Autore: Redazione

  • OLI 319: AMBIENTE – Dà fastidio la scuola dei muretti a secco

    Disegno di Guido Rosato

    E così alla fine ce l’han fatta. Per ora.
    Sant’Ilario avrà una nuova strada: con un emendamento al Puc, presentato in Commissione Urbanistica all’ultimo momento mercoledì 3 novembre, si stabilisce che ci sarà un nuovo tracciato per servire gli abitanti delle zone alte. Peccato che gli abitanti siano poche famiglie, e che, comunque, l’Istituto Agrario avesse già dato disponibilità a cedere altri terreni pur di non compromettere il parco della scuola, Podere Costigliolo, nucleo centrale e di maggior valore del parco di pertinenza dell’Istituto.
    La sindaco si è riservata di rispondere “la prossima volta” al perché sia stata presentata quasi in sordina una “quarta“ versione rispetto a quella orginale.
    Al diavolo i vincoli culturale e paesaggistico che tutelano i beni dell’Istituto, un lascito voluto a scopi didattico-culturali; al diavolo le più elementari esigenze di sicurezza di studenti e docenti, che per recarsi da scuola alle serre per le esercitazioni pratiche dovrebbero attraversare quello che oggi è un viale privato, destinato secondo il progetto del comune ad essere tagliato in due parti, diventando di fatto una strada pubblica.
    Al diavolo il meraviglioso equilibrio di quel parco, delle sue fasce, del territorio.
    Il parere della Soprintendenza di cui si fa forte l’assessore ai lavori pubblici è solo “un orientamento di massima favorevole condizionato alla disponibilità dell’Istituto” e alla presentazione di “un piano generale dell’accessibilità dell’intero comparto – con particolare riferimento alla zona alta della collina” che giustificherebbe la realizzazione della porzione di strada, proposta dall’amministrazione.
    Ma l’Istituto è pronto da decenni, come ha costantemente ribadito, a cedere altri terreni di proprietà, in altre parti dell’abitato di Sant’Ilario, per realizzare il diverso progetto di strada che servirebbe “la zona alta della collina”.
    Questa disponibilità, apprezzata dagli abitanti di Sant’Ilario e ribadita al Comune, potrebbe finalmente risolvere la situazione per tutti, compresi i pochi che risiedono in Via Pianello.
    A questo punto la domanda è: a chi giova una strada di collegamento a terreni così poco abitati? Diverranno fra poco popolosi?
    Nel corso di quest’anno la Soprintendenza di Genova riconosce il “notevole interesse storico-artistico” del Podere Costigliolo sede dell’Istituto Agrario B. Marsano, e la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria, ne decreta “l’importante interesse culturale”.
    Intanto gli abitanti di Genova Sant’Ilario alta chiedono di migliorare la viabilità con un tracciato a basso impatto ambientale, anche per risolvere i problemi di dissesto idrogeologico, un tracciato al quale l’Istituto Marsano ha già dato in passato disponibilità e spazi: una creuza già in parte esistente a nord-ovest, non una nuova strada a sud-est, come propone il Comune, squarciando il parco.
    L’ennesimo emendamento propone un nuovo tratto di viabilità di tipo agricolo-forestale: singolare che tale viabilità venga realizzata a scapito dell’unica realtà agricola di rilievo di quell’area, che sin dal 1882 si fa carico della formazione in campo agricolo ed ambientale, e della conservazione della biodiversità. Con una scuola frequentata da centinaia di alunni, dove si insegna pure a costruire i muretti a secco, tanto importanti per il nostro territorio.
    (Bianca Vergati)


    L’articolo di Bianca Vergati ha avuto un seguito con una lettera del Collegio dei docenti dell’istituto in Oli 320.

