OLI 369 – TEATROGIORNALE – I confini di Schengen

Da il Sole 24Ore Schengen, perchè a Berlino non piace il via libera a rumeni e bulgari

Al confine tra la Germania e la Romania c’è un muro con un varco e una sbarra abbassata. Oltre vi è una fila che aspetta il gendarme addetto alla frontiera. Il cielo è plumbeo, non un posto dove sedersi. Dopo un paio d’ore la sbarra si alza: ogni cittadino rumeno che vuole entrare in Germania, e quindi in Europa, deve fornire generalità e documenti; infine i richiedenti visto vengono fatti accompagnare in una stanza scavata nel muro in attesa del 2014, quando Schengen verrà, forse, ratificato anche per loro.
– Nome?
Fa il gendarme alto, con i capelli biondi e i baffi.
– Samuel Rosenstock.
– In che campo agisce?
– Per carità, sono contro l’azione,
– Contro l’azione?
– Certo e per la contraddizione continua.
– Quindi afferma che è inoccupato.
– In realtà anche per l’affermazione non sono né favorevole né contrario.
– Esigo una motivazione sul perché vuole circolare liberamente in Europa.

Il signor Rosenstock si avvicina al gendarme e gli sussurra all’orecchio:
 – Non do spiegazioni perché detesto il buon senso.
Il gendarme, affatto stupito, pone qualche timbro sui fogli di Samuel Rosenstock, detto Tzara e lo fa entrare nella stanza ricavata dal muro. 
– Nome? 
Questo gendarme è pelato e con una pancia da bevitore di birra. 
– George Palade. 
– Professione? 
– Ricercatore. 
– E cosa vuole cercare qui da noi? 
– I ribosomi. 
– E che sono? Cellule criminali legate alla prostituzione? 
– Beh, hanno a che fare con le cellule ma si dedicano alla biosintesi. 
– Sintesi, in sintesi cosa sintetizza? 
– Proteine. Anche lei le utilizza sa? 
– Non dica fesserie, sono un pubblico ufficiale. 
– Nel suo citoplasma, glielo assicuro. Altrimenti morirebbe. 
– Ah… mi minaccia pure. Le faccio passare io la voglia di fare lo spiritoso. 
Il gendarme prende il signor George Palade, nobel per la medicina, per la collottola e lo lancia dentro la stanza ricavata nel muro. 
Si avvicina una donna dai capelli neri. 
– Nome? 
– Nadia Comaneci. 
– Professione? 
– Ginnasta olimpionica. 
– Non può entrare. 
– Perché? 
– Il fratello di mio cugino si è sposato con una rumena e lo sanno tutti… La donna rimane dritta davanti al gendarme. 
-Va bene, venga va, ha ancora da lavorare… 
Il Gendarme fa entrare la campionessa olimpica nella stanza ricavata nel muro guardandole vistosamente il sedere e strizzando l’occhio al collega che esce dalla stanza. E’ il primo gendarme, quello alto con i baffi, che si avvicina alla sbarra per prendere le generalità di un altro migrante. 
– Nome?
Dice il gendarme, l’uomo che ha di fronte non risponde. 
– Nome? 
L’uomo ostenta indifferenza. 
– Perché non mi vuole rispondere? 
L’uomo osserva il gendarme. 
– Perché non la conosco. 
– Ma neanche io la conosco. Come faccio a conoscerla se non mi dice come si chiama.
– E io come faccio a dirle come mi chiamo se non la conosco. E’ un buon principio non parlare con gli sconosciuti, si potrebbero fare dei brutti incontri. 
– Condivido, meglio essere prudenti. A meno che non si possano avere valide credenziali. 
L’uomo si illumina. 
– Giustissimo, ma non basta un nome. 
– Vero. Infatti chiediamo i documenti. 
– I documenti documentano quello che la persona sostiene di essere, ma se la persona è insostenibile non c’è documento che tenga e bisogna andarsene, o perlomeno appoggiarla da qualche parte. Il gendarme è preoccupato. 
– Appoggiarla dove? Il regolamento non lo prevede. 
– Non lo so, ma se non riesco a sostenerla è meglio che la appoggi da qualche parte prima che mi caschi su un piede. 
– Ha ragione, meglio essere prudenti. 
– La prudenza non è mai troppa. E se è troppa basta levarla, ma non troppo, quanto basta. 
– E poi dove la metto? 
– Non lo so, ma scusi ci conosciamo? 
– Io sono Hans Shodler e lei? 
– Eugené Ionesco. Piacere. 
– Il piacere è mio. 
– Mi scusi, glielo rendo subito, l’ho preso senza accorgermene e se permette ora me ne vado.
 Ionesco saluta alzando il capello e se ne va.
(Arianna Musso – foto da internet)