Categoria: Politica

  • OLI 344: POLITICA – Il referendum di cui nessuno parla

    Giovedì 31 Maggio 2012 i cittadini della Repubblica Irlandese andranno alle urne per decidere se accettare o no il cosidetto “fiscal compact” (o pareggio di bilancio), ovvero l’insieme di norme fiscali con cui l’Europa ha deciso di affrontare le difficoltà finanziarie che colpiscono in questi mesi i suoi membri più indebitati come Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna ed Italia (i cosidetti PIIGS). Le ultime proiezioni statistiche danno i si al 40% ed i no al 25% con una vasta percentuale (circa il 35%) di indecisi ed attorno al referendum si stanno riproponendo le stesse alleanze politiche pro e contro l’Europa che hanno caratterizzato gli ultimi referendum irlandesi. Se vinceranno i sì, l’Irlanda continuerà a seguire la politica di rigore fiscale; cosa succederà invece se vincessero i no? Sara’ l’Irlanda costretta a votare ancora fino a che non vincessero i si come già accadde per la ratifica del trattato di Lisbona (magari sotto ricatto dei mercati)?

    E se l’Irlanda dicesse no, cosa accadrebbe del piano di aiuti finanziari con cui la verde Isola sta cercando di sopravvivere al disastro finanziario in cui l’hanno gettata l’incompetenza e la disonesta’ delle sue banche?
    L’analisi delle possibili conseguenze del voto irlandese sono complesse e gli effetti di un no potrebbero essere molto profondi ed intrecciarsi in modo imprevedibile alla crisi Greca. Ora, a prescindere dalle complesse valutazioni finanziarie sulla validità della strategia del “fiscal compact” (a cui paiono credere unicamente il cancelliere tedesco Angela Merkel ed il suo ministro delle finanze Wolfgang Schäuble), il quesito referendario irlandese pone alcune interessanti domande cui val la pena interrogarsi. Ad esempio: quanti cittadini europei sanno di questo referendum? Quanti cittadini europei sanno cosa sia il “fiscal compact”? Quanti cittadini italiani sanno che analoga modifica costituzionale è stata votata in via definitiva dal Senato della Repubblica Italiana il 17 aprile 2012? Quanti cittadini europei sanno quale sia la differenza fondamentale fra la Banca Centrale Europea, la Banca Centrale Americana o la Banca d’Inghilterrra e quanti cittadini europei sanno perché, grazie a questa fondamentale differenza, gli Stati Uniti o l’Inghliterra possono permettersi di essere serenamente indebitati molto più di noi senza aver le loro democrazie in ostaggio dei mercati attraverso lo “spread”?

     La maggior parte dei cittadini irlandesi andranno a votare al referendum senza avere alcuna risposta alle domande sopra poste (ed in molti casi, perfino ignorando le domande stesse). E così anche la maggior parte dei cittadini italiani, che invece conoscono a menadito i risultati conseguiti dai loro scalcianti beniamini domenicali, ignorano serenamente che dal 17 aprile, la loro costituzione impedisce l’applicazione di ricette economiche come quelle che alleviarono negli Stati Uniti la crisi del 1929 (il cosidetto “New Deal” di Roosvelt). Val la pena chiederci: perchè nessuno me lo ha detto? E’ per disonestà o per incompetenza? E sopratutto, val la pena chiederci: ma riesco a fare bene il mio lavoro di essere umano, di cittadino mondiale, europeo ed italiano, senza conoscere le risposte e nemmendo le domande giuste riguardo alle dinamiche economiche e politiche che regolano le nostre esistenze? Son domande interessanti, che ne dite ?
    (Gabriele Pierantoni, foto dell’autore)

