Autore: Redazione

  • OLI 360: TESTIMONIANZE – Perché vai in Palestina?

    Vittorio Arrigoni

    Perché vai in Palestina? Al corso di formazione per andare nei territori occupati mi chiedono cosa mi spinge a fare questo viaggio, cosa mi fa paura e cosa mi aspetto.
    L’ultima volta che sono stata in Palestina è stato quattro anni fa e da quel periodo sono successe molte cose in quella terra: l’occupazione militare si espande, gli arresti e incursioni sono maggiori, l’operazione piombo fuso che a Gaza mette in ginocchio una popolazione, l’assassinio di Vittorio che avevo conosciuto a Genova e che mi aveva dato il suo libro “Restiamo umani”, la collaborazione al documentario per la traduzione di “Le lacrime di Gaza” ecc.
    Ho voglia di tornare in Palestina e interagire con persone che vivono quotidianamente l’occupazione, ho voglia di entrare nelle loro storie e nel loro vissuto e mi piacerebbe tornare in Italia con delle interviste e del girato da mostrare. Se ho paura? Sì certo, sono consapevole di trovare un clima di tensione, ho paura di non saper gestire le eventuali ansie, ho paura di non sapermi muovere da sola in un paese in conflitto e ho l’ansia di subire un eventuale interrogatorio per entrare ed uscire dal paese da parte delle autorità israeliane. Cosa mi aspetto? Giornate cariche di input che mi permettono di mettermi in gioco ogni momento. Certo che le paure ci sono, ma le motivazioni per partire sono maggiori. Prenoto un biglietto aereo e dopo 15 giorni mi trovo sull’aereo per Tel Aviv: prima destinazione Ramallah nei territori occupati, poi si vedrà. Starò in Palestina circa un mese.
    Tutto quello che mi motivava e che mi angosciava prima della partenza si è avverato.
    A distanza di quattro mesi dal mio ritorno penso sia stato un viaggio forte sia emotivamente sia psicologicamente, un viaggio difficile ma intenso. Ho vissuto incontri emozionanti, ho ascoltato storie che mi sono entrate nel cuore, storie di una Palestina che subisce l’occupazione militare israeliana e che subisce violenze e assedi affinché gli interessi economici israeliani siano difesi e tutelati; ho raccolto storie di palestinesi che hanno ricordato momenti della prima o seconda intifada, ho incontrato i profughi che vivono nei campi sia in Palestina sia in Libano a Chabra e Chatila e che sono entrati per la prima volta nella loro terra. Storie di persone che fanno resistenza non violenta e soprattutto storie di palestinesi che hanno voglia di normalità.
    Cerco di documentare e di intervistare, però la maggior parte delle volte è bello stare a contatto con le persone senza una telecamera che separi l’intimità che si crea; sono tutti molto ospitali, ti invitano a casa e con la scusa di bere un tè insieme ognuno entra nella vita dell’altro. Non è sempre facile girare nei territori, i controlli da parte dei militari israeliani sono all’ordine del giorno, le lunghe attese ai check point mi innervosiscono; non riesco ad abituarmi al filo spinato disseminato ovunque, alle torrette di controllo e al muro che divide i due popoli, ai rumori assordanti di alcuni aerei militari che periodicamente sfrecciano nell’aria. Tutto questo è assurdo. Cercherò di raccontarvelo.
    (Maria Di Pietro – immagine da internet)

