Categoria: OLI 373

  • OLI 374: AMBIENTE – Da Gerbonte al Monte Gottero, i boschi demaniali ai privati contro il degrado

    Dal Censimento generale dell’agricoltura 2011

    La Regione Liguria avrà pronto, entro luglio, un bando per affidare la gestione dei boschi demaniali ad aziende agricole o cooperative. La superficie regionale coperta da boschi è di circa 375mila ettari, e quasi 7mila sono demaniali: si tratta delle foreste di Testa d’Alpe, Gerbonte e Monte Ceppo nella provincia di Imperia, Barbotina, Cadibona e Deiva in provincia di Savona, Tiglieto, Lerone, La Fame, Monte Penna, Monte Zatta, Le Lame in provincia di Genova, Monte Gottero in provincia di La Spezia. Le aziende private potranno quindi entrare nella gestione di queste aree, sfruttare il bosco ed il sottobosco, facendosi carico della manutenzione delle aree lasciate al degrado.
    Le zone boschive liguri soffrono ormai i danni dell’abbandono, che ha interessato precocemente la regione, a partire da prima della seconda guerra mondiale. Gli effetti concreti sono il dissesto idrogeologico, gli incendi boschivi, lo sfaldamento del sistema dei versanti, attuato in passato attraverso i terrazzamenti e una gestione consapevole dei bacini idrografici.
    Il Wwf ha reagito dichiarando inconciliabile ed anticostituzionale l’affidamento a privati di un territorio forestale di cui è necessario garantire “biodiversità, protezione dei beni naturali, difesa del suolo, fruizione controllata da parte della collettività” (Il Secolo XIX, 2/4/2013).
    D’altra parte, l’assessore regionale all’agricoltura Barbagallo ha motivato la decisione affermando che “Il bosco il Liguria negli ultimi 100 anni è cresciuto del 60 per cento: non servono ulteriori foreste abbandonate, semmai bisogna riportare l’agricoltura nella nostra regione perché un terreno coltivato è un terreno preservato” (Il Secolo XIX, 21/3/2013).
    Che il bosco in Italia sia in continua espansione (un bosco povero e degradato, frutto dell’abbandono) è cosa risaputa (vedi anche OLI 262 ). Il censimento generale dell’agricoltura 2011, che ha preso in esame i dati del decenni 2000 – 2010, evidenzia che il settore agrosilvopastorale in Liguria non se la passa affatto bene: è evidente (vedi immagine) come il numero di aziende del settore sia fortemente diminuito – e più che in altre regioni – nell’arco di tempo in esame, così come l’indice Sat (superficie aziendale totale, che comprende campi, boschi canali ecc…), che segna una diminuzione del 39,9 per cento: la più rilevante d’Italia.
    Sono legittimi i timori del Wwf sugli abusi che potrebbero verificarsi con la gestione privata, tuttavia l’incuria e l’abbandono attuali non sono le premesse per un idilliaco ritorno alla “Natura” ma le cause del degrado ambientale e della perdita di biodiversità che affliggono la regione: la protezione dell’ambiente non può prescindere dalla conoscenza della sua storia.
    (Eleana Marullo)

  • OLI 374: TEATROGIORNALE – Il presidente degli Stati Uniti


    Usa, lettera con sostanza velenosa recapitata a Obama

    [Il Teatrogiornale è un racconto di fantasia liberamente tratto dalle notizie dei giornali]