  • OLI 344: POLITICA – Dopo le stelle, l’alba

    C’è ancora uno spazio per un nuovo soggetto politico?
    E’ un soggetto o è un oggetto?
    E quali sarebbero le parole chiave?
    Per alcuni l’alba è solo un evento naturale,  indispensabile per l’inizio di una nuova giornata. Per altri è il toponimo di una cittadina piemontese, nota per tartufi, vino, Nutella e per aver dato i natali al Beppe partigiano e scrittore. Ma c’è anche quella tragica del film di Marcel Carné.
    Per chi è andato alla sala del Cap di Genova il 13 maggio, Alba è la svolta per il cambiamento, ed è acronimo di Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente .
    Il 28 aprile, Marco Revelli a Firenze – alla prima assemblea nazionale aperta – ha indicato con chiarezza l’urgenza di prendere atto del fallimento della politica con il rischio che “si arrivi alle elezioni del prossimo anno con un sistema politico liquefatto, per metà abbandonato dagli elettori e per metà frantumato da mille schegge impazzite”. I promotori non sono stati “materia di gossip per i media e questo è un bene”, ha dichiarato Revelli, perché così si è potuto scegliere democraticamente il nome ed anche riflettere.
    Loro vogliono fare, non apparire. Non sono rancorosi, né populisti, “non cercano serbatoi dell’ira”. La parola è un mezzo di comunicazione, non una clava. Non sono un ennesimo partitino. Sanno che è indispensabile un cambio di paradigma nel modo di pensare le cose e fare la politica: in contenuti, stili e metodo. Per parlare “a quel 99% ai quali si rivolge il movimento di Occupy Wall Street”. Vogliono ripensare al conflitto e all’organizzazione ed essere gli “abitanti di uno spazio politico e pubblico liberato” dal monopolismo della decisione, per dar voce a chi non si rassegna a fiscal compact, smantellamento del modello sociale e mercificazione della vita individuale e collettiva. Hanno due punti fermi: la constatazione del fallimento del liberismo e la centralità dei lavoratori e del loro statuto. Credono nell’orizzontalità della rete. Rivendicano l’indisponibilità alla delega per le decisioni impegnative per tutti. Definiscono la democrazia malata terminale.
    L’incontro di Firenze e il manifesto di Alba sono state la cassetta degli attrezzi per chi a Genova e in altre città si è messo in cammino per lavorare al nuovo soggetto politico. Alla sala del Cap quindi una riunione partecipata da chi ha già una famiglia politica e da chi ne cerca una nuova, una trentina di persone over quaranta, ognuna con la sua istanza che va dalla difesa dell’art. 81 della costituzione – contro la modifica che vuole il pareggio di bilancio – al desiderio di riconoscere Beppe Grillo come interlocutore, alla necessità di dire cose concrete, alla difesa del referendum dell’acqua. Un progetto che ha bisogno di tempo, energie giovani e pazienza.
    Ieri i partiti sono ricorsi allo scudo e alla quercia, poi all’ulivo e alla margherita. Hanno colorato i programmi di rosso e di azzurro. Dopo le stelle, oggi, in politica, l’alba. In attesa che venga giorno.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 335: VERSANTE LIGURE: (S)CONSOLAZIONI

    Mi avverto vecchio, smorto
    rimpiango gli anni verdi
    nel vuoto io mi incarto
    fra spleen, pianti, ricordi.
    Ma poi, come risorto,
    ho entusiasmi assurdi
    illogico trasporto
    per ciò cui i più son sordi:
    mi dà (pensa!) conforto
    lo schifo di Riccardi.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
    .
  • OLI 333: POLITICA – Arenzano: se candidassero un box?

    Pavone ad Arenzano

    Non solo a Genova si vota il 6 Maggio. Si vota anche ad Arenzano e in altri comuni della Liguria. Non è una notizia, o comunque, se lo è, è assolutamente neutra.
    La notizia vera e rilevante per Arenzano, importante, popoloso e ricco paese della provincia di Genova, è che finora nella cittadina non è stata svolta alcuna iniziativa pubblica di carattere politico né locale, né globale. Né un manifesto, né un’assemblea, né una riunione in cui i cittadini potessero conoscere le intenzioni politiche e progettuali dei partiti, delle liste civiche, dei candidati sindaci. Silenzio assoluto, con buona pace di tutti i discorsi sulla trasparenza e sulla partecipazione come fondamenti di una buona democrazia. Il vento di Marco Doria si è fermato a Voltri. Ma forse proprio questo vento, che quando si libera crea sconquassi, causa il silenzio tombale che avvolge il dibattito politico nei luoghi pubblici. Da tredici anni Arenzano è retta da una maggioranza di centrosinistra centrata sul Partito Democratico in cui lo svilimento della democrazia è stato proporzionale alla cementificazione del territorio. Certo, ci sono molte decine di persone che si riuniscono nelle panchine, nelle cantine, nelle cucine, nei salotti, nelle sedi di partito e nei bar. Si sono già promesse tre o quattro liste civiche, divise da personalismi e particulari contrastanti, si riuniscono freneticamente gli iscritti di PD e SEL, sono apparso all’orizzonte svariati candidati sindaci che cambiano ogni settimana. Forse ci saranno le primarie il 18 Marzo. Forse, perché la decisione è ancora sottoposta alla valutazione di convenienza, al conteggio dei voti di questo e quell’altro, alle minacce di tessere da rinnovare o disdire.
    In questa sitazione è difficile superare il sentimento di angoscia per lo stato della Democrazia in questa cittadina, che contrasta con l’autentico vento nuovo del percorso partecipativo intorno a Marco Doria. Forse sarebbe d’aiuto poter pensare di candidare a sindaco un box, dal momento che negli ultimi vent’anni i box probabilmente hanno superato il numero dei cittadini.
    (Angelo GuarnieriFoto di Paola Pierantoni)

