OLI 343: ELEZIONI – Intervista a Marco Doria

Domenica 13 maggio pomeriggio, via del Campo.
Marco Doria prende una pausa dal tour impegnativo che lo vede setacciare la città per la vittoria dell’ultima tappa, quella che gli può valere la conquista della fascia di sindaco, e in cui è venuto a contatto con tutti i volti della politica.
Prima ancora che iniziamo a fargli delle domande parla del fenomeno dell’astensione, che a Genova ha avuto un peso particolare. Forse, dice, una piccola parte di chi non ha votato è recuperabile al voto ma “La grande maggioranza ha deciso almeno per il momentodi rompere i ponti con una partecipazione attiva alla politica intesa anche come voto”.
E poi parla del Movimento 5 Stelle, un 14% di consensi in cui vede, in parte, le sfumature rabbiose dei cittadini attirati dalla parola d’ordine del ‘vaffa’: “Commercianti, esercenti che non avevano in testa un’idea di sviluppo alternativo, una filiera chilometro zero o un modello di sistema di mobilità vecchio da mettere sotto critica, ma che avevano in mente semplicemente l’idea del fanno tutti schifo, sono tutti dei ladri, sono tutti uguali”, ma anche la determinazione autentica di chi contesta “un modello di economia, di società”.
I potenziali elettori genovesi oggi riflettono i molti stati d’animo della politica presenti anche a livello nazionale “Nello schieramento di centro sinistra c’è una consapevolezza, una voglia di fare che comunque riscontro; poi andando in giro riscontro anche quell’altro pezzo di società con cui diventa difficile, almeno nel breve periodo, ricostruire un rapporto, per cui ci vorrà più tempo. Ammesso che ci si riesca”.
Riannodare il rapporto con coloro che, rispetto alla politica, provano depressione, scoramento è un lavoro “che richiede anni, e che ovviamente dipende da me, certo che dipende da me! Ci mancherebbe altro… però dipende anche da come si muovono gli schieramenti politici. Da come si muove il mio schieramento politico. Dare il senso che vale la pena andare a votare, è un lavoro che richiede tempo. Devi rovesciare una tendenza che si è andata consolidando da anni, quindi nel brevissimo periodo non si può fare. Si dovrebbe cominciare a fare un lavoro che si basa sull’esempio: chi si occupa della cosa pubblica deve dare proprio la dimostrazione di volerlo fare perché vuole servire la cosa pubblica, è al servizio, perché parla coi cittadini in modo chiaro, perché non racconta delle balle, perché non nasconde i problemi che ci sono, si sforza di presentare quelle che, a suo giudizio, sono le soluzioni possibili e accetta anche il confronto sulle stesse soluzioni e cerca di coinvolge i cittadini nel percorso per individuare le soluzioni. Sulla base peraltro di una visione, di un progetto. Non è un lavoro immediato. Uno dovrebbe mettere mattoncino dopo mattoncino”.
Ora tocca a noi porre le nostre domande. La prima è: come stai?
Sto come stavo prima, a parte la stanchezza, a parte lo stravolgimento della propria vita personale che è il risultato di due fenomeni combinati: da un lato di come si scarica sulla persona del candidato sindaco l’aspettativa, la delusione, la voglia di interlocuzione che non è più mediata da organizzazioni complesse o articolate, tutti vogliono me… Ieri a Vernazzola, per fare un esempio, mi parlavano dei problemi dei tombini, delle strade, di dove la gente va orinare, quindi aspetti di dettaglio che sono di pertinenza del Comune come regolazione generale dei fenomeni, ma che competono ai municipi. Il secondo punto è la spettacolarizzazione e la personalizzazione della politica per cui i media insistono molto a fare pressing sulla persona, e questo significa che la vita privata e i ritmi di vita vengono veramente modificati. Io cerco di comportarmi in maniera assolutamente normale, per cui sogno la Svezia dove il ministro a Stoccolma va a fare la spesa al supermercato senza che nessuno lo fermi. Detto ciò non sto male dal punto di vista della percezione degli umori, perché non sono stato sorpreso dal risultato, no, perché la percezione che ci fosse un bel segmento di popolazione lontano, deluso, anche rancoroso, l’avevo anche prima del voto“.
E se dovessi fare un bilancio da quando è cominciata questa avventura?
Dal punto di vista personale sicuramente non sono cambiato io, come persona, nel mio modo di vedere il mondo, di relazionarmi. Ma ora mi devo muovere in contesti in cui non mi muovevo due anni fa. Sai, le trattative … per dire: non si è mai parlato di poltrone. A oggi“.
