Categoria: femminicidio

  • OLI 391: TEATROGIORNALE – Capriccio

    Da ilfattoquotidiano.it: Femminicidio, i punti deboli del decreto

    [Il Teatrogiornale è un racconto di fantasia liberamente tratto dalle notizie dei giornali]

    Giada e Carlo sono al Porto Antico, di fronte al Bigo. Fa caldo, il piccolo Giovanni chiede un gelato.
     -L’abbiamo già preso – lo rimprovera la madre.
     -Ma troppo tempo fa – piagnucola Giovanni e si siede per terra, la mamma lo rialza prendendolo per il braccio, Carlo è al cellulare e non si accorge della moglie che gli chiede aiuto.
    Lei urla con una voce acuta, il cinquenne non si alza da terra e inizia a colpire la vetrina dell’Eataly coi piedi. Giada a quel punto lascia il braccio di Giovanni e si scaraventa contro Carlo che si scosta per non essere investito da quella furia bionda e riccioluta di sua moglie.
    Giada è isterica ultimamente perché Giovanni fa troppi capricci, perché è stata messa in mobilità ed è anche incinta, forse. Carlo è un po’ distratto perché gli hanno abbassato lo stipendio e gli hanno prospettato un trasferimento per un anno e mezzo in un campo in Algeria. Giovanni è capriccioso perché ha caldo, non capisce perché i suoi genitori sono così strani e la sua amica Anna ha il gelato e lui no.
    Giada inciampa nelle gambe del figlio e sbatte la testa sulla panchina circolare che contiene una palma. La panchina è di legno verde ora chiazzata di sangue: Giada si è rotta il naso.
    – Ma che cazzo fai, Cristo Santo! – Grida Carlo precipitandosi, lei non risponde e non si muove, lui la gira e vede il sangue che le esce dal naso e gli occhi di lei aperti, sbarrati, respira: ha una crisi isterica.
    Carlo spaventato inizia a darle degli schiaffi per risvegliarla. 
    -Ohhh, ci sei? Giada! Cazzo, rispondi!
    Una donna bionda, di mezza età, con la montatura rossa degli occhiali che stava passando di lì con un cane di piccola taglia, inizia ad urlare: -Polizia! Polizia!
    Una pattuglia formata da due carabinieri e due alpini prontamente interviene immobilizzando Carlo a terra, scarpone sulla schiena e braccio piegato indietro. Un carabiniere chiama la volante e, prima che Giada riesca ad alzarsi, Carlo è stato portato via.
    Un’alpina si prende cura di Giada che sta cercando con gli occhi Giovanni.
    Giovanni ha smesso di piangere e scruta il punto dove il padre era stato gettato a terra.
    – Vuole che l’accompagno in ospedale?
    – Perché?
    – Sarà utile ai fini del processo.
    – Quale processo? Dov’è Carlo? Dov’è Giovanni?
    – Giovanni? L’hanno aggredita in due?
    – No, non mi ha aggredito nessuno, Carlo è mio marito.
    – Non si preoccupi, non sarà costretta a denunciarlo, la signora sta già sporgendo denuncia per lei.
    – La signora? Ma chi è?
    – C’è l’anonimato, mi dispiace, non posso dirle chi è. Comunque non si preoccupi. Eravate sposati quindi? Bene, aggravante. Mi parli di questo secondo individuo che l’ha aggredita, chi è?
    – Ma quale secondo… Giovanni! Urla Giada rivolta al figlio che subito le corre tra le braccia. 
    – Di bene in meglio, davanti a un minore. Non mi dica che è anche incinta?
    – Ma lei come fa a saperlo?
    – Bene, le dico fin da subito che suo marito non potrà più avvicinarsi a casa sua, anche se lo stato di fermo dovrebbe già garantirle una discreta tranquillità.
    – Di fermo? ma cosa dice? Voglio parlare subito con mio marito, c’è stato un’equivoco!
    – Non si preoccupi, la denuncia è ormai irrevocabile, qualunque cosa lei faccia ormai è inutile, il processo si farà, che lei lo voglia o no. Ora, se permette, l’accompagno in ospedale così ci facciamo fare una bella cartella clinica da consegnare al giudice. E non si preoccupi, lei, in quanto vittima, sarà informata di tutto l’iter giudiziario del suo persecutore.
    – Ma è mio marito!
    Il secondo alpino le si avvicina e l’aiuta a rialzarsi mentre il piccolo Giovanni viene preso in braccio da un carabiniere.
    – Non si deve preoccupare signora, ci siamo noi a difenderLa. Noi siamo sempre dalla parte dei più deboli, venga, venga.
    Giada sale su un’ambulanza insieme a Giovanni. Non sa quando è comparsa l’ambulanza, come non ha ben capito quando è scomparso suo marito.
    Un telefono squilla, è quello di Carlo che è caduto sull’asfalto durante la colluttazione con i carabinieri, la donna bionda, quella con gli occhiali rossi che aveva chiamato la polizia e sporto denuncia, lo raccoglie e risponde, dal cellulare la voce di un uomo:  – Carlo sei tu? Allora domani ci vieni in Val di Susa si o no? Carlo? Ci sei? Dopo quello schifo di decreto non possiamo mica lasciarli fare così. Dobbiamo fargli vedere che non abbiamo paura. Carlo?
    La donna bionda con gli occhiali rossi sorride e si mette il telefono in borsa mentre il cane lecca il sangue rappreso sulla panchina.
    (Arianna Musso)