  • OLI 333: IMMIGRAZIONE – La promessa di Monti

    Disegno di Guido Rosato

    Insieme alla questione della tassa sui permessi di soggiorno pare che il governo intenda intervenire anche sulla loro durata, per tentare di rendere più efficiente una politica fino ad ora irrazionale e contraddittoria su rilascio e rinnovo, e dunque sulla regolarità della presenza degli immigrati.
    Da una parte circa ogni cinque anni dal 1987, si faceva una regolarizzazione degli immigrati rilasciando ogni volta centinaia di migliaia di permessi a chi era presente irregolarmente, dall’altra parte al primo rinnovo si adottavano interpretazioni talmente restrittive da rendere molto difficile il loro rinnovo.
    Quando avveniva, moltissimi non rientravano nei paesi d’origine e finivano per rientrare in clandestinità, rimanendo a lavorare in nero aspettando la successiva sanatoria.
    Con l’approvazione della legge Bossi-Fini (L.189/2002) il numero dei permessi di soggiorno non rinnovati è aumentato da decine di migliaia a centinaia di migliaia: secondo il Dossier Caritas 2011, nel solo 2010 i permessi di soggiorno non rinnovati sono stati 684.413.
    La Bossi-Fini ha condizionato il rinnovo del permesso di soggiorno al possesso di un contratto di lavoro quando, precedentemente, con la legge Martelli (39/90) e la legge Turco Napolitano (40/98), era possibile rinnovare il permesso anche attraverso la dimostrazione di un reddito sufficiente, e coloro che non riuscivano a dimostrare il reddito e non avevano un contratto potevano comunque iscriversi al collocamento per un periodo non inferiore a 12 mesi.
    Inoltre la Bossi-Fini ha ridotto sensibilmente la durata dei permessi, moltiplicando le fasi di rinnovo e di conseguenza le occasioni di perdita del titolo di soggiorno.
    La legge Martelli e la legge Turco-Napolitano prevedevano per il primo rilascio una durata biennale dei permessi per lavoro e famiglia, ed al rinnovo una durata non inferiore al doppio della precedente (4 anni).
    La Bossi-Fini ha invece legato la durata del permesso alla durata del contratto di lavoro, limitandone la durata massima ad un anno quando il contratto è a tempo determinato e a due anni quando è a tempo indeterminato. Oltre a ciò è stato eliminata la previsione del  raddoppio della durata al momento del rinnovo, per cui il nuovo permesso non può avere una durata superiore alla precedente.
    L’anno seguente è entrata in vigore la legge 30/2003 sul mercato del lavoro, con contratti di lavoro delle durate più brevi possibili: i precari e le altre categorie più deboli sono divenuti i più esposti a perdere il permesso di soggiorno, essendo soggetti a rinnovi con tempi ravvicinati (ricordiamo che tra l’altro ogni rinnovo costa circa settantatre euro).
    E’ quindi necessario ed opportuno ritornare, almeno, alle norme della legge Turco-Napolitano.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 329: PRIMARIE – Candidati a confronto: gronda e terzo valico

