OLI 373 – CITTA’: L’ultimo stadio e il patron della Samp

“Perché, vede, noi abbiamo una tradizione in città, noi rappresentiamo qualcosa che quelli del Genoa non hanno, non c’è la cultura, non potremmo fare uno stadio con il Genoa, il nostro è un brand da difendere… per restare in serie A”  sottolinea il figlio di Edoardo, durante  il buffet offerto ai Consiglieri dopo la Commissione-fiume, in cui è stato presentato il progetto Stadio in Fiera.

Comprensibile l’incompatibilità con la squadra rivale di sempre, non si capisce però la storia della serie A, non è che la Sampdoria brilli: e comprare qualche giocatore in più? direbbero i tifosi, anche loro presenti tra il pubblico di Sala Rossa, pazzi per uno stadio tutto Samp come per il Manchester, l’Arsenal, la Juve.
Il progetto è interessante, non si evidenziano però operazioni finanziarie da capogiro, come per  il nuovo impianto dell’Arsenal: emessi persino dei bond per 250 milioni sterline, occupati 24 ettari di una fabbrica dismessa, edificati migliaia di appartamenti, bar, ristoranti al posto del leggendario stadio Highbury di Londra.
Sono altri numeri, milioni di sterline e giri di sceicchi.
E perché noi no? Il gruppo Union Calcio Sampdoria accarezza l’idea, è un fatto che con gli stadi nuovi i grandi club europei stanno guadagnando parecchio, pure la Juventus, con un aumento di quasi il 12 per cento di abbonamenti e del 30 per cento di ricavi. Nessuna intenzione speculativa, sottolineano.
 L’iniziativa nasce su input del disegno di legge per gli stadi, presentato ma non approvato che, con  generose agevolazioni, cercava di risolvere l’annoso problema dell’impiantistica di proprietà pubblica: anche a Genova abbiamo un problemino, perché Genoa e Samp fanno a gara a chi paga per ultimo l’affitto di Marassi; spesso interviene la Carige.
L’Union Club Sampdoria nella sua brochure di presentazione, distribuita ai Consiglieri comunali, elenca sette buoni motivi per fare lo Stadio in Fiera e li citiamo in ordine: miglioramento della sicurezza contro la violenza negli stadi, qualificazione dell’impianto come polo sociale e culturale, diminuzione dei costi per la collettività con la riduzione di spese di manutenzione, nuove opportunità occupazionali, riqualificazione urbana, ambientale e territoriale, diversificazione delle forme di ricavo della Società, maggiore competitività dello sport italiano.
Alcuni si commentano da sé, su altri si potrebbe discutere. Su tutti però il tema del lavoro: un migliaio di edili impegnati, mentre, ad opera finita, i lavoratori saranno tra le 15 e le 30 unità. Cifre da sballo.
Per contro la Società potrebbe avere “un riequilibrio delle voci del conto economico e, in ragione della titolarità dell’impianto, la conseguente patrimonializzazione”: bel colpo, si tratta delle aree più pregiate di Genova, in riva al mare e in centro città, valutate sui venti milioni di euro dalla presidente di Fiera Armella, che intanto vuole mandare a casa 31 su 54 lavoratori e un indotto di quasi cinquecento piccole imprese.

E’ sulla crisi di Fiera che conta la Sampdoria, sui conti che non tornano per il Comune, principale azionista?
Sorvolando pure sull’impatto paesaggistico di uno stadio piéd dans l’eau da trentamila posti e mille parcheggi, ci si chiede perché farlo proprio lì. Di certo fa gola anche l’eventuale saldo dell’ex palazzo Nira-Ansaldo e qualche immobile del Comune nei dintorni. In cambio si avrà un modesto palazzetto dello Sport per altre discipline, alto circa trenta metri, al posto della ariosa tensostruttura; un po’ di centro commerciale che non guasta mai. E sperando nei nuovi accessi di ponente, che si otterrebbero tirando giù 500 metri di fine sopraelevata per arrivare direttamente in Fiera (costo un milione al metro, fonte Autostrade), trentamila persone si riverserebbero nell’arco di poche ore in un luogo già intasato.
 Ma l’interesse pubblico qual è?
Il disastro è che non s’intravede proprio una visione di potenzialità economico-lavorative per la città, ma soltanto un progetto dall’utilizzo alterno, rivolto essenzialmente ai tifosi e non per attrarre turismo, forse la nostra ultima speranza. 
(Bianca Vergati – immagine da internet)