    Da radioradicale.it: Intervista a Valerio Spigarelli

  • OLI 382 – DONNE: Femminicidio, Daphne prevenire grazie ai fondi di Bruxelles

    A Dafne pare sia andata meglio.
    Da un certo punto di vista.
    Perché nessuno l’ha picchiata, accoltellata e uccisa. La lettura del mito contiene qualcosa di rassicurante: incapace di opporsi all’amore folle di Apollo e consapevole che la sua fuga da lui è inutile, sopraffatta dalla paura, prega la madre Gea di trasformarla: i suoi capelli diventano fronde, le braccia rami, il suo corpo si ricopre di corteccia, i suoi piedi in radici ed il volto svanisce nella cima dell’albero. Dafne diventa il Lauro che prende il suo nome (dal greco dafne = lauro). Apollo si ritrova ad abbracciare inutilmente il tronco di un alloro, che da quel giorno sarà considerata la pianta sacra in capo ai vincitori.
    Parlo di Dafne con un’amica, Norma Scacchetti. Arriviamo al mito partendo dal nome del programma europeo Daphne III . E dalla concreta presenza di tre locandine stese sul tavolo: Sei ancora caduta dalle scale? Sei a rischio con un uomo violento? E’ tardi per chiedere scusa.
    Il programma ha entusiasmato Norma e i suoi colleghi del Consorzio Agorà. Ma è anche frutto di una partnership con la capofila polacca Merkury Fundacja e la portoghese Desincoop.
    A Genova si può fare prevenzione sul femminicidio grazie ai fondi di un programma europeo – quei fondi che, troppo spesso, in Italia ci lasciamo sfuggire.
    La campagna sociale – ideata da Alessandra Grasso, Pierfrancesco Russo e Norma Scacchetti – è apparsa su mezzi di AMT con le tre immagini: una donna incinta, la spalla di un’altra piena di lividi, la lapide di una vittima alla quale il compagno sta portando dei fiori. L’invito su ogni manifesto è di proteggersi, non provare vergogna, sottrarsi alla violenza e chiamare il 1522.