    Lunedì 30 gennaio al Teatro della Gioventù sala piccola e strapiena per un inedito e interessante confronto tra i candidati alle primarie del centro sinistra, chiamati a discutere dal Centro “In Europa” sulla base di una serie di idee e proposte per la città, elaborate da un gruppo di esperti, e pubblicate nel numero 4/2011 della rivista In Europa.
    Erano stati invitati tutti: Angela Burlando, Marco Doria, Roberta Pinotti, Andrea Sassano, Marta Vincenzi, ma la sindaco fa sapere delle propria assenza “per motivi istituzionali” poco prima che inizi il dibattito, e la targa col suo nome, in attesa sul tavolo della presidenza, resta a creare incertezza.
    Conduceva il dialogo il giornalista Menduni, giornalista del Il Secolo XIX, che concentra le sue domande intorno a due poli: quello della richiesta di sicurezza, a fronte dei dati recenti sull’aumento della microcriminalità; e quello delle infrastrutture (gronda, terzo valico, Erzelli): sono questi gli interventi, chiede, che potranno portare ricchezza alla città?
    E’ sul tema delle infrastrutture, in particolare terzo valico e gronda, che le differenze si manifestano in misura sensibile.
    Roberta Pinotti è per la continuità. Afferma che non è buona politica “mettere in discussione quel che ha fatto l’amministrazione precedente, perdere i soldi già stanziati”. Non fa distinzione tra i due interventi e si dice convinta “che gronda e terzo valico siano opere essenziali”. Entrare e uscire dalla città infatti è difficile. La Regione ha fatto le sue obiezioni ambientali, e “chi realizza l’opera ne terrà conto”, senza dimenticare però che spesso “il meglio è nemico del bene”. Passaggio polemico verso chi ricerca consenso cavalcando il malessere di chi si oppone alla realizzazione di queste opere.
    Sassano puntualizza che i finanziamenti ci sono solo in parte. E che l’unica vera grande opera di cui avremmo bisogno è la messa in sicurezza del territorio: “qualsiasi opera che posa sul territorio ha bisogno di avere alle spalle questa messa in sicurezza”. Sottolinea inoltre che Genova è una città poco trasparente, dove le decisioni che contano vengono prese in circoli chiusi, che rappresentano gruppi di interesse: “Occorre uscire da questo tunnel”.
    Doria punta sulla necessità di avere una chiara visione del futuro: “Siamo vicini al punto di non ritorno nel nostro rapporto con l’ambiente, e la prospettiva di Genova non è più quella dell’espansione industriale degli anni ’50 e ’60. Dobbiamo metterci in un’altra dimensione”. Nel merito, afferma che la gronda è dentro la prospettiva perdente della mobilità su gomma, che spostarne il tracciato un po’ più in su o in giù non sposta il problema: “Se una strada è sbagliata va messa in discussione anche se qualcuno ha fatto una puntata mettendoci un po’ di soldi”. A proposito della ricerca di consenso puntualizza che i gruppi d’interesse più forti sono a favore della realizzazione dell’opera. Quanto al terzo valico non è pregiudizialmente contrario, ma pone una questione di tempi, risorse e priorità: l’opera non sarà compiuta prima del 2022, e ci sono ancora 4 miliardi da trovare: che si fa nel frattempo, nel prossimo quinquennio? Ci sono altri interventi possibili? Possiamo portare gli altri poteri, le ferrovie, a discuterne?
    (Paola Pierantonifoto di Giovanna Profumo)

