Categoria: Stati Uniti

  • OLI 374: TEATROGIORNALE – Il presidente degli Stati Uniti


    Usa, lettera con sostanza velenosa recapitata a Obama

    [Il Teatrogiornale è un racconto di fantasia liberamente tratto dalle notizie dei giornali]

    Sono le sei e quindici, il Presidente degli Stati Uniti è già sveglio, sta facendo colazione: succo d’arancia, caffè, pane tostato con prosciutto. Sta leggendo sul suo Ipad la rassegna stampa che il suo staff ha già ridotto. Ridacchia. Fratelli Craxi: “Se papà capo dei ladri, Amato vice-ladrone”.
    -Italiani- pensa il Presidente e annusa la sua tazza di caffè, – se non esistessero bisognerebbe inventarli.-
    Nel suo staff c’è qualcuno che vuole distrarlo da: “No del Senato. Obama: giorno vergognoso”.
    Michelle è entrata in cucina, ha i bigodini in testa.
    Squilla il telefono. Il Presidente risponde. Posa la tazza. Guarda la moglie e dice:
    -Chiama le ragazze.
    Michelle rimane ferma a guardare suo marito. Poi si gira e corre su per le scale. Mentre sale chiama Carmela. C’è una valigia in ogni armadio, una piccola valigia grigia. La valigia per l’ora x. La Clinton le aveva detto di prepararla. Una valigia scaramantica da utilizzare in caso di attacco agli Stati Uniti D’America e di evacuazione della famiglia presidenziale in un luogo sicuro. Tutte le quarantaquattro mogli dei quarantaquattro presidenti degli Stati Uniti ne avevano una nell’armadio.
    Le ragazze sono vestite, l’elicottero militare è atterrato. Schermandosi con le braccia e protetti dagli uomini della scorta la famiglia presidenziale sale. Le ragazze vengono messe in fondo all’elicottero, il Presidente e la moglie nella parte anteriore. C’è un protocollo che tutti conoscono a memoria e che tutti eseguono meccanicamente. Michelle guarda suo marito e aspetta. Devono attendere qualche minuto. Tutti i cellulari e i computer non sono più considerati affidabili. Tra qualche istante verrà stabilita la linea rossa.
    -Un bicchiere d’acqua, per cortesia.
    Chiede il Presidente a un soldato che gli sta vicino. Questo rimane immobile. Forse non ha sentito. Il rumore dei motori è forte. Il Presidente si gira verso un’altro soldato che sta in piedi vicino alla moglie.
    -Soldato, è possibile avere un bicchiere d’acqua?- dice il presidente alzando la voce.
    I soldati non fanno segno di aver sentito e rimangono immobili a guardare dritto davanti a loro.
    Il Presidente si guarda attorno, in cinque anni non gli era mai capitato che qualcuno non eseguisse i suoi ordini. Persino da Senatore c’era sempre qualcuno pronto a dargli il suo bicchiere d’acqua. Lui beve tanto, bisogna bere tanto.
    ‘E un momento tragico per il paese. Si alza, guarda i soldati.
    -Grazie a tutti voi per l’aiuto che date a me e a tutta la nazione.
    Nessuno lo guarda o fa segno di averlo sentito. Il presidente osserva le facce dei soldati. Ci sono solo soldati bianchi. Dritti nelle loro uniformi, armi alla mano. Nessuno lo guarda. Sono tutti bianchi.
    Il Presidente fa un passo avanti per uscire nel corridoio tra le poltrone.
    Un soldato gli sbarra la strada col mitra.
    Il Presidente guarda la moglie che lo guarda.
    L’elicottero si alza in volo.