Anche se sono usciti dei nomi: Bernini, Repetti …
Assolutamente senza che la cosa fosse passata da un contatto con me. Adesso, essendomi stato detto dalla maggioranza delle persone con cui ho parlato che Bernini è stato uno dei migliori presidenti di municipio, questo è un criterio che io posso considerare. Però non ho parlato con lui, e non ho parlato con nessuno dal punto di vista dei poteri politici di Bernini come assessore. Repetti è uscito sui giornali ed io sto considerando varie ipotesi, ma quello che è politicamente rilevante da dire al momento, quindi a sette giorni dal voto, è che davvero ad oggi nessun partito mi ha detto: io voglio questo, ti indico questo, ti indico quest’altro …
Succederà.
Succederà. Io quello che voglio fare è chiedere ai partiti delle rose di nomi con delle caratteristiche, come cerco di chiederle a varie persone fuori dai partiti. Cioè delle indicazioni, dei suggerimenti, perché alcuni li posso conoscere io personalmente, altri non li conosco. Quindi io vorrei dei suggerimenti e dei curriculum, in modo di provare a documentarmi, cosa che in parte sto già cercando di fare da solo. A oggi dai partiti non mi sono ancora arrivate le rose di nomi, né mi sono arrivate delle indicazioni di pressione; succederà, e poi sceglierò tenuto conto che questa scelta dovrà essere compiuta in tempi molto rapidi, l’approvazione del bilancio entro il 30 giugno impone che la giunta sia costituita molto rapidamente”.
Cosa dici a chi pensa di non andare a votare domenica?
Dico due cose. La prima è un richiamo, un po’ scontato, all’importanza del volto come diritto democratico da esercitare sempre, anche se mi rendo conto che in questo momento alcuni possono essere poco sensibili a questo richiamo. Però lo faccio.
La seconda è l’invito a considerare le differenze, che mi sembrano assolutamente evidenti, tra i due candidati, i loro programmi e i valori delle proposte che avanzano. Una lettura comparata del programma mio e del programma di Musso consente di individuare molto rapidamente delle impostazioni molto diverse.
Ci sono diverse questioni di fondo che mi sembrano evidenti, che fanno la differenza tra un programma e l’altro. Una è l’idea della politica. Nel nostro programma c’è un’idea della politica come servizio e come voglia di far partecipare i cittadini. Chi amministra non deve essere solo un buon amministratore ma deve assolutamente coinvolgere i cittadini in un percorso complicato di democrazia partecipata. Mentre dall’altra parte c’è uno che dice: io sarò efficiente, sarò un buon amministratore punto e basta. Quindi non pensa al ruolo dei municipi, al dialogo, alla costruzione di processi: questo è un primo elemento forte di differenza.
Secondo: nel nostro programma c’è quest’idea di beni comuni, di beni pubblici, da fruire e da gestire in modo pubblico, mentre nell’altro c’è l’idea che certi beni possono essere fruiti e gestiti in maniera più efficiente interagendo con soggetti privati, questo modello viene presentato come ottimale.
Ancora: il problema del rapporto tra lavoro e ambiente. Il nostro programma, in maniera anche faticosa, si sforza di collegare le attività economiche, il sostegno e l’attenzione ad un’economia che funzioni, ad un’idea di sviluppo ambientalmente sostenibile. Dall’altra parte magari si parla di ambiente, ma non c’è assolutamente lo sforzo, la consapevolezza di dover legare lo sviluppo alla sostenibilità ambientale: c’è un’idea di sviluppo-sviluppo, di incentivare l’impresa, il Comune amico dell’impresa… ma non c’è nessuna attenzione a cosa significhi un modello di sviluppo economico ambientalmente sostenibile.
E ancora su bilancio, funzionamento del Comune e servizi sociali: noi ci poniamo il problema dell’uso di risorse finanziarie limitate e quello che cerchiamo di fare è avere i conti in ordine, ma non tagliare le prestazioni, i servizi che il comune eroga ai cittadini, perché si parte dall’idea che comunque questi servizi pubblici erogati dal comune siano assolutamente essenziali per ridurre le diseguaglianze, perché svolgono una funzione di riequilibrio sociale. E allora ci poniamo in maniera non demagogica il problema delle risorse e ci rifiutiamo di dire che riduciamo l’imposizione fiscale. Dall’altro canto Musso va a dire che non aumenterà le imposte, che farà la lotta agli sprechi, che sarà possibile recuperare nel bilancio comunale le risorse per garantire di tutto e di più. Che è una balla. Tra l’altro per garantire i servizi, ad esempio per quanto riguarda il trasporto pubblico urbano, nel dibattito che ho avuto con lui ha fatto riferimento a quest’idea di project financing per la metropolitana, il che significa individuare dei pezzi pregiati, magari una linea di metropolitana ad alta percorrenza di passeggeri che può avere un rendimento economico accettabile, da gestire in un certo modo, e tutto il resto del servizio gestito pubblicamente“.
