E’ evidente, e come tutte le cose eclatanti, è sfuggito a più di uno sguardo. Sarà sfuggito a molti dei 65mila che hanno visitato il Suq, appena concluso, rispecchiandosi durante queste luminose serate estive in un mare nero come la pece, in cui i cefali – tipici di solito come i piccioni veneziani a piazza San Marco – sono scomparsi. Non se ne saranno accorti neppure coloro che percorrono quotidianamente la sopraelevata, che da qualche tempo vedono le banchine srotolarsi sopra un mare cupo color terriccio. E magari non tutti quelli che stanno leggendo se ne sono resi conto ancora, ma il mare all’Expò è diventato nero, proprio nero, e da qualche tempo. Qualche notizia fresca si trova, da qualche ora, soltanto su la Repubblica e relativo blog: http://genova.repubblica.it/cronaca/2012/06/26/news/fiorisce_l_alga_oscura_mare_nero_al_porto_antico-37978141/: la macchia nera si estende nel bacino del Porto Antico di Genova, tra i Magazzini del Cotone ed il Museo del Mare. Da quanto riportato si legge che la Capitaneria di Porto, l’Arpal e l’Università sono intervenute solo sabato scorso (il 23 giugno), a fronte di un fenomeno che è iniziato da almeno una decina di giorni. Le cause della chiazza nera sono ancora in corso di accertamento: tra le più probabili, la fioritura di un’alga che produce polline nero, tingendo il mare. All’acqua nera, in questi ultimi due giorni si è aggiunta la spazzatura che galleggia in superficie: depositata durante l’anno dal Rio Carbonara, che sfocia presso Ponte Morosini, sale a galla dal fondale in circostanze particolari. Ma chi deve occuparsene, a questo punto? Per legge (Legge 84/94 e D.M. 14.11.1994, poi precisati dalla Circolare prot. N. 5201164 datata 13 marzo 1996 del Ministero dei Trasporti e della Navigazione), la competenze sulla salute dell’acqua portuale sono ripartite tra attività anti-inquinamento, riservata all’Autorità Marittima, ed attività di disinquinamento delle acque, che spetta invece all’Autorità Portuale. L’autorità portuale dovrebbe poi dare il servizio in appalto; in particolare, a Genova, se ne occupa la Sepg, Servizi Ecologici del Porto di Genova, società partecipata dell’Autorità Portuale. Altro ente preposto a vigilare sulla qualità delle acque costiere è la Regione, che tramite l’Arpal ha il compito di monitorare l’ecosistema costiero. I custodi delle acque portuali sono numerosi e ben definiti dalla normativa, ma è certo che qualcuno non ha vigilato abbastanza, o non si è mosso con zelo sufficiente: la marea nera con tanto di spazzatura galleggiante è ancora un mistero senza spiegazione e dipinge un’immagine decadente, che stride con la definizione di Liguria come “regina delle bandiere blu”.
(Eleana Marullo – foto dell’autrice)
Autore: Redazione
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OLI 349: PORTO ANTICO – Chi si occupa della marea nera?
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OLI 349: CITTA’ – Artrè chiude
A fronte dell’apertura nel centro storico genovese di nuove iniziative che scommettono sul futuro nell’ambito del Patto per lo sviluppo della Maddalena, altre attività chiudono i battenti.
È il caso di Artrè, la galleria d’arte contemporanea aperta nel 2004 in piazza delle Vigne da Bruna Solinas, architetto che affittò una piccola bottega con uno scantinato reso praticabile a sue spese, divenendo con passione e competenza un punto di riferimento per artisti giovani e meno giovani, più o meno affermati, offrendo loro la possibilità di esporre le proprie opere in una delle più belle piazze della città vecchia, abbandonata da tempo al degrado e che solo ultimamente sta ritrovando condizioni di vita accettabili. Ma molto resta ancora da fare, per completare quel recupero avviato nel 1994 con la costituzione dell’Associazione piazza delle Vigne fra abitanti e proprietari e il conseguente programma organico di intervento, in un’epoca in cui il degrado fisico e sociale era ai massimi livelli.(*)Merita di essere ricordata la clamorosa protesta della compianta Enrica Percoco, che esasperata dall’insolente spaccio di stupefacenti che avveniva a tutte le ore davanti alla sua profumeria – nello stesso locale che sarebbe stato poi occupato da Artrè – intraprese nel luglio 1993 uno sciopero della fame che da un lato innescò una forte coesione tra i residenti, i quali a turno l’assistevano giorno e notte, seduta su una sdraio in piazza, e dall’altro ottenne alla fine lo stazionamento permanente di un’autovettura della polizia. Presidio indubbiamente utile, ma ben poco risolutivo se non si fosse poi giunti all’apertura di nuovi richiami per una frequentazione “sana” – come il caffè e il ristorante coi tavolini all’aperto, nonché la stessa galleria Artrè – e ai restauri delle facciate condotti dai proprietari, in parte favoriti da contributi e sgravi fiscali quando nel 2004 Genova fu capitale europea della cultura.