    (Arianna Musso – foto da internet)

  • OLI 356: ESTERI – Sessismo negli USA

    Sui risultati ottenuti dalle donne alle ultime elezioni negli USA, Tali Mendelberg, professore associato di scienze politica all’Università di Princeton, e Chrisopher f. Karpowiz, un assistente professore di scienze politiche presso la Brigham Young University, illustrano sul New York Times del 8 novembre 2012, i risultati della loro ricerca sulla necessità di una presenza femminile pari a quella maschile in un gruppo decisionale per poter produrre decisioni al femminile: “Il Congresso che si riunirà nel mese di gennaio avrà un numero record di donne: 20 senatrici. Le candidate donne hanno rotto altre barriere nelle ultime elezioni. Questo significa che il prossimo Congresso sarà più attento ai bisogni dei bambini, delle ragazze madri e degli americani più vulnerabili a causa del basso reddito, delle cattive condizioni di salute e di altri svantaggi? Purtroppo, no. La nostra ricerca dimostra che i legislatori prendono in considerazione le politiche femminili solo quando la presenza delle donne è veramente uguale a quella degli uomini. Festeggiamo pure le conquiste elettorali ma abbiamo molta strada da fare”. 
    Rimanendo negli Stati Uniti, sempre riguardo alle donne, per il Business Insider il generalissimo Petraeus, protagonista di guerra in Iraq ed Afghanistan contro nemici terribili è vittima di una donna molto seducente ed ambiziosa, la sua amante e bioghrafa Paola Broadwall. Lui è giustificato: “un uomo di 60 anni che si trova davanti una donna attraente che ha quasi la metà dei suoi anni che si rende disponibile a lui, mettetevi nei suoi panni è una prova durissima per chiunque”. Per lei invece nessuna giustificazione e il titolo sessista dell’articolo del Business Insider è, infatti, il seguente: “Un collega di Petraeus: la bioghrafa Paula Broadwell ha messo i suoi artigli su di lui”. 
    (Saleh Zaghloul)
  • OLI 355: ESTERI – Elezioni americane, si vota per il meno peggio

    I sondaggi dicono che il voto americano è incerto, che sarà una lotta fino all’ultimo voto. Qualche settimana fa, quando Mitt Romney è stato beccato mentre offendeva la parte povera del suo popolo, Barack Obama era in netto vantaggio. Ma il primo dibattito televisivo è stato nettamente vinto da Romney. Successivamente, Obama ha recuperato, ma soltanto per arrivare alla situazione attuale di parità ed incertezza. Il primo dei tre dibattiti televisivi sarà ricordato come la causa determinante di un’eventuale sconfitta di Obama: il presidente sembrava svogliato, come se la sua passione politica fosse finita, che fosse rassegnato al potere dell’apparato politico che impedisce ad ogni occupante della Casa Bianca di compiere cambiamenti significativi alle politiche nazionali o esteri. Essendo un uomo di centro, come Bill Clinton, non ha nemmeno cercato di sfidare l’apparato di potere o di governare da progressista. David Maraniss, nel suo libro sulla vita e la formazione di Obama, racconta che quando era andato al colloquio per il suo primo lavoro come organizzatore di comunità, ha trovato il modo per chiedere al suo intervistatore se si trattava di una di quelle organizzazioni di estrema sinistra con la quale non voleva avere niente a che fare. Inoltre Obama si era presentato al dibattito impreparato, sottovalutando il suo avversario e sopravvalutando le sue capacità di improvvisazione. Obama è un grande oratore e aveva agito brillantemente contro MacCain nel 2008, ma il conservatore di destra Romney, diversamente da McCain, ha una personalità solare e ha alle spalle una brillante formazione universitaria: ha frequentato contemporaneamente la Harvard Law School e la Business School, classificandosi al top in entrambi. Romney è arrivato al dibattito molto preparato, come ha sempre fatto. Nel terzo dibattito sulla politica estera i due candidati erano sostanzialmente d’accordo su tutto, ed è proprio questo il vero problema. Glenn Greenwald sul The Guardian scrive, infatti, che il dibattito “ha mostrato una fondamentale verità sulla campagna delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti: la maggior parte delle questioni politiche più importanti sono completamente taciute“.
    Ciò è dovuto al fatto che “i due candidati in grande misura sono d’accordo su molte delle questioni politiche più urgenti del paese“.
    La maggior parte di ciò che conta nella vita politica americana non si trova nei dibattiti elettorali nazionali e le politiche penali ne sono un esempio chiaro. L’ America imprigiona i suoi cittadini in una misura di gran lunga superiore a qualsiasi altra nazione sulla terra, compresi i paesi con una popolazione molto più ampia.
    Come ha riportato il New York Times nel mese di aprile 2008: “Gli Stati Uniti hanno meno del 5% della popolazione mondiale, ma hanno quasi un quarto della popolazione carceraria del mondo”. I neri americani continuano ad esserne la prima vittima. Come è successo parecchie volte nel nostro paese negli ultimi vent’anni, anche i progressisti americani si trovano di fronte due candidati che meritano entrambi di perdere le elezioni, e siccome il sistema elettorale non lo permette, sono costretti (quelli che ci vanno) a turarsi il naso e votare per il meno peggio.
    (Saleh Zaghloul – Foto da internet)