    Sono le sei e quindici, il Presidente degli Stati Uniti è già sveglio, sta facendo colazione: succo d’arancia, caffè, pane tostato con prosciutto. Sta leggendo sul suo Ipad la rassegna stampa che il suo staff ha già ridotto. Ridacchia. Fratelli Craxi: “Se papà capo dei ladri, Amato vice-ladrone”.
    -Italiani- pensa il Presidente e annusa la sua tazza di caffè, – se non esistessero bisognerebbe inventarli.-
    Nel suo staff c’è qualcuno che vuole distrarlo da: “No del Senato. Obama: giorno vergognoso”.
    Michelle è entrata in cucina, ha i bigodini in testa.
    Squilla il telefono. Il Presidente risponde. Posa la tazza. Guarda la moglie e dice:
    -Chiama le ragazze.
    Michelle rimane ferma a guardare suo marito. Poi si gira e corre su per le scale. Mentre sale chiama Carmela. C’è una valigia in ogni armadio, una piccola valigia grigia. La valigia per l’ora x. La Clinton le aveva detto di prepararla. Una valigia scaramantica da utilizzare in caso di attacco agli Stati Uniti D’America e di evacuazione della famiglia presidenziale in un luogo sicuro. Tutte le quarantaquattro mogli dei quarantaquattro presidenti degli Stati Uniti ne avevano una nell’armadio.
    Le ragazze sono vestite, l’elicottero militare è atterrato. Schermandosi con le braccia e protetti dagli uomini della scorta la famiglia presidenziale sale. Le ragazze vengono messe in fondo all’elicottero, il Presidente e la moglie nella parte anteriore. C’è un protocollo che tutti conoscono a memoria e che tutti eseguono meccanicamente. Michelle guarda suo marito e aspetta. Devono attendere qualche minuto. Tutti i cellulari e i computer non sono più considerati affidabili. Tra qualche istante verrà stabilita la linea rossa.
    -Un bicchiere d’acqua, per cortesia.
    Chiede il Presidente a un soldato che gli sta vicino. Questo rimane immobile. Forse non ha sentito. Il rumore dei motori è forte. Il Presidente si gira verso un’altro soldato che sta in piedi vicino alla moglie.
    -Soldato, è possibile avere un bicchiere d’acqua?- dice il presidente alzando la voce.
    I soldati non fanno segno di aver sentito e rimangono immobili a guardare dritto davanti a loro.
    Il Presidente si guarda attorno, in cinque anni non gli era mai capitato che qualcuno non eseguisse i suoi ordini. Persino da Senatore c’era sempre qualcuno pronto a dargli il suo bicchiere d’acqua. Lui beve tanto, bisogna bere tanto.
    ‘E un momento tragico per il paese. Si alza, guarda i soldati.
    -Grazie a tutti voi per l’aiuto che date a me e a tutta la nazione.
    Nessuno lo guarda o fa segno di averlo sentito. Il presidente osserva le facce dei soldati. Ci sono solo soldati bianchi. Dritti nelle loro uniformi, armi alla mano. Nessuno lo guarda. Sono tutti bianchi.
    Il Presidente fa un passo avanti per uscire nel corridoio tra le poltrone.
    Un soldato gli sbarra la strada col mitra.
    Il Presidente guarda la moglie che lo guarda.
    L’elicottero si alza in volo.

    (Arianna Musso – foto da internet)

  • OLI 373 – CITTA’: L’ultimo stadio e il patron della Samp

    “Perché, vede, noi abbiamo una tradizione in città, noi rappresentiamo qualcosa che quelli del Genoa non hanno, non c’è la cultura, non potremmo fare uno stadio con il Genoa, il nostro è un brand da difendere… per restare in serie A”  sottolinea il figlio di Edoardo, durante  il buffet offerto ai Consiglieri dopo la Commissione-fiume, in cui è stato presentato il progetto Stadio in Fiera.