  • OLI 360: SOCIETA’ – Cercando Itaca, a Genova

    Ho da poco conosciuto “Itaca Sostiene – Amministrazioni di sostegno solidale”.
    Ne avevo bisogno, il peso di problemi mai risolti fino in fondo per raggiungere un sempre lontano sereno vivere si è molto alleggerito. Ho trovato con chi condividere le mie vicende familiari.
    Sta nell’aggettivo “solidale” il compito e l’obiettivo di questa associazione, nata da pochissimo tempo per l’impegno di un piccolo gruppo di volontari, guidati dalla presidente Barbara Benazzi, che ha messo a disposizione la sua esperienza sul campo e la sua competenza legale per dare vita ad una associazione che si pone come tramite e guida per chi è disorientato, cominciando col conoscere i problemi del territorio, raggiungere le famiglie, costruire un progetto di sostegno.
    Alle spalle di questa iniziativa sta la difficoltà di rendere effettivo quanto prevede la legge 6/2004 relativamente all’istituzione “dell’amministrazione di sostegno” che, per migliorare la qualità di vita di persone socialmente deboli, dovrebbe coinvolgere a cascata il tribunale, i servizi sociali, i servizi sanitari, e le associazioni di “automutuo aiuto”.
    Una bella legge, che intendeva completare l’opera della vecchia legge Basaglia che ha liberato dall’isolamento dei manicomi i sofferenti di malattie psichiatriche considerati un pericolo per la società. Rimaneva però l’istituto dell’interdizione che collocava i pazienti psichiatrici, considerati incapaci di intendere e di volere, fra i cittadini esclusi dai diritti civili.
    Questa Legge, istituendo la figura dell’Amministratore di Sostegno, supera l’interdizione e si adatta alle esigenze personali di soggetti fragili sostenendoli nella quotidianità e restituendo loro dignità di cittadini.
    La legge 6/2004 inoltre non riguarda solo i pazienti psichiatrici, ma tutti i soggetti temporaneamente o definitivamente non autosufficienti: anziani, ammalati di Alzheimer, di Parkinson, persone afflitte da dipendenze (gioco d’azzardo, sostanze tossiche, alcool …), i giovani portatori di handicap e le loro famiglie che pensano con preoccupazione al “dopo di noi”.
    Farla conoscere era una vera necessità, per sopperire a grossi limiti di applicazione.
    Il Tribunale non basta, e il necessario rapporto di collaborazione tra i vari soggetti indicati dalla legge avviene molto raramente perché tante sono le difficoltà che impediscono la continuità di comunicazione fra gli addetti ai lavori.
    Così “Itaca sostiene” ha già organizzato primi incontri incontri presso il Municipio 8 Medio levante e presso il Municipio 2 Genova Centro Ovest. Altri se ne organizzeranno, col proposito di sensibilizzare e soprattutto di informare e formare le famiglie.
    Sono occasioni in cui il punto di vista del legale si amplia e si completa col punto di vista degli addetti ai servizi, dei medici e in, primo piano, degli utenti: quelli già organizzati in associazioni di automutuoaiuto e i moltissimi isolati nel territorio, in quartieri inquinati da troppi problemi, nascosti in famiglie prigioniere della loro sofferenza, conosciuti quando sono divenuti casi che esplodono drammaticamente. Non è un compito facile. C’è molto lavoro da fare. Io ho deciso di farne parte.
    Sul sito http://www.itacasostiene.it/ chiunque sia interessato troverà le informazioni sull’attività della associazione e il calendario delle iniziative in programma.
    (Gabriella Banti- immagine da internet)

  • OLI 359: ESTERI – Benvenuta Palestina

    Con 138 voti a favore, 9 contro e 41 astenuti, l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato, il 29 novembre, una risoluzione che promuove la Palestina a Stato osservatore non membro presso le Nazioni Unite.

    “65 anni fa, in questo giorno, le Nazioni Unite adottarono la risoluzione 181, che divideva la terra della Palestina storica in due stati, e ciò divenne il certificato di nascita di Israele”, ha affermato Abbas di fronte all’assemblea delle 193 nazioni, ricevendo applausi entusiasmanti.
    Il 29 novembre del 1947 l’Onu approvò il piano di spartizione della Palestina, con uno Stato di Israele e uno Stato palestinese che invece non è mai nato.
    Le pressioni e ricatti al presidente Mahmoud Abbas non sono mancati e fino all’ultimo si è temuto che l’Olp si tirasse indietro.
    I voti contrari sono stati quelli di Stati Uniti, Canada, Israele e pochi altri.
    I diplomatici israeliani hanno accusato l’Olp di seguire la strada della guerra e non della pace e hanno minacciato di non trasferire i proventi delle tasse all’Anp e di imporre nuove restrizioni sui movimenti. Si tratta di circa 92 milioni di euro che, anziché essere trasferire all’Anp, per conto di cui sono stati raccolti, rischiano di essere trasferiti da Israele alla società elettrica israeliana.