    Norma mi mostra anche il cartellino rosso, per ammonire gli uomini al primo cenno di violenza, anche verbale, gergo cultura pop, del calcio però d’effetto.
    La campagna sociale è stata fatta in Polonia con modalità diverse: shopper, volantini, messaggi contenenti immagini relative anche alla violenza generata dall’alcoolismo e sui bambini. I portoghesi hanno fatto campagne rivolte ai maltrattanti e con un’immagine della donna stesa all’obitorio con la scritta ecco come finiscono le riconciliazioni, per rivolgersi alla donna convinta che sarà la prima e l’ultima volta che viene picchiata. Ma non è così. Le esperte del centro antiviolenza hanno spiegato che dopo essere stata picchiata per la prima volta si verifica la seconda luna di miele: il marito si pente e, a seconda delle risorse disponibili, fanno insieme una cena importante o un viaggio. Ma è l’inizio dell’escalation che può avere un esito tragico come quello del femminicidio. “Ovunque nel mondo la seconda causa di morte per le donne in stato interessante è la violenza domestica”.
    Sul sito della campagna sociale “basta” oltre alle interviste si trova anche il video rap ideato dai ragazzi dei servizi socio-educativi che sono stati sensibilizzati al tema. Norma mi parla di una contaminazione di settori normalmente distanti, come il Civ della Maddalena che li ha chiamati e ha organizzato a fine maggio all’interno delle loro giornate un evento dedicato alla campagna contro la violenza.
    (Giovanna Profumo – Immagini da internet)

  • OLI 377: TEATROGIORNALE – Femminizcidio, femminezidio, femminesidio?


    Da Repubblica.it: “La sfida di Josefa”

    -Apri le braccia. Il sorriso meno tirato. Chi è che ha fatto i capelli a Jos? Più indietro queste spalle.
    Il direttore della trasmissione passa tra le ragazze già posizionate per il balletto di apertura. Mancano pochi minuti, giusto un giro per sistemare qualche paillettes sul corpetto e, distrattamente, godere di quel morbido rigonfiamento. Un pantaloncino mal messo può rovinare la trasmissione e per questo il direttore deve alzare tutte le gonnelline.
    -Maria, Maria, meno male che il Papi controlla, altrimenti sai quante visualizzazioni su youtube?
    E così dicendo il direttore fa passare il dito dentro gli shorts della ragazza mora in terza fila, la stoffa si srotola aprendosi mentre il suo vecchio indice indugia nell’insenatura della giovane che resta immobile. Lui si alza e batte le mani, una stagista gli corre incontro e lui le indica Maria; la stagista prende nota sorridendo.
    Il fondale azzurro vira sul rosso e poi sul rosa: i tecnici luci stanno provando le sequenze della serata. Un grande cerchio compare sugli screen luminosi che costituiscono la scenografia, dal soffitto una dozzina di bracciali formato hula hoop ondeggiano.
    – Cosa sono quelli? Danilo, cosa sono quelli?
    Urla il direttore dalla terza quinta. Un ragazzo alto, magro, in pantaloni e camicia bianchi e quindi cangianti in base al colore delle luci, dal proscenio scivola indietro verso il direttore. Ariel in uno studio televisivo che vola dal suo Prospero.
    – I braccialetti, caro. I braccialetti della Cancellieri. Ho ideato una coreografia stupenda, le ragazze vengono benedette da queste aureole che scendono su loro. Loro alzano le braccia e accolgono la grazia. Debby da brava, fai vedere al Papi, anche così senza braccialetto.
    Una ragazza alta, castana, alza le braccia al soffitto e accenna a qualche passo di danza. A un cenno di Danilo la ragazza si ferma e rimane immobile per qualche secondo. Solo quando sarà sicura che il coreografo e il direttore non avranno più bisogno di lei, si rimetterà in posizione per il balletto di apertura.
    – Quindi sono le ragazze che ballano con i braccialetti? Ma che ho fatto io per aver un cretino del genere?
    Sbotta il direttore, urla così forte che i macchinisti si fermano per un istante.
    – Non sono le donne che mettono il braccialetto ma gli uomini, gli stalker! Ma che avevi capito? Non è che una viene violentata e poi le fanno mettere il braccialetto.
    Danilo diviene rosso, dalla testa ai piedi, poi blu. Le luci sui fondali continuano a cambiare mentre lui tenta di giustificarsi.
    – La scaletta, presto. Conclude il direttore, la stagista si avvicina. – Via questo balletto dei braccialetti. Sostituitelo con una panoramica sul pubblico, poi musica e arriva la mamma del ragazzo accusato di stupro di gruppo a quindici anni. Poi ci trasferiamo sulla telecamera due per lo spot della Telecom.
     Entra correndo una seconda stagista.
    -Direttore! La ragazza violentata dal fidanzato non vuole più comparire in trasmissione.
    -Le dica che ormai ha firmato e che ho delle foto fatte dal medico legale e se non segue il copione le pubblico su Facebook.
    – Ma direttore è illegale.
    – E tu vedi di non farti registrare. Che poi quelle foto neanche esistono ma lei non può saperlo è ancora in stato di shock.
    Le luci si abbassano e si alzano, una bella donna in abito rosso entra in scena. Ripete a se stessa:
    – Femminizidio.
    Il direttore le si avvicina.
    -Femminicidio, mia cara. Senza z.
    – Femminizcidio.  Femminezidio. Femminesidio.
    Le luci si accendono, il pubblico in sala è seduto e sorride, il direttore è scomparso nella terza quinta come la presentatrice.
    – Sigla
    Mormora il direttore al microfono. La bella donna in abito rosso entra, il pubblico applaude.
    Le ballerine iniziano a danzare. Maria cerca di non guardare la terza quinta.
    – Buonasera. Oggi siamo qui per dire basta al femminisidio!
    Applausi.
    – Vogliamo una task force contro il femminezidio!
    Maria alza gli occhi verso la terza quinta e sorride al direttore.

