Autore: Redazione

  • OLI 343: ELEZIONI – Intervista a Marco Doria

    Domenica 13 maggio pomeriggio, via del Campo.
    Marco Doria prende una pausa dal tour impegnativo che lo vede setacciare la città per la vittoria dell’ultima tappa, quella che gli può valere la conquista della fascia di sindaco, e in cui è venuto a contatto con tutti i volti della politica.
    Prima ancora che iniziamo a fargli delle domande parla del fenomeno dell’astensione, che a Genova ha avuto un peso particolare. Forse, dice, una piccola parte di chi non ha votato è recuperabile al voto ma “La grande maggioranza ha deciso almeno per il momentodi rompere i ponti con una partecipazione attiva alla politica intesa anche come voto”.
    E poi parla del Movimento 5 Stelle, un 14% di consensi in cui vede, in parte, le sfumature rabbiose dei cittadini attirati dalla parola d’ordine del ‘vaffa’: “Commercianti, esercenti che non avevano in testa un’idea di sviluppo alternativo, una filiera chilometro zero o un modello di sistema di mobilità vecchio da mettere sotto critica, ma che avevano in mente semplicemente l’idea del fanno tutti schifo, sono tutti dei ladri, sono tutti uguali”, ma anche la determinazione autentica di chi contesta “un modello di economia, di società”.
    I potenziali elettori genovesi oggi riflettono i molti stati d’animo della politica presenti anche a livello nazionale “Nello schieramento di centro sinistra c’è una consapevolezza, una voglia di fare che comunque riscontro; poi andando in giro riscontro anche quell’altro pezzo di società con cui diventa difficile, almeno nel breve periodo, ricostruire un rapporto, per cui ci vorrà più tempo. Ammesso che ci si riesca”.
    Riannodare il rapporto con coloro che, rispetto alla politica, provano depressione, scoramento è un lavoro “che richiede anni, e che ovviamente dipende da me, certo che dipende da me! Ci mancherebbe altro… però dipende anche da come si muovono gli schieramenti politici. Da come si muove il mio schieramento politico. Dare il senso che vale la pena andare a votare, è un lavoro che richiede tempo. Devi rovesciare una tendenza che si è andata consolidando da anni, quindi nel brevissimo periodo non si può fare. Si dovrebbe cominciare a fare un lavoro che si basa sull’esempio: chi si occupa della cosa pubblica deve dare proprio la dimostrazione di volerlo fare perché vuole servire la cosa pubblica, è al servizio, perché parla coi cittadini in modo chiaro, perché non racconta delle balle, perché non nasconde i problemi che ci sono, si sforza di presentare quelle che, a suo giudizio, sono le soluzioni possibili e accetta anche il confronto sulle stesse soluzioni e cerca di coinvolge i cittadini nel percorso per individuare le soluzioni. Sulla base peraltro di una visione, di un progetto. Non è un lavoro immediato. Uno dovrebbe mettere mattoncino dopo mattoncino”.
    Ora tocca a noi porre le nostre domande. La prima è: come stai?
    Sto come stavo prima, a parte la stanchezza, a parte lo stravolgimento della propria vita personale che è il risultato di due fenomeni combinati: da un lato di come si scarica sulla persona del candidato sindaco l’aspettativa, la delusione, la voglia di interlocuzione che non è più mediata da organizzazioni complesse o articolate, tutti vogliono me… Ieri a Vernazzola, per fare un esempio, mi parlavano dei problemi dei tombini, delle strade, di dove la gente va orinare, quindi aspetti di dettaglio che sono di pertinenza del Comune come regolazione generale dei fenomeni, ma che competono ai municipi. Il secondo punto è la spettacolarizzazione e la personalizzazione della politica per cui i media insistono molto a fare pressing sulla persona, e questo significa che la vita privata e i ritmi di vita vengono veramente modificati. Io cerco di comportarmi in maniera assolutamente normale, per cui sogno la Svezia dove il ministro a Stoccolma va a fare la spesa al supermercato senza che nessuno lo fermi. Detto ciò non sto male dal punto di vista della percezione degli umori, perché non sono stato sorpreso dal risultato, no, perché la percezione che ci fosse un bel segmento di popolazione lontano, deluso, anche rancoroso, l’avevo anche prima del voto“.
    E se dovessi fare un bilancio da quando è cominciata questa avventura?
    Dal punto di vista personale sicuramente non sono cambiato io, come persona, nel mio modo di vedere il mondo, di relazionarmi. Ma ora mi devo muovere in contesti in cui non mi muovevo due anni fa. Sai, le trattative … per dire: non si è mai parlato di poltrone. A oggi“.
    Anche se sono usciti dei nomi: Bernini, Repetti …
    Assolutamente senza che la cosa fosse passata da un contatto con me. Adesso, essendomi stato detto dalla maggioranza delle persone con cui ho parlato che Bernini è stato uno dei migliori presidenti di municipio, questo è un criterio che io posso considerare. Però non ho parlato con lui, e non ho parlato con nessuno dal punto di vista dei poteri politici di Bernini come assessore. Repetti è uscito sui giornali ed io sto considerando varie ipotesi, ma quello che è politicamente rilevante da dire al momento, quindi a sette giorni dal voto, è che davvero ad oggi nessun partito mi ha detto: io voglio questo, ti indico questo, ti indico quest’altro …
    Succederà.