    Gli Usa hanno minacciato il ritiro totale degli aiuti economici, come già fatto in occasione del voto di ammissione della Palestina presso l’Unesco.
    Il governo italiano, dopo le dichiarazioni del ministro Terzi, durante l’operazione a Gaza “Pillar of Clouds”, di proporre che il voto non avesse luogo, ha cambiato idea forse spinto dal pronunciamento del si di altri paesi europei.
    L’aver ottenuto il nuovo status è un passo fondamentale nella lotta per la giustizia. Questo permetterà alla Palestina e ai suoi cittadini, ancora sotto shock per lo sterminio avvenuto a Gaza i giorni scorsi, di accedere alla Corte penale e alle altre sedi giuridiche internazionali dove potrebbe presentare un’istanza contro il governo israeliano.
    La reazione di Netanyahu è stata di superbia, ha annunciato la costruzione di 1600 unità abitative in aggiunta alle 3000 previste nel corridoio tra Tel Aviv e Gerusalemme: se ciò si verificasse, spezzerebbe in due parti la cisgiordania e renderebbe impossibile la creazione di uno Stato palestinese.
    Intanto ieri l’assemblea generale delle nazioni unite ha approvato una risoluzione con la quale chiede ad Israele l’ingresso di ispettori nei siti nucleari. Un’altra sorpresa negativa per Netanyahu che continua ad ignorare le richieste di alcuni paesi dell’Ue (Francia, Danimarca, Spagna e Svezia) che hanno convocato gli ambasciatori israeliani per comunicare la loro preoccupazione.
    Chissà se il portare “democrazia” nei territori occupati attraverso incursioni militari e con l’uso di armi non convenzionali porterà Israele ed essere sempre più isolato dal resto del mondo soprattutto ora che ha gli occhi puntati addosso.
    Di certo i palestinesi si sveglieranno anche oggi con i soldati israeliani sul loro territorio, i coloni aggrediranno i contadini e i pescatori, spianeranno terra e sradicheranno alberi, ma una scintilla è stata accesa.
    (Maria Di Pietro – Foto da internet)