Ora però Bruna Solinas – determinata a riaprire e proseguire altrove – è stata costretta a chiudere alle Vigne, strozzata dall’esorbitante richiesta per il rinnovo del contratto di affitto, da 500 a 800 euro mensili, da parte di una famiglia che già utilizza da molti anni un proprio ex negozio nello stesso palazzo come autorimessa: una vetrina che potrebbe portare vitalità rimane sempre sbarrata, con tanto di cartello del passo carrabile, aprendosi solo per far entrare e uscire l’auto. Ora un’altra saracinesca s’è chiusa, chissà fino a quando.
È il libero mercato, Bellezza! e ben poco valgono i desideri e le buone intenzioni di tanti quando prevalgono le ragioni del profitto di pochi.(*) Vedi Dalla parte degli abitanti. Il libro delle Vigne. Un progetto di riqualificazione urbana a Genova, a cura di Mariolina Besio, Umberto Allemandi & C., Torino, 1999.
(Ferdinando Bonora – foto dell’autore e da internet) -
OLI 349: SOCIETA’ – Freud e gli scontrini fiscali
Pomeriggio, due succhi di frutta in un bar di Via XX Settembre, pago 6 euro alla cassa, la signora mi consegna uno scontrino per un ammontare di 14 euro, replico: “questo scontrino non è mio”, lei, sul piano vicino alla cassa, cerca invano il mio tra una decina di scontrini un pò stropicciati, poi mi batte uno scontrino regolare da 6 euro. Bene, un errore.
Uscendo, su una colonna del bar vedo una grande scritta: “TRISTE ESEMPIO DI DISINFORMAZIONE?”, al di sotto la fotocopia di un articolo del Secolo XIX del 6 giugno, titolo: “Via Venti, caffè ‘corretto all’Iva’”, che denunciava la presenza negli scontrini del bar di una misteriosa voce “IVA 21%”. Nell’articolo i proprietari del locale replicavano che c’era stato un errore: si trattava del costo di un bicchiere d’acqua, battuto erroneamente sullo scontrino con una voce sbagliata. Il giorno successivo un nuovo articolo su Il Secolo XIX “E nel bar di Via Venti scompare l’Iva sul caffè”, rende conto della fine dell’errore, comunque a danno dei clienti.
Ma quanti errori … Freud, forse, parlerebbe di “atti mancati”.
(Ivo Ruello, foto dell’autore) -
OLI 349: PAROLE DEGLI OCCHI – Uomini alla prova di Lilith

(Foto di Giovanna Profumo) Il 21, 22 e 23 giugno 2012 si è tenuta a Genova la seconda edizione di Lilith – Festival della musica d’autrice. In piazza Matteotti si sono passate il testimone bravissime artiste. L’augurio è che le loro voci trovino altre occasioni per essere ascoltate e apprezzate.
In fotografia un istante delle prove poco prima dello spettacolo del 22 giugno. -
OLI 348: CITTA’ – Abbazia di S.Giuliano, un angolo d’illegalità
Spicca nel tramonto il decoro a righe dell’abbazia di S.Giuliano, finalmente liberata almeno dalle transenne che la circondavano da anni, così da goderne la visuale intera, pur se i lavori sono fermi e incompleti. Il sagrato è abbandonato con macerie a vista e più degradato ancora appare l’accesso, un pezzo di strada dall’asfalto rabberciato e il piccolo piazzale ingombro di auto e motorini. Siamo sul Lungomare Lombardo, riqualificato dalla parte a levante con un camminamento di sanpietrini, che conduce all’unica spiaggia libera della promenade più preziosa della città, un biglietto da visita per chi percorre la passeggiata dalla Fiera a Boccadasse, su cui si affacciano manufatti silenziosamente allargati, sopraelevati, con aggiunte di piani terrazzati, scalette intricate: il tutto in mascherata illegalità, accanto all’antica chiesa, dove un tempo sposarsi era oltremodo chic.
