Nella sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale, il 22 ottobre scorso, è stato presentato il libro di Giulietta Ruggeri Cambiare le parole per cambiare il mondo. A introdurre l’argomento al pubblico – per massima parte femminile – che gremiva la sala, oltre all’autrice c’erano Emanuela Abbatecola, sociologa dell’università di Genova e l’ex ministra Livia Turco.
La considerazione che permea la ricerca è che le parole abbiano un forte potere, poiché agiscono sul piano simbolico, modificando il significante. Quindi, gli interventi delle relatrici si sono focalizzati intorno alcune parole prese in esame dal testo: sorellanza, per iniziare. Il termine, che aveva una sua funzione nel neofemminismo degli anni 70 per contrapporre un modello differente allo stereotipo consolidato della rivalità tra donne, è superato, nella proposta dell’autrice, dal riconoscimento del valore dell’altra e dell’altro nella sua differenza. Altra espressione fortemente criticata è “pari opportunità”. Cosa la rende non accettabile? Innanzitutto, la sensazione che la parità sia un valore determinato da altri (ci si potrebbe infatti interrogare rispetto a cosa si stabilisca la parità) e, in seconda battuta, il percorso storico compiuto dall’espressione. Se infatti, all’esordio le politiche delle pari opportunità si occupavano strettamente delle differenze di genere, successivamente il campo di intervento si è allargato fino a comprendere tutti i soggetti deboli e bisognosi. La proposta dell’autrice è di sostituire il termine “pari opportunità”, ormai inadeguato, con “politiche di genere”, che dovrebbero attraversare i generi ed essere utili sia alle donne che agli uomini, nell’ottica di una liberazione di entrambi i sessi da gabbie sociali e culturali. Altra considerazione linguistica è quella relativa all’uso delle parole che indicano professioni: se per i ruoli subalterni non si è fatta fatica a declinare al femminile (operaie, contadine…) ancora oggi si fa fatica a dire “sindaca” o “ministra”, poiché si è abituati all’esistenza di un “neutro”, applicabile indifferentemente ad entrambi i sessi. Ma questo falso neutro, in realtà, è maschile e se non si declinano le parole al femminile i significanti, ossia ciò che le parole indicano, finiscono per non esistere.
Altro tema trattato più volte dalle relatrici è la questione del lavoro delle donne. Livia Turco ha raccontato l’iter legislativo della proposta di legge sulla questione dei tempi di vita delle donne: iniziato alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, grazie ad una iniziativa popolare che aveva messo d’accordo le donne lavoratrici di qualsiasi estrazione sociale, fu accantonata per poi venire riproposta ed approvata soltanto nel 2000. L’autrice ha poi sottolineato il paradosso per cui ogni persona viene al mondo, ma la maternità sul lavoro è ancora vista e vissuta come un imprevisto o incidente di percorso.
Gli argomenti del libro sono numerosi ed alcuni, come il femminicidio, la disoccupazione femminile, il caso specifico di Genova, la criminalità ecc…sono stati solo accennati, Per chi vuole approfondire: Cambiare le parole per cambiare il mondo. Pari opportunità punto a capo, uno studio del caso Genova, Giulietta Ruggeri 2012, Liberodiscrivere ed..
Autore: Redazione
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OLI 353: DONNE – Cambiare le parole per cambiare il mondo
(Eleana Marullo) -
OLI 352: SANITA’ – Centro trapianti: tagli che costano vite
In rete sta girando la lettera che segue. Abbiamo deciso di pubblicarla perché da sola racchiude le molte tragedie che i tagli alla sanità stanno provocando: speriamo che contribuisca a orientare le decisioni della Regione Liguria (vedi Il Secolo XIX).
Mi chiamo Sandro Secchi, ho 48 anni, sono nato a Genova, la città dove vivo, e sono malato di leucemia acuta Linfoide. La malattia non ha avuto riguardi: ha deciso quando arrivare e si è presentata senza invito. Credevo di avere al massimo un’ernia discale ed invece in tre giorni mi hanno diagnosticato questa terribile malattia. Non molti anni fa sarei morto in pochi mesi. E basta.