    Succederà. Io quello che voglio fare è chiedere ai partiti delle rose di nomi con delle caratteristiche, come cerco di chiederle a varie persone fuori dai partiti. Cioè delle indicazioni, dei suggerimenti, perché alcuni li posso conoscere io personalmente, altri non li conosco. Quindi io vorrei dei suggerimenti e dei curriculum, in modo di provare a documentarmi, cosa che in parte sto già cercando di fare da solo. A oggi dai partiti non mi sono ancora arrivate le rose di nomi, né mi sono arrivate delle indicazioni di pressione; succederà, e poi sceglierò tenuto conto che questa scelta dovrà essere compiuta in tempi molto rapidi, l’approvazione del bilancio entro il 30 giugno impone che la giunta sia costituita molto rapidamente”.
    Cosa dici a chi pensa di non andare a votare domenica?
    Dico due cose. La prima è un richiamo, un po’ scontato, all’importanza del volto come diritto democratico da esercitare sempre, anche se mi rendo conto che in questo momento alcuni possono essere poco sensibili a questo richiamo. Però lo faccio.
    La seconda è l’invito a considerare le differenze, che mi sembrano assolutamente evidenti, tra i due candidati, i loro programmi e i valori delle proposte che avanzano. Una lettura comparata del programma mio e del programma di Musso consente di individuare molto rapidamente delle impostazioni molto diverse.
    Ci sono diverse questioni di fondo che mi sembrano evidenti, che fanno la differenza tra un programma e l’altro. Una è l’idea della politica. Nel nostro programma c’è un’idea della politica come servizio e come voglia di far partecipare i cittadini. Chi amministra non deve essere solo un buon amministratore ma deve assolutamente coinvolgere i cittadini in un percorso complicato di democrazia partecipata. Mentre dall’altra parte c’è uno che dice: io sarò efficiente, sarò un buon amministratore punto e basta. Quindi non pensa al ruolo dei municipi, al dialogo, alla costruzione di processi: questo è un primo elemento forte di differenza.
    Secondo: nel nostro programma c’è quest’idea di beni comuni, di beni pubblici, da fruire e da gestire in modo pubblico, mentre nell’altro c’è l’idea che certi beni possono essere fruiti e gestiti in maniera più efficiente interagendo con soggetti privati, questo modello viene presentato come ottimale.
    Ancora: il problema del rapporto tra lavoro e ambiente. Il nostro programma, in maniera anche faticosa, si sforza di collegare le attività economiche, il sostegno e l’attenzione ad un’economia che funzioni, ad un’idea di sviluppo ambientalmente sostenibile. Dall’altra parte magari si parla di ambiente, ma non c’è assolutamente lo sforzo, la consapevolezza di dover legare lo sviluppo alla sostenibilità ambientale: c’è un’idea di sviluppo-sviluppo, di incentivare l’impresa, il Comune amico dell’impresa… ma non c’è nessuna attenzione a cosa significhi un modello di sviluppo economico ambientalmente sostenibile.
    E ancora su bilancio, funzionamento del Comune e servizi sociali: noi ci poniamo il problema dell’uso di risorse finanziarie limitate e quello che cerchiamo di fare è avere i conti in ordine, ma non tagliare le prestazioni, i servizi che il comune eroga ai cittadini, perché si parte dall’idea che comunque questi servizi pubblici erogati dal comune siano assolutamente essenziali per ridurre le diseguaglianze, perché svolgono una funzione di riequilibrio sociale. E allora ci poniamo in maniera non demagogica il problema delle risorse e ci rifiutiamo di dire che riduciamo l’imposizione fiscale. Dall’altro canto Musso va a dire che non aumenterà le imposte, che farà la lotta agli sprechi, che sarà possibile recuperare nel bilancio comunale le risorse per garantire di tutto e di più. Che è una balla. Tra l’altro per garantire i servizi, ad esempio per quanto riguarda il trasporto pubblico urbano, nel dibattito che ho avuto con lui ha fatto riferimento a quest’idea di project financing per la metropolitana, il che significa individuare dei pezzi pregiati, magari una linea di metropolitana ad alta percorrenza di passeggeri che può avere un rendimento economico accettabile, da gestire in un certo modo, e tutto il resto del servizio gestito pubblicamente“.
    Quali forme di partecipazione prefiguri per i cittadini?
    Io vedo due percorsi paralleli, due strumenti diversi: uno è la partecipazione che passa attraverso un rapporto tra cittadini e istituzioni, per cui la giunta, il comune come struttura, il sindaco, gli assessori, i municipi, i presidenti dei municipi devono essere aperti e capaci di dialogare a diversi livelli coi cittadini. Quindi un percorso istituzionale. Il sindaco considera il presidente di municipio un suo interlocutore, con cui dialoga, con cui si confronta. Oggi ad esempio ero con il presidente di municipio del levante e con alcuni consiglieri di municipi, e dicevo ai cittadini: questi sono i vostri interlocutori, perché sono loro che devono avere il polso del territorio e devono aiutare me a comprendere e leggere il territorio e a trovare le soluzioni.
    Poi c’è un percorso parallelo, politico, all’interno del centro sinistra, quindi del mio schieramento, in cui, come persona che potrebbe avere un ruolo politico di un certo peso, vorrei che scattassero dei meccanismi di partecipazione politica. E allora lì ho uno strumento che è mio, i comitati per la lista Doria, e ormai c’è un gruppo consiliare in consiglio comunale non scarso, con sei consiglieri, attorno a cui ci sarà una struttura, attorno a cui vorrei che gli altri candidati della lista continuassero a svolgere un ruolo … Poi non è che si possa separare a compartimenti stagni il percorso di partecipazione istituzionale da quello di partecipazione politica”.