  • OLI 319: POLITICA – Parlamento pulito, da Grillo a Bruxelles

    Chi amministra una nazione dovrebbe essere incensurato. Si tratta di un principio ovvio, naturale, eppure in Italia abbiamo una tale concentrazione di parlamentari e amministratori pubblici già processati e condannati in via definitiva, che i luoghi della politica potrebbero far paura alle favelas di Caracas o ai luoghi della guerriglia colombiana. Già diversi anni fa un’iniziativa di Beppe Grillo (***) aveva trovato l’accoglienza entusiasta di persone che in un solo giorno riuscirono ad apporre più di mezzo milione di firme, delle quali ne partirono poi 350 mila verso la Commissione affari costituzionali del Senato, a sostegno della legge di iniziativa popolare denominata “Parlamento pulito”. La proposta di legge fu osteggiata per anni dagli ambienti parlamentari, alla fine vergognosamente bocciata pochi mesi fa. Oggi, come per magia, l’Unione Europea l’abbraccia invece quasi pienamente (**), accogliendo le proposte di alcuni parlamentari italiani che parafrasando l’iniziativa di Grillo, hanno messo le basi per un indirizzo europeo del concetto del parlamentare “intonso”.
    La stessa Sonia Alfano, che pubblica nel sul blog (*) un articolo sulla vicenda, s’appresta a scrivere una lettera ai Presidenti di Camera e Senato e a tutti i capogruppo per chiedere che lo stesso principio, indicato come da applicare ai parlamenti locali, sia preso in considerazione anche in Italia.
    * http://www.soniaalfano.it/blog/2011/11/02/parlamento-europeo-pulito-finalmente/
    ** http://www.leggioggi.it/2011/11/05/post-fata-resurgo-il-ddl-popolare-di-grillo-cestinato-a-roma-approvato-a-strasburgo
    *** http://www.youtube.com/watch?v=YiBtBlKtanU
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 319: INFORMAZIONE – Per cosa corre Pinotti?

    Disegno di Guido Rosato

    Questa settimana siete invitati a leggere l’articolo di Repubblica dal titolo “La Pinotti di corsa fra Tursi e New York“, dove manca la classica dicitura “Informazione pubblicitaria”. Corre, Pinotti. Non avrebbe potuto “scendere in campo” come tutti gli altri ?
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 319: CITTA’ – Genova 1797 & 2007

    Rapprentazioni del territorio a levante del centro di Genova, con i torrenti Bisagno e Fereggiano, a distanza di 210 anni l’una dall’altra.
    Sopra:
    dall’Album topografico di Genova e suoi dintorni, penna ed acquerello colorato, circa 1797, Genova, Collezione Topografica del Comune, inv. n. 1127 (particolare).
    Sotto:
    da Google Earth, 9 agosto 2007.
    (Ferdinando Bonora)
  • OLI 319: LETTERE – Shock economy e privatizzazione

    Terremoto dell’Aquila, aprile 2009 – Gli imprenditori embedded nell’economia dei disastri si preparano a raccogliere il bottino:
    – GAGLIARDI:..oh ma alla Ferratella occupati di ‘sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito… Non è che c’è un terremoto al giorno
    – PISCICELLI:… no…lo so (ride)– GAGLIARDI:… così per dire per carità.. poveracci
    – PISCICELLI:.. eh certo … Io ridevo stamattina alle 3 e mezzo dentro al letto
    – GAGLIARDI:… io pure… va buo’… Ciao.

    Alluvione Spezia e Massa, ottobre 2011 – Comunicato della Protezione Civile – 31/10/2011: “La Prefettura della Spezia rivolge nuovamente un invito a non recarsi presso i Comuni interessati dagli eventi alluvionali in quanto la presenza di volontari singoli non organizzati sta creando intralcio alle operazioni di soccorso e sgombero delle strade”.

    Shock Economy – L’ascesa del capitalismo dei disastri – Naomi Klein –RCS, 2007:
    “Date le temperature bollenti, sia climatiche sia politiche, i futuri disastri non avranno bisogno di cospirazioni segrete. Tutto lascia pensare che, se le cose restano come sono ora, i disastri continueranno a presentarsi con intensità sempre più feroce. La generazione dei disastri, dunque, può essere lasciata alla mano invisibile del mercato. Questa è un’area in cui il mercato funziona davvero.”
    La Klein, a proposito dell’uragano Katrina che nel 2005 ha spazzato New Orleans, ha ipotizzato che le autorità abbiano deliberatamente assecondato la furia della natura che, radendo al suolo l’intera area, avrebbe facilitato la delocalizzazione delle popolazioni (povere) residenti e un’imponente opera di riurbanizzazione.
    In questa alluvione ligure ho sperimentato, in una giornata trascorsa a Brugnato, (che è diverso dal generico sapere, leggere, vedere in TV) l’ovvio:

    1. massiccia presenza di imprese riconducibili ai settori della movimentazione di terra e dell’edilizia;
    2. massiccia presenza di volontariato organizzato e istituzionalizzato, che opera in coordinamento con la protezione civile;
    3. tentativo, da parte delle istituzioni, di tenere fuori i volontari-volontari;
    4. quantità smisurata di iniziative di raccolta fondi.