    The show must go on

    (Arianna Musso – Foto da internet)

  • OLI 364: POLITICA – One billion rising a Genova

    A Genova, alla Casa delle Donne in Salita del Prione, in questi giorni si svolgono brevi lezioni di danza, una ‘specifica’ danza.
    Il motivo sta nel titolo e nelle parole (*) che accompagnano la musica, break the chain, spezza la catena: la catena della violenza sulle donne.
    Appena arrivate nella sala, prima di iniziare, le donne guardano perplesse un video scoraggiante per chi non sia adolescente o giovanissima: pare impossibile riuscire a imparare quella sequanza complicata, impossibile imitare quei movimenti veloci ed elastici.
    Però non c’è dubbio che si debba e si voglia tentare, e le donne si dispongono in file sotto la guida di Gloria, una giovane e bravissima insegnante di danza.
    Incredibilmente, in un’ora di pazienti ripetizioni dei gesti, l’obiettivo è raggiunto.
    Si tornerà magari ancora una volta, per mettere a punto i dettagli, ma il fatto è che l’impossibile è diventato possibile.
    Altre stanno imparando la sequenza di danza studiandosela attraverso il video didattico che circola in internet.
    Questa cosa sta avvenendo in tutto il mondo, e in tutto il mondo il 14 febbraio le donne si riuniranno per ballare su questo ritmo, o per esserci e basta.
    Questo flash mob planetario è stato ideato e lanciato dalla scrittrice americana Eve Ensler, ed ha per sigla One billion rising: “Un miliardo di donne violate è un’atrocità, un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione, un miliardo di donne che danzano scuoterà la Terra”. Il video che presenta l’iniziativa è da vedere:
      

    A Genova la manifestazione si svolgerà alle ore 17.00 del 14 febbraio 2013, in Piazza De Ferrari.
    L’hanno organizzata insieme le donne di “Se non ora quando Genova” e della “Rete di donne per la politica”, coordinamento che raccoglie venti associazioni di donne (**): un mondo di diversità che ha trovato la strada per agire insieme.