    C’è poi la rete delle donne per la politica… In giunta vogliamo sei donne
    “Questo è uno dei punti … accetto suggerimenti … che vadano ad aggiungersi a questa rosa di nomi che mi sto costruendo nella mia testa, poi naturalmente ho anche il dovere di rappresentare uno schieramento. Quando mi sono candidato alle primarie, per quanto volessi essere diverso dalle altre persone candidate, partivo dall’assunto che mi candidavo alle primarie del centro sinistra. Ecco, non ho fatto come Leoluca Orlando che si è candidato al di fuori. Io ho scelto quel percorso, ho detto: per me lo schieramento è questo e lì dentro sono, nel senso che vorrei anche che domani governasse il paese, con tutti i limiti che può avere e che dovrebbe cercare di superare … però è questo”.
    Sorprese e delusioni di questa campagna elettorale
    Sorprese … una parziale sorpresa positiva è avere percepito in un pezzo del nostro schieramento la capacità di entusiasmarsi. In alcuni ho trovato una ripresa di entusiasmo positivo per dire: ecco adesso ricominciamo ad occuparci di politica come piace a noi, ragionando dalla società, dal particolare, per arrivare al generale. Era una cosa che speravo che accadesse, che quindi non mi ha sorpreso del tutto, e che mi ha fatto piacere“.
    E le delusioni?
    No, delusioni no. Anche perché ero così arrabbiato, così indignato per come andava il Paese che non mi sembra che stia andando peggio. Quello che poteva esserci di marcio lo sapevo già“.
    Come intendi attuare il tuo impegno verso il quarantesimo candidato?
    Il quarantesimo candidato era questa voglia di mandare un messaggio forte, simbolico, che venisse raccolto, sulla mancanza di diritti importanti per un pezzo della nostra comunità, e sulla nuova cittadinanza. Allora: dovrebbe attribuita all’assessorato sui diritti una specifica competenza di Giunta e competenze specifiche ad alcuni uffici dedicati. Ma più in generale dobbiamo fare lo sforzo di dare un’impostazione al Comune in quanto tale, in modo che tutti gli uffici che interagiscono con una comunità variegata abbiano una sensibilità sul problema.
    Poi, anche in questo caso, secondo me è utile avere un’interlocuzione non soltanto con gli individui in quanto singoli cittadini, ma individuare delle aggregazioni sociali con cui interfacciarsi. Ad esempio le comunità degli immigrati. Mi rendo conto che esiste un problema che non posso eludere: chi rappresenta chi? Però la ricerca di interlocutori è comunque importante. E poi sono necessarie campagne di sensibilizzazione sui diritti, fare uno sforzo per trasmettere agli immigrati questo messaggio: voi, cittadini, avete dei diritti. Io vi informo dei diritti che avete. E poi, se fossi sindaco, vorrei trovare il modo di rapportarmi ad altri sindaci sensibili a questo tipo di impegno. Ecco, questo è importante per dare più forza: non un sindaco che va da solo, ma quattro o cinque sindaci che all’unisono iniziano a sollevare certi temi, e trovano dei modi simili per affrontarli“.
    Una rimostranza che viene fuori spesso è che la qualità dei servizi pubblici diventa sempre peggiore per via delle esternalizzazioni. Quale è la tua posizione a riguardo?
    Sono consapevole della questione: da sindaco mi troverò a difendere la presenza e la qualità dei servizi pubblici gestiti direttamente dal Comune, sapendo che in parte, già ora, certi servizi non sono gestiti solo dal Comune e che, realisticamente, non potrebbero esserlo nemmeno se lo volessi. Quindi si impone il problema della qualità di questi servizi. Ad esempio per la manutenzione delle strade: è chiaro che l’Aster non riesce a fare manutenzione generale delle strade, e che la qualità può essere considerata scadente. Partendo dal presupposto che l’Aster non farà mai tutta la manutenzione complessiva, il problema è quindi come controllarne la qualità. Un modo può essere quello di coinvolgere molto di più i municipi, dando loro risorse da gestire, in un rapporto diretto coi lavori non mediato dall’ufficio comunale, nella speranza che essendo un intervento molto più prossimo sia ai cittadini che al centro di controllo decentrato sul territorio, questo possa significare un maggior controllo sulla impresa che svolge il servizio.
    Poi c’è il discorso delle cooperative, ma questo è un altro campo: quello dei servizi alla persona“.
    Qui c’è il problema delle gare al ribasso.
    E’ necessario rivedere il modo di formulare i bandi per i servizi alla persona e per i servizi sociali evitando due trappole: una è quella delle gare al massimo ribasso che si traducono in uno scadimento del servizi e/o in una compressione dei diritti dei lavoratori. La seconda è la durata dell’appalto: gli appalti brevissimi inibiscono ai soggetti che vincono la gara ogni possibilità di programmazione. Tutto ciò deve essere unito a una capacità di controllo delle prestazioni, il che richiede una competenza interna all’amministrazione comunale“.
    Hai una idea della disponibilità di soldi su cui puoi contare?
    “Si, ho una idea della disponibilità di soldi. I numeri – quelli che ho – sono che il Comune di Genova può avere realisticamente un monte spesa di 800 milioni di Euro, ma di questi la parte flessibile, non vincolata, ammonta soltanto – arrotondo – a circa105 milioni. Tutto il resto sono stipendi, e ammortamento mutui. Questa è la parte su cui si può fare politica di spesa.