  • OLI 329: PRIMARIE – Candidati a confronto, da Monti alle manutenzioni

    Se gronda e terzo valico sono stati il punto più vivacemente dibattuto nel corso del confronto tra i candidati alle primarie del centro sinistra di lunedì 30 gennaio (vedi articolo), è stato possibile cogliere accentuazioni e differenze anche su altri argomenti, magari partendo da posizioni apparentemente uniformi.
    Tutti d’accordo, ad esempio, sul grande sollievo per l’uscita di scena di Berlusconi.
    Ma mentre Roberta Pinotti non solleva nessuna obiezione al nuovo governo, Sassano è esplicitamente critico verso le “politiche neo liberiste di Monti”. E mette le mani avanti, precisando che le alleanze politiche a Genova devono essere diverse da quelle che si sono – temporaneamente – costituite a livello nazionale. Che abbia motivo di temere qualcosa da qualcuno dei suoi colleghi in gara?
    Marco Doria parla di “senso di liberazione e felicità” per il passaggio di fase, e di soddisfazione per il “recupero di credibilità europea”, ma si chiede anche: “Ci sono dei margini di discussione sulle politiche di Monti? Posso mettere in discussione la destinazione delle risorse?”. Ad esempio il famoso acquisto degli aerei da guerra. E sottolinea che la questione delle decisioni nazionali sulla destinazione delle poche risorse disponibili è cruciale per una città dove tra breve esploderanno due bombe ad orologeria: il trasporto pubblico e le scuole comunali.
    Sollecitata da una domanda sulle politiche di parità di genere, Roberta Pinotti annuncia di voler “abbattere le liste di attesa per i nidi”, facendo ricorso anche all’intervento privato. Sassano afferma di non avere nessuna obiezione alla presenza dei privati nella gestione dei servizi, inclusi i nidi, ma precisa che è necessario “Che il pubblico continui a gestire in proprio almeno una parte di questi servizi, altrimenti perderà tutta la sua competenza, la sua autorevolezza, e quindi la capacità e possibilità di esercitare un vero controllo”. Sottolinea anche che i nidi non sono solo un aiuto alle madri che lavorano, ma il primo passo di un percorso educativo, per cui il mantenimento di una elevata qualità è cruciale.
    Tutti d’accordo sulla questione della cittadinanza a chi nasce in Italia, definita necessaria, doverosa. Ma il punto controverso, la moschea, lo tocca solo Doria: va realizzata, subito, nessun ripensamento, nessun cambio di collocazione è più ammissibile.
    Roberta Pinotti, verso la conclusione, afferma con decisione “Ci sono cose in città che bisognerebbe fare e nessuno ha il coraggio di fare”. Nella sala si crea un clima di sospensione e di attesa. Qualche voce qua e là chiede: quali? Pinotti risponde: “Un esempio? Le manutenzioni”.
    Le manutenzioni?
    (Paola Pierantonidisegno di Guido Rosato)

  • OLI 325: ELEZIONI – Attenti a quei due (e non solo)

    – Una vergogna – sbottava sdegnato il costruttore Viziano per l’assenza delle istituzioni al concerto del Carlo Felice pro alluvionati il 10 dicembre, evento organizzato dal Conservatorio Paganini.
    Avrebbe dovuto essere contento, invece, per la presenza dei candidati a sindaco Musso e Pinotti, due i cui posti lasciati liberi darebbero sollievo in Parlamento: il primo infatti già troppo ha svolazzato, irritando il Pdl nostrano. Alla seconda il partito sussurra “fatti più in là” per piazzare Stefano Fassina, portavoce economico del Pd, senza schiodare nemmeno “Melandri Giovanna”, eletta in Liguria, che spicca come missing nella solidarietà per le alluvioni.
    Intanto si ha notizia intrigante di un blog appena avviato, pare da un misterioso candidato/candidata sindaco e in cui si stanno raccogliendo le idee dei cittadini http://antennaprimaria.wordpress.com, accessibile per ora a circuito chiuso, in attesa di fine corsa alle primarie.

    Invece i due presenzialisti in solitaria cercano consensi dentro e fuori i partiti, non lesinano commenti sui media, attivi alla noia, impallinando spesso la Marta, che cinguetta come loro su Twitter.
    Appoggi in giro ne cercano e ne trovano, vedi Musso e Viziano in tandem sul Piano urbanistico che non s’aveva da approvare. E dire che fra parcheggi e palazzi il costruttore ha costruito il possibile e ancora è in lista per lavori qua e là, che ingrato. Si spiega persino l’inusuale intervento del senatore in Comune con un emendamento uscito dal cilindro per l’ex ospedale di Quarto “Un polo musicale per Genova, una casa della musica per una città che ha dato i natali al più grande violinista italiano, un centro congressi, un punto d’eccellenza turistico-alberghiero”.
    Vago e curioso il progetto. A voler essere maliziosi la rivoluzionaria proposta potrebbe spiegarsi così: il presidente del Conservatorio Paganini è il costruttore Viziano, che magari aspira ad essere presidente della casa della musica per Genova (e a concorrerne alla costruzione).
    Alla conferenza stampa di Musso sul Puc alcuni ex di Pericu, Assedil e immancabile Viziano per Confedilizia: che desolazione, come se altro costruire portasse lavoro vero.
    L’ex ospedale di Quarto, valutato 35 milioni di euro è il pezzo più pregiato del patrimonio da vendere per ripianare il deficit della Sanità regionale, ma la fascinosa assessora all’urbanistica Idv ne ha stoppato di fatto la rivalutazione (sul mercato), non presentando la legge che dà alla Regione la diretta competenza sulle destinazioni di siti e immobili, al posto dei comuni, provocando una crisi fra presidente Regione e Idv: con la scusa dei costi della politica e del bilancio si celano lotte di potere o amici del cuore che vorrebbero comprare in saldo? Il mattone non ha colore certo.
    Dunque con questi chiari (foschi) di luna Genova andrà a destra o a sinistra? Di sicuro alla deriva già c’è, e grande, lo sconcerto fra gli elettori.
    Strania vedere che nella tenzone delle Primarie, diano fuoco alle poveri pure grandi “saggi”, come l’ex sindaco Giuseppe Pericu e Stefano Zara, l’ex contendente di Marta Vincenzi; almeno da loro ci si sarebbe aspettata piena consapevolezza che da questa corsa alla poltrona ormai fuori controllo ci sta rimettendo soltanto la città.
    Di altri candidati racconteremo nella prossima puntata.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 324: ELEZIONI – Futuro sindaco, botta senza risposta