  • OLI 359: ILVA – Trasversalità

    Sono stata contenta di aver fatto un giro insensato per tornare a casa in motorino. Averci impiegato troppo tempo. Così ho potuto assaporare il desiderio di arrivare a casa presto per scrivere, e ho colto davvero il senso di quella piazza bloccata per l’intera giornata, con la voce che gridava forte dentro di me: “perché con loro non si è fermata e non si ferma l’intera città?” Loro sono gli operai dell’ILVA. 
    Di questi minuti il “decreto salva Ilva” che Monti ha definito più ampiamente “salva ambiente, salute, lavoro”. Hanno battuto le mani, quando Grondona ha detto – la voce distorta dalle casse – che c’era il decreto, che si tornava a lavorare. Hanno fischiato e cantato, io con loro, il corteo studentesco partito da Caricamento e solidale alla loro lotta, con loro. Sono arrivata passando sotto i fili di plastica bianchi e rossi della polizia, ho camminato in piazza Corvetto con la mia idea romantica della fabbrica, della lotta. Ho le mani pulite, le fabbriche le ho visitate con la scuola, da bambina. Uno di loro potrebbe essere mio padre? Potrebbe essere mio fratello, un amico, un compagno? Certo. Lo sono, o sento come se lo fossero, forse con idealismo ed emozione, senz’altro senza retorica. 
    Solo uomini davanti alla prefettura, e un odore acre di bruciato che mi è rimasto impigliato nel maglione, che non si addice alla piazza di una città. Due cassonetti sono capovolti. Chiedo cos’hanno bruciato, mi dicono “carta”, mi dicono “per scaldarci”. Certo. È freddo. Parlo con alcuni di loro, sono in imbarazzo, io, loro non mi pare, parlano a capannelli, le ruote delle macchine alte come me, fischiano e gridano. Chiedo se li stanno ascoltando. Un signore grande, con le mani in tasca, gli occhi stanchi, mi dice “certo che no, ci stanno prendendo per il culo”. 
    Nel suo sguardo c’è anche un “come sempre”, ma non lo pronuncia, lo sento io. Cammino con le mani in tasca anch’io, tra quell’umanità a cui non sono avvezza ma a cui mi sento legata. Arriva il corteo, piccolo ma determinato, slogan e solidarietà: “il nostro futuro, non si tocca, studenti e operai, uniti nella lotta”! Banale, certo. Ma sta accadendo, è una dimostrazione, siamo qui, sono qui. Si può essere, mi chiedo, femminist* senza essere contro il razzismo? Si può essere ambientalist* senza lottare contro l’omofobia? Ci si può spendere per i propri diritti pensando esclusivamente a quelli? Si può essere contro la mafia e non contro il sessismo? Il concetto di trasversalità è scivoloso a volte ma in questo senso, in questo caso, nel non lottare cioè “a compartimenti stagni”, considerando con coscienza che ciò che viene tolto ad un compagno (che sia il nostro migliore amico o un perfetto sconosciuto) viene tolto, in quell’esatto istante, anche a noi, forse è uno strumento chiave. Credo che il cambiamento reale possa avvenire, di qualunque lotta si tratti, quando ogni persona si sente realmente coinvolta. Gli operai hanno bloccato la città, il disagio che manifestavano non ha niente a che vedere con il disagio che ha avuto chi ha fatto tardi, o ha faticato a rientrare a casa. Perché? Perché il primo – e la lotta che ne consegue – ci ricorda che nessun diritto è per sempre e che se non poniamo attenzione e scrupolo ogni giorno un mattino potremmo non aver bisogno di arrivare in orario da nessuna parte, tanto meno al lavoro, poiché – nell’assordante silenzio che a volte si sente – ci avranno tolto anche quello.

    (Valentina Genta – Foto dell’autrice)

  • OLI 359: ILVA – Adriano Sansa e una domanda ai politici genovesi

    Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha. 
    Voglio trovare un senso a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l’ha… 

    Vasco Rossi

    La galleria di immagini che segue contiene i fotogrammi delle quattro giornate dell’Ilva di Cornigliano e dei suoi operai che, mentre c’era chi latitava, scendevano in piazza per scongiurare la chiusura dello stabilimento. Da Genova a Roma, andata e ritorno: davanti al casello di Genova ovest, sotto la pioggia battente di Cornigliano, a Roma davanti a Montecitorio e nuovamente a Genova davanti alla prefettura. In manifestazioni in cui il confine tra la difesa del proprio lavoro e la difesa degli interessi della proprietà risultava incerto. La minaccia della chiusura ha fatto cadere le barriere tra fedeli alla proprietà e irriducibili, anche se per i primi è stata solo la coscienza aziendale a fare la differenza.
    Ma le quattro giornate dell’Ilva cosa hanno prodotto?
    Primo, ma non è ancora certo: la ripresa della produzione nel Siderurgico tarantino e a Genova, senza le quali l’azienda aveva minacciato la chiusura degli impianti.
    Secondo: un decreto legge vigoroso nei toni, ma modesto nei contenuti, che non tutela i deboli. Un testo che non individua le risorse reali per la bonifica ed è vago nell’indicare i criteri relativi alla figura del Garante. A parte il fatto che sarà di nomina del presidente della repubblica e che costerà allo stato seicentomila euro. Un ddl che potrebbe dare alla proprietà il tempo necessario per mettere in vendita l’azienda.
    Terzo: la firma di una tregua.
    Quarto: un solco profondo tra salute e occupazione, definitivamente diventate merce di scambio.
    Quinto: la garanzia temporanea di salario e lavoro
    Si poteva fare di più. Tra le altre cose valorizzare il lavoro e le competenze della magistratura, che viene osannata quando reintrega il lavoratori FIOM in fabbrica, ma è massacrata se cerca di proteggerli. Si poteva  vigilare maggiormente su ILVA.
    Indiscrezioni giornalistiche indicano come possibile garante Umberto Veronesi. Lo stesso Veronesi citato in un’intervista dal Presidente dell’Ilva Bruno Ferrante come appartenente al gruppo degli “Amici del Venerdì”: una trentina di persone delle quali facevano parte sia Emilio Riva che Ferruccio De Bortoli che una volta al mese si incontravano per stare insieme, per discutere. Non è dato sapere chi siano gli altri ventisette amici del venerdì.
    I molti livelli di narrazione della vicenda offrono una testimonianza commovente: l’intervista a Adriano Sansa, ex sindaco di Genova che dichiara che Riva voleva contribuire alla sua campagna elettorale nel 1997 con 250-300 milioni di lire. Ma, naturalmente, io rifiutai, ha precisato Sansa.
    Legittimo sarebbe porre la domanda a quelli che sono venuti dopo: a Burlando, arrivato in Regione Liguria nel 2005 sulle vele dell’associazione politica Maestrale, e in Comune a Pericu, Vincenzi e Doria: chissà se Riva ha pensato di far loro la stessa proposta. E chissà se loro hanno rifiutato.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