Oggi sono qui a scrivere dopo 4 anni perché all’ospedale San Martino di Genova ho trovato chi mi ha affiancato ed ha affrontato con me e la mia famiglia un percorso terribilmente complesso e tuttora in corso, che mi ha permesso e mi permette di sopravvivere ancora.
L’equipe del prof. Gobbi mi ha accompagnato al trapianto di midollo, che per grazia di Dio mia sorella, abbiamo scoperto, aveva altamente compatibile col mio. Un’altra equipe, quella del prof. Bacigalupo, mi ha preso in carico. Sono stato ricoverato in camera sterile al padiglione 5, un reparto che non esiste più perché si è ritenuto costasse troppo. Sono stati 27 giorni difficili e non tutti siamo usciti vivi. Ma per chi è uscito vivo è stato nascere una seconda volta, dolori compresi. Una seconda possibilità, una luce nel buio, la vita, non semplice magari, ma vita.
Il centro trapianti del midollo di Genova è stato il primo in Italia ed è un grandissimo centro di eccellenza. Da tutta Italia malati di Leucemia, linfomi ed altre malattie onco-ematologiche vengono qui per cercare cure e vita, un vero pellegrinaggio della speranza e del dolore. Qui si sono ideati e consolidati metodi rivoluzionari ed innovativi che stanno via via rendendo sempre più compatibile con la vita tipi sempre più numerosi di trapianto, moltiplicando le possibilità di sopravvivenza.
Ma oggi, dopo aver chiuso il padiglione 5, anche il 6 subisce un pesante ridimensionamento e passa a 14 letti. E tutto questo accadrà a breve, il 14 novembre 2012. Alcuni percorsi preparatori curati e perseguiti con passione e speranza da mesi non potranno più nemmeno iniziare. Per molti tutto dovrá ricominciare presso un altro centro. Per altri non si farà in tempo e, semplicemente, moriranno. Moriranno perché è stato fatto un risparmio semplice ed ottuso, ostacolando pesantemente uno dei migliori centri di trapianto del midollo oggi esistenti. Ci vogliono 10 anni per specializzare infermieri in grado di affrontare la complessità professionale di un reparto come questo, e molti se ne dovranno andare disperdendo questo patrimonio.
Nessun centro trapianti ha subito in Italia tagli paragonabili. Le risorse vanno sicuramente razionalizzate, ma dov’è il senso di cominciare dalle eccellenze, che semmai vanno fatte diventare polo, riferimento, punto di confluenza?
La vita di noi malati non è semplice, tutt’altro. Ma senza quel posto dove sono nuovamente venuto al mondo, senza quel letto che è stato tagliato, non c’è speranza e non c’è vita. E la vita va preservata prima di tutto. O non siamo niente.
(Sandro Secchi) -
OLI 352: CITTA’ – Cultura produce politica
Il nome, prima di ogni decisione ufficiale, è già stato attribuito da chi ci abita: “Piazza Princesa del Ghetto”, e l’amministrazione comunale, se è saggia, darà ascolto a questa investitura popolare.
Luogo diseredato con palazzi ancora distrutti alla guerra, questa piazza dietro Via del Campo sta recuperando dignità grazie al “Contratto di quartiere” che, oltre ad una serie di interventi urbanistici, prevedeva anche iniziative sociali.
Tra queste, la creazione della “Casa di quartiere del Ghetto” che in due anni è diventata un punto di aggregazione sociale, di servizio e di produzione culturale.Quel che sta avvenendo in questa parte di Genova dimostra l’importanza di offrire strumenti, spazi, e un po’ di sostegno economico alle energie che circolano, inespresse, nella città: il poco che viene dato ritornerà alla collettività moltiplicato di parecchi fattori, il guadagno è certo.
Venerdì 5 ottobre la piazza di cui parliamo si è trasformata in un cinema–teatro all’aperto: un banchetto con vino e focaccia per uno spartano “apericena”, un centinaio di sedie presto tutte occupate, un grande schermo fissato alla facciata di un palazzo, una pedana, altoparlanti, proiettori, la lampada che illumina la piazza genialmente schermata con un secchio.
