Categoria: Egitto

  • OLI 387: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    Titolo razzista del New York Times: “I Rom sono primitivi, o semplicemente poveri?”
    Immaginate se invece della parola “Rom” ci fosse la parola “Ebrei”, per rendervi conto di quanto è razzista il New York Times o semplicemente è stupido, o entrambi.
    Il titolo del New York Times è del 19 ottobre 2013.  http://www.nytimes.com/2013/10/20/sunday-review/are-the-roma-primitive-or-just-poor.html?hp&_r=3&

    La ragazzina dai capelli biondi tra i rom in Grecia: un articolo razzista della Reuters.
    L’articolo riguarda la scoperta di una ragazzina bionda tra i rom. Il razzismo dell’articolo è particolarmente grave considerando le attività violente di Alba Dorata contro i Rom, gli immigrati e la sinistra. La giornalista dà per scontato che la coppia Rom coinvolta sia colpevole. Non c’è alcun riferimento alla violenza della polizia e di Alba Dorata contro i Rom e l’articolo potrebbe essere preso per un pezzo di propaganda. L’articolo della Reuters del 19 ottobre 2013 è pubblicato da Yahoo http://news.yahoo.com/greece-riveted-mystery-blonde-angel-150842127.html

    II razzismo scioccante e crescente in Israele contro gli immigrati africani.
    Articolo di The Electronic Intifada del 18 ottobre sulla situazione degli immigrati africani in Israele: “Quando i ministri del governo israeliano incitano le folle infuriate, descrivendo gli africani come “cancro”, stanno semplicemente esprimendo un altro volto del razzismo che i palestinesi hanno sempre vissuto.” L’articolo è accompagnato da un video che, secondo l’autore, sarebbe stato commissionato dal New York Times ma, dopo averlo visionato, si sarebbe rifiutato di pubblicare. http://electronicintifada.net/blogs/ali-abunimah/watch-video-israeli-racism-new-york-times-didnt-want-you-see

    Ateismo in Egitto
    Ne parla Magdy Samaan in articolo su The ZAM Magazine del 17 ottobre 2013: “Ci sono decine di siti web e pagine di social media, in Egitto, che ora usano le parole atei e ateismo, tra i quali: «Atei egiziani», «Atei senza frontiere», «La Fratellanza degli Atei», «Atei contro le religioni», « Ateo e fiero», «Ateo egiziana» e «Io sono ateo». Internet, con aggiunta lo stato d’animo rivoluzionario, ha incoraggiato sempre più persone a rompere il silenzio in questo senso. Il movimento ha persino superato il relativo anonimato di Internet. Lo scorso febbraio, una delle moschee del Cairo ha ospitato un dibattito tra un gruppo di atei ed un gruppo di religiosi musulmani, la maggior parte dei partecipanti atei erano giovani.”
    http://www.zammagazine.com/chronicle-3/38-atheists-rise-in-egypt

    Due mesi di presidenza Rouhani (Iran), 5 anni di presidenza Obama
    Il New York Times, in un articolo del 17 ottobre, dice che gli iraniani, due mesi dopo l’insediamento del nuovo presidente Rouhani, sono ancora in attesa dei grandi cambiamenti: “Quattro mesi dopo l’elezione di Mr. Rouhani e due mesi dopo il suo insediamento come presidente, la gente qui nella capitale è ancora in attesa dei grandi cambiamenti alle quali aspira la maggior parte di loro.” Sono passati soltanto due mesi, ditemi se non è grossolana esagerazione? Ditemi, invece, se non si possa dire la stessa cosa, forse senza alcuna esagerazione, circa gli Stati Uniti: “Cinque anni dopo l’elezione di Obama ed il suo insediamento come presidente, la gente qui a Washington sono ancora in attesa dei grandi cambiamenti che aveva promesso.
    http://www.nytimes.com/2013/10/18/world/middleeast/hopeful-city-buoyed-by-campaign-vows-waits-for-change-in-iran.html?ref=todayspaper
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 385: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    I Fratelli Musulmani non sono l’unica manifestazione di Islam politico. 