Lungo la discesina verso monte spiccano un piccolo cubo in cemento serrato da una stonata saracinesca in alluminio, giardinetti fioriti dall’aria più campestre che marina, di sicuro niente che assomigli ad un’insolita nicchia di “borgo marinaro”.
Vedere il mare è un’impresa perché gli stabilimenti hanno eretto palizzate, manufatti scadenti: altro che “cannocchiale vista mare”, in barba alla Variante di salvaguardia di litorale del Levante del 2010, che prescriveva anche precise norme di “decoro di arredo urbano”.
Lungomare Lombardo è segnalata come “zona pedonale”.
Ci si ferma a guardare l’ingombro di veicoli, che quasi non permette il passaggio.
Ecco arrivare una signora a rimuovere le sbarre, che dovrebbero impedire l’accesso ai motorizzati, comincia ad inveire contro quel parcheggio selvaggio, dirigendosi verso una Smart: non è anziana, non ha il bastone, insomma non sembra bisognosa del parcheggio sotto casa mentre a pochi metri su corso Italia ci sono gli spazi autorizzati zona blu per residenti.
Sarà lei la titolare del passo carrabile con autorizzazione dal numero cancellato?
No, il permesso gliel’hanno dato i Beni Culturali e lei non lavora ai Beni Culturali, abita lì da tempo, indicando le casette all’interno del cortile dell’abbazia. Dunque sono abitazioni private le piccole costruzioni. Chi mai avrà dato il permesso di costruire nel perimetro di un edificio tutelato, di trasformare in residenze quelle che un tempo forse erano capanni per gli attrezzi, magari per la cura del giardino e dell’orto?
Probabilmente la Soprintendenza non ha avuto il tempo di verificare, fa fatica a distinguere tra sacro e profano, tra beni pubblici e interessi privati, tra precari abusivi e beni comuni.
Così l’abbazia aspetta il completamento dell’infinito restauro, le risorse con il contagocce.
Forse non è un caso perché avrebbe dovuto ospitare gli uffici della Soprintendenza suddetta, ma i dipendenti hanno fermamente respinto l’ipotesi di trasferimento: troppo lontana dal centro, troppo scomoda rispetto a via Balbi per treni e bus. Forse la vista mare non è gradita, forse non sanno che qui passa l’autobus 31, poche fermate e capolinea alla stazione Brignole.
Intanto in Municipio il rappresentante della Lega si lamenta della mancata realizzazione del Lido, dove avrebbe dovuto trovare spazio “un asilo per nonni” e auspica che all’interno dell’abbazia possa trovare ospitalità un centro per anziani, ”come onere di ritorno sul quartiere”, già richiesto a suo tempo dal Municipio in cambio della cessione perpetua di un altro bene comune, il litorale.
(Bianca Vergati, foto da Internet) -
OLI 348: IMMIGRAZIONE – Una delega per Doria
Sono convinto che i genovesi abbiano scelto il sindaco giusto e mi trovo in sintonia con la maggiore parte delle prime scelte e mosse del nostro sindaco. Naturalmente egli potrebbe aver sbagliato qualche scelta ma, fosse vero, avrà tutto il tempo per aggiustare le cose.
Molto probabilmente non è stata azzeccata la scelta di dare la delega all’immigrazione ad un assessore che ne detiene altre importanti. Infatti, in continuità con la precedente giunta, la delega all’immigrazione è stata assegnata all’assessore alle politiche sociali. Le giunte Sansa e Pericu, che hanno lavorato bene sull’immigrazione, avevano un assessore con delega principale all’immigrazione. L’assessore era prima di tutto assessore all’immigrazione. Ciononostante, quelle esperienze avanzate avevano evidenziato un limite: da una parte sembrava che pensare e fare sull’immigrazione fosse compito soltanto dell’assessore all’immigrazione e dall’altra, quando questi si occupava di una questione riguardante i migranti di competenza di un altro assessorato, le cose non procedevano senza problemi. Perciò, per fare un salto di qualità nel governo dell’immigrazione, la scelta avrebbe dovuto essere, allora come oggi, attribuire la delega all’immigrazione al sindaco stesso, l’unico in grado di garantire che tutti gli assessori svolgano la parte di loro competenza riguardante i migranti (lavoro, casa, giovani, cultura, servizi sociali ecc.) e al contempo, un forte ed autorevole coordinamento tra i vari assessori.