     

  • OLI 359: POLITICA – Sempre gli stessi a vincere?

    A Genova “una qualità della vita di serie B” titolava la Repubblica qualche giorno fa dopo l’annuale indagine de il Sole 24 ore che fa scivolare di ben 22 posizioni il capoluogo ligure, al 47esimo posto fra le province italiane, la peggiore del centro nord.
    Sulla valutazione hanno influito scippi, rapine, truffe ed è ovvio purtroppo, visto l’alto numero di anziani, ci sono poi tanti pensionati risparmiosi con assegni più alti della media italiana, una città a metà classifica per disoccupazione e lavoro, nuove imprese, desolatamente 101esima per quanto riguarda le nascite.
    Una città in attesa, sfiduciata, orfana d’iniziative, sia pure migliorata nel suo aspetto, monocorde anche in politica, una città a sinistra, che al primo turno delle Primarie di coalizione premia il segretario PD. Bersani infatti in Liguria ottiene il miglior risultato del Nord, arrivando a Genova al 53 per cento (50,1 in Liguria). Pochi mesi sono passati dalle Primarie per l’elezione del Sindaco, ma se si va a spulciare i risultati la sorpresa è che i voti di Bersani e i voti di Marco Doria hanno ben poco in comune, ovvero là dove il segretario cresce nei consensi, il Sindaco era andato poco bene e viceversa.
    Non risulta lo stesso bacino elettorale. Se a queste Primarie si sono recati alle urne l’otto per cento in più, non è per questo che il profilo elettorale si mostra diverso. Anzi. La correlazione è chiara fra Bersani e Vincenzi-Pinotti, ma risulta strettissima tra Vendola e Doria, arrivato secondo in tredici seggi cittadini, dal centro storico ad alcuni in quartieri storicamente rossi come Lagaccio, Sampierdarena, San Teodoro.
    La correlazione più importante che appare poi è tra Doria e Renzi, la più alta: dunque dov’è andato a finire il patrimonio elettorale del Sindaco di Genova? Sono Vendola e Renzi che si fanno carico dei consensi di Marco Doria, secondo Luca Sabatini su la Repubblica del 27 novembre.
    Vendola va alla grande in quartieri popolari ma anche in quartieri-bene, dove ha successo pure il sindaco di Firenze fra gli elettori di sinistra e non per i famosi “infiltrati” di destra. Tutti elettori che in primavera avevano comunque consentito al centrosinistra di vincere le elezioni per il Sindaco della città di Genova, pur senza sindaco targato PD.
    Ancora una volta il risultato si ripete, un risultato su cui meditare per il Partito Democratico, che va ringraziato comunque per questo bell’esercizio di democrazia.
    E’ evidente che nonostante la crisi della politica il centrosinistra tiene a Genova, ma al primo turno non “sbanca” il solito PD, come fragorosamente hanno titolato alcuni giornali, e come hanno esultato i titolati del partito. Presso gli elettori del centrosinistra, che con fantastico entusiasmo hanno partecipato, quasi la metà non ha votato il segretario PD e non si potrà contare in eterno sui “vecchi” affezionati iscritti o simpatizzanti. Dal sito del Partito Democratico sono trentamila gli elettori del 2 dicembre e Bersani “sbanca” sì con il 70 per cento: un aiutino dal 15 per cento circa di Vendola?
    I cittadini genovesi hanno messaggiato che sul territorio, giovane segretario a parte, la gestione della politica, così com’è, non va, che si attendono con ansia le primarie per i futuri parlamentari. Si aspettano che il rinnovamento non sia una parola vuota, grazie a Nichi e a Matteo.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 359: DONNE – Femminicidio: la rete delle donne muove la politica