    New York Times, 09 luglio 2013, articolo di Robert F. Worth: “Se l’islam politico fosse quotato in borsa, sarebbe crollato drasticamente durante la scorsa settimana.”  http://www.nytimes.com/2013/07/10/world/middleeast/aid-to-egypt-from-saudis-and-emiratis-is-part-of-struggle-with-qatar-for-influence.html?pagewanted=2&_r=4&hp&

    Una cosa sulla quale sono d’accordo le due parti in conflitto in Egitto. 
    The Washington Post, 10 luglio 2013, articolo di William Booth e Michael Birnbaum: “C’è poco in comune tra i sostenitori arrabbiati dei Fratelli musulmani ed i laici, festaioli liberali di piazza Tahrir in questi giorni – tranne che per una cosa. Entrambi ritengono che il governo degli Stati Uniti stia cospirando contro di loro “. http://www.washingtonpost.com/world/middle_east/in-egypt-gripes-about-us-government-are-a-common-theme/2013/07/09/6cf7e44e-e8e6-11e2-818e-aa29e855f3ab_print.html

    Israele e l’esercito egiziano.
    Haartz, 9 luglio 2013, articolo di Barak David: “Israele la scorsa settimana ha invitato gli alti funzionari degli Stati Uniti a non bloccare la somma di 1,3 miliardi di dollari con cui l’America sostiene l’esercito egiziano ogni anno in risposta al colpo di stato in Egitto”. http://www.haaretz.com/news/diplomacy-defense/israel-urged-u-s-not-to-halt-aid-to-egypt-says-top-american-official.premium-1.534651

    L’amico di Netanyahu.
    Ahramonline, 07 luglio 2013, articolo di Bassem Aly: “Il governo di Netanyahu considerava il presidente islamista dell’Egitto come un potenziale amico, soprattutto dopo la cacciata di Mubarak, ex-tesoro strategico israeliano”. http://english.ahram.org.eg/NewsContent/2/8/75909/World/Region/The-US–Israel-What-to-do-on-Egypt.aspx

    La vera rivoluzione.
    Jadaliyya, 08 luglio 2013, articolo di Sarah Carr: “La vera rivoluzione avverrà quando il coinvolgimento militare in politica sarà un ricordo lontano nella storia”. http://www.jadaliyya.com/pages/index/12779/on-sheep-and-infidels

    I quattro motivi per i quali ad Israele mancherà Morsi
    Haartz, 03 luglio 2013, articolo di Anshel Pfeffer: “Ma negli ultimi anni, sotto il governo di Morsi, l’esercito è stato inviato su operazioni più mirate e forte contro gli elementi di Al-Qaeda che hanno preso il sopravvento in alcuni parti della penisola, e ancora più importante per Israele è il fatto che ha demolito gran numero di tunnel di contrabbando . La vicinanza tra Fratelli Musulmani e Hamas ha reso l’Egitto più determinato a combattere gli islamisti estremi nel Sinai e Gaza, nonché il contrabbando di armi.” http://www.haaretz.com/misc/article-print-page/four-reasons-why-israel-may-miss-morsi-after-all.premium-1.533603?trailingPath=2.169%2C2.216%2C2.217%2C
    (Saleh Zaghloul)