Infatti, malgrado si fossero realizzate iniziative molto importanti per l’integrazione, il Comune di Genova non aveva, e non ha ancora, una chiara politica sull’immigrazione: è necessario essere schierati per una società solidale, aperta, accogliente ed antirazzista, ma non è sufficiente. Occorre un vero e proprio progetto politico, un piano di governo dell’immigrazione, per la precisione di governo dell’integrazione, con chiari obbiettivi da realizzare da qui a fine legislatura e chiare priorità sulle quali lavorare e su cui concentrare le poche risorse disponibili. Il problema abitativo, l’integrazione dei giovani migranti e figli dei migranti, la rimozione delle discriminazioni, in particolare nell’accesso ai diritti e ai servizi, e l’intercultura sono obbiettivi prioritari. Se il governo dell’integrazione è veramente importante per il futuro della nostra città, di tutta la città, occorre una vera e propria struttura comunale stabile e durevole che pensi, progetti e realizzi le politiche per l’integrazione. Una piccola struttura, ma dignitosa, con personale (e dirigente) qualificato, motivato ed interessato.
(Saleh Zaghloul – disegno di Guido Rosato) -
OLI 348: CULTURA – Berio, femminismo in biblioteca
Alla Berio, il 13 giugno, è stata presentata la nascita di una biblioteca femminista, che ha avuto origine dalla donazione dei “Libri di quegli anni” da parte del gruppo Generazioni di donne ad Archimovi. “Quegli anni” è un’espressione sinteticamente efficace per indicare gli anni dal 1975 ai primi anni ’80, periodo in cui nacque il “Coordinamento donne” nelle fabbriche e nel sindacato e maturarono le esperienze delle 150 ore. Le esperienze che seguirono fecero nascere incontri e relazioni tra donne che agirono insieme, perseguendo ideali comuni all’interno del rapporto donne-lavoro, donne-politica. A distanza di qualche decennio, i documenti prodotti sono stati recuperati e resi fruibili attraverso il recupero dell’Archivio Donne FLM, mentre il riallacciarsi di contatti ha prodotto la nascita del gruppo Generazioni di Donne: proprio in questo ambito, di riflessione e contatto tra donne di età e percorsi differenti, è maturata l’esigenza di raccogliere e rendere disponibili le letture che avevano contraddistinto, ma anche anticipato, preparato e seguito “quegli anni”; il periodo di tempo toccato dalle pubblicazioni quindi, in alcuni casi si dilata fino a toccare gli inizi del 2000, in altri affonda le radici alla metà del Novecento.
I libri donati sono circa trecento (l’elenco è disponibile sul sito di Generazioni di donne), testimonianza di percorsi collettivi ma anche individuali. I temi toccati vanno dal rapporto donna e lavoro, alle lotte nelle fabbriche e nel sindacato, alla sessualità, alla devianza, ai diari di donne, ad approfondimenti in campi specialistici, come la psicoanalisi, la storia, il diritto. Alcuni libri vengono citati più volte dalle relatrici invitate a presentare la nascita della biblioteca (Livia Botta di Generazioni di donne, Ferdinanda Vigliani di Pensiero Femminile, Paola De Ferrari di Archimovi): titoli come “L’acqua in gabbia” o “Noi e il nostro corpo” oppure “Sputare su Hegel” o autrici come Muraro e Irigaray ritornano spesso, puntellando come capisaldi la struttura della biblioteca che poi si diversifica, fino a trattare argomenti come la storia della caccia alle streghe, lo yoga o la condizione della donna nell’Islam. I libri hanno quindi lasciato scaffali e cantine per confluire alla sede di Archimovi, nella biblioteca Berio, a disposizione di chi vorrà consultarli, rileggerli o rifletterci su, ma anche per creare uno spazio di riflessione e di pensiero che prima non c’era: dal personale al politico, anche oggi, come “in quegli anni”.