Uno degli organizzatori mi dice che “tutto questo sarebbe stato impensabile senza l’aiuto della gente del quartiere”.Sotto il titolo “Le città e i suoi abitanti si raccontano” inizia la proiezione di brevi filmati realizzati nel corso di due anni da diversi autori che hanno frequentato un corso di formazione per la realizzazione di materiale video. Nel volantino dell’iniziativa si legge: “Uno sguardo fatto di immagini in libertà, insofferenti scomode nervose, irriducibili alle tesi precostituite. Ma anche tenere fragranti poetiche. Immagini che non temono di guardare in faccia la realtà”.
Passano due ore, e l’attenzione, il coinvolgimento, non vengono mai meno.
Qualche giorno dopo vado a parlarne con Gianfranco Pangrazio che, con altri due professionisti aveva tenuto il corso video, e con tre persone che l’avevano frequentato, divenendo poi autrici/autori: Mustafa Aatif, Maria Di Pietro, Sara Hermans.
Del centinaio di persone che si sono accostate a questa esperienza, una decina ha consolidato la propria passione, acquisendo competenze, e ora portano avanti le loro idee. Da qualche mese è nato anche GhettUP tv, un notiziario aggiornato con un ritmo quindicinale / mensile.
Per definire i materiali prodotti Pangrazio usa uno strano termine: “smithireens” , che può intendersi come frammenti, “piccoli pezzi informali”, che hanno “urgenza” di essere mostrati, perché tenerli al chiuso in attesa di perfezionamento vorrebbe dire condannarli a marcire.
La cosa interessante, dice Pangrazio è il “processo di creazione”, che mette in moto relazioni, scambi, idee, che apre finestre sulla realtà, e produce politica. La bella politica.
Si progetta, immagina, sogna una diffusione di iniziative simili in tutti i quartieri, la creazione di una rete.
Maria, Sara, Mustafa parlano di tutte le diversità che si incrociano in questa attività: donne, uomini, transgender, età diverse, nazionalità, mestieri, culture diverse. Ogni individualità si esprime con il suo personale progetto, ma l’interscambio è continuo.
Una parte dei lavori è stata pubblicata su You Tube ( http://www.youtube.com/user/ghettuptv?feature=results_main ).
Il consiglio è di dedicare un po’ del vostro tempo per andarli a guardare.
Alcuni titoli (pubblicati e no): La vita degli altri; DEC: derive e cantieri; L’Italia sono anch’io; Software libero_Società libera; Palestinese; Racconti dai terriori occupati di Palestina; Vagonero (venditore ambulante); Il matrimonio; Summertime; Sbirri in action; Pane Miele Sartoria; TransParenti Serpenti; Masgid (Moschea); La comunità.
Le autrici e gli autori: Aatif Mostafa, Pascal Bernhardt, Erica Rosso, Federico Telari, Riccardo Navarone, Maria Di Pietro, Ehecati Sanchez, Gianfranco Pangrazio, Sara Hermans, Lollo Navarone, Maddalena Bartolini, Alessandro Diaco.
(Paola Pierantoni) -
OLI 352: ESTERI – Osservatori internazionali per garantire la raccolta delle olive palestinesi
I coloni israeliani continuano la loro aggressione contro i contadini palestinesi e contro i loro uliveti. Nei giorni scorsi i coloni hanno sradicato centinaia di alberi, ne hanno incendiato altri ed hanno rubato i raccolti degli alberi vicini agli insediamenti ebraici. E’ quanto scrive Hanan Ashrawi del Comitato Esecutivo dell’OLP nella sua lettera, di domenica scorsa, alle missioni diplomatiche in Palestina nella quale chiede di inviare osservatori internazionali nei territori palestinesi occupati per osservare i campi di ulivi, e porre fine al terrorismo organizzato dei coloni israeliani nei confronti dei contadini palestinesi, delle loro coltivazioni e proprietà.
“Il popolo palestinese – ha scritto Ashrawi – in concomitanza con la stagione di raccolta delle olive, durante la quale crescono gli attacchi violenti contro i nostri villaggi ed i nostri campi, vi chiede di inviare osservatori in tutte le aree di raccolta a rischio, per proteggere la nostra gente e documentare le violazioni dei coloni e dell’esercito israeliano. Siamo sicuri che la vostra presenza impedirà altri atti di violenza”.
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, gli attacchi contro i palestinesi con conseguenti lesioni a persone o danni alle proprietà sono aumentati del 32 per cento nel 2011. L’anno scorso – ha scritto Ashrawi – i coloni israeliani hanno distrutto 7.500 alberi di ulivo, e nel solo mese scorso hanno sradicato 300 alberi nei villaggi di Turmus’ayya e al-Mughir, hanno tagliato 120 alberi nella città di Nablus, hanno distrutto 100 piantine di ulivo nel villaggio di al-Khadr, hanno sradicato 40 alberi a Ras Karkar ed hanno aggredito tre contadini finiti in ospedale e ferito un altro.
Il tutto avviene con la complicità delle forze di occupazione israeliane con i coloni. “L’esercito d’occupazione israeliana – ha detto Ashrawi – aiuta e sostiene i coloni aggressori, invece di difendere palestinesi vittime del terrorismo.” Ashrawi ha chiesto alla comunità internazionale di costringere Israele, la potenza occupante, a rispettare la Quarta Convenzione di Ginevra, ed ha detto: “visto il sostegno del governo israeliano ai coloni, e il suo rifiuto di consentire all’Autorità nazionale palestinese di proteggere il nostro popolo inerme, in particolare nei territori occupati denominati (B, C), la nostra gente vi chiede di prendere urgenti misure internazionali per garantirne la sicurezza”.
(Saleh Zaghloul – immagine da internet) -
OLI 352: LAVORO – Al circolo Zenzero, se gli operai diventano fantasmi
A Genova le uniche attività in crescita sono le palestre e gli esercizi che vendono bevande e tramezzini. Le grandi aziende cittadine – il porto da tempo fa storia a sé – sono la sanità (ospedali e ambulatori), Comune, Regione e quel che resta della Provincia. Quando si parla di fabbriche, Ilva, Fincantieri, Latte Oro e simili, la parola d’ordine è “salvare” che vuol dire che stanno annegando. I loro dipendenti, operai e impiegati, non hanno voglia di finire sott’acqua e per questo manifestano in modo più o meno clamoroso ma basta vederli sfilare per capire che non sanno a che santo votarsi. Il “padrone” pubblico o privato, carte alla mano invoca “l’oggettività” della sua crisi che – sostiene – trarrebbe origine da vicende che si svolgono sempre più lontano dal luogo dove sorge la fabbrica. Altri paesi e altri operai che si trovano a migliaia di km, gruppi finanziari con nomi esotici, irriconoscibili. I protagonisti di questa penosa vicenda, in particolare gli operai, non sono degli ingenui. Sanno benissimo che il mondo globale, trasformato in unico grande mercato, produce fatalmente il genere di congiuntura che oggi li travolge. Pensano anche che sarebbe necessario fare qualcosa: che le banche, le aziende e, perché no, i sindacati, i centri di cultura dovrebbero interrogarsi su quello che sta succedendo, fronteggiarlo o almeno cercare di porre le basi per risolvere domani quello che oggi costringe alla difensiva, a pensare a “salvarsi”. Invece di tutto questo non succede niente. E se qualcuno cerca di parlarne, di approfondire, gli occhi si alzano al cielo, come se solo lassù potesse trovarsi la soluzione. In controtendenza va il libro di Luciano Gallino, La lotta di classe dopo la lotta di classe. Intervista a cura di Paola Borgna, Laterza, Roma-Bari, 2012. Gallino, professore universitario, studioso di profilo internazionale e protagonista della sociologia industriale italiana fin dagli anni Cinquanta, a partire dal 2000 ha dedicato almeno una decina di titoli al tema della globalizzazione e ai suoi effetti sull’organizzazione del lavoro. Titoli importanti che mostrano come siamo in un grande pasticcio e come sarebbe necessario che la politica – a cominciare dalle rappresentanze dei lavoratori – imparassero a fare il loro mestiere misurandosi con la complessità del problema, tecnico, economico finanziario ma specialmente umano. E’ quello che ha tentato di fare con il suo La lotta di classe dopo la lotta di classe. Nel giro di meno di una quindicina d’anni il mondo ha visto un concentramento di ricchezza d’un livello mai conosciuto in precedenza; un fatto che ha polverizzato processi culturali, organizzativi, sistemi di valore fino a ieri giudicati imprescindibili. Interrogarsi sul “che fare”, scrive Gallino, è necessario, irrinviabile. E’ sicuramente un buon motivo per andare Giovedì 18 ottobre alle ore 20.30 allo Zenzero Circolo ARCI, via Torti 35, Genova dove a introdurre la riflessione sul libro sarà Nando Fasce docente di Storia contemporanea della nostra Università.
(Martina Buch – immagine da Internet) -
OLI 352: INFORMAZIONE – Il Carlo Felice merita un sito migliore
Il 9 ottobre è stata presentata la stagione di musica lirica e sinfonica del Teatro Carlo Felice di Genova: il programma, non brillante per originalità e novità dell’offerta, si affida a titoli di sicura presa (da Don Giovanni a Turandot, da Traviata a Rigoletto), affidandoli a nomi di tutto rispetto, Jessica Pratt e Sonia Ganassi in Don Giovanni, Mariella Dessì e Fabio Armiliato in Turandot, Rolando Panerai nella doppia veste di regista di Rigoletto ed interprete di Giorgio Germont in Traviata.
Non è evidentemente andata a buon fine la trattativa per avere in cartellone un musical di Andrew Lloyd Webber, annunciata dal sovrintendente Giovanni Pacor lo scorso 8 agosto, al termine del consiglio d’amministrazione della Fondazione Carlo Felice.
Nella difficoltà economica attuale, dove i contratti di solidarietà terminano a fine ottobre, mentre per il 2013 non è ancora nota l’entità del Fus (Fondo unico per lo spettacolo), l’obiettivo principale, sostengono il sindaco Doria ed il sovrintendente Pacor, è quello di aumentare le presenze in sala, ferme al 38% lo scorso anno: ben si comprende quindi, anche se non piace, la presenza esclusiva di opere che “fanno il pieno”, “all’insegna della tradizione”, specie se bilanciate dalla presenza di nomi dello star system, alcuni dei quali, sostiene il sito del Comune di Genova, andranno in scena a tariffe inferiori agli standard.
Di tutto questo, tuttavia, trapela ben poco dal sito del Teatro Carlo Felice, la cui homepage, dominata dal profilo scompigliato di Giovanni Allevi, presenta in alto varie voci, tra cui “Opera Lirica” e “Sinfonica”, ma se si clicca su “Opera Lirica” si viene informati che “Non sono ancora presenti spettacoli di questo tipo” , mentre la voce “Sinfonica” riporta un unico evento: Giovanni Allevi, appunto.Dove sono finite le annunciate stagioni lirica e sinfonica? Per trovarne traccia bisogna tornare alla homepage, e scorrerla fino in fondo facendo emergere, invisibile a chi si fermi alla prima schermata, la notizia della nomina di Fabio Lusi a Direttore onorario del Carlo Felice, e, a lato, un rinvio alla presentazione della stagione 2012-2013: nulla più però che un’arida lista (titolo delle opere, autore, data) seguita da un copia-e-incolla del comunicato dell’Ufficio Stampa. Quanto alle tariffe per abbonamenti e singole recite, non ne troviamo traccia: la voce “Biglietteria” riporta orari, indirizzi mail, telefoni, ma nessun prezzo. Anche un’informazione completa e curata porta gente a teatro. O no?
(Ivo Ruello) -
OLI 352: AMBIENTE – Come acqua che scivola sui tetti
L’estate è ormai finita e se non ci assilleranno più le ondate di caldo dai nomi mitici ora inizieranno altre piogge esotiche dalle bizze nefaste, mentre gli annunci meteo dei media già ci tamburellano peggio della grandine.
Così se poco tempo fa l’Italia bruciava per la siccità, il vento e la mano dell’uomo, adesso forse dovremmo vedere, Dio non voglia, persone e case spazzate via dalle tempeste. Nei prossimi mesi la nostra vita sarà scandita da un bollettino di guerra ineluttabile, forse sott’acqua paesi, strade e ponti.
