Oli 319: CENTRO STORICO – La grande fatica della Maddalena

In Oli 317 avevamo riportato una testimonianza molto critica sull’efficacia dell’intervento dell’incubatore di imprese nel centro storico. L’articolo aveva ricevuto due commenti, che pur riconoscendo le difficoltà: mi sono trovato in una situazione simile l’anno scorso … problemi burocratici, di comprensione sugli intenti dei proponenti …, sostenevano l’azione positiva svolta dall’incubatore: io ho visto nascere nuove belle attività … ha sostenuto molte attività esistenti … e anche attività di animazione territoriale … L’incubatore della Maddalena c’è e lavora.

Giovedì 3 novembre un workshop del Convegno “Eurocities – planning for people” è stato l’occasione per raccogliere qualche informazione di sintesi, che andasse oltre le singole esperienze.
Tra il 2005 e il 2011 ci sono stati, a sostegno delle imprese, tre bandi nella zona Giustiniani, Maddalena e Pré: per imprese femminili; per imprese già esistenti; per insediamento di nuove imprese.
Le risorse (3.350.000 €) provengono dalla legge 266/1997, cosiddetta “legge Bersani” e dal Programma di Iniziativa Comunitaria Urban 2 per ulteriori 700.000 €.
I soldi destinati alle imprese sono stati 2.920.000, attraverso contributi a fondo perduto per la ristrutturazione dei locali (60% delle spese), e finanziamenti a tasso 0,50% per gli investimenti necessari.
Il resto è destinato a iniziative di animazione economica e sociale del territorio.

Nell’area della Maddalena era previsto un finanziamento di 1.698.452 €, ma di questi sono stati effettivamente impegnati 1.007.380: il 59%. Le imprese interessate all’intervento sono ventisette, di cui: otto nuove (una sola è già attiva, cinque hanno appena fatto domanda, delle altre una non ha dato corso al progetto, e una è cessata), e diciannove già esistenti (ma di cui una è cessata, e tre non hanno dato corso al progetto). Fin qui i dati.
L’impressione è quella di una gran fatica.

Molto tempo, lavoro, investimento, denaro e competenze, per risultati che paiono perdersi in una realtà ancora immutata.
Ma davvero esistono alternative a questo rosicchiare poco per volta le zone di abbandono e di degrado?
Un imprenditore che aprirà il suo negozio a Marzo evoca l’immagine di una strada “aperta di negozi dall’inizio alla fine, senza limiti di orario”, ma arrivarci è difficile.

Le persone con cui parlo ammettono le difficoltà: molti proprietari non affidano i loro spazi all’Incubatore perché contano su maggiori possibilità speculative, e preferiscono lasciarli sfitti; gli spazi gestiti dall’Incubatore sono in genere troppo grandi, e quindi di fatto costosi, per alcune micro-attività; c’è un’esitazione comprensibile delle persone a buttarsi nell’impresa, così, uno per volta, in una via in cui lo sfruttamento della prostituzione appare come l’attività più fiorente. Qui, osservo, mi pare che il punto cruciale non sia l’utilizzo dei cosiddetti “bassi”, ma l’assenza di un’azione investigativa che colpisca quello che è evidente a chiunque passi di lì: dietro all’aumento e al continuo ricambio di giovani prostitute straniere non può che esserci un’attività organizzata di sfruttamento. Possibile che Polizia e Carabinieri non riescano a venirne a capo? Già, conferma il mio interlocutore, forse è più comodo lasciare correre.
Intanto, una dopo l’altra, festeggiamo ogni luce che si accende.
(Paola Pierantoni – fotografie dell’autrice)