  • LE CARTOLINE 2012: ISLAM – Piazze arabe, tra cinema e ragioni storiche

    Sulla questione del film contro il profeta musulmano Mohammad, che ha innescato le proteste in vari paesi arabi e islamici, la versione inglese del giornale egiziano al-Ahram  ha scritto, riferendosi alle due facce del partito dei Fratelli Musulmani al governo in Egitto: “Mentre manifestanti egiziani combattevano le forze di sicurezza davanti all’ambasciata americana giovedì mattina, un altro braccio di ferro era in corso – questa volta nel cyberspazio. L’account ufficiale dei Fratelli Musulmani in lingua inglese Twitter @Ikwanweb pubblicava un messaggio dal vicecapo del partito, Khairat El-Shater che si diceva “sollevato in quanto nessuno del personale dell’ambasciata al Cairo si fosse fatto male” e auspicava che le relazioni tra USA e Egitto potessero superare questi eventi. Questo tweet di riconciliazione, però, è stato pubblicato mentre l’account ufficiale dei Fratelli Musulmani in lingua araba e il suo sito ufficiale stavano entrambi lodando le proteste – organizzate contro il film prodotto negli Stati Uniti giudicato diffamatorio verso l’Islam – e convocando un corteo da un milione di uomini venerdì 14 settembre. Un articolo in lingua araba sul sito della Fratellanza aveva come titolo: “La rivolta degli egiziani per difendere il Profeta”. Notata la contraddizione, l’ambasciata statunitense al Cairo ha twittato a sua volta una risposta piccante: “Grazie. A proposito, hai controllato i tuoi feed in arabo? Spero che tu sappia che leggiamo anche quelli”.
    Il professore di scienze politiche all’Universita di California Asaad abu Khalil ha scritto sul suo blog:
    “ 1 – I salafiti in Egitto non sono stati sconvolti dalle occupazioni degli Stati Uniti, né dal sostegno degli Stati Uniti all’aggressione israeliana, né dalla sponsorizzazione degli Stati Uniti delle dittature di Sadat e Mubarak, ma da una ripugnante e fanatica pellicola su Internet.
    2 – Guai ad una nazione che si arrabbia e si infiamma a causa di un odioso e fanatico film su Internet invece di arrabbiarsi ed infiammarsi a causa dell’occupazione, dei bombardamenti, delle disuguaglianze e del furto delle risorse naturali. Mi aveva sempre addolorato che i musulmani si sentissero offesi più per l’incendio nella Moschea di Al-Aqsa che per l’occupazione della Palestina. Guai alla nazione che si comporta come un critico cinematografico invece di essere una forza di resistenza all’occupazione israeliana.
    3 – Sono stato (tra i pochi) che hanno criticato l’intervento degli Stati Uniti in Libia: allora avevo scritto che gli Stati Uniti stavano ripetendo la scena di un film già visto in Afghanistan. Un film in cui i fanatici che in precedenza erano armati e sostenuti dagli Stati Uniti si rivoltavano contro. I salafiti in Libia stanno usando armi che sono state fornite loro dalla NATO, e sono sicuro che sentiremo parlare di loro nei mesi e negli anni a venire.”
    Asaad abu Kahlil aveva visto giusto.
    (Saleh Zaghoul)
  • OLI 349: ESTERI – Egitto, per la prima volta un fratello musulmano è eletto presidente

    Il secondo turno delle elezioni presidenziali egiziane è stato vinto da Muhammad Mursi, candidato dei Fratelli Musulmani, il quale ha preso circa 13 milioni dei voti (51,73 %) contro i circa 12 milioni (48,27%) del suo rivale Ahmad Shafiq, candidato del vecchio regime e del consiglio militare. Al secondo turno Mursi si è presentato come il candidato di tutte le forze della rivoluzione del 25 gennaio contro il ritorno del vecchio regime rappresentato da Shafiq, ultimo primo ministro di Mubarak. Questa linea gli ha permesso di raddoppiare i voti dei fratelli musulmani ottenuti al primo turno e di vincere le elezioni. Al primo turno, infatti, Mursi aveva ottenuto 5.764.952 voti e Shafiq 5.505.327. Nessuno dei rappresenti del movimento del 25 gennaio e del popolo che ha dato inizio alle manifestazioni contro Mubarak è riuscito a superare il primo turno. Il candidato dei laici democratici egiziani Hamadin Sabahi era arrivato terzo con 4.820.273 voti, senza disporre dei mezzi economici e mediatici di cui disponevano Mursi (sostenuto dal Qatar e dalla TV del suo emiro al Jazeera e Shafiq (sostenuto dall’Arabia Saudita e dal 90 per cento dei media arabi finanziati da questo paese). I Fratelli Musulmani erano un partito “illegale” ai tempi di Mubarak, ma la loro opposizione non rappresentava un problema, riuscivano a convivere col regime. La loro opposizione era invece fortissima durante il governo laico socialista ed anti imperialista di Nasser. Negli ambienti della sinistra araba si dice che la loro politica sia stata storicamente coordinata con gli inglesi prima e con gli USA dopo e che non abbiano mai fatto vera opposizione ai regimi dittatoriali filo americani. Ora festeggiano la prima volta che un loro esponente viene eletto presidente di un paese arabo, del più importante paese arabo. Ad essere precisi gli islamici avevano vinto le elezioni in Algeria, agli inizi degli anni novanta, ma i militari algerini hanno impedito loro di governare facendo precipitare il paese nella violenza sanguinaria durata per molti anni.
    Per i laici e i democratici egiziani, ha vinto il meno peggio, ha perso il vecchio regime di Mubarak e sono maggiori le possibilità di continuare il processo di cambiamento. Non sarà facile, le difficoltà maggiori provengono dal pericolo di militarizzazione più che da quello dell’islamizzazione del paese. Il futuro del paese sarà sempre più determinato dalla volontà del popolo di ottenere democrazia, giustizia sociale e un ruolo arabo dell’Egitto, a sostegno ad esempio dei palestinesi, fuori dalla politica filo americana e filo israeliana di Mubarak. Il neo presidente ed i suoi collaboratori – consapevoli della forza limitata dei Fratelli Musulmani nel paese (circa il 25% dei voti al primo turno) e degli interessi forti dei militari al potere dopo Mubarak -, non sta facendo altro che mandare messaggi rassicuranti a tutti: “sarò il presidente di tutti gli egiziani, lavorerò per assicurare democrazia e giustizia sociale, apprezzo esercito, polizia e giudici, rispetterò l’autonomia dei giudici, condividerò il governo con le altre forze della rivoluzione egiziana, la rivoluzione continua”. Vedremo.
    (Saleh Zaghloul – immagine da internet)