    Questi 104 / 105 milioni potrebbero garantire per il 2012 un flusso di spesa simile a quello dell’anno scorso. Ma non è scontato arrivare a questa cifra, e quindi c’è un problema di reperimento di risorse. I tagli ai trasferimenti sono un dato oggettivo, c’è una banda di oscillazione possibile di 22/25 milioni di Euro che se non si recuperano significano proprio azzerare una serie di servizi: questo è il punto del bilancio 2012.
    Poi c’è un discorso di qualità della spesa, e una politica di regolazione: se si adotta un Puc piuttosto che un altro, o se si vincolano determinate aree, se si fanno bandi di un certo tipo per le cooperative.
    Quello che mi dispiace è che avrei preferito di gran lunga, e avrei trovato più giusto, che il bilancio 2012 fosse stato approvato dalla giunta in carica, perché approvarlo a fine giugno, entrando in carica a fine maggio, vuol dire sostanzialmente dover ratificare un lavoro degli uffici. E c’è l’impossibilità di fare operazioni, magari di recupero di risorse aggiuntive all’interno del comune, che richiederebbero più tempo.
    Il bilancio 2013 in teoria potrebbe essere un po’ diverso, a) se cambia il quadro normativo nazionale, e la politica dei trasferimenti. Ma su questo, chissà … b) perché magari nel giro di dodici mesi si potrebbero fare una serie di azioni, di riorganizzazioni all’interno del comune.
    Per converso potrebbero essere previste, purtroppo, delle emergenze – vedi Amt – che in qualche modo chiederebbero a Regione e Comune di tirare fuori risorse aggiuntive per evitarne il collasso. Questo è il primo pericolo grosso, assolutamente realistico“.
    La mancanza di lavoro per le persone giovani, la crisi dell’industria e del porto. Come intendi dare un contributo, nei limiti delle prerogative del comune?
    Secondo me l’amministrazione comunale deve utilizzare il suo ruolo e tutto il peso che può avere per difendere le imprese esistenti. Ci sono casi diversi. Rispetto all’ipotesi di vendita di Ansaldo Energia e Ansaldo STS c’è da considerare l’importanza di mantenere italiane delle imprese che sono un patrimonio comune di qualità dell’industria. Nel caso Ilva le sollecitazioni che ricevo sono di segno più contraddittorio, perché questa impresa, che io comunque da vecchio industrialista voglio cercare di difendere, ha un rapporto tra addetti e territorio assolutamente non ottimale, anche se è del tutto logico per una attività siderurgica, e c’è questo discorso che dal punto vista occupazionale non ha rispettato i patti sottoscritti a suo tempo. Poi se lo spazio fosse occupato da containers sarebbe peggio ancora … ”
    Vorresti ritoccare l’accordo di programma?
    No, dovrei discutere con l’impresa. Dovrei cercare di capire le diverse situazioni con tutte queste imprese e con i loro proprietari, capire come stanno le cose per fare tutto il possibile per dare un sostegno. Certo, per Ansaldo Energia, dovrei parlare non solo con l’amministratore delegato, ma con Finmeccanica e anche oltre, e non solo io come sindaco, ma insieme al presidente della Regione, per dire che la comunità genovese è unita nelle sue richieste al Governo.
    Poi l’altro aspetto è il tessuto delle piccole e medie imprese: l’esigenza è quella dell’efficienza, della velocità nel dare risposte. E magari immaginare – ma non voglio improvvisare – se è possibile per certi settori delle medie imprese creare dei fondi di garanzia, forme di sostegno al credito, ragionando con Banca Carige, e con l’assessorato alle attività produttive della Regione. Poi la politica urbanistica: vincolare delle aree ad attività produttive. Quindi, strumenti diversi per sostenere le Pmi. E per il turismo vincolare la tassa di soggiorno al circuito del turismo, e mantenere un’interlocuzione e un rapporto con gli operatori del settore turistico. Questo è quello che secondo me è ragionevole provare a fare“.
    Con la Vincenzi sindaco si era parlato della necessità di una cabina di regia.
    No, non mi appassiona proprio per niente. Invece quello che ritengo importante è che a livello istituzionale ci sia un’interlocuzione tra i soggetti pubblici che dovrebbero convergere nella loro azione per ottenere un certo scopo. Ad esempio, per la difesa dell’assetto idrogeologico del territorio, ci vuole un’interlocuzione con la Regione e con la Provincia, finché fa i Piani di bacino. Ci sono enti che hanno compiti più di programmazione, di inquadramento legislativo, tipo la Regione, e altri soggetti hanno compiti più di intervento. Non è che ognuno possa andare per conto proprio; qui sì, ci vuole una costante ricerca di interlocuzione tra tutti i soggetti pubblici che si occupano di una certa cosa“.
    Sogni una mostra a Palazzo Ducale: che titolo ha e cosa contiene?
    Non la sogno. Sogno che ce ne siano. E’ un compito della Fondazione Palazzo Ducale immaginare una politica di mostre. Io vedo Palazzo Ducale come un contenitore di iniziative diverse e di mostre diverse. Le ultime due che ho visto, quella di Uliano Lukas, e quella di Goldin su Van Gogh, erano completamente differenti come costi, come taglio, come oggetto, e secondo me stavano bene tutte e due nel contenitore Palazzo Ducale“.
    E una tua? Avrai una mostra nel cassetto!