    – Niente solisti -, dichiara Roberta Pinotti, spiazzando chi auspicava con il giovane segretario Pd un ricambio generazionale e una ventata di novità. E la bionda senatrice, che ritiene essere lei la novità, promette collegialità, giura di non voler seminar zizzania, di mettersi comunque a disposizione, niente personalismi, lei si è proposta in armonia con il partito. Magari spiando l’effetto alluvione nel caso la Marta riprovi, nel caso che il ragazzino Lorenzo Basso nutra velleità. Soffiare tutti sul tempo prima del via, come un tempo per la Segreteria del partito, per il posto in Parlamento, eppure anche un’atleta dilettante come si definisce, sa dello starter.
    Prosegue la sua campagna elettorale nei quartieri di Albaro, Foce e San Martino, platea vecchiotta, pochi giovani dell’apparato, palco psichedelico di un malinconico stabilimento balneare. Lei è lì ad ascoltare i cittadini, che si esercitano in mini comizi, felici d’essere in scena, interrotti ogni tanto da una straniante percussione che s’impadronisce del microfono.
    Tema-clou, le manutenzioni, problema comune di difficile risoluzione, sentenzia la Roberta che ricette non ne ha tranne il decentrare al privato, come ha fatto il sindaco di Salerno, da lei consultato.
    Bella l’idea delle aiuole targate supermercato, lodi all’intervento in corso Torino ma così gli albarini si sentono discriminati, poveretti, privati di decoro urbano e sicurezza. – Mancano i soldi per le forze dell’ordine – ma la candidata promette meno vigili in ufficio e più disponibilità a cambiare ruolo nell’amministrazione.
    E chi ci crede che l’usciere vada a fare il giardiniere?
    Rilanciare l’immagine di Genova, Corso Italia sia la promenade, il mare della città, sottolinea la senatrice, perciò gli stabilimenti balneari, che bontà loro presenteranno un progetto con più spiagge libere, sono una grande risorsa, svolgono attività sociale, facendo sue le tesi del presidente dell’associazione, che chiede alla Ue il rinnovo delle concessioni senza bando (sostenuti anche dalla Regione, La Stampa di Savona , 7.12.2011).
    E neppure per un attimo alla senatrice sfiora il dubbio che le concessioni siano privilegi e che nessun giovane potrà provare a farne la sua impresa. Ascolta compunta che – in Italia funziona così, che cosa vuole quest’Europa e i suoi cavilli di liberalizzazioni, c’è gente che ha lo stabilimento da 50, 70 anni … –
    E a che canoni! A tutti si chiedono sacrifici, ma ai balneari no, sono a marchio ereditario inalienabile. Si protesta giustamente per i tagli alle risorse, ma zitti e mosca sulle spiagge: così per esempio una società sportiva nei pressi del Gaslini rende al Demanio 400 (quattrocento) euro e per farne parte se ne pagano mille a fondo perduto , più 750 euro di quota annuale con sostanziosi conguagli.
    Forse la Pinotti non conosce l’argomento, ma se le si chiede del Puc, confessa che lo deve ancora leggere, per l’ex ospedale di Quarto s’informerà in Regione, sugli Erzelli afferma che il Comune potrebbe fare molto, ma non dice cosa.
    Perché stupirsi se poco risponde, in fondo l’aspirante sindaco voleva ascoltare e pazienza se per i cittadini è stato un rendez-vous poco esaustivo. Ci turba che Bersani pare voglia in Parlamento Stefano Fassina (Italia Oggi, 6.12.2011): dovrebbe subentrare alla Pinotti.
    (Bianca Vergati)