  • OLI 298: YEMEN – Le donne di Piazza del Cambiamento.

    Il movimento per la libertà e la democrazia che sta coinvolgendo quasi tutti i paesi arabi ha già avuto grandi risultati con la caduta di Mubarak in Egitto e Ben Al in Tunisia. Nello Yemen il processo di cambiamento è in una fase avanzata.
    I giovani yemeniti stanno seguendo il modello egiziano: l’occupazione ad oltranza delle piazze principali delle città. Piazza del Cambiamento nella capitale Sana’a è occupata dal 3 febbraio scorso. Come è stato in Egitto e Tunisia (dove il processo di costruzione della democrazia sta andando sempre avanti con tutti i pericoli e le insidie che caratterizzano queste delicate fasi storiche), anche nello Yemen le donne stanno partecipando molto attivamente alle lotte. Le loro colleghe tunisine stanno ottenendo risultati importanti che, soltanto qualche mese fa, erano inimmaginabili: in base alla nuova legge elettorale non saranno ammesse liste che non abbiano almeno il 50% di candidate.
    Le donne presenti in piazza hanno avuto un ruolo fondamentale per mantenere il movimento per il cambiamento nello Yemen sulla linea della nonviolenza. I giovani continuano a non rispondere alle provocazioni e non cadono nella trappola della violenza alla quale è stato costretto il movimento in Libia.
    Consapevole della determinazione e del coraggio delle donne il contestato presidente Ali Saleh ha cercato nel suo discorso al popolo di venerdì scorso di neutralizzarle attaccandole su un punto molto delicato della tradizione yemenita: ha fatto appello alle forze dell’opposizione (che, come in Egitto, non rappresentano i giovani in piazza, ma che hanno partecipato in un secondo momento al movimento), di evitare la promiscuità tra donne e uomini nelle piazze.
    La riposta delle donne yemenite è stata forte ed immediata con cortei femminili in tutte le principali città, chiedendo di processare il presidente per calunnia al loro onore. “Ci vuole rinchiudere in casa come le galline”, “saremo noi donne a farlo cadere e a processarlo”, “noi siamo educate, oneste e coscienziose è lui che non è stato onesto nei confronti del popolo e dei suoi diritti”.
    Poche, invece, sono state le donne che hanno seguito il classico del calcio mondiale sullo schermo gigante allestito in piazza del Cambiamento a Sana’a. La partita di calcio tra Real Madrid e Barcellona, due tra le squadre più forti e spettacolari del mondo, dove giocano Messi e Ronaldo, è stata seguita dai giovani divisi nel tifo per una squadra o l’altra, ma, alla fine della partita, uniti nel chiedere la partenza del presidente Ali Saleh.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 288: EGITTO – Unità tra sessi e religioni nell’Egitto in lotta