Quali forme di partecipazione prefiguri per i cittadini?
Io vedo due percorsi paralleli, due strumenti diversi: uno è la partecipazione che passa attraverso un rapporto tra cittadini e istituzioni, per cui la giunta, il comune come struttura, il sindaco, gli assessori, i municipi, i presidenti dei municipi devono essere aperti e capaci di dialogare a diversi livelli coi cittadini. Quindi un percorso istituzionale. Il sindaco considera il presidente di municipio un suo interlocutore, con cui dialoga, con cui si confronta. Oggi ad esempio ero con il presidente di municipio del levante e con alcuni consiglieri di municipi, e dicevo ai cittadini: questi sono i vostri interlocutori, perché sono loro che devono avere il polso del territorio e devono aiutare me a comprendere e leggere il territorio e a trovare le soluzioni.
Poi c’è un percorso parallelo, politico, all’interno del centro sinistra, quindi del mio schieramento, in cui, come persona che potrebbe avere un ruolo politico di un certo peso, vorrei che scattassero dei meccanismi di partecipazione politica. E allora lì ho uno strumento che è mio, i comitati per la lista Doria, e ormai c’è un gruppo consiliare in consiglio comunale non scarso, con sei consiglieri, attorno a cui ci sarà una struttura, attorno a cui vorrei che gli altri candidati della lista continuassero a svolgere un ruolo … Poi non è che si possa separare a compartimenti stagni il percorso di partecipazione istituzionale da quello di partecipazione politica”.
C’è poi la rete delle donne per la politica… In giunta vogliamo sei donne
“Questo è uno dei punti … accetto suggerimenti … che vadano ad aggiungersi a questa rosa di nomi che mi sto costruendo nella mia testa, poi naturalmente ho anche il dovere di rappresentare uno schieramento. Quando mi sono candidato alle primarie, per quanto volessi essere diverso dalle altre persone candidate, partivo dall’assunto che mi candidavo alle primarie del centro sinistra. Ecco, non ho fatto come Leoluca Orlando che si è candidato al di fuori. Io ho scelto quel percorso, ho detto: per me lo schieramento è questo e lì dentro sono, nel senso che vorrei anche che domani governasse il paese, con tutti i limiti che può avere e che dovrebbe cercare di superare … però è questo”.
Sorprese e delusioni di questa campagna elettorale
Sorprese … una parziale sorpresa positiva è avere percepito in un pezzo del nostro schieramento la capacità di entusiasmarsi. In alcuni ho trovato una ripresa di entusiasmo positivo per dire: ecco adesso ricominciamo ad occuparci di politica come piace a noi, ragionando dalla società, dal particolare, per arrivare al generale. Era una cosa che speravo che accadesse, che quindi non mi ha sorpreso del tutto, e che mi ha fatto piacere“.
E le delusioni?
No, delusioni no. Anche perché ero così arrabbiato, così indignato per come andava il Paese che non mi sembra che stia andando peggio. Quello che poteva esserci di marcio lo sapevo già“.
Come intendi attuare il tuo impegno verso il quarantesimo candidato?
Il quarantesimo candidato era questa voglia di mandare un messaggio forte, simbolico, che venisse raccolto, sulla mancanza di diritti importanti per un pezzo della nostra comunità, e sulla nuova cittadinanza. Allora: dovrebbe attribuita all’assessorato sui diritti una specifica competenza di Giunta e competenze specifiche ad alcuni uffici dedicati. Ma più in generale dobbiamo fare lo sforzo di dare un’impostazione al Comune in quanto tale, in modo che tutti gli uffici che interagiscono con una comunità variegata abbiano una sensibilità sul problema.