Ci saremo dimenticati degli incendi, dei parchi distrutti e fino all’afa estiva nessuno se ne ricorderà più.”Quanti sono stati condannati e quanti stanno scontando la pena per essere stati colti in flagrante ad appiccare un fuoco?” si domandava Giovanni Sartori sul Corriere della Sera del 24/8, invocando misure urgenti per combattere lo scandalo degli incendi impuniti. Era passato da poco ferragosto e faceva ancora caldo, mentre una burrasca distruggeva gli alberi centenari di uno dei giardini botanici più belli d’Europa, Villa Taranto a Verbania.
Sullo stesso giornale Ernesto Galli della Loggia tre giorni dopo definiva il nostro un paesaggio “preso a schiaffi”, elencando immagini e costi dell’incuria delle coste calabresi per l’abusivismo, il degrado e i gioielli storico-artistici imprigionati da una crescita urbanistica cancerosa quanto brutta. Tanti i luoghi bellissimi che non esistono più e per sempre, dalle riviere liguri ai golfi della Sardegna, dalle piccole alle grandi città, raramente riuscite a scampare ad una modernizzazione spesso devastatrice.
Non solo stiamo perdendo i “luoghi del cuore”, un patrimonio millenario, ma stiamo perdendo anche una gigantesca occasione economica, un possibile futuro di lavoro per i nostri figli. Un dibattito a cui hanno partecipato esperti, appassionati , anche difensori dell’operato delle Soprintendenze: a Genova la Corte dei Conti ha quantificato in due milioni e mezzo di euro i danni per l’Acquasola, indagando i funzionari di quell’ente.
Tre regioni estese come la Campania, il Veneto e la Lombardia sono sparite in questi anni: il ministro dell’agricoltura Catania ha firmato a luglio la campagna contro il “consumo di suolo agricolo” ed ha presentato un disegno di legge, che chissà se vedremo in Parlamento.
Tanto aveva fatto sperare la modifica del Titolo V della Costituzione che tutela il Paesaggio con l’art.9: si demandava alle Regioni, a chi lo abitava, la cura del territorio. Certo avrebbe avuto uno sguardo più attento.
La cementificazione delle coste, gli abusi edilizi, le alluvioni, i boschi divorati dal fuoco ci raccontano un’altra storia.
Il Giornale della Giunta regionale Liguria del 4 settembre, n.137, comunica che “Nel 2012 gli incendi boschivi in Liguria sono aumentati rispetto alla media degli ultimi otto anni, ma sono diminuiti gli ettari di bosco distrutti”. Ovvero sono bruciati soltanto mille ettari di verde secondo la Protezione civile. Che bellezza.
Intanto dalla Regione Liguria la delibera con discussione del 13/9/2012 sottolinea “l’esigenza di addivenire ad una maggiore omogeneizzazione delle discipline vigenti avuto riguardo ai regimi normativi applicati dall’Autorità di bacino del fiume Magra; (..) la necessità di un maggiore coordinamento tra pianificazione di bacino e la pianificazione di livello comunale, ..la necessità di garantire mediante la previsione di un’apposita verifica di compatibilità tra le limitazioni d’uso della pianificazione di bacino e le previsioni urbanistiche comunali; (..) con particolare riferimento agli aspetti relativi alla problematica della impermeabilizzazione del suolo, nonché all’individuazione di idonee modalità per la conduzione delle attività agro-forestali”.
Buone intenzioni, aspettando le prossime piogge d’autunno in Val Magra e in Via Fereggiano.
(Bianca Vergati – Foto Paola Pierantoni) -
OLI 352: INFORMAZIONE – Una maiuscola di troppo
Contano le parole, e conta anche come vengono scritte. Un articolo (La Repubblica del 15 ottobre 2012) parla di alcune novità investigative su un fatto di sangue avvenuto l’anno scorso a Sampierdarena, in cui furono uccisi una donna e suo figlio. Il titolo recita “Sampierdarena: una pista per il Massacro”. Obietto che l’utilizzo di questa maiuscola è del tutto ingiustificato, e sgradevolmente corrivo.
Il buon giornalismo dovrebbe fare a meno di questi ingredienti.
(Paola Pierantoni)