    Comprensibile l’incompatibilità con la squadra rivale di sempre, non si capisce però la storia della serie A, non è che la Sampdoria brilli: e comprare qualche giocatore in più? direbbero i tifosi, anche loro presenti tra il pubblico di Sala Rossa, pazzi per uno stadio tutto Samp come per il Manchester, l’Arsenal, la Juve.
    Il progetto è interessante, non si evidenziano però operazioni finanziarie da capogiro, come per  il nuovo impianto dell’Arsenal: emessi persino dei bond per 250 milioni sterline, occupati 24 ettari di una fabbrica dismessa, edificati migliaia di appartamenti, bar, ristoranti al posto del leggendario stadio Highbury di Londra.
    Sono altri numeri, milioni di sterline e giri di sceicchi.
    E perché noi no? Il gruppo Union Calcio Sampdoria accarezza l’idea, è un fatto che con gli stadi nuovi i grandi club europei stanno guadagnando parecchio, pure la Juventus, con un aumento di quasi il 12 per cento di abbonamenti e del 30 per cento di ricavi. Nessuna intenzione speculativa, sottolineano.
     L’iniziativa nasce su input del disegno di legge per gli stadi, presentato ma non approvato che, con  generose agevolazioni, cercava di risolvere l’annoso problema dell’impiantistica di proprietà pubblica: anche a Genova abbiamo un problemino, perché Genoa e Samp fanno a gara a chi paga per ultimo l’affitto di Marassi; spesso interviene la Carige.
    L’Union Club Sampdoria nella sua brochure di presentazione, distribuita ai Consiglieri comunali, elenca sette buoni motivi per fare lo Stadio in Fiera e li citiamo in ordine: miglioramento della sicurezza contro la violenza negli stadi, qualificazione dell’impianto come polo sociale e culturale, diminuzione dei costi per la collettività con la riduzione di spese di manutenzione, nuove opportunità occupazionali, riqualificazione urbana, ambientale e territoriale, diversificazione delle forme di ricavo della Società, maggiore competitività dello sport italiano.
    Alcuni si commentano da sé, su altri si potrebbe discutere. Su tutti però il tema del lavoro: un migliaio di edili impegnati, mentre, ad opera finita, i lavoratori saranno tra le 15 e le 30 unità. Cifre da sballo.
    Per contro la Società potrebbe avere “un riequilibrio delle voci del conto economico e, in ragione della titolarità dell’impianto, la conseguente patrimonializzazione”: bel colpo, si tratta delle aree più pregiate di Genova, in riva al mare e in centro città, valutate sui venti milioni di euro dalla presidente di Fiera Armella, che intanto vuole mandare a casa 31 su 54 lavoratori e un indotto di quasi cinquecento piccole imprese.

    E’ sulla crisi di Fiera che conta la Sampdoria, sui conti che non tornano per il Comune, principale azionista?
    Sorvolando pure sull’impatto paesaggistico di uno stadio piéd dans l’eau da trentamila posti e mille parcheggi, ci si chiede perché farlo proprio lì. Di certo fa gola anche l’eventuale saldo dell’ex palazzo Nira-Ansaldo e qualche immobile del Comune nei dintorni. In cambio si avrà un modesto palazzetto dello Sport per altre discipline, alto circa trenta metri, al posto della ariosa tensostruttura; un po’ di centro commerciale che non guasta mai. E sperando nei nuovi accessi di ponente, che si otterrebbero tirando giù 500 metri di fine sopraelevata per arrivare direttamente in Fiera (costo un milione al metro, fonte Autostrade), trentamila persone si riverserebbero nell’arco di poche ore in un luogo già intasato.
     Ma l’interesse pubblico qual è?
    Il disastro è che non s’intravede proprio una visione di potenzialità economico-lavorative per la città, ma soltanto un progetto dall’utilizzo alterno, rivolto essenzialmente ai tifosi e non per attrarre turismo, forse la nostra ultima speranza. 
    (Bianca Vergati – immagine da internet)
  • OLI 373: CITTA’ – Maddalena on the Road

    Sabato 13 Aprile 2013 si è svolta Maddalena on the road: commercianti, abitanti, artigiani, accompagnati da un gruppo di attori, musicisti e clown, hanno invaso il quartiere per cercare di restituirgli la vita. Anche le attività dei negozi si è svolta in strada.
    E’ da qualche mese ormai che il Civ della Maddalena, l’associazione A.Ma. e il Formicaio, sostenuti da altre realtà del quartiere, animano i sestriere ogni secondo sabato del mese.
    Galleria fotografica di Paola Pierantoni, Giovanna Profumo, Ivo Ruello