    Mentre si spala si argomenta, si dibatte, si delibera e uno degli esiti di tale deliberazione è stato il seguente:
    “In un’Italia di disoccupati, di occupabili, di disastri, non avrebbe maggior senso destinare alla cura del territorio lo stesso denaro che inevitabilmente viene investito “nell’emergenza”? Non di più o di meno, ma lo stesso denaro; garantendo occupazione e stabilità economica a un maggiore numero di persone?” Banale? Mica tanto.
    Se si ragiona in termini di economia dei disastri, allora il quadro diventa molto chiaro: si preferisce investire nell’emergenza perché le medesime risorse sono ridistribuite in una ristretta cerchia di soggetti, spesso ben selezionati. Socializzazione dei costi, privatizzazione dei profitti.

    “Come il prigioniero terrorizzato che rivela i nomi dei compagni e abiura la sua fede, capita che le società sotto shock si rassegnino a perdere cose che altrimenti avrebbero protetto con le unghie e con i denti”.

    Se si ragiona in termini di “shock economy”, si può ben capire il senso della proposta del senatore Grillo: l’attivazione dei privati, attraverso il project financing, per la ricostruzione delle zone alluvionate nello spezzino, in cambio dell’acquisizione di una struttura dismessa da una forza armata o di una concessione che ne preveda l’uso protratto nel tempo.
    Il senatore Grillo, naturalmente, ha già coinvolto gli americani: Milton Friedman docet.
    (Daniela Patrucco)

  • OLI 318: VERSANTE LIGURE – SCRIPTA MANENT

    In testa mi bolliva
    un magma di pensieri
    fra sogni con la bava
    e assurdi desideri
    un po’ quella dell’uva
    un po’ furori veri:
    trascritto ho questa lava
    poi, all’Europa, ieri
    spedito ho la missiva
    (lo fanno, i Cavalieri).

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA

    .

  • OLI 318: IMMIGRAZIONE – Caritas, 684.413 immigrati spediti nella clandestinità nel 2010

    Secondo i dati del Dossier statistico immigrazione 2011 curato dalla Caritas, sono 684.413 i permessi di soggiorno che non sono stati rinnovati nel corso del 2010. Sono persone che si erano faticosamente regolarizzate, ora trasformate in irregolari, visto che quando perdono il permesso di soggiorno non ritornano nei loro paesi d’origine ma restano qui in clandestinità a lavorare in nero. In un solo anno è stato cancellato il risultato di tre provvedimenti di regolarizzazione (o sanatorie) che hanno richiesto almeno dieci anni di tempo: c’è stata una regolarizzazione circa ogni cinque anni e l’ultima (quella di colf e badanti) ha sanato la posizione di circa 200 mila persone. In un solo anno è stato polverizzato il lavoro faticoso e molto costoso degli Uffici Immigrazione di Prefetture e Questure, dei Patronati, delle Poste e delle ambasciate.
    La crisi potrebbe aver contribuito in questo gravissimo fatto ma la maggiore responsabilità è da attribuirsi alle norme sul rinnovo del permesso di soggiorno e l’interpretazione restrittiva con la quale vengono applicate: perdere il contratto di lavoro equivale a perdere il permesso di soggiorno. La convenzione OIL n. 143/75, ratificata dall’Italia, tuttavia, dispone il contrario: “il lavoratore migrante non potrà essere considerato in posizione illegale o comunque irregolare a seguito della perdita del lavoro, perdita che non deve, di per sé, causare il ritiro del permesso di soggiorno”.
    I più colpiti sono i lavoratori dipendenti poiché le norme sul rinnovo sono più rigide. Colpite anche le famiglie, poiché il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia dipende dalla situazione del lavoratore stesso. Infatti in se il lavoratore perde il permesso di soggiorno, lo perdono i suoi familiari. Intere famiglie sono spedite nella clandestinità. Ecco i dati del Dossier Caritas in dettaglio: sono 398.136 i permessi di soggiorno non rinnovati che erano stati rilasciati per lavoro subordinato, 49.633 per lavoro autonomo, 220.622 per motivi di famiglia e 160.220 per attesa occupazione.
    Preso atto che nulla è cambiato nelle leggi e nella loro applicazione, possiamo facilmente dedurre che anche quest’anno altrettante persone sono/saranno trasformate in “clandestini”. Malgrado la crisi, alcuni settori come, ad esempio, l’edilizia, l’agricoltura e servizi hanno bisogno vitale di mano d’opera immigrata. Perché privare l’economia italiana, che ha bisogno di crescere, dalla possibilità di impiegare legalmente lavoratori che conoscono la lingua italiana e che sono già formati? A chi giova condannare oltre un milione di persone alla clandestinità e al lavoro nero? Per quale ragione viene favorita l’evasione fiscale e la concorrenza sleale a sfavore dei datori di lavoro rispettosi della legalità? A chi giova togliere ad un numero enorme di persone la possibilità di avere alcun rapporto con le istituzioni e con le forze dell’ordine in particolare, da cui sono costretti a nascondersi per non essere espulsi? A chi giova esporli a rapporti con tutti gli altri soggetti criminali che si nascondono dalle istituzioni? Tutto questo è certamente un grave danno al paese, è ingiustificabile ed irresponsabile.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 318: CITTA’ – Immigrati e casa, come passare dal sogno all’incubo

