fossero inserite. Al progetto ha certamente dato approvazione il Comune di Genova storicamente amministrato da giunte di sinistra.
A Cornigliano, le aree bonificate – oggetto di una recente inchiesta – e promesse alla cittadinanza con tanto di distribuzione di bulloni provenienti dall’area siderurgica nel maggio 2007, sono tuttora occupate dai container di Spinelli.
Sui lavori per la messa in sicurezza del Bisagno ha posato gli occhi il Tar, che accolti due ricorsi, ha annullato il bando.
Villa Raggio, in Via Pisa, era sede di ambulatori ASL. Donata alla collettività per un utilizzo a fini sanitari è stata venduta dalla Regione Liguria per fare cassa. Inutile il ricorso al Tar della famiglia Raggio. La dimora, suddivisa in lotti, oggi ospita appartamenti prestigiosi dotati di parco con piscina. Non risulta che una parte sia stata destinata alla cittadinanza.
Mentre a Cogoleto l’enorme area dell’ ex-manicomio a Pratozanino era oggetto di cartolarizzazione, esattamente come Villa Raggio, i pazienti psichiatrici venivano comodamente ospitati in container per ben quattro inverni
Cosa aggiungere sul buco di quaranta milioni dell’Istituto Brignole, sulla definitiva sepoltura all’Ist, e sugli investimenti fatti all’ospedale Evangelico Internazionale?
Sono solo alcuni dei successi inanellati negli anni dalla politica locale e regionale, piccoli cammei che hanno contribuito, insieme al resto, alla scientifica polverizzazione di risorse collettive. Si tratta di scelte fatte in nome dei bilanci, del contenimento della spesa, da chi si dichiarava di sinistra. Dove la creatività distruttiva toccava il suo culmine si è arrivati a far credere al cittadino come necessaria la costruzione di un parcheggio al posto di una creuza storica.
Quanti comitati gridavano il loro sconcerto in città e nel paese totalmente inascoltati da chi la politica la faceva di professione?
Trasparenza, onestà e competenza: erano le parole chiave. Qualcuno ha aperto un cassetto e le ha tirate fuori.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 368: INFORMAZIONE – Grillo e i giornalisti d’assalto
Roma, 4 marzo 2013, l’uscita di Beppe Grillo è attesa da decine di giornalisti e fotografi che letteralmente assaltano il popolare personaggio scavalcandosi l’un l’altro. Qualcuno (vedi foto a sinistra) sale anche sul tetto di un’autovettura posteggiata, foto rubata da un attivista e pubblicata su Facebook, per cercare di dare una mano al proprietario a trovare il responsabile delle inevitabili ammaccature subite. Nella ressa, una persona che si era appoggiata all’auto di Grillo resta con le dita schiacciate nella portiera (vedi video in basso), che viene immediatamente riaperta e, nonostante la situazione di pericolo per il ferito, ripresa di nuovo d’assalto dai fotografi. Grillo deve intervenire personalmente per tenerli lontani.
Domenica sera, alla fine del primo incontro tecnico a Roma degli eletti, la stampa blocca la strada, non è ammessa all’interno: gente che lavora, certamente, se di lavoro si può parlare vedendo un simile girone infernale, come a Sant’Ilario aspettando Grillo che voti alla scuola di agricoltura: quindici ore in attesa, al freddo, la polizia che alla fine distribuisce bevande calde alle persone in attesa di scattare una sola foto utile al giornale. Non mi pare che sia questa la stampa che faccia vera informazione. Ha fame di notizie del Movimento 5 Stelle, i cui attivisti se ne stanno tranquilli ben lontani dai riflettori, in attesa di nominare i due portavoce per Camera e Senato, che saranno cambiati ogni sei mesi, scelti a votazione, come nella tradizione del Movimento. I giornalisti, non abituati a questo diniego, stanno letteralmente perdendo la bussola, chiamano amici e parenti nel tentativo di avere un numero di cellulare, appaiono nelle riunioni plenarie, negli incontri dove prima non erano mai stati, pare che il sistema di stare molto lontano da loro ripaghi con un interesse moltiplicato: poi, adesso, con un 30% dei voti, avere una foto di un “grillino” diventa un must irrinunciabile.
Alcuni, negli alti ranghi, cominciano a preoccuparsi sentendo avvicinare il pericolo della fine del finanziamento pubblico all’editoria, che comporterebbe per molte testate la fine di un sistema consolidato di lavoro, e di potere. Una considerazione che riguarda il futuro: dovranno reinventarsi tutto, lavorare davvero su internet per abbattere i costi, livellare le redazioni e “far da sé”, come già sta accandendo sulla rete, insomma “bloggare la stampa” e poi, per evidenti necessità di veicolazione pubblicitaria, chiedere al governo che si dia davvero da fare per far arrivare internet a tutti.
(Stefano De Pietro) -
OLI 368: SOCIETA’ – Flexitariani, o dell’elogio della flessibilità
Pochi gioni fa, chiedendo ad amici invitati a cena se avessero cibi sgraditi, diete particolari, la risposta è stata: “No, siamo onnivori, anzi flexitariani”.
Wikipedia ci informa che flexitariana o semi-vegetariana (*) è una dieta vegetariana con introduzione occasionale di carne: tendenza in crescita, a leggere il recente articolo del Guardian (**), che spiega come la corretta interpretazione di questa dieta consista nel consumare carni di cui si conosce la provenienza “etica”. Nella speranza di essere percepiti dagli animali come una minaccia meno pericolosa di un carnivoro a tempo pieno.
Analizziamo i termini: flexi, flessibile, flessibilità (***), una bella qualità che permette ad un albero di flettersi al vento senza spezzarsi, ad un edificio di resistere ad un terremoto: il termine opposto è rigidità, riassumibile nella locuzione latina frangar non flectar (mi spezzo ma non mi piego). Parrebbe che la flessibilità sia associabile ad una maggior “intelligenza”, ad una minore intransigenza, ad un comportamento mentale che obbliga a ragionare. In Italia ce ne sarebbe un gran bisogno.(*) http://en.wikipedia.org/wiki/Semi-vegetarianism
(**) http://www.guardian.co.uk/lifeandstyle/2013/jan/21/flexitarianism-vegetarianism-with-cheating
(***) http://en.wikipedia.org/wiki/Flexibility_%28engineering%29(Ivo Ruello – Immagine da internet)