  • OLI 320: ESTERI – Gli Stati Uniti e l’Islam riformista

    In un articolo sul giornale libanese Al-Akhbar in lingua inglese, Asàd AbuKhalil, professore di scienze politiche all’Università americana di California, racconta la storia della riforma progressista dell’Islam tentata in Egitto da Nasser negli anni 1950 e 1960: C’era una guerra civile all’interno dell’Islam, l’Arabia Saudita e le altre dittature filo-americane del Medio Oriente sostenevano un Islam reazionario e conservatore definito dagli standard del wahabismo, uno dei movimenti religiosi più intolleranti ed esclusivisti nell’Islam. Mentre, Nasser, sosteneva e promuoveva un Islam molto diverso. Era un Islam che sosteneva l’uguaglianza di genere, promuoveva le donne e combatteva l’oscurantismo. Nasser ha usato l’istituzione religiosa più importante d’Egitto, al-Azhar, attraverso il suo alleato, il capo religioso Mahmud Shaltut, per una effettuare una riforma illuminata dell’Islam.
    Sotto Nasser, al-Azhar ha aperto le sue porte alle donne, ed è finito il takfir (dichiarazione di infedeltà) dei musulmani sciiti. “Nasser – scrive il professore americano d’origine libanese – aveva emarginato e addirittura espulso quei religiosi fanatici dei Fratelli Musulmani che hanno (successivamente) ispirato Al-Qaeda ed altri gruppi del genere”. E tutti i religiosi reazionari sono fuggiti dall’Egitto e sono stati accolti dalle monarchie del Golfo che li ha assunti come educatori, consulenti, sacerdoti e personaggi televisivi. Ma Nasser non ha avuto contro solo l’Arabia Saudita e la sua ricchezza petrolifera: ha dovuto anche affrontare i governi statunitense e occidentali. “Gli Stati Uniti, per sostenere Israele e perché erano più preoccupati del comunismo e delle sinistre, hanno sostenuto la versione reazionaria dell’Islam e le organizzazioni musulmane create dall’Arabia Saudita. Gli Stati Uniti hanno combattuto ferocemente contro l’Islam progressista di Nasser e stavano nello stesso campo con l’Arabia Saudita e le altre monarchie del Golfo che hanno promosso i valori e le dottrine conservatrici”.
    Questa guerra andò avanti per anni, nella quale Nasser ha segnato grandi colpi: alcune nuove e vecchie repubbliche (Libia, Siria e Iraq) sono state influenzate da Nasser. Persino il leader dei Fratelli musulmani siriani Mustafa Sibai era sulla difensiva ed ha scritto un libro intitolato “Il socialismo dell’Islam”. “I Fratelli musulmani – scrive AbuKhalil – sono stati creati per assomigliare a dei difensori di un ordine di morte. Nasser (con precisione) ha associato quell’Islam al suo sponsor: l’Arabia Saudita. Era l’Islam che serve il colonialismo, egli sosteneva”.
    Nasser morì nel 1970 e il suo successore Sadat (guardando a Washington), ha liberato dal carcere tutti gli estremisti islamici e li ha scatenati nei campus universitari egiziani. Sadat (e i suoi alleati sauditi), volevano che gli islamisti contrastassero la sinistra ed i nazionalisti arabi. E’ stato inferto un duro colpo alla laicità: il suo grande e più credibile sponsor, Nasser, era morto. “Dopo il 1970 – scrive AbuKhalil -, siamo entrati nell’era saudita cioè l’era della prevalenza dell’Islam reazionario. Questo Islam ha ricevuto un’ulteriore spinta negli anni ottanta, quando è stato sostenuto dai miliardi e dalle armi degli Stati Uniti in Afghanistan. Il resto è storia distorta.”
    (Saleh Zaghloul)