    Non so … ma sarebbe una mostra proprio di nicchia … una mostra sulla storia della città nelle lotte del novecento …  ma no! Che noia … interessa solo a me“.

    Se dovessi scegliere, come evento, tra Notte Bianca e Genova città dei diritti cosa sceglieresti?
    Città dei diritti.
    Pensi che andrà avanti?
    Vorrei che andasse avanti. Da quello che mi è giunto, ma non ho avuto ancora il tempo di approfondire, ho l’impressione che per il 2012 c’era il rischio che tutto fosse congelato, che c’erano problemi di rapporti, perché la doveva seguire Nando della Chiesa, che era lasciato così un po’ da solo. Siamo già a fine maggio: essendo per me importante, una soluzione potrebbe essere far slittare i tempi all’autunno“.
    (Paola Pierantoni e Giovanna Profumo foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 343: TRASPARENZA – Regione, che fine fanno i fondi UE?

    È di qualche giorno fa la notizia che l’Europa si è attivata per gettare basi efficaci ed efficienti di controllo sui fondi comunitari. Il Secolo XIX titola “Frodi e trucchi, così l’Ue regala milioni” (11 maggio 2012). L’opportunità per parlare dell’argomento è un seminario, organizzato in collaborazione con l’Olaf (ufficio antifrode dell’Unione Europea) nell’ambito del programma “Hercule II” (), che si propone di proteggere gli interessi finanziari dell’Unione. “La Liguria è oggetto di interesse della criminalità organizzata che opera in particolare dove ci sono flussi di investimenti pubblici. Vigilare è fondamentale quanto il continuo scambio di informazione e conoscenza tra i vari soggetti addetti al controllo” dichiara l’assessore regionale al bilancio Rossetti (ibid.). Ma in cosa consistono esattamente le frodi compiute sui fondi europei? Spesso coloro che hanno proposto il progetto incassano i soldi senza portare a termine l’obiettivo per cui i fondi erano stati erogati, oppure si viola la procedura o si dirotta il finanziamento ad un’altra società rispetto a quella indicata sul bando. La conseguenza è “una mostruosa dispersione di denaro”, che ancora “non viene filtrata attraverso un’adeguata rete di monitoraggio”. La Regione è l’ente che raccoglie e dà il via libera alle richieste di finanziamento: per questo nella struttura, esiste un’autorità di “Audit”, che ha il compito di vigilare sulle procedure e assicurare una sana gestione finanziaria ( ). In questo quadro, di lotta allo spreco in difesa della legalità, riesce difficile comprendere alcune scelte della Regione Liguria. Il POR FESR 2007-13 (Programma operativo del fondo europeo di sviluppo regionale) ha messo a disposizione della Liguria 530 milioni di euro per perseguire gli “obiettivi strategici comunitari di Lisbona (crescita e occupazione) e di Göteborg (sostenibilità dello sviluppo)” in diversi settori (o assi), ossia: “innovazione, energia, sviluppo urbano, valorizzazione delle risorse naturali e culturali”. In pratica, il POR FESR finanzia aiuti diretti alle imprese, infrastrutture collegate alla ricerca e all’innovazione, strumenti finanziari per sostenere lo sviluppo locale. All’interno della Commissione di sorveglianza, che ha, tra i suoi compiti, quello di approvare i criteri di selezione delle opere finanziate, compare il nome di Valerio Balzini, segretario generale di Confcooperative Liguria, che è attualmente sotto processo con l’accusa di concorso in turbativa d’asta nell’ambito di uno dei filoni di un’inchiesta su – appunto – i fondi europei. Si tratterebbe, secondo l’accusa, di appalti creati ad arte dai vertici del Cda dell’Istituto Brignole. L’indagine sul Brignole è un filone di una maxi inchiesta sulla presunta “spartizione di fondi europei che sarebbero stati pilotati grazie a stretti rapporti tra alcuni politici, consulenti e dirigenti di società cooperative” (Il Secolo XIX, 15 maggio 2012). Sul sito della Regione non sono indicati i criteri con cui sono stati scelti i componenti della commissione di sorveglianza: forse questa precisazione, in un’ottica di trasparenza, legalità e tutela degli interessi finanziari della Comunità Europea, dovrebbe essere presente.
    (Eleana Marullo)

  • OLI 343: SOCIETA’ – Giovani professionisti della politica

    L’incontro è un rendez vous elettorale per sponsorizzare il possibile cambio di casacca del
    Municipio. Ci sono un po’ di candidati e tra questi un giovane con un percorso politico già alle spalle. So che si è laureato e gli chiedo dunque cosa fa di bello, dove lavora.
    “Per ora nulla” mi risponde ed io resto un po’ lì. “ Mi spiace”, mormoro, “ A Genova è difficile, però con la tua laurea da ingegnere..”
    “Non ho ancora avuto tempo”..
    “Ma non ti sei laureato all’inizio dell’anno?”
    “Sai l’esame di stato e poi le primarie.., ho un appuntamento, scusa, ciao”
    Deve aver visto la mia faccia un po’ basita ed io avevo dimenticato che era al seguito della
    senatrice. Dunque a 27 anni con una laurea in tasca un ragazzo non cerca lavoro per quel che ha studiato, ma cerca lavoro nella politica.
    Così ai seggi elettorali, un altro giovane candidato, di anni 28, con laurea triennale mi confessa che se la sta prendendo con calma per la specialistica, anche lui ha avuto molto da fare, è nello staff dell’altro professore.
    A sentire questi ragazzi viene una crisi di coscienza: che razza di messaggio abbiamo passato?
    Com’è potuto accadere che in tempo di crisi giovani brillanti non pensino ad un’occupazione ma a collocarsi nella politica, facendone un “mestiere”?
    L’idea scorrazza da destra a sinistra ed è talmente “normale” che nessuno ci fa caso, anzi
    si stupiscono che tu ti stupisca di fronte a giovani che pensano al loro futuro di individuo,
    programmandosi una carriera politica come professione.
    Riusciranno ad essere vicini alle problematiche dei loro coetanei?
    Non si voleva così un rinnovamento della politica, non era nel conto di chi voleva, di chi vuole un cambiamento, non è una mera questione di carta d’identità.
    Diventa allora vitale l’essere eletti e la disinvoltura nei comportamenti per raggiungere la meta.
    Come è capitato ad un elettore delle primarie, che si è visto messaggiare proprio da uno di questi giovani rampanti, il quale proponeva la sua candidatura di giovane, laureato, quasi l’annuncio personale di una volta, mancava la bella presenza.
    Nessuna remora a muoversi border line, per aver violato la privacy, per essersi servito di un numero di telefono che un cittadino in buona fede aveva reso disponibile. Fiducioso l’elettore aveva lasciato il suo recapito telefonico al seggio e soltanto su quegli elenchi compariva il suo cellulare, ma ad una richiesta di spiegazioni, si è visto rispondere v.f.c.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 343: INFORMAZIONE – Redazioni in rianimazione