    Venerdì 4 febbraio 2011: altra manifestazione milionaria in piazza della Liberazione (maidan al Tahrir). La preghiera del venerdì, che ha un significato particolare nella tradizione musulmana, sta per iniziare in piazza. Tutti vogliono partecipare alla preghiera, anche quelli che fanno servizio d’ordine ai sei ingressi della piazza per proteggere i manifestanti dagli attacchi dei resti delle forze di sicurezza del regime in borghese (sono in abiti civili, per apparire come cittadini sostenitori del regime e sfuggire all’intervento dell’esercito in difesa dei manifestanti) e dai famosi balttagìa (mercenari pagati dalla Mukhabarat – i servizi segreti – del regime, delinquenti comuni e criminali che solitamente impongono il loro controllo del territorio esercitando violenza nei confronti dei cittadini e terrorizzandoli. Ora sono mercenari al soldo del regime. Letteralmente sono i portatori di baltta; cioè ascia o grossa arma bianca). Nei giorni precedenti i balttagìa hanno invaso la piazza su cavalli e cammelli ed hanno attaccato i manifestanti. La notte precedente avevano attaccato i manifestanti con il lancio di bottiglie molotov e pietre.
    Per permettere anche ai membri del servizio d’ordine di partecipare alla preghiera, circa diecimila dei cristiani egiziani presenti in piazza hanno formato una diga umana ai sei ingressi della piazza, proteggendo i loro compagni musulmani durante la preghiera.
    Domenica 6 febbraio 2011: i cristiani egiziani hanno celebrato la messa domenicale in piazza al Tahrir circondati e protetti dai manifestanti musulmani.
    Due scene che evidenziano la forte unità tra egiziani musulmani e cristiani nella lotta contro il regime di Mubarak ed evidenziano il ruolo negativo di questo regime sulla convivenza tra religioni diverse e le sue responsabilità negli ultimi avvenimenti, precedenti alla rivolta, che hanno causato molte vittime cristiane. Una delle caratteristiche dei regimi dittatoriali è quella di creare divisioni tra i cittadini di diverse etnie o religioni proprio per conservare un potere totalitario aggressivo e despota.

    Le donne sono presenti ed hanno un ruolo molto attivo nella rivolta contro il regime, donne giovani e vecchie, con il velo e senza velo, con il vestito tradizionale e con i pantaloni o la gonna, donne laiche e religiose, musulmane e cristiane. I giovani uomini cercano soltanto di evitare che le donne facciano parte del servizio d’ordine agli ingressi della piazza e che affrontino la violenza dei balttagìa. Per il resto partecipano a tutte le attività, sono certamente le più attive negli ospedali di campo a curare i feriti, le più brave a portare cibo e quanto serve in piazza, sono le più brave a rappresentare la piazza quando sono intervistate dai media, sono le più organizzate, sono quelle che più hanno una visione chiara sulla prospettiva politica del paese, su come vorrebbero che si evolvesse la rivoluzione, sono le più determinate: non si tratta con il regime prima della caduta di Mubarak, sanno che è l’occasione della loro vita e della vita delle loro figlie e delle donne in tutta la regione per ottenere parità, libertà e democrazia.
    (Saleh Zaghloul)

  • Oli 287: Egitto – Un appello ai popoli e ai governi del mondo libero

    In rete si moltiplicano gli appelli per portare il mondo a conoscenza della situazione di repressione e censura che in questi giorni sta strangolando la rivolta della popolazione egiziana contro la dittatura di Mubarak. L’’Istituto per i diritti umani del Cairo (CIHRS) denuncia l’uso della forza sui manifestanti pacifici e le operazioni di censura sul web e sulla telefonia mobile. L’Associazione egiziana per il supporto allo sviluppo democratico (Easd) chiede il rilascio dei manifestanti arrestati e reclama chiarezza riguardo alle morti durante gli scontri . Il Comité de Solidarité avec la Lutte du Peuple Egyptien coordina manifestazioni di solidarietà in Francia. Riportiamo, tra tutti, il messaggio che l’Egyptian National Coalition ha fatto circolare nei giorni scorsi, dopo i sanguinosi scontri del 28 gennaio, Giorno della rabbia egiziana.