    Disegno di Guido Rosato

    Il Dossier Statistico Immigrazione, 21° rapporto della “Caritas Migrantes”, è stato presentato a Genova lo scorso Giovedì 27 ottobre.
    Sulla stampa cittadina ha trovato spazio soprattutto il tema degli effetti della crisi su occupazione e rimesse degli immigrati.
    Ora, proprio a proposito di conseguenze della crisi, nelle 500 pagine del rapporto c’è un capitolo (“Crisi economica e condizione abitativa degli immigrati in Italia”) che meriterebbe di trovare largo spazio nella discussione sulla città, in questa epoca di bilanci, progetti e PUC, alla vigilia di un appuntamento elettorale.
    Ne cito alcuni frammenti:
    “Negli ultimi anni gli immigrati sono stati una quota sempre più incisiva e vitale della domanda abitativa … sia nel mercato delle locazioni sia in quello delle compravendite”, ma: “Dobbiamo segnalare un’assenza di strumenti di welfare abitativo … oltre all’inefficacia delle politiche sociali della casa attuate in ambito nazionale e locale”.
    Gli immigrati, osserva il rapporto, sono discriminati nell’accesso ad un mercato degli affitti fortemente subalterno a quello della compravendita. In Italia “l’offerta di case in locazione è scarsa, e quella a canoni accessibili e a canoni sociali è estremamente ridotta”. La quota di case in affitto in Italia, pari al 18,8 % delle abitazioni totali “è nettamente inferiore a quella degli altri Paesi europei: Germania 57,3%; Olanda 47,3%; Francia 40,7%”.
    La quota di edilizia sociale da noi è pari al 4,5% sul totale delle abitazioni, undicesima posizione in Europa.
    In questa situazione molti immigrati hanno giocato la carta dell’acquisto, con mutui totali. Ma già dal 2008, a causa del cambiamento di strategia dei prestiti bancari, questo spiraglio si è chiuso, e gli acquisti da parte di immigrati sono scesi dal 16,7% sul totale delle compravendite nel 2007, all’8,7% nel 2010. Non solo, ma molti tra coloro che avevano tentato questa strada, si sono presto trovati nella impossibilità di pagare i mutui, per cui “Il sogno di integrazione legato all’acquisto della casa di proprietà diviene in breve tempo l’incubo dell’insolvenza”.
    Non trascurabile, in questo quadro, lo stretto rapporto dimostrato dal rapporto Caritas tra tasso di delittuosità e impossibilità di accedere a una casa.
    In Italia abbiamo quattro milioni di case sfitte, una lista di attesa per l’edilizia popolare di 650mila alloggi, e il paradosso per cui mentre “non rallentano le nuove edificazioni”, non aumenta affatto “L’offerta alloggiativa per le fasce deboli della popolazione”.
    L’assurdo di una “epocale” ondata migratoria che si andava compiendo in assenza di una politica abitativa fu inutilmente sollevato in tutta Italia dall’associazionismo dai primi anni ’90, ed è questo il tema su cui nacque a Genova l’esperienza del Forum Antirazzista.
    Nei prossimi giorni Genova ospiterà “L’assemblea annuale di Eurocities” che ha come slogan: “Planning for people”, progettare per la gente.
    Venerdì si svolgerà un dibattito sul tema: “Trasformazione urbana – impatto sulla coesione sociale e sull’immigrazione in una prospettiva mediterranea”.
    Ne verranno fuori delle idee? Per saperlo si può seguire l’assemblea di Eurocities in streaming sul sito http://www.liveurocities2011.eu/
    Queste idee si trasformeranno in politica?
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 318: AMBIENTE – Salviamo le CinqueTerre