(Eleana Marullo, foto di Ivo Ruello) -
OLI 348: CITTA’ – Faber homeless?
In Oli 347 (*) Giovanna Profumo aveva commentato criticamente la “nuova casa” dei cantautori genovesi di Via del Campo 29 rosso.
Chi ha abbastanza anni ricorda le precedenti “case” di via del Campo, a partire dallo storico negozio di Mario Salvarani, contiguo a Porta dei Vacca, nei cui locali oggi si trova un’aula universitaria. Mario Salvarani, “un corpo da Hitchcock e una faccia un po’ come Totò”, come lo descriveva Gianni Tassio che lavorava con lui come commesso (**), vendeva dischi e strumenti musicali. Ricordo un negozio che, al sottoscritto allora quattordicenne, sembrava un po’ demodé, come una vecchia casa di campagna ingombra di mobili assortiti in maniera casuale: ma che fascino, tra quei vecchi banchi di legno consumato! Poi a Mario Salvarani seguì Gianni Tassio, il negozio fu ammodernato, in anni recenti si trasferì al 29 rosso, mantenendo comunque un carattere semplice, un po’ ruspante, che Gianni Tassio assicurava con la propria umanità e simpatia, offrendo al contempo un panorama completo sulla canzone d’autore locale. E questa è storia che non si ripete.
Giustamente Enzo Costa, nel suo commento all’articolo di OLI 347, rende merito alla giunta Vincenzi per aver evitato la chiusura definitiva del negozio di Tassio. Spiace però che tutto lo sforzo si sia risolto nel risultato poco esaltante che abbiamo sotto gli occhi: un luogo asettico, che non aiuta i visitatori ad entrare davvero in contatto né con la storia, né con la contemporaneità, della vita musicale genovese, e dove anche la chitarra “Esteve”, congelata nella sua teca di vetro, risulta incomprensibilmente estraniata e allontanata dal pubblico.Distrazione? Incompetenza? Carenza di capacità emotiva? In ogni caso un’occasione mancata. Sicuramente Faber, se fosse ancora tra noi, si aggirerebbe più volentieri nei vicoli circostanti, homeless tra le sue anime salve.
(*) http://www.olinews.info/2012/06/oli-347-citta-fabrizio-de-andre-in-un.html
(**) http://miziocontro.wordpress.com/2011/12/03/7-a-una-chitarra-al-cielo-un-negozio-in-posizione-strategica/
(Ivo Ruello – Foto dell’autore) -
OLI 348: MEMORIA – Bicicletta partigiana
Di solito non trasmettono nulla. Ed è inevitabile perché i nomi – con data di nascita e morte – non restituiscono il senso più intimo della loro storia. Genericamente si sa che si tratta di giovani partigiani. Ma le targhe non ci parlano della loro vita, con le imboscate, le fughe, le amicizie e le riunioni politiche. Restituiscono il dato anagrafico, lapidario, appunto.
Che una guida ciclistica si ponga come traguardo l’unire la passione della “pedalata serena” con quella della “memoria” non è cosa da poco di questi tempi e in quest’Italia.
Lorenzo Torre con il suo libro ha ripercorso i passi di chi ha scelto, dopo il 1943, di battersi per la libertà. Bicicletta Partigiana (Joker edizioni) propone al lettore ciclista dodici itinerari corredati da accurate schede tecniche e informazioni storiche, con l’obbiettivo di ridare alla memoria il peso specifico che le spetta. Siamo nelle valli appenniniche comprese nel poligono che ha come estremi Genova, Varazze, Ovada e Tortona, Voghera, Bobbio e Sestri Levante, per entrare nella 6° Zona Operativa. Negli itinerari c’è modo di ricordare, tra gli altri, anche i partigiani sovietici che si unirono ai nostri, c’è la memoria degli eccidi – dalla Benedicta alla strage di Portofino – per pedalare alla Scoffera nel ricordo di Ramon, Quarto e Nato fucilati il 27 luglio 1944, che sono solo tre delle molte vite che emergono nella guida.
L’auspicio è che il lavoro di Lorenzo Torre trovi diffusione, oltre che tra i ciclisti, anche tra gli amanti della Liguria e della sua storia.
(Giovanna Profumo)