Poi, anche in questo caso, secondo me è utile avere un’interlocuzione non soltanto con gli individui in quanto singoli cittadini, ma individuare delle aggregazioni sociali con cui interfacciarsi. Ad esempio le comunità degli immigrati. Mi rendo conto che esiste un problema che non posso eludere: chi rappresenta chi? Però la ricerca di interlocutori è comunque importante. E poi sono necessarie campagne di sensibilizzazione sui diritti, fare uno sforzo per trasmettere agli immigrati questo messaggio: voi, cittadini, avete dei diritti. Io vi informo dei diritti che avete. E poi, se fossi sindaco, vorrei trovare il modo di rapportarmi ad altri sindaci sensibili a questo tipo di impegno. Ecco, questo è importante per dare più forza: non un sindaco che va da solo, ma quattro o cinque sindaci che all’unisono iniziano a sollevare certi temi, e trovano dei modi simili per affrontarli“.
Una rimostranza che viene fuori spesso è che la qualità dei servizi pubblici diventa sempre peggiore per via delle esternalizzazioni. Quale è la tua posizione a riguardo?
Sono consapevole della questione: da sindaco mi troverò a difendere la presenza e la qualità dei servizi pubblici gestiti direttamente dal Comune, sapendo che in parte, già ora, certi servizi non sono gestiti solo dal Comune e che, realisticamente, non potrebbero esserlo nemmeno se lo volessi. Quindi si impone il problema della qualità di questi servizi. Ad esempio per la manutenzione delle strade: è chiaro che l’Aster non riesce a fare manutenzione generale delle strade, e che la qualità può essere considerata scadente. Partendo dal presupposto che l’Aster non farà mai tutta la manutenzione complessiva, il problema è quindi come controllarne la qualità. Un modo può essere quello di coinvolgere molto di più i municipi, dando loro risorse da gestire, in un rapporto diretto coi lavori non mediato dall’ufficio comunale, nella speranza che essendo un intervento molto più prossimo sia ai cittadini che al centro di controllo decentrato sul territorio, questo possa significare un maggior controllo sulla impresa che svolge il servizio.
Poi c’è il discorso delle cooperative, ma questo è un altro campo: quello dei servizi alla persona“.
Qui c’è il problema delle gare al ribasso.
E’ necessario rivedere il modo di formulare i bandi per i servizi alla persona e per i servizi sociali evitando due trappole: una è quella delle gare al massimo ribasso che si traducono in uno scadimento del servizi e/o in una compressione dei diritti dei lavoratori. La seconda è la durata dell’appalto: gli appalti brevissimi inibiscono ai soggetti che vincono la gara ogni possibilità di programmazione. Tutto ciò deve essere unito a una capacità di controllo delle prestazioni, il che richiede una competenza interna all’amministrazione comunale“.
Hai una idea della disponibilità di soldi su cui puoi contare?
“Si, ho una idea della disponibilità di soldi. I numeri – quelli che ho – sono che il Comune di Genova può avere realisticamente un monte spesa di 800 milioni di Euro, ma di questi la parte flessibile, non vincolata, ammonta soltanto – arrotondo – a circa105 milioni. Tutto il resto sono stipendi, e ammortamento mutui. Questa è la parte su cui si può fare politica di spesa.
Questi 104 / 105 milioni potrebbero garantire per il 2012 un flusso di spesa simile a quello dell’anno scorso. Ma non è scontato arrivare a questa cifra, e quindi c’è un problema di reperimento di risorse. I tagli ai trasferimenti sono un dato oggettivo, c’è una banda di oscillazione possibile di 22/25 milioni di Euro che se non si recuperano significano proprio azzerare una serie di servizi: questo è il punto del bilancio 2012.
Poi c’è un discorso di qualità della spesa, e una politica di regolazione: se si adotta un Puc piuttosto che un altro, o se si vincolano determinate aree, se si fanno bandi di un certo tipo per le cooperative.
Quello che mi dispiace è che avrei preferito di gran lunga, e avrei trovato più giusto, che il bilancio 2012 fosse stato approvato dalla giunta in carica, perché approvarlo a fine giugno, entrando in carica a fine maggio, vuol dire sostanzialmente dover ratificare un lavoro degli uffici. E c’è l’impossibilità di fare operazioni, magari di recupero di risorse aggiuntive all’interno del comune, che richiederebbero più tempo.
Il bilancio 2013 in teoria potrebbe essere un po’ diverso, a) se cambia il quadro normativo nazionale, e la politica dei trasferimenti. Ma su questo, chissà … b) perché magari nel giro di dodici mesi si potrebbero fare una serie di azioni, di riorganizzazioni all’interno del comune.
Per converso potrebbero essere previste, purtroppo, delle emergenze – vedi Amt – che in qualche modo chiederebbero a Regione e Comune di tirare fuori risorse aggiuntive per evitarne il collasso. Questo è il primo pericolo grosso, assolutamente realistico“.