    Se non lo vedi, non ci credi. Si parla del comportamento di alcuni media locali che alimentano il discredito, usando fonti talvolta inattendibili e tecniche giornalistiche da copertina patinata scandalistica. Pagine dedicate al Movimento 5 Stelle, mascherate da “notizioni” su Beppe Grillo ed eletti del Movimento. Persino Marco Doria sente il bisogno di chiamarsi fuori da questa gazzarra redazionale pubblicando sulla sua pagina di Facebook un chiarimento riguardo una frase da lui mai pronunciata su Putti (“Chiedo voti ai genovesi, non al comico”).
    Dopo le elezioni, sembra che alcune redazioni siano letteralmente schizzate nella fantascienza.
    Per Grillo si prende in esame un post del suo sito, che invita gli aderenti al Movimento a non partecipare più a show televisivi a sfondo politico, e la cosa viene letta come un “diktat del capo” al quale i grillini obbedienti si adatterebbero immediatamente. Fatto salvo che proprio il giorno dopo proprio Paolo Putti è riapparso in televisione, senza che per questo sia stato non dico espulso, ma nemmeno rimbrottato.
    E’ chiaro che il commento di Grillo andrebbe letto da un altro punto di vista, quello di come funziona il Movimento, mentre la testata, evidentemente abituata a ben altro genere di struttura partitico-redazionale, non riesce a cogliere il messaggio preoccupato di Beppe, che conosce bene il mondo della comunicazione politica e ne sa anticipare i risultati, deludenti.
    Possibile che con tutte le cose positive che si potrebbero trovare nei programmi e nelle persone, ogni volta si cerchi di scavare solo in un torbido inesistente, inventandolo rivolgendosi come sorgente d’informazioni a personaggi già ben noti per la propria inaffidabilità su certi argomenti? Il gioco fa parte di quel tipo di notizie alle quali i media in generale ci hanno abituati in anni di bombardamento mediatico, dove gli argomenti sono solo inerenti tribunali, inchieste per corruzione, favoritismi personali, quando non terrorismo istituzionale. E le notizie sarebbero solo queste? Non ci sono pagine disponibili per far parlare le persone e lasciar loro esprimere le proprie idee, i programmi, il dibattito costruttivo?
    L’opinione è che durante queste ultime consultazioni elettorali il Movimento 5 Stelle abbia dato uno scossone così forte al sistema istituzionalizzato stampa/politica, che la reazione sarebbe stata da tracciato cardiografico infartuale. Già prima del 6 maggio le proiezioni avevano messo in moto la macchina mediatica in trasmissioni con dibattiti continuamente disturbati dal moderatore, che appariva visibilmente schierato, mentre la pubblicità “mica tanto subliminale” di una campagna pubblicitaria redazionale “sui sì” negava ogni possibilità di risposta a chi faceva del “no a quei sì” la propria posizione politica. Non ci si aspetta a tempi brevi un miglioramento dal sistema giornalistico nazionale, destinato a crollare lentamente sotto il peso dell’appartenenza politica. In un paese che nella classifica sulla libertà di stampa è caduto a livelli tra i più bassi al mondo (75esimo secondo Il fatto quotidiano“) solo iniziative di stampa autofinanziata e lontana da condizionamenti potranno garantire quell’informazione che sta alla base di ogni sistema democratico funzionante. E, naturalmente, la voce libera per definizione dei blog, per i quali proprio in questi giorni la Corte di Cassazione ha decretato in modo definitivo l’esclusione dalla categoria delle testate giornalistiche, liberandoli quindi da ogni problema di pubblicazione di notizie: “That’s one small step for a man, one giant leap for mankind”.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 343: IMMIGRAZIONE – Genova, Everyone is welcome

    La recente apertura, in vico Croce Bianca a Genova del PADISS (Progetto Accoglienza Diurna Inclusione Sociale Sanitaria) era stata riportata nelle pagine genovesi de La Repubblica del 27 aprile scorso: il centro, nato da un progetto finanziato dal Ministero dell’Interno con il Fondo Europeo per l’Immigrazione, è gestito dalla Onlus Afet Aquilone con la cooperativa Mater Domina, e fornisce agli immigrati servizi di vario tipo, dalla doccia, al bucato, al barbiere, per arrivare a corsi di lingua, orientamento al lavoro e consulenza legale. “Everyone is welcome”, recitano i volantini affissi all’ingresso del PADISS, ognuno è il benvenuto: deve solamente fornire età, nazionalità e “nickname”, soprannome, per accedere ai servizi. Arrivano soprattutto uomini, dal Maghreb, ma recentemente anche un gruppo di donne maghrebine ha chiesto ospitalità per le proprie riunioni.
    Lo scorso 4 maggio l’incontro svoltosi al PADISS con il Senatore Ignazio Marino ha permesso di fare il punto della situazione: secondo le parole di Rossella Ridella, responsabile del progetto, è stato stabilito un rapporto con l’ASL per le informazioni sul Servizio Sanitario Nazionale, con le associazioni Camici e Pigiami, e Ambulatorio Internazionale di Città Aperta, ma l’ambizione del centro è ampliare la rete di collaborazioni.
    Dagli interventi del dibattito che si è volto tra il pubblico (composto in prevalenza da operatori del settore), è emersa pricipalmente la difficoltà per gli immigrati, anche regolari, di accedere alla medicina di base, provocando come conseguenza, da un lato l’utilizzo spesso improprio delle strutture di Pronto Soccorso, dall’altro lato il ricorso obbligato al volontariato.

    Per affrontare meglio questi problemi, affermano i responsabili del centro, si sta cercando di ampliare le collaborazioni con medici di base ed altre associazioni: a volte però ciò non è stato possibile.
    Ad esempio il tentativo di stabilire rapporti con i medici di base non è stato certamente favorito dall’Ordine dei Medici, preoccupato che ciò potesse privilegiare i medici più “disponibili”.