    Nicolae, 37 anni, falegname; Marian, 31 anni, muratore; Rita, 60 anni, insegnante. E poi Paola con il padre Aldo, Dante con sua moglie Adriana e Sandro, papà di un bimbo di otto anni, volontario della Protezione civile, visto per l’ultima volta mentre cercava di aprire i tombini, un momento prima della piena, dopo aver messo in salvo alcuni turisti. Non sarà più in prima linea per un incendio, per una frana, per la mareggiata.
    Ora il presidente Napolitano lo ha insignito della medaglia d’oro
    Non dimentichiamoli. E non dimentichiamo quel fango che arriva sino al primo piano delle case, che si è portato via un mondo incantato, le stazioncine piene di turisti che sciamavano per i vicoli, entravano a frotte nel panificio per la focaccia, curiosando tra i souvenir.

    Quell’esplosione di colori delle facciate delle case che sembrava si tuffassero in mare: volevano forse ritrovarlo nella grezza piastrellina di ceramica, che finivano per portare a casa.
    Non era un turismo di lusso quello delle Cinque Terre, anche se alcuni ristoranti e locande di pregio vi lavoravano bene, era una coesistenza pacifica tra pesce del golfo e pane burro e acciughe, tra danarosi sandali – calzini e zainati giramondo, tutti con un solo grande amore: le Cinque Terre. Vecchi e giovani.
    Li vedevi inerpicarsi per sentieri, affacciarsi tra le vigne, provare il brivido di quelle onde là in fondo, che schiumano placide e poi quasi di corsa percorrere la strada principale del paese per arrivare alla spiaggetta, spogliarsi in fretta e tuffarsi o almeno bagnarsi i piedi anche se era inverno. Bastava un po’ di sole, il paesaggio faceva la sua parte.
    Ora sembra scomparso tutto ciò ma noi non vogliamo crederlo, i ragazzi che sono lì a spalare non lo credono e diciamo loro grazie, pagheremo volentieri tasse in più, non faremo come lo stravagante scrittore del giornale cittadino, che rifiuta il suo contributo perché il troppo turismo avrebbe distrutto quei luoghi.
    Forse l’artista, ha brama di riservatezza o è soltanto spocchia di esclusività.

    Qui c’era un turismo rispettoso e le Cinque Terre uno dei siti più curati in Italia, certo non immune a vogliosi appetiti di cementificazione, finora repressi. Vi lavoravano tanti ragazzi all’accoglienza, alle stazioni, nei bar e ristoranti. Come in tutti i paesi della Liguria scorrono rii e torrenti talvolta imbrigliati sotto le strade del paese e probabilmente a Monterosso si è costruito un parcheggio di troppo, accusa pure Legambiente (Repubblica, 31 ottobre). Da ricordare quello di Fontanavecchia alle spalle della stazione di Vernazza, (Secolo XIX, 28 ottobre) o il villaggio Europa fra Corniglia e Vernazza, vecchi bungalow da ristrutturare e fermati a metà dalla magistratura, o ancora la collina di Pianca, scavata per fare posto a una scuola che non ha mai visto la luce, tra Riomaggiore e Vernazza, liberando così spazi appetibili nel paese.
    Ma il punto è un altro: lavorare la terra non conviene più, lo stato dimentica il suo territorio, aiuta pochissimo chi lo preserverebbe. Incentivi e credito solo per grandi aziende e i microagricoltori si arrendono. Tanti muretti a secco si reggono a stento, il bosco avanza, le vigne incolte rendono la natura fragile. Chi vendemmia, lo fa spesso per passione e ostinazione, porta l’uva alla cantina sociale, che almeno te la paga.
    Poche in giro le bottiglie di vero sciacchetrà, intanto sono sotto il fango i luoghi dove lo gustavi, speriamo davvero di ritrovarli di nuovo, insieme ai viaggiatori globetrotter.
    (Bianca Vergati)