Categoria: OLI 371

  • OLI 371: URBANISTICA – Mal di park in Caravelle

    Puc- 2000
    La zona rossa è tutta esondabile , anche il marciapiede alla base delle caravelle.
    Si deduce che non sia possibile costruire un parcheggio interrato.

    Appare, scompare, riappare, su e giù come le onde il progetto delle Caravelle in piazza della Vittoria a Genova, accantonato dopo l’approvazione del Puc del sindaco Vincenzi e la tragica alluvione. Sembrava disperso, invece eccolo di nuovo alla ribalta l’autosilo sotto i giardini in onore di Colombo, ultima certezza che i genovesi hanno come paesaggio cittadino dopo le matitone-grat-en-ciel, che oscurano la vista della Lanterna amata.
    Con una proposta-spot il Municipio del Medio Levante ha presentato in Commissione Territorio il Park Caravelle, a cui maggioranza ed opposizione, tranne Sel, hanno dato “parere favorevole”.
    Ancora? Già ancora, pur se la precedente Giunta di centrodestra aveva votato il sì al progetto, ci si è presi la briga di riproporlo una seconda volta, senza che nulla fosse cambiato nella proposta. Iter inusuale a dire poco: se ogni volta che cambia “colore” un’Amministrazione, si dovessero rifare i percorsi di approvazione di un progetto saremmo ai castelli medievali, burocraticamente parlando.
    La prassi di solito è che il progettista chieda parere al Comune e che lo domandi al Municipio e non viceversa. Nel merito non si è nemmeno entrati, con le tecnologie attuali che importa se fino al marciapiede del liceo Doria secondo il Piano Urbanistico Comunale è “zona rossa”, cioè esondabile, perciò avanti tutta con tre piani di parcheggio interrati e tre sotto la collina delle Caravelle, per 400 posti.
    Le motivazioni del sì del Municipio?
    Liberare i posti occupati dalla Questura, assegnandogliene 150: sorpresa, neppure è stata interpellata ed è già ospite in un edificio della Provincia, che non ha un soldo, figurarsi se paga i parcheggi per gli impiegati delle Forze dell’Ordine. Così si prospetta l’idea di poter liberare Piazza della Vittoria dalle auto, e chi non la vorrebbe questa bella piazza sgombra! Ma le Società di Parcheggi hanno una concessione sessantennale rinnovabile su questo spazio.Dura convincerle a sloggiare, quando hanno già tre piani sotterranei e due di questi sempre deserti, per un totale di 750 posti. A progetto, gli ascensori interni e le scale mobili ai lati delle Caravelle, tutto a carico del Comune s’intende, potrebbero collegare la Foce all’ospedale Galliera e chi abita su potrebbe venire a parcheggiare giù in piazza. Il nodo di fondo è un altro però, sono gli elettori della Foce, che lamentano carenza di parcheggi. Eppure gli abitanti sono diminuiti: giustamente, c’è l’anziano pensionato bisognoso dell’auto, ma forse ci saranno anche più auto per famiglia, o magari sono stati concessi troppi permessi per zone ai non residenti, d’altra parte però, ormai la Foce è “centro città” con uffici ed esercizi commerciali. Non si sentono ragioni. La Mobilità è prima di tutto quella privata.
    Corsie gialle? Ma tolgono parcheggi! E che importa se i bus si devono fermare per le auto in doppia fila. Gli autobus sono meno, è vero, e non per 24 ore, ma dobbiamo battagliare per avere un trasporto pubblico efficiente e non una vita a quattro ruote
    (Bianca Vergati)

  • OLI 371: GOVERNO – Settimo minuto: la fregatura di Grilli scoperta dai grillini.

    La “Responsabilità” richiesta al Movimento 5 Stelle sta riempiendo i titoli dei giornali e delle televisioni, e nel video dell’incontro tra i due capigruppo “grillini” e Bersani volano parole importanti.
    A margine della discussione su “inciucio si, inciucio no” (oggi in post elettorale definito come accordi si, accordo no, o fiducia si, fiducia no), è interessante l’analisi della capogruppo alla camera Roberta Lombardi su un atto in attesa di discussione in aula per il finanziamento di 40 mld di euro in due anni destinato ai pagamenti dei debiti statali: finirebbero in una quota non definita nelle casse delle banche e non direttamente alle aziende. Per questo atto così importante era stato deciso un iter particolare, per la mancanza delle commissioni, attraverso una commissione speciale. Come mai? Quello che la stampa non dice e che si evince sia da questa relazione che dell’incontro con Bersani è che le Commissioni potrebbero, anzi dovrebbero, essere formate subito, ma si attende la costituzione del governo perché di solito i trombati dell’esecutivo finiscono come presidenti di queste commissioni. Il Movimento ha invece chiesto più volte la loro immediata costituzione, per consentire l’esame delle pratiche prima della votazione in aula secondo un iter normale. La parte relativa all’atto descritto inizia al “settimo minuto”.
    Fonte: http://www.beppegrillo.it/2013/03/la_porcata_di_fine_legislatura.html#commenti
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 371: GRILLO – Confessione di un troll mancato

    Ho passato più di un’ora, nel pomeriggio, a leggere il post di Beppe Grillo “I figli di NN” ed una piccola parte della smisurata mole di commenti, oltre 4600 nel momento in cui scrivo, in poco meno di sei ore, molti favorevoli all’attuale linea intransigente del M5S, molti altri variamente critici: sono stato fortemente tentato di intervenire, inserire un commento, magari rilanciando il mio intervento su OLI 370. Alla fine non ci sono riuscito, i post sembrano rispecchiare due visioni inconciliabili della situazione: da una parte chi loda M5S e la sua strategia, dura e pura, decisa a raggiungere il 51% o il 100% dei consensi, dall’altra chi invoca un’assunzione di responsabilità di governo da parte del M5S.
    Non sembra esserci alcun dialogo tra le due parti, pare prevalere l’esigenza di dire qualcosa di autoreferenziale e basta: ha senso inserire un ulteriore commento? Poi leggo, in calce al post, il post-scriptum di Beppe Grillo “PS: Si ricorda è nuovamente possibile per gli autorizzati segnalare i commenti dei troll”, e mi coglie l’ansia: esprimere un parere discorde dalla linea ufficiale del M5S equivale automaticamente a rientrare nella categoria di troll? Cos’è un troll? Col termine troll, recita Wikipedia, “nel gergo di internet, e, in particolare, delle comunità virtuali, si indica una persona che interagisce con gli altri utenti tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi.”
    La mia coscienza mi suggerisce di stare tranquillo, mi sento ragionevole, non provocatore, inserirei il mio nome reale, ma basterebbe? Chi sono gli autorizzati a segnalare un troll? Sembra tutti gli iscritti al blog, mentre per postare un commento non è necessario essere iscritti. Ma se mi iscrivessi al blog, potrei denunciare qualche troll? Perché non potrei essere un troll, pur essendo iscritto al blog? La materia è complicata. E se fossi addirittura uno “schizzo di merda digitale”? Sempre meglio che l’equivalente analogico, d’accordo, ma….
    Mi salva la visione di un post (di cui riporto l’immagine) delle 17.07 di tal Pedro Cippo (nome reale o trollesco?), che mi ricorda la scena del film Shining in cui Shelley Duvall legge il manoscritto del marito (Jack Nicholson), costituito da pagine e pagine di una ripetizione maniacale ed ossessiva: “il mattino ