Autore: Redazione

  • OLI 320: SOCIETA’ – Dove un futuro di dignità e di speranza?

    Disegno di Guido Rosato

    Peipei, Pepè, “ la mezza tedesca” come la chiamano gli amici, 24 anni, è laureata in ingegneria meccanica e management, vive in Germania e lavora per un’azienda affiliata alla Volkswagen da quasi due anni con uno stipendio lordo di 3500 euro al mese e contratto a tempo indeterminato. Ora cambia però, va a lavorare in un istituto di ricerca con la stessa paga, un contratto di tre anni, ma le piace di più. Figlia d’immigrati cinesi, ha studiato a Edimburgo, dove liceo e corsi di laurea sono di quattro anni ed essendo cittadino UE l’università l’ha frequentata gratuitamente: se studi vai avanti e non paghi nemmeno un pound di tasse.
    Sara, milanese, mezza friulana, risata argentina, 21 anni, è al terzo anno di letteratura e arte inglese ad Edimburgo, pure per lei tasse zero, è una che sgobba, ha all’attivo un anno di liceo in Australia e spazia pure nello studio perché ci ha infilato anche esami di psicologia e business: là si può, un bel vantaggio.
    Fa parte della society della sua facoltà, ovvero un’associazione di studenti entusiasti che organizza quasi ogni settimana convegni e incontri con scrittori, artisti: le society sono presenti in ogni corso, sono molto attive e seguite come eventi culturali in città (http://literaturesociety.tumblr.com/). Neppure un penny di finanziamenti, ma lei e altri volenterosi si procurano fondi facendo dolcetti che vendono per beneficenza. Un gran successo nell’intervallo, finiscono in un battibaleno biscotti, salame di cioccolato e tortine a mezzo pound.
    Pubblicano pure un magazine letterario, http://publishedinburgh.weebly.com/ e forse vorrebbero stare lì per sempre.
    Elisabeth, spezzina, di madre austriaca, 19 anni, studia a Genova lingue, russo, tedesco e inglese ed ha superato il test d’ammissione al corso di traduttrice simultanea. I suoi progetti? La triennale e poi via, per una scuola di specializzazione all’estero, se possibile lavorando.
    Andrea, 26 anni, genovese,ingegnere, laureato bene ma un anno in ritardo: tanti colloqui e curricula ma, per ora, nessun lavoro.
    Massimo vive a Genova, ha studiato ingegneria meccanica, 24 anni appena compiuti, si è laureato con il massimo dei voti; riceve una chiamata da una multinazionale: 900 euro lordi al mese fuori sede.
    Riccardo, 30 anni, economia con specialistica tributaria, lavorava con contratto a tempo indeterminato per un’azienda che stila bilanci. In giro per l’Italia senza orario e poca soddisfazione, ora è andato a Londra per il doppio dello stipendio e un lavoro che l’entusiasma, anche se il contratto è per tre anni.
    Così Leonardo, Francesco, Valentina, Federica e molti altri sono in giro per il mondo, chi per studio, chi per lavoro. In attesa, accettando sfide e sacrifici e invidiando un po’ Pepè e il suo paese.
    In attesa che si faccia qualcosa, come ha detto il nuovo Presidente del Consiglio Monti, almeno lo speriamo tanto “lo dobbiamo ai nostri figli, alle nuove generazioni per un futuro di dignità e di speranza”.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 320: POLITICA – Le donne nell’agenda di Monti

    Giri perplessi di telefonate alla notizia, diffusa dalle agenzie, che Monti avrebbe avuto consultazioni anche con le rappresentanze istituzionali di donne e giovani. ADN Kronos, aggionamento del 14 novembre, ore 20:19 specifica che “Lo ha annunciato Mario Monti al termine degli incontri di oggi a Palazzo Giustiniani, sottolineando come si tratti di ‘ambiti cruciali della nostra società’ perché ‘quasi sempre’ ciò che ‘giova ai giovani, giova anche al paese. E questo vale anche per le donne’”.
    Quando mai abbiamo avuto una rappresentanza istituzionale? Si chiedono amiche perplesse, lunga storia di movimento delle donne alle spalle e nel presente.
    Poi un approfondimento via internet fa capire che “alle 16.30 arriva la rappresentanza delle donne italiane, con la delegazione della Rete Nazionale delle Consigliere e dei Consiglieri di Parità”.
    Peccato che le Consigliere e i Consiglieri di parità non abbiano affatto il compito di “rappresentare le donne”, ma di vigilare sulla applicazione di leggi che garantiscono parità e pari opportunità a tutti i soggetti, comprese le donne.
    La confusione delle parole determina la confusione delle idee. Ci auguriamo che Monti questo lo abbia ben chiaro, per il bene del Paese, degli uomini e delle donne che lo abitano.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 320: TRAFFICO – Pannelli luminosi, molta saggezza scarsa informazione

    Comprare merce falsa alimenta l’illegalità.
    Ecco il preavviso apparso a caratteri luminosi sul pannello destinato alle info sulla viabilità il giorno 7 novembre verso le 17.30 in Via Pieragostini.
    Comprare merce falsa alimenta l’illegalità.
    All’estero – ma anche in molte città d’Italia – la segnaletica luminosa viene utilizzata semplicemente per aggiornare gli automobilisti sulla disponibilità dei parcheggi cittadini, sul traffico nella rete stradale ed eventuali allarmi meteo.
    A Genova, talvolta, non sanno che farsene di quei pannelli. E, consapevoli della scarsa coscienza civile che abita le persone, decidono di utilizzarli a scopo formativo.
    Per questa ragione di seguito ecco alcune frasi alle quali i responsabili degli spazi potrebbero ricorrere in futuro:
    Scippare le vecchiette è reato
    Non si picchiano i bambini
    Onora il padre e la madre
    Nessuno è profeta in patria
    C’è del marcio in Danimarca
    Meglio un uovo oggi che una gallina domani
    Non superare il limite di velocità
    Finché c’è vita c’è speranza
    Nel periodo natalizio i pannelli luminosi potrebbero essere utilizzati come le finestrelle del calendario dell’avvento. Ogni giorno un’immagine diversa.
    Poi non importa che il cittadino europeo in visita a Genova non sappia dove parcheggiare e dove siano i posti auto disponibili.
    Vogliamo mettere?
    Cosa c’è di più consolante di una bella pillola di saggezza?
    (Giovanna Profumofoto dell’autrice)

  • OLI 320: ESTERI – Gli Stati Uniti e l’Islam riformista

    In un articolo sul giornale libanese Al-Akhbar in lingua inglese, Asàd AbuKhalil, professore di scienze politiche all’Università americana di California, racconta la storia della riforma progressista dell’Islam tentata in Egitto da Nasser negli anni 1950 e 1960: C’era una guerra civile all’interno dell’Islam, l’Arabia Saudita e le altre dittature filo-americane del Medio Oriente sostenevano un Islam reazionario e conservatore definito dagli standard del wahabismo, uno dei movimenti religiosi più intolleranti ed esclusivisti nell’Islam. Mentre, Nasser, sosteneva e promuoveva un Islam molto diverso. Era un Islam che sosteneva l’uguaglianza di genere, promuoveva le donne e combatteva l’oscurantismo. Nasser ha usato l’istituzione religiosa più importante d’Egitto, al-Azhar, attraverso il suo alleato, il capo religioso Mahmud Shaltut, per una effettuare una riforma illuminata dell’Islam.
    Sotto Nasser, al-Azhar ha aperto le sue porte alle donne, ed è finito il takfir (dichiarazione di infedeltà) dei musulmani sciiti. “Nasser – scrive il professore americano d’origine libanese – aveva emarginato e addirittura espulso quei religiosi fanatici dei Fratelli Musulmani che hanno (successivamente) ispirato Al-Qaeda ed altri gruppi del genere”. E tutti i religiosi reazionari sono fuggiti dall’Egitto e sono stati accolti dalle monarchie del Golfo che li ha assunti come educatori, consulenti, sacerdoti e personaggi televisivi. Ma Nasser non ha avuto contro solo l’Arabia Saudita e la sua ricchezza petrolifera: ha dovuto anche affrontare i governi statunitense e occidentali. “Gli Stati Uniti, per sostenere Israele e perché erano più preoccupati del comunismo e delle sinistre, hanno sostenuto la versione reazionaria dell’Islam e le organizzazioni musulmane create dall’Arabia Saudita. Gli Stati Uniti hanno combattuto ferocemente contro l’Islam progressista di Nasser e stavano nello stesso campo con l’Arabia Saudita e le altre monarchie del Golfo che hanno promosso i valori e le dottrine conservatrici”.
    Questa guerra andò avanti per anni, nella quale Nasser ha segnato grandi colpi: alcune nuove e vecchie repubbliche (Libia, Siria e Iraq) sono state influenzate da Nasser. Persino il leader dei Fratelli musulmani siriani Mustafa Sibai era sulla difensiva ed ha scritto un libro intitolato “Il socialismo dell’Islam”. “I Fratelli musulmani – scrive AbuKhalil – sono stati creati per assomigliare a dei difensori di un ordine di morte. Nasser (con precisione) ha associato quell’Islam al suo sponsor: l’Arabia Saudita. Era l’Islam che serve il colonialismo, egli sosteneva”.
    Nasser morì nel 1970 e il suo successore Sadat (guardando a Washington), ha liberato dal carcere tutti gli estremisti islamici e li ha scatenati nei campus universitari egiziani. Sadat (e i suoi alleati sauditi), volevano che gli islamisti contrastassero la sinistra ed i nazionalisti arabi. E’ stato inferto un duro colpo alla laicità: il suo grande e più credibile sponsor, Nasser, era morto. “Dopo il 1970 – scrive AbuKhalil -, siamo entrati nell’era saudita cioè l’era della prevalenza dell’Islam reazionario. Questo Islam ha ricevuto un’ulteriore spinta negli anni ottanta, quando è stato sostenuto dai miliardi e dalle armi degli Stati Uniti in Afghanistan. Il resto è storia distorta.”
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 320: LETTERE – Salviamo l’Istituto Agrario Marsano

    Riceviamo dal Collegio dei docenti dell’Istituto Marsano una lettera in risposta all’articolo di Oli 319 dove abbiamo parlato del progetto di nuova strada a Sant Ilario e dei danni che ne derivano al parco dell’istituto stesso. Pubblichiamo la presa di posizione del Collegio dei docenti.


    Il Collegio dei Docenti
    Sentita la relazione del dirigente scolastico prof.ssa Marcella Rogai nella quale si evidenzia che:
    – da giorni si leggono sui quotidiani locali notizie confuse ed imprecise sulla “strada di S. Ilario”;
    – la soluzione progettuale che, nei giorni scorsi, è stata descritta solo verbalmente all’Istituto dall’Assessore Margini corrisponde nella sostanza a quella già proposta l’anno scorso, quando era stata addirittura inserita nella cosiddetta variantona al PUC (e poi stralciata a seguito delle Osservazioni e di un ricorso al Tar dell’Istituto), destinata a tagliare in due parti il Podere Costigliolo, nucleo centrale e di maggior valore del parco di pertinenza dell’Istituto;
    – che l’Istituto, fondato nel 1882 su lascito di Bernardo Marsano, quale Regia Scuola di Agricoltura, è da 129 anni un riferimento per Sant’Ilario e per la città, come abbiamo potuto nuovamente constatare anche nel corso della recente “Settimana dei Paesaggi sensibili”, che si è svolta dal 15 al 22 di ottobre: Italia Nostra ha infatti eletto il Podere Costigliolo a “Paesaggio agrario sensibile”;
    – che sono intervenuti alle iniziative proposte dalla scuola esponenti delle istituzioni particolarmente attenti ai temi trattati, genitori, ex studenti ed anche cittadini che negli anni si sono confrontati con le innumerevoli iniziative proposte dal nostro Istituto.
    Considerato che
    Al Marsano ci chiediamo: ma perché si deve proprio tagliare il Podere Costogliolo con la ferita di una strada che lo attraversa in pieno per arrivare a via del pianello, pena l’esproprio e quindi pena la cessazione delle attività educativo/didattico/formative che hanno una così unica e preziosa ricaduta sulla città?
    Il Collegio Docenti
    delibera che
    la soluzione proposta non è assolutamente accettabile, sia per le esigenze connesse ai vincoli culturale e paesaggistico che tutelano unitariamente i beni dell’Istituto, sia per elementari esigenze di sicurezza di studenti e docenti, che uscendo dall’edificio principale della scuola per recarsi nelle serre per le esercitazioni pratiche dovrebbero attraversare quello che oggi è un viale privato, ma che in questo modo diventerebbe di fatto una strada pubblica.
    Il Collegio delibera, inoltre, di dare ampio mandato alla Dirigente ed agli organi collegiali, deputati alla gestione dell’attività dell’Istituto Marsano, affinché il patrimonio paesaggistico della nostra scuola (dichiarato di “interesse culturale particolarmente importante” il 3 marzo 2011, con Decreto del Direttore Regionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria) sia salvaguardato secondo quanto prescrivono le leggi nazionali ed europee.