    (*) Le parole di ‘Break the chain’: 
    Sollevo le braccia al cielo
    Prego in ginocchio
    Non ho più paura
    Io attraverserò quella soglia
    Cammina, danza, sollevati
    Posso vedere un mondo
    dove tutte viviamo sicure
    e libere da ogni oppressione
    Non più stupro, o incesto, o abuso
    Le donne non sono proprietà T
    u non mi hai mai posseduta,
    neppure sai chi sono.
    Io non sono invisibile,
    sono semplicemente meravigliosa
    Sento il mio cuore prendere la corsa per la prima volta
    Mi sento viva, mi sento straordinaria
    Danzo perché amo
    Danzo perché sogno
    Danzo perchè non ne posso più
    Danzo per arrestare le grida
    Danzo per rompere le regole
    Danzo per fermare il dolore
    Danzo per rovesciare tutto sottosopra.
    E’ ora di spezzare la catena,
    oh sì Spezzare la catena
    Danza, sollevati
    Nel mezzo di questa follia, noi ci ergeremo,
    Io so che c’è un mondo migliore,
    Prendi per mano le tue sorelle e i tuoi fratelli
    Cerca di raggiungere ogni donna e ogni bambina
    Questo è il mio corpo, il mio corpo è sacro
    Basta scuse, basta abusi
    Noi siamo madri, noi siamo maestre,
    Noi siamo bellissime, bellissime creature
    Danza, sollevati
    Sorella, non mi aiuterai?
    Sorella, non ti solleverai?
    Danza, sollevati
    E’ ora di spezzare la catena,
    oh sì Spezzare la catena

    (**) Elenco delle associazioni della ‘Rete di donne per la politica’: Laboratorio politico di donne, UDI Genova 25 novembre 2008, Generazioni di donne, Marea, UDI Genova Biblioteca Margherita Ferro, Società per Azioni Politiche di Donne, Coordinamento Donne CGIL Genova e Liguria, Coordinamento pari opportunità UIL di Genova e della Liguria, Asociazione Usciamo dal silenzio, Rete delle donne per la rivoluzione gentile, AIED, Archinaute, Laboratorio AG-AboutGender, Co.Li.Do.Lat, Legendaria, Gruppo Mafalda Sampierdarena, Il Cerchio delle Relazioni, Arcilesbica, Rete 194.
    (Paola Pierantoni)
     

  • OLI 360: FEMMINICIDIO – Il privato è politico

    Lunedì 10 dicembre a Staglieno si è svolta una semplice cerimonia, frutto della relazione che si è creata tra la giunta Doria e le donne, attraverso i diversi gruppi che le rappersentano: nel viale che fiancheggia il ‘tempio laico’, a cura del Comune, è stata scoperta questa targa:

    Una cinquantina di persone, donne e uomini, hanno fatto arco intorno, e hanno ascoltato le brevi parole pronunciate dall’assessore comunale a Legalità e diritti Elena Fiorini, da una rappresentante di “Usciamo dal silenzio” e da una donna dell’associazione Arcilesbica.

    Un minuto di raccoglimento, e un applauso. Tutto qui. Lo scopo è che le persone che transiteranno nel viale, volta dopo volta, si confrontino con la parola, femminicidio, e ci pensino su.
    Bice di “Usciamo dal silenzio” ringrazia il Comune proprio per avere accettato di nominare questa parola: “le parole sono importanti”.
    Il termine femminicidio – utilizzato per la prima volta nel 1992 dalla criminologa Diana Russel – dichiara senza equivoci il fatto politico che molte donne sono uccise proprio perché donne. La presa datto di questa realtà è un passo per cambiare una cultura che fino a poco fa è stata sostenuta e santificata dalla legge italiana: solo nel 1981 sono stati abrogati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, un pugno danni ci separa da questa barbarie legislativa.
    L’assessore Fiorini ad un certo punto dice che il femminicidio “non è un problema privato”. Intende che è un problema sociale e politico che va assunto da tutti.
    Non concordo. Le violenze verso le donne, il loro estremo esito nell’assassinio, sono un problema privato, e in quanto tale politico, perché hanno radici in quello che, sotto la superficie di una legislazione finalmente più moderna, si muove nell’intimità dei rapporti tra i sessi, in molti casi ancora segnate da elementi arcaici.
    Se non si trova la strada per agire su questo piano le cose non cambieranno.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 359: DONNE – Femminicidio: la rete delle donne muove la politica