  • OLI 373: POLITICA – Les Misérables, tra maschile e femminile

    Il suo nome per un po’ è girato, poi non più. Ora siamo molto – e drammaticamente – oltre.
    Comunque può essere interessante tornare brevemente sull’episodio che ha coinvolto nei giorni passati Anna Finocchiaro, il suo carrello della spesa, e il ‘miserabile’ Renzi.
    Il sindaco rampante aveva messo insieme con strumentalità due categorie incomparabili, e cioè le qualità necessarie ad essere una buona presidente della Repubblica, ed un episodio di scarsa importanza: essersi, la Finocchiaro, fatta aiutare a trasportare un carico Ikea da persone della scorta, con cui si può immaginare abbia sviluppato un sufficiente grado di consuetudine e confidenza da rendere questo atto nulla più che un normale episodio di gentilezza.
    Lei, ahimè, ha reagito senza misura, usando parole – miserabile, inaccettabile, ignobile – che andrebbero usate in ben altre circostanze, se vogliamo che le parole abbiano un senso.
    E’ questo, e non il carrello, che la dimostra inadeguata.
    Sono giorni e giorni e giorni che incontrando amiche ed amici ci scambiamo sguardi sempre più disperati per l’orrenda gestione di questa crisi, e tutto questo delirio mi conferma che non c’è speranza nelle modalità maschili di esercitare il potere; ma per le donne la strada di praticarlo senza adeguarsi ai riti maschili (comportamenti, linguaggi, strategie) resta ancora irrisolta e sostanzialmente inesplorata.
    Su questo nodo cruciale e complesso molte donne, da molti anni, discutono, pensano, scrivono; ma questo universo di pensiero femminile pare ancora drammaticamente separato da quello delle donne che percorrono le strade del potere, che pare non abbiano il tempo per pensarci su, per parlarsi tra loro, per trovare la forza di offrirci, collettivamente, un’alternativa.
    Anche in queste ultime ore le vedo isolate e disperate, o conniventi e subordinate.
    (Paola Pierantoni – Immagine da internet)

  • OLI 373: CITTA’ – Una marcia contro il cemento, a Genova il 21 aprile

    Disegno di Guido Rosato

    Una marcia contro il cemento e a favore della tutela e valorizzazione dei suoli agricoli; una manifestazione contro la speculazione edilizia e a favore del paesaggio come risorsa anche economica; un corteo colorato di nero e giallo (come le api), che collegherà due luoghi simbolici di Genova, l’Acquasola, dove è stato sventato uno degli scempi più inauditi in un giardino pubblico storico, e Valletta Carbonara, dove negli antichi orti dell’Albergo dei Poveri un simile pericolo non è ancora scongiurato.
    L’evento, che non conosce precedenti a Genova, è la ‘Marcia per la Terra’, proposta dal coordinamento genovese di ‘Salviamo il paesaggio’, e organizzata insieme alle associazioni sotto elencate, nel capoluogo ligure domenica 21 aprile, in concomitanza con analoghi eventi promossi in Piemonte, Lazio, Veneto, Puglia, Sicilia e dagli altri coordinamenti locali del Forum nazionale Salviamo il paesaggio, per celebrare l’Earth Day, la Giornata Mondiale per la Terra promossa dalle Nazioni Unite.
    L’obiettivo è dire STOP! al consumo scellerato di suolo che nei decenni ha devastato il capoluogo ligure e l’intera regione, compromettendo in modo irreversibile il paesaggio e i naturali assetti idrogeologici del territorio, con le drammatiche conseguenze che tutti conoscono: devastanti alluvioni come quelle del 2010 a Sestri Ponente e del 2011 in via Fereggiano e nello spezzino, incendi boschivi e frane, ultima quella drammatica di via Ventotene, che ha riportato alla memoria la tragedia della non lontana via Digione a fine anni ’60, quando la città aveva già iniziato ad essere brutalizzata dal cemento.
    Guardando a un orizzonte semplice ma apparentemente ambizioso quale la salvaguardia del pianeta Terra, la manifestazione intende sottolineare la necessità di conservare le risorse naturali e i suoli agricoli e fertili, fermando il consumo indiscriminato di suolo.
    Per restare a Genova e provincia, l’elenco dei casi di cementificazione realizzata o minacciata, in alcuni casi sventata con grandi mobilitazioni, è infinito: dai progetti di parcheggi spuntati ovunque (dopo l’enormità dell’Acquasola ci sono stati fra gli altri Salita della Misericordia, le Caravelle di piazza della Vittoria, il Bosco Pelato a San Fruttuoso, Nostra Signora dell’Orto in pieno centro storico di Chiavari), alle edificazioni in zone di alto pregio paesaggistico o storico (Valletta Carbonara, l’ex scalo ferroviario di Camogli e l’ex Mercato di corso Sardegna, per non parlare dell’ex Ospedale psichiatrico di Quarto, monumento su cui incombe una gigantesca speculazione).
    IL PROGRAMMA DELLA MARCIA: MUSICA, BAMBINI E MERENDA CON I CONTADINI DI VESIMA
    La marcia partirà alle 14 dai giardini dell’Acquasola e approderà ai Giardini Pellizzari (circonvallazione a monte, sopra l’Albergo dei Poveri e Valletta Carbonara) intorno alle 16.

    http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/marcia-per-la-terra-in-liguria/

  • OLI 373: GENERAZIONE PRECARIA – Io voglio restare, a Roma il 21 aprile

    Vogliono un progetto di paese e non un paese a progetto.
    Si incontreranno domenica 21 aprile a Roma, alle ore 10 per una giornata di discussione e confronto per organizzare le prossime mobilitazioni, radicare la campagna, organizzare l’impegno con maggior forza e determinazione.
    A chi fosse interessata/o a partecipare chiedono di scrivere per  facilitare l’organizzazione di eventuali trasporti e regolarsi per la capienza della sala. Di seguito il testo della loro inziativa

    In queste lunghe settimane post-elettorali, i temi reali della crisi, della mancanza di lavoro e welfare, dell’impoverimento di parti sempre più ampie della popolazione, sembrano spariti dalla scena. Il giorno dell’insediamento del nuovo parlamento, il 15 marzo scorso, mentre un turbinio di calcoli parlamentari e numeri di seggi invadeva i quotidiani, ci siamo presentati davanti a Montecitorio a Roma, davanti alla torre pendente a Pisa e in piazza del Plebiscito sempre a Roma per far presente a tutti la quota drammatica dell’unica vera maggioranza nel paese: il 38,7% di giovani disoccupati.
    L’urgenza della nostra situazione è evidente a chiunque si guardi intorno, fuori dalle aule dei palazzi: un’intera generazione è priva di ragionevoli prospettive di lavoro e di vita dignitosa, in questo paese come nelle altre aree maggiormente colpite da crisi e austerity, come l’iniziativa dei nostri coetanei spagnoli di Juventud Sin Futuro “No nos vamos, nos echan” (“non siamo noi che ce ne andiamo, sono loro che ci cacciano”) ci ha ricordato.
    Una situazione che, come abbiamo sempre detto, ci preoccupa ma non ci spaventa. Eravamo e siamo pronti a metterci al lavoro per costruirci un futuro, a cambiare il paese per non dover cambiare paese. Nei quattro mesi che ci separano dal nostro primo incontro nazionale, lo scorso novembre a Firenze, il nostro percorso ha iniziato a radicarsi: le 10 proposte “un progetto di paese o un paese a progetto” che abbiamo presentato alla politica durante la campagna elettorale hanno riscosso interesse e attenzione, e tanti comitati territoriali sono nati e stanno iniziando a darsi da fare, ognuno nella propria città. Ora è il momento di rilanciare, scegliendo, in forma pubblica, aperta e partecipata, la strada da seguire.
    Quali sono gli strumenti migliori per organizzare i disorganizzati e renderci tutti più forti? Come possiamo costruire, insieme ai tanti altri che come noi si pongono questi interrogativi, un terreno comune di mobilitazione, analisi e proposta su precarietà, welfare, abitare? Quali pratiche mutualistiche siamo in grado di mettere in campo già da oggi, come strumenti di cambiamento dal basso della nostra società? Come possiamo far superare alla nostra battaglia i confini nazionali e affrontare i nodi dell’Europa, della crisi e dell’austerity? Quali idee siamo già capaci di proporre e realizzare per mettere saperi e conoscenze al servizio dell’innovazione e del cambiamento? 
    Per discutere di tutto questo, come deciso nell’incontro di febbraio, ci ritroveremo tutti insieme a Roma il 21 aprile, per un nuovo momento di discussione e partecipazione, dal quale poter ripartire mobilitando tutte le idee e le energie a nostra disposizione.
    LE NOSTRE PROPOSTE PER CAMBIARE IL PAESE

  • OLI 373: TEATROGIORNALE – Maschere in una città che muore

    Dal fattoquotidiano.it: Comuni in rosso, i cittadini di Alessandria a Montecitorio: “La città così muore”

     – Stiamo camminando tra le strade di una città che fu. La guida ha un ombrello alzato, dietro i croceristi camminano in fila per due, macchine fotografiche e adesivi SMC. A fianco le guardie giurate scortano il gruppo.

     – Questa città è pericolosa? Chiede una grassa cinese con i capelli biondi che escono da un cappello di paglia.

     – No signora, è che in questi paesi decaduti non si sa cosa può succedere. Gli abitanti sono perlopiù impauriti e rimangono chiusi nelle loro abitazioni, ma non bisogna abbassare la guardia. Un tempo questa città era ricca, è stata la prima città che ha venduto una strada, via Garibaldi, al governo Indiano aprendo così il “mercato delle città”. Finché era solo via Garibaldi gli abitanti potevano passare per altre strade o carrugi, come le chiamano qui le strade strette. In breve la situazione era diventata ingestibile: sembrava che tutto il modo volesse accaparrarsi un pezzo d’Italia.
    A furia di vendere strade, per ripianare i debiti del comune, le case private sono diventate delle prigioni, gli abitanti non potevano più uscirne, pena multe salatissime. La legge del 2015 ha dato la possibilità di passaggio sulle strade, non più pubbliche, solo indossando abiti tradizionali.

    Ecco, potete ammirare alla vostra sinistra una Colombina con un Pulcinella insieme a un piccolo putto alato.
    Sull’altro lato del marciapiede una famiglia in abiti sintetici e colorati sta litigando.

     – Osservate l’uso delle mani, gli Italiani hanno una gestualità esasperata, il teatro nel sangue. Se fate silenzio potete ascoltarne la lingua, un canto.

    Il Pulcinella alza il braccio destro e stringe le dita, rivolto verso la Colombina in lacrime:
     – Ma che cazzo vuoi?
     – Che bello, possiamo dare qualche spicciolo all’angioletto? – chi parla è una Turca dallo smalto verde con degli Swarovski.
     – Signora, aspetti che la guardia li chiami. La guardia fa segno al Pulcinella di avvicinarsi.
    Pulcinella smette di urlare e fa segno alla donna di andare dalla fila di turisti col bambino alato.

    La Colombina saluta e ringrazia aprendo il grembiule mentre il bambino passa tra le signore a raccogliere Yen, Lire Turche, Dollari e per gettarli tra le gonne della mamma.

    Il Pulcinella si toglie il cappello e declama:
     – Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita.
    I turisti applaudono, la guida fa segno alle guardie di allontanare la famiglia Pulcinella.

    Sono ancora in Via Balbi e devono arrivare a San Lorenzo prima di pranzo per la performance dell’orchestra del Carlo Felice, ormai ridotta a orchestra di strada.

    La moglie della guida è il primo violino, i turisti non devono finire tutti i soldi con i Pulcinella, gli Arlecchini e i Pantaloni improvvisati che incontrano.
    Suoneranno Vivaldi, la primavera. I brasiliani l’adorano. Genova, la sua città, una città che fu.

    E da qualche parte risuonano le parole del poeta: Genova palpitante. Mio cuore. Mio brillante.
     (Arianna Musso – foto da internet)