    Approvato all’unanimità nella seduta del 11 novembre 2011

  • OLI 320: LETTERE – Parole pesanti! Attenzione.

    Federico Valerio, ambientalista storico genovese e non solo, continua a svolgere un ottimo lavoro di informazione e pulizia sulla tragedia di Genova di pochi giorni fa. Lo affida prevalentemente alla mailing-list ambiente_liguria@yahoogroups.com dalla quale io lo raccolgo con gratitudine.
    Penso che sia un contributo utile alla formazione di un pensiero critico su quanto avvenuto, presupposto necessario per allontanare fantasmi e paranoie e per evitare giudizi affrettati e tribunali impropri. Che non servono a niente se non ad avvelenare ulteriormente il già avvelenato clima politico in cui siamo immersi. E che forse comincia “a riveder le stelle”.
    Torniamo alle informazioni di Federico Valerio. Ci dice che “in inglese si chiamano “Cloud-Burst”, in italiano “nubifragio”,… eventi durante i quali, in due ore, piovono più di 50 milimetri di pioggia, 600 milimetri in 24 ore”. L’evento nel linguaggio mediatico e purtroppo politico è stato definito “bomba d’acqua”, almeno nei primi giorni. Su Quezzi, il quartiere del Ferreggiano, il 4 novembre sono caduti 514 milimetri di acqua in 24 ore. Un nubifragio di violenza simile a quello dell’alluvione di Genova del 1970, ma in un’area più ristretta e in un tempo più concentrato.
    Le previsioni ARPAL del giorno prima parlavano di 30-70 millimetri di pioggia prevedibili per il giorno dopo. Se le previsioni si fossero avverate al massimo si sarebbero verificati allagamento dei sottopassi, degli scantinati. Eventi certamente pericolosi ma non di potenza tragica come quelli che si sono verificate. D’altra parte non esistono modelli di previsione sperimentata sulla intensità e sulla concentrazione spazio-temporali dei nubifragi.
    Dopo questa dolorosissima esperienza quando si parlerà di “allerta 2” le indicazioni sui comportamenti protettivi e le azioni di tutti i soggetti responsabili, cittadini compresi, saranno improntati al massimo del principio di precauzione e al massimo dell’allerta.
    Alle informazioni e alla riflessione di Federico Valerio ho voluto aggiungere una considerazione che mi appassiona e mi preoccupa e che considero fondamentale per il dispiegarsi di una buona convivenza e di una autentica democrazia. Riguarda il linguaggio, troppo spesso sfigurato, de-animato, corrotto. Nel nostro caso l’uso della parola “bomba d’acqua” ha dato l’innesco a questa mia riflessione. C’è differenza nella risonanza linguistica fra nubifragio e bomba d’acqua.
    E la parola nubifragio è assolutamente esaustiva e convincente.
    Credo che possa chiarire meglio il mio argomentare un breve aforisma: “Bombe intelligenti, bombe umanitarie, bombe d’acqua. E noi, parolai sempre più stupidi”.
    Forse dire “noi” potrebbe pungere qualcuno, ma va nel senso del “…siamo tutti coinvolti”.
    Bomba è parola di grande tensione inquietante. E questi primi anni del secolo ce lo hanno mostrato, avvelenando vita e futuro.
    Ora è ancora più angosciante nel momento in cui c’è fra i potenti che cercano di fermare la presunta e illegale, sicuramente minacciosa, bomba atomica iraniana, con bombe atomiche capaci di penetrare la crosta terrestre con le conseguenze immaginabili. Al riparo di ogni loro illegalità.
    E perdonate la digressione conclusiva.
    (Angelo Guarnieri)