    Come non è stato possibile fondare una sezione genovese dell’associazione Avvocato di Strada, a cui non è stato fornito alcun riscontro da parte dell’Ordine degli Avvocati.
    Se il centro PADISS di vico Croce Bianca costituisce una realtà sicuramente virtuosa, dove le energie sane della società collaborano, intristisce la sostanziale indifferenza di questi ordini professionali. Perché non abolirli, finalmente?
     (Ivo Ruello – foto dell’autore)

  • OLI 343: CULTURA – Come è triste Venezia

    I famosi “tagli alla cultura” ci sono venuti incontro nel corso di una visita alle Gallerie dell’Accademia (http://www.gallerieaccademia.org/ ) di Venezia, tesori immersi nella melanconia della trascuratezza.
    Nessuno controlla all’entrata della galleria che i visitatori abbiano fatto il biglietto, e quindi, di conseguenza, se abbiano con sé oggetti inopportuni. 
    Una volta entrati si gira per sale in cui i capolavori della pittura veneta sono esposti ad ogni contatto: i distanziatori spesso sono assenti, o sono costituiti da una simbolica catenella. Nella maggioranza delle sale è assente qualunque sorveglianza.
    Quasi ovunque assenti anche le “schede di sala”, indispensabili in un assetto museale antico, in cui mancano alle pareti quadri che illustrino le opere esposte. A volte manca perfino la targa che indica titolo e autore dei quadri.
    Fuori uso l’ascensore che porta alle toilettes. Qualche libro sul bancone della biglietteria costituisce tutto il “book shop” del museo.
    Tanto i visitatori, in questa Venezia sommersa dal turismo ci vengono lo stesso, pagano quello che devono in ristoranti e alberghi, e tanto basta.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 343: LETTERE – Religione cattolica, le attività alternative alla Don Milani

    Cari Lettori di Olinews,
    raccolgo con piacere l’invito della redazione a presentarvi un’iniziativa che ritengo importante dal punto di vista scolastico e civile.
    Sono insegnante nella scuola statale e come tale ho sempre considerato fondamentale garantire agli alunni il diritto alle attività didattiche alternative all’insegnamento della religione cattolica.
    Molti di voi già sanno che in seguito al Nuovo Concordato del 1984 tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica, l’insegnamento della religione cattolica (Irc) nella scuola pubblica italiana ha cessato di essere curricolare, per divenire facoltativo. Se prima era necessario inoltrare alle segreterie scolastiche formale richiesta di esonero, successivamente le famiglie hanno potuto decidere all’atto dell’iscrizione se avvalersi o meno dell’Irc. Per coloro che non intendono farlo è da allora prevista la possibilità di scegliere fra differenti opzioni, tra cui lo svolgimento di attività didattiche e formative alternative all’Irc.
    Ancora oggi, però, a più di 25 anni di distanza, in moltissime scuole italiane tali attività non vengono né programmate né svolte. In sostanza genitori e studenti sono spesso costretti ad accettare la riduzione dell’orario scolastico o lo studio individuale o ad acconsentire a soluzioni che non rispecchiano le loro intime convinzioni.
    Per rispondere costruttivamente a tale situazione, quest’anno la scuola statale sperimentale Don Milani presso cui lavoro, supportata del Laboratorio di Tecnologie Didattiche, ha organizzato e coordinato un progetto di rete tra docenti di diverse scuole intitolato: “L’insegnamento di Attività Alternativa: quali prospettive?” (per maggiori informazioni: http://www.labtd.it/partecipa/).
    Obiettivo del progetto è stato promuovere la cultura e le buone pratiche delle attività didattiche e formative alternative all’insegnamento della religione cattolica in ogni ordine e grado di scuola, attraverso l’aggiornamento e il confronto del personale scolastico circa la normativa, la didattica e le diverse problematiche relative a tale ambito di insegnamento.
    Il progetto ha consentito lo scambio tra una trentina di partecipanti, accomunati dalla convinzione che la programmazione di attività alternative rappresenti una basilare condizione di rispetto della normativa vigente e di garanzia del principio di equità all’interno del contesto scolastico.
    Il percorso di concluderà con un interessante convegno, ospitato a Palazzo Ducale – sala del Munizioniere – giovedì 24 maggio (ore 14.30 – 19.00).
    Il convegno, patrocinato e sostenuto da diverse istituzioni e associazioni sia locali sia nazionali, prevede la presentazione dei documenti redatti in modo collaborativo dai docenti coinvolti nel progetto, gli interventi di autorevoli relatori sul tema delle attività alternative, una tavola rotonda con dibattito pubblico conclusivo.
    vviamente mi auguro che tale evento possa essere un’occasione di incontro anche per i lettori di OLInews!
    (Valeria Ghiron – referente del progetto “L’insegnamento di attività alternative: quali prospettive?”)

  • OLI 342: BENI PUBBLICI : Addio Villa Raggio

    Dal funzionario una risposta perentoria: “Vale l’ora”.
    Cioè ? Se la delibera è stata approvata la mattina del 7 dicembre ed il Piano Urbanistico Comunale è stato approvato il pomeriggio del 7 dicembre, la delibera non rientra nel Piano approvato. Fine.
    Così pare si sia compiuto il destino di Villa Raggio, via Pisa 56 in Albaro, l’ex istituto S.Giorgio entrato nel circuito del patrimonio da dismettere della Regione Liguria, dopo una lunga querelle con l’erede di chi l’aveva donato quarant’anni fa per fini “socio-sanitari”: si era ribellata Edvige Jole Oberti, torinese, dopo aver saputo la modifica di destinazione d’uso dell’edificio e in un primo momento il Tar aveva accolto una sospensiva, ma poi non c’è stato niente da fare.