    Facciamo appello a tutti voi di sostenere le richieste del popolo egiziano per una vita migliore, per la libertà e la fine del dispotismo. Vi invitiamo a sollecitare che questo regime dittatoriale fermi il massacro del popolo egiziano,perpetuato in tutte le città, prima fra tutte Suez. Noi crediamo che il sostegno morale e materiale offerto al regime da parte del governo americano e dei governi europei abbia contribuito alla repressione del popolo egiziano.
    Ci appelliamo ai popoli del mondo libero perché sostengano la rivoluzione non-violenta del popolo egiziano contro la corruzione e la tirannia. Chiediamo anche alle organizzazioni della società civile in America, in Europa e nel mondo intero di esprimere la loro solidarietà al l’Egitto, attraverso manifestazioni pubbliche, in particolare nel fine settimana che segue la Giornata della rabbia popolare (28/01/2011), e denunciando l’uso di violenza contro il popolo.
    Ci auguriamo che tutti voi sosteniate le nostre richieste di libertà, di giustizia e cambiamento pacifico.
    Egyptian National Coalition

  • Oli 287: Egitto – Democrazia e libertà nel mondo arabo

    I cambiamenti per la democrazia e la libertà ai quali stiamo assistendo in Tunisia ed Egitto e nel mondo arabo in generale sono possibili soltanto perché oggi alla presidenza negli Stati Uniti c’è Obama. I popoli arabi, infatti, hanno sempre lottato contro i regimi autoritari, sacrificandosi per la libertà; ma le rivolte sono state represse nel sangue.
    Dopo il crollo del muro di Berlino, con la fine del vecchio ordine mondiale e dello spettro della guerra “fredda”, si sperava che non ci sarebbe più stato bisogno di regimi dittatoriali al servizio delle due alleanze militari (Nato e Varsavia) che si contendevano il controllo del mondo. Il cambiamento sperato non avvenne: negli Stati Uniti prevalse, fino all’avvento di Obama, la politica di un ordine mondiale basato sull’unilateralismo e sul controllo del mondo intero da parte di una sola potenza. Questa politica aveva ancora bisogno di dittature amiche alle quali era permesso di violare gravemente i diritti umani, reprimendo nel sangue le rivolte per la libertà e la democrazia. I movimenti democratici e laici nel mondo arabo sono stati distrutti nel silenzio totale delle “destre” e delle “sinistre” negli Stati Uniti e in Europa.
    Obama, malgrado la forte opposizione interna, cerca di rispettare le linee della nuova politica annunciata nel discorso al mondo arabo ed islamico pronunciato nel 2009 proprio al Cairo. Ben Ali ha capito che era esaurito il vecchio appoggio totale della Casa bianca. I capi dell’esercito tunisino hanno realizzato che Ben Ali era ormai esautorato ed hanno rifiutato di sparare sul popolo in rivolta. Prima di Obama questo non sarebbe stato possibile: la repressione durissima e sanguinaria operata ai danni della popolazione passava sotto silenzio in occidente,tranne che per dittatori che si opponevano all’ordine mondiale americano.
    Di Saddam e delle violazioni dei diritti umani in Iraq, ad esempio, si parlò solo dopo 1990, quando il dittatore impose l’aumento del prezzo del petrolio per la ricostruzione, alla fine della guerra decennale contro l’Iran, portata avanti per conto dell’Occidente.
    Il secondo fattore che rende possibile il cambiamento nel mondo arabo è la diffusione di Internet e delle Tv satellitari (al-Jazeera) per cui è difficile tenere nascosta la repressione. La gioia per la democrazia e la libertà che stanno avanzando nel mondo arabo è mischiata al ricordo di tutte le persone che hanno lottato e sono state sconfitte anche per il silenzio dei “democratici” occidentali. E’ triste sapere che i movimenti politici di matrice religiosa e gli integralisti sono nati proprio per colmare il vuoto lasciato da queste sconfitte, con l’appoggio dell’occidente. Dopo essere stati sostenuti contro i laici arabi, sono usati ancora oggi come spauracchio per mantenere le dittature: “meglio i dittatori come Ben Ali e Mubarak che gli integralisti al potere” o “meglio i dittatori come Mubarak che una democrazia egiziana anti israeliana”.
    Certo è che le posizioni contro le dittature nelle altre parti del mondo (Ucrania, Iran), sono più nette, chiare e tempestive.
    Speriamo non si versi più sangue in Egitto.
    (Eleana Marullo)