    Il 28 novembre, nella sala Consiliare della Provincia, è avvenuto l’incontro della “Rete di donne per la politica” e di “Se non ora quando” con il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, il sindaco di Genova Marco Doria e l’assessora regionale Rambaudi (vedi Oli 358, “Burlando, Doria e la rete delle donne“).
    Le donne ottengono un importante risultato: l’adesione di Regione e Comune alla Convenzione “No more”; l’aumento – previa approvazione del Consiglio Regionale – da 120.000 a 300.000 euro del fondo per i centri anti violenza, e l’impegno a salvaguardarne il sistema di ‘rete’ costruito in questi anni sul territorio dalla Provincia di Genova: centri anti-violenza, strutture di accoglienza, pronti soccorso, forze dell’ordine, servizi sociali, psicologi. 
    Ma al centro dell’incontro c’era anche l’aspetto politico e culturale e nell’affollata sala della Provincia sono stati espressi pensieri impegnativi. Anna Pesenti dell’Udi parla della violenza della negazione: quella di presentare come casi di ‘malamore’, e non come fatto politico, la violenza verso le donne, o quella della cancellazione dai libri di storia dello sguardo femminile, che produce un racconto non solo incompleto, ma falso: “le guerre non si raccontano così”. Poi Pesenti parla del ‘brivido’ che prova quando sente la parola famiglia, “perché è un coperchio su una pentola che ribolle”, e dice che dovremmo pensare a famiglie non solo ‘di sangue’. 
    Silvia Neonato, consapevole della difficoltà del confronto,  offre una sponda alle emozioni in campo sottolineando la diversità, rispetto ad  altri temi di confronto politico, di quello della violenza verso le donne  perché “suscita imbarazzi, vergogna, aggressività, impotenza”.
    Una donna del ‘Gruppo donne di Oregina’ che si occupa di Teologia femminista interviene indicando la responsabilità della gerachia cattolica nella diffusione della violenza di genere. 
    Nella discussione acquista evidenza anche l’inizio di una riflessione maschile che cresce nei gruppi “Maschile plurale”,  “Uomini in cammino”, in quello degli uomini ex clienti di prostitute, nei centri di ascolto per uomini che usano violenza nelle relazioni di intimità. 
    Anche gli amministratori accompagnano i loro impegni con riflessioni politiche. Burlando denuncia l’assenza, nell’azione del Governo, di qualsiasi riflessione e ‘cognizione’ dei costi in termini di perdita di coesione sociale che stiamo pagando a causa delle politiche di restrizione della spesa. In questa situazione mettere in campo una rete che permetta alla violenza verso le donne di venire alla luce è tanto più importante in quanto è difficile acquisire consenso, in tempi di ristrettezze, nel mettere risorse in un settore in cui ‘non c’è allarme sociale’. 
    Doria avverte che Regione e Comune sono ormai diventate istituzioni fragili, colpite da uno scarto sempre più grande tra risorse disponibili e necessità di dare risposte. 
    L’assessora Rambaudi sottolinea la necessità di promuovere cultura, fino dalla età primissima. Ringrazia la rete delle associazioni delle donne appunto per questo, perché in diverse forme “tutti i giorni fanno cultura”. Indispensable inoltre rafforzare una filiera di servizi in rete, e creare sul territorio punti di ascolto “dove ci sono non operatori, ma associazioni di donne che veicolano il rapporto con i servizi”. Forse più a suo agio dei suoi colleghi, Lorena Rambaudi offre anche qualche sorriso.
    Un appuntamento importante ora è per lunedì 10 dicembre alle 11 presso il “Tempio laico” al Cimitero di Staglieno dove, aderendo ad una proposta di “Usciamo dal silenzio”, il Comune scoprirà una targa “In memoria di tutte le donne morte per mano violenta di chi diceva di amarle. Perché le loro storie non affondino nel silenzio, ma risveglino coscienze e civiltà. Il Comune di Genova contro il femminicidio“. Interverranno l’assessora Fiorini e le donne della “rete”.
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)
  • OLI 359: RELIGIONE – Il diavolo è all’opera?