    Il 28 novembre, nella sala Consiliare della Provincia, è avvenuto l’incontro della “Rete di donne per la politica” e di “Se non ora quando” con il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, il sindaco di Genova Marco Doria e l’assessora regionale Rambaudi (vedi Oli 358, “Burlando, Doria e la rete delle donne“).
    Le donne ottengono un importante risultato: l’adesione di Regione e Comune alla Convenzione “No more”; l’aumento – previa approvazione del Consiglio Regionale – da 120.000 a 300.000 euro del fondo per i centri anti violenza, e l’impegno a salvaguardarne il sistema di ‘rete’ costruito in questi anni sul territorio dalla Provincia di Genova: centri anti-violenza, strutture di accoglienza, pronti soccorso, forze dell’ordine, servizi sociali, psicologi. 
    Ma al centro dell’incontro c’era anche l’aspetto politico e culturale e nell’affollata sala della Provincia sono stati espressi pensieri impegnativi. Anna Pesenti dell’Udi parla della violenza della negazione: quella di presentare come casi di ‘malamore’, e non come fatto politico, la violenza verso le donne, o quella della cancellazione dai libri di storia dello sguardo femminile, che produce un racconto non solo incompleto, ma falso: “le guerre non si raccontano così”. Poi Pesenti parla del ‘brivido’ che prova quando sente la parola famiglia, “perché è un coperchio su una pentola che ribolle”, e dice che dovremmo pensare a famiglie non solo ‘di sangue’. 
    Silvia Neonato, consapevole della difficoltà del confronto,  offre una sponda alle emozioni in campo sottolineando la diversità, rispetto ad  altri temi di confronto politico, di quello della violenza verso le donne  perché “suscita imbarazzi, vergogna, aggressività, impotenza”.
    Una donna del ‘Gruppo donne di Oregina’ che si occupa di Teologia femminista interviene indicando la responsabilità della gerachia cattolica nella diffusione della violenza di genere. 
    Nella discussione acquista evidenza anche l’inizio di una riflessione maschile che cresce nei gruppi “Maschile plurale”,  “Uomini in cammino”, in quello degli uomini ex clienti di prostitute, nei centri di ascolto per uomini che usano violenza nelle relazioni di intimità. 
    Anche gli amministratori accompagnano i loro impegni con riflessioni politiche. Burlando denuncia l’assenza, nell’azione del Governo, di qualsiasi riflessione e ‘cognizione’ dei costi in termini di perdita di coesione sociale che stiamo pagando a causa delle politiche di restrizione della spesa. In questa situazione mettere in campo una rete che permetta alla violenza verso le donne di venire alla luce è tanto più importante in quanto è difficile acquisire consenso, in tempi di ristrettezze, nel mettere risorse in un settore in cui ‘non c’è allarme sociale’. 
    Doria avverte che Regione e Comune sono ormai diventate istituzioni fragili, colpite da uno scarto sempre più grande tra risorse disponibili e necessità di dare risposte. 
    L’assessora Rambaudi sottolinea la necessità di promuovere cultura, fino dalla età primissima. Ringrazia la rete delle associazioni delle donne appunto per questo, perché in diverse forme “tutti i giorni fanno cultura”. Indispensable inoltre rafforzare una filiera di servizi in rete, e creare sul territorio punti di ascolto “dove ci sono non operatori, ma associazioni di donne che veicolano il rapporto con i servizi”. Forse più a suo agio dei suoi colleghi, Lorena Rambaudi offre anche qualche sorriso.
    Un appuntamento importante ora è per lunedì 10 dicembre alle 11 presso il “Tempio laico” al Cimitero di Staglieno dove, aderendo ad una proposta di “Usciamo dal silenzio”, il Comune scoprirà una targa “In memoria di tutte le donne morte per mano violenta di chi diceva di amarle. Perché le loro storie non affondino nel silenzio, ma risveglino coscienze e civiltà. Il Comune di Genova contro il femminicidio“. Interverranno l’assessora Fiorini e le donne della “rete”.
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)