  • OLI 319: VERSANTE LIGURE – L’URLO

    È un urlo di pioggia (in) marcia
    potente ringhioso feroce
    un urlo di fine di pace
    che l’anima e la città squarcia
    un urlo che è sempre più forte
    di pianto che cade dall’alto
    sul pianto di chi è sull’asfalto
    un urlo di male e di morte
    un urlo di stupro ambientale
    e insieme di pura Natura
    (e porta con sé più paura
    l’atroce che è naturale).
    Un urlo, d’angoscia essenza,
    di rabbia e protesta furente
    che cerca una colpa, e si sente
    che a urlare di più è l’impotenza.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA

    .

  • OLI 319: CITTA’ – L’alluvione e i tre metri della Regione

    Il sindaco ha fatto una figura penosa.
    Ha risposto ad uno stato di allerta costringendo i cittadini a rischio ad evacuare in zone protette.
    La città si è svuotata: strade, negozi, aeroporti, linee metropolitane totalmente deserte.
    La gente chiusa in casa, i frigoriferi pieni, in attesa del giudizio universale. Nastri adesivi a x sulle finestre, in contattato con l’esterno solo via internet o telefono.
    Chi era lì testimonia che è stata messa in moto una macchina da guerra. Chi era lì accenna all’efficienza data dalla paura, all’informazione capillare e massiccia con la quale sono stati bombardati i residenti in tutta l’area. Gli italiani in vacanza, passata l’emergenza, hanno deriso quel sindaco, pretendendo il rimborso delle notti sprecate in hotel per un falso allarme. Esaggeratoo! hanno esclamato indicando un sistema nel quale non si riconoscono semplicemente perché il fato non deve e non può essere messo in conto. Hanno ricoperto il sindaco di New York di scherno ma poi sono partiti.
    La sindaco ha fatto una figura pietosa.
    La sua macchina presa a calci è l’epitaffio ad un programma che nel 2007 aveva come titolo “Il sindaco di tutti. Marta Vincenzi”. Quei calci feriscono, insieme a lei, chi in quella promessa aveva creduto. Ma è pur vero che la “responsabilità” non può e non deve limitarsi al successo della Notte Bianca ma deve anche sapersi far carico degli eventi più tragici della città. Indagare a fondo, senza autoassoluzioni. Cercando di riflettere prima di fare dichiarazioni alla stampa.
    La mattina del 4 novembre cimiteri, parchi e passeggiate cittadine erano chiusi. Erano chiusi per un’allerta due annunciata da giorni sulla stampa. Ma le scuole erano aperte. I figli di Mario sono stati tratti in salvo dall’edificio scolastico grazie all’intervento dei pompieri. Mario e sua moglie che abitano poco distante da via Fereggiano hanno visto i loro ragazzi cinque ore dopo essersi messi in marcia per andarli a prendere. Il Comune non ha offerto loro un “servizio” ma li ha cacciati nel tunnel dell’angoscia. Con loro molti altri genitori.
    Marta Vincenzi ha dichiarato a Prima Pagina domenica 6 novembre: “questa bomba d’acqua ha ucciso le persone che passavano lì, la donna anziana e la donna con i bambini. Non c’è da pensare ad’altro, se non verificare come mai qualcuno ha consentito che si potesse uscire dalle scuole in quel momento e come mai non sia arrivata la circolare che il Comune ha fatto che i bambini stessero fino al cessato allarme dentro le scuole: questo è da verificare”.
    Per quanto riguarda il prossimo futuro lascia di stucco leggere la denuncia di Manuela Cappello e del WWF a Feruccio Sansa sul Il Fatto: “la Regione Liguria ha ridotto il limite previsto per le nuove costruzioni lungo i fiumi. Erano dieci metri, adesso sono tre. Si rischiano nuovi disastri.”
    Quattro donne e due bambine sono morte venerdì scorso. Una tragedia che non si può liquidare con frasi del tipo “E di cosa mai sarei responsabile? Del fatto che lo tsunami ha colpito la città di cui sono sindaco?”.
    Lunedì e martedì scuole chiuse.
    E i cimiteri?