    “Troppi indemoniati a Milano. Così Scola ha raddoppiato gli esorcisti”, è il titolo dell’articolo di Paolo Rodari (*) su il Foglio del 30 novembre 2012.  L’articolo parla della decisione dell’arcivescovo di Milano nonché cardinale Angelo Scola di raddoppiare il numero degli esorcisti in servizio presso la diocesi da sei a dodici. Il titolo di The Independent del 30 novembre (**) sottolinea l’attivazione di un centralino per rispondere alle richieste: “La Chiesa cattolica ha istituito una hotline esorcista a Milano, la sua più grande diocesi, per far fronte alle richieste ha detto Monsignor Angelo Mascheroni, esorcista capo della diocesi dal 1995, la curia ha anche raddoppiato il numero degli esorcisti per far fronte al raddoppio, in 15 anni, del numero di richieste di aiuto”. Mentre Padre Amorth, che è stato il capo degli esorcisti del Vaticano per 25 anni ha detto che ha avuto a che fare con 70.000 casi di indemoniati. Ed ha anche dichiarato che lo scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica romana sono la prova che “il diavolo è all’opera all’interno del Vaticano”
    Un articolo del 29 novembre di The Guardian paragona il livello di tolleranza sessuale tre USA e Germania. L’America, scrive Jennifer Abel, non è più il faro della libertà e della tolleranza per quanto riguarda il liberalismo sessuale, è molto indietro a nazioni come la Germania. Fino a nove anni fa, non solo l’omosessualità, ma anche il sesso orale e anale (e anche la tradizionale posizione del missionario se effettuata tra persone non sposate) erano illegali in vari stati degli Stati Uniti. La cosa stupefacente è che l’articolo di Jennifer Abel parte dalla notizia molto sorprendente sul recente divieto in Germania del sesso con animali. Chi faceva sesso con animali in Germania non aveva certo una buona reputazione ma avrebbe evitato – fino ad ora – ripercussioni legali. “Ora la Germania istituisce il divieto di praticare il sesso con animali che era legale nel paese dal 1969. La motivazione di tale divieto riguarda il consenso che gli animali non sono in grado di dare. Le persone che hanno rapporti con gli animali hanno protestato e fatto causa al governo tedesco chiedendo di continuare a praticare la bestialità.” 

    (*) http://www.paolorodari.com/2012/11/30/troppi-indemoniati-a-milano-cosi-scola-ha-raddoppiato-gli-esorcisti
    (**) http://www.independent.co.uk/news/world/europe/hi-deliver-me-from-evil-catholic-church-sets-up-an-exorcist-hotline-to-deal-with-demand-8368988.html
    (***) http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/nov/29/german-bestiality-ban-us-sex-laws
    (Saleh Zaghloul)