    Era il 2008 e nel 2010 compare su www.fintecnaimmobiliare.it l’invito a presentare entro il 9 luglio Offerta Vincolante per “complesso immobiliare di elevata qualità con superficie lorda di tremila mq.”, presso uno studio notarile di Roma. Se ne occupa Valcomp Due, come recita il bando, “società s.r.l. interamente controllata dalla Fintecna” con sede nella capitale.
    All’asta vanno immobili di tutta la Liguria, in zone anche di pregio come Alassio, Sarzana., Bordighera, sono appartamenti, ex strutture ospedaliere, terreni: su tutti si assicura l‘edificabilità, la residenzialità, il cambio d’uso.
    Finiscono così beni pubblici, che avevano una “funzione pubblica” come Villa Raggio, un tempo clinica per malati di tubercolosi, poi centro riabilitativo ortopedico e Consultorio. Valutata tre milioni di euro, si dice, ormai in abbandono, ancora conserva preziosi affreschi, statue sul colonnato del tetto, splendidi alberi.
    Villa Raggio nelle cartografie del Puc licenziato dalla sindaco Vincenzi è “rossa”, ovvero “elemento storico-artistico rilevante”, all’interno del Sistema delle ville e parchi storici di San Luca d’Albaro-Puggia (Norme di Conformità, Ambito di Conservazione), con disciplina paesaggistica puntuale a tutela dell’edificato antico e della conservazione del verde nell’originaria consistenza.

    Nel cartello esposto un mese fa dalla società Bagliani su progetto di studio Guidi di Bagno in bella vista si leggono dunque per il complesso monumentale opere di ristrutturazione, cambio d’uso, frazionamento, ampliamento, sostituzione edilizia, realizzazione di piscina pertinenziale con foto relativa di altra riqualificazione già attuata dai committenti…
    Che brivido quella piscina da mediterranèe. E farci una bella scuola, con quel magnifico giardino? Ora i bambini della scuola elementare e materna sono a due passi da una delle strade più inquinate di Genova, in via Cavallotti, una scuola di cui hanno ceduto pure il tetto per farne terrazzi agli appartamenti del convento vicino riconvertito: sessant’anni di gentile concessione all’ex cappelletta, ora residenza di pregio.

    Non si può preservare tutto, s’intende, incombono tagli e conti in rosso, ma almeno le caratteristiche di Villa Storica, il suo parco.
    Dimenticavamo. Per una questione di ore Villa Raggio non è rientrata nella normativa di tutela del Puc, anzi in poco più di un anno, dall’asta di luglio 2010 alla delibera di dicembre 2011 ha avuto un iter super rapido.
    Perché ci lamentiamo sempre delle lungaggini della burocrazia?
    (Bianca Vergati)

  • OLI 342: ELEZIONI – Cronache da un seggio

    Giorni immediatamente precedenti alle elezioni, volantinaggio a Cornigliano e San Teodoro per sostenere un’amica candidata. Il preavviso dell’astensionismo prossimo venturo è molto chiaro: sono tante le persone che ci dicono che non voteranno. Sono quartieri popolari, un tempo si sarebbe potuto dire operai. A Cornigliano c’è un piccolo mercato e incontriamo soprattutto donne. I loro sguardi trasmettono delusione e rassegnazione e annunciano una protesta che ha il tono della rinuncia. Con qualche persona si riesce a parlare un po’ più a lungo, si cerca di dare valore a questo diritto del voto, che le donne hanno da così poco tempo, che gli immigrati non hanno, che non va buttato alle ortiche, ma quando ci si congeda, nella maggioranza dei casi, sentiamo che le nostre parole non hanno lasciato traccia. Solo in qualche raro caso ci pare che qualcosa si sia spostato, ma chissà.
    Giorni di voto, rappresentante di lista in due seggi del Lagaccio. Le persone arrivano col contagocce: l’astensione va in scena. Uno dei due è un seggio “tradizionale”, con un presidente sperimentato da anni e scrutatori di vecchia guardia. Il piglio del presidente è direttivo, non ammette consigli e interferenze, ma alla fine lo lascerò alle prese con un conteggio che non torna … L’altro è un seggio di ragazzi, tutti giovanissimi, dal presidente agli scrutatori. Qui il clima è allegro, le appartenenze politiche non vengono in superficie, e anche quando sono dichiarate, come quella del giovanissimo rappresentante della lega, sono vissute in leggerezza: sarà la giovane età, sarà un buon carattere, ma il ragazzo si rivolge a me, anziana signora con spilla della lista Doria sorridendomi con spontaneità, senza tensioni. Ricambio. In fase di scrutinio ci scambieremo informazioni. Lo scrutinio avviene con lo stile del lavoro di gruppo, e finirà prima dell’altro.
    Nel seggio dei ragazzi arriva una anzianissima signora, novanta anni. Tira fuori la fotocopia della carta d’identità, ma il presidente non l’accetta. La signora si siede su una sedia e per mezz’ora apre e chiude le cerniere della borsetta e del portafoglio alla ricerca di quello che non c’è. Non si dà pace. Provo a spezzare una lancia per far accettare la validità della fotocopia, ma non c’è niente da fare, e la signora alla fine se ne riparte. La immagino a mettere sotto sopra la casa, e penso che la giovane età del presidente abbia inferto una ferita superflua. Ma ecco che il giorno dopo ritorna, sventolando la carta d’identità ritrovata. L’accoglie un applauso, anche i ragazzi avevano continuato a pensarci, e questo ritorno è stato per tutti un sollievo.
    Nel seggio accanto, invece, arriva un uomo di trenta anni circa, venuto apposta per rifiutarle, le schede.
    Mentre passo le ore aspettando i radi elettori, mi raggiungono da Atene le telefonate di amici disperati per l’esito elettorale in Grecia. Il giorno dopo un’amica mi invia il link a un video della conferenza stampa del leader del partito neonazista “Alba dorata”: alcune body guards lo precedono e intimano ai giornalisti presenti “Tutti in piedi!”. Solo alcuni abbandonano la sala per protesta. L’amica, a commento, mi scrive: tristezza e paura.
    Vale la pena di guardarlo: fa venire la voglia di andare a votare.

    (Paola Pierantoni)