    (Giovanna Profumo)

  • Oli 319: CENTRO STORICO – La grande fatica della Maddalena

    In Oli 317 avevamo riportato una testimonianza molto critica sull’efficacia dell’intervento dell’incubatore di imprese nel centro storico. L’articolo aveva ricevuto due commenti, che pur riconoscendo le difficoltà: mi sono trovato in una situazione simile l’anno scorso … problemi burocratici, di comprensione sugli intenti dei proponenti …, sostenevano l’azione positiva svolta dall’incubatore: io ho visto nascere nuove belle attività … ha sostenuto molte attività esistenti … e anche attività di animazione territoriale … L’incubatore della Maddalena c’è e lavora.

    Giovedì 3 novembre un workshop del Convegno “Eurocities – planning for people” è stato l’occasione per raccogliere qualche informazione di sintesi, che andasse oltre le singole esperienze.
    Tra il 2005 e il 2011 ci sono stati, a sostegno delle imprese, tre bandi nella zona Giustiniani, Maddalena e Pré: per imprese femminili; per imprese già esistenti; per insediamento di nuove imprese.
    Le risorse (3.350.000 €) provengono dalla legge 266/1997, cosiddetta “legge Bersani” e dal Programma di Iniziativa Comunitaria Urban 2 per ulteriori 700.000 €.
    I soldi destinati alle imprese sono stati 2.920.000, attraverso contributi a fondo perduto per la ristrutturazione dei locali (60% delle spese), e finanziamenti a tasso 0,50% per gli investimenti necessari.
    Il resto è destinato a iniziative di animazione economica e sociale del territorio.

    Nell’area della Maddalena era previsto un finanziamento di 1.698.452 €, ma di questi sono stati effettivamente impegnati 1.007.380: il 59%. Le imprese interessate all’intervento sono ventisette, di cui: otto nuove (una sola è già attiva, cinque hanno appena fatto domanda, delle altre una non ha dato corso al progetto, e una è cessata), e diciannove già esistenti (ma di cui una è cessata, e tre non hanno dato corso al progetto). Fin qui i dati.
    L’impressione è quella di una gran fatica.

    Molto tempo, lavoro, investimento, denaro e competenze, per risultati che paiono perdersi in una realtà ancora immutata.
    Ma davvero esistono alternative a questo rosicchiare poco per volta le zone di abbandono e di degrado?
    Un imprenditore che aprirà il suo negozio a Marzo evoca l’immagine di una strada “aperta di negozi dall’inizio alla fine, senza limiti di orario”, ma arrivarci è difficile.

    Le persone con cui parlo ammettono le difficoltà: molti proprietari non affidano i loro spazi all’Incubatore perché contano su maggiori possibilità speculative, e preferiscono lasciarli sfitti; gli spazi gestiti dall’Incubatore sono in genere troppo grandi, e quindi di fatto costosi, per alcune micro-attività; c’è un’esitazione comprensibile delle persone a buttarsi nell’impresa, così, uno per volta, in una via in cui lo sfruttamento della prostituzione appare come l’attività più fiorente. Qui, osservo, mi pare che il punto cruciale non sia l’utilizzo dei cosiddetti “bassi”, ma l’assenza di un’azione investigativa che colpisca quello che è evidente a chiunque passi di lì: dietro all’aumento e al continuo ricambio di giovani prostitute straniere non può che esserci un’attività organizzata di sfruttamento. Possibile che Polizia e Carabinieri non riescano a venirne a capo? Già, conferma il mio interlocutore, forse è più comodo lasciare correre.
    Intanto, una dopo l’altra, festeggiamo ogni luce che si accende.
    (Paola Pierantoni – fotografie dell’autrice)