La mancanza di lavoro per le persone giovani, la crisi dell’industria e del porto. Come intendi dare un contributo, nei limiti delle prerogative del comune?
Secondo me l’amministrazione comunale deve utilizzare il suo ruolo e tutto il peso che può avere per difendere le imprese esistenti. Ci sono casi diversi. Rispetto all’ipotesi di vendita di Ansaldo Energia e Ansaldo STS c’è da considerare l’importanza di mantenere italiane delle imprese che sono un patrimonio comune di qualità dell’industria. Nel caso Ilva le sollecitazioni che ricevo sono di segno più contraddittorio, perché questa impresa, che io comunque da vecchio industrialista voglio cercare di difendere, ha un rapporto tra addetti e territorio assolutamente non ottimale, anche se è del tutto logico per una attività siderurgica, e c’è questo discorso che dal punto vista occupazionale non ha rispettato i patti sottoscritti a suo tempo. Poi se lo spazio fosse occupato da containers sarebbe peggio ancora … ”
Vorresti ritoccare l’accordo di programma?
No, dovrei discutere con l’impresa. Dovrei cercare di capire le diverse situazioni con tutte queste imprese e con i loro proprietari, capire come stanno le cose per fare tutto il possibile per dare un sostegno. Certo, per Ansaldo Energia, dovrei parlare non solo con l’amministratore delegato, ma con Finmeccanica e anche oltre, e non solo io come sindaco, ma insieme al presidente della Regione, per dire che la comunità genovese è unita nelle sue richieste al Governo.
Poi l’altro aspetto è il tessuto delle piccole e medie imprese: l’esigenza è quella dell’efficienza, della velocità nel dare risposte. E magari immaginare – ma non voglio improvvisare – se è possibile per certi settori delle medie imprese creare dei fondi di garanzia, forme di sostegno al credito, ragionando con Banca Carige, e con l’assessorato alle attività produttive della Regione. Poi la politica urbanistica: vincolare delle aree ad attività produttive. Quindi, strumenti diversi per sostenere le Pmi. E per il turismo vincolare la tassa di soggiorno al circuito del turismo, e mantenere un’interlocuzione e un rapporto con gli operatori del settore turistico. Questo è quello che secondo me è ragionevole provare a fare“.
Con la Vincenzi sindaco si era parlato della necessità di una cabina di regia.
No, non mi appassiona proprio per niente. Invece quello che ritengo importante è che a livello istituzionale ci sia un’interlocuzione tra i soggetti pubblici che dovrebbero convergere nella loro azione per ottenere un certo scopo. Ad esempio, per la difesa dell’assetto idrogeologico del territorio, ci vuole un’interlocuzione con la Regione e con la Provincia, finché fa i Piani di bacino. Ci sono enti che hanno compiti più di programmazione, di inquadramento legislativo, tipo la Regione, e altri soggetti hanno compiti più di intervento. Non è che ognuno possa andare per conto proprio; qui sì, ci vuole una costante ricerca di interlocuzione tra tutti i soggetti pubblici che si occupano di una certa cosa“.
Sogni una mostra a Palazzo Ducale: che titolo ha e cosa contiene?
Non la sogno. Sogno che ce ne siano. E’ un compito della Fondazione Palazzo Ducale immaginare una politica di mostre. Io vedo Palazzo Ducale come un contenitore di iniziative diverse e di mostre diverse. Le ultime due che ho visto, quella di Uliano Lukas, e quella di Goldin su Van Gogh, erano completamente differenti come costi, come taglio, come oggetto, e secondo me stavano bene tutte e due nel contenitore Palazzo Ducale“.
E una tua? Avrai una mostra nel cassetto!

Non so … ma sarebbe una mostra proprio di nicchia … una mostra sulla storia della città nelle lotte del novecento …  ma no! Che noia … interessa solo a me“.

Se dovessi scegliere, come evento, tra Notte Bianca e Genova città dei diritti cosa sceglieresti?
Città dei diritti.
Pensi che andrà avanti?
Vorrei che andasse avanti. Da quello che mi è giunto, ma non ho avuto ancora il tempo di approfondire, ho l’impressione che per il 2012 c’era il rischio che tutto fosse congelato, che c’erano problemi di rapporti, perché la doveva seguire Nando della Chiesa, che era lasciato così un po’ da solo. Siamo già a fine maggio: essendo per me importante, una soluzione potrebbe essere far slittare i tempi all’autunno“.
(Paola Pierantoni e Giovanna Profumo foto di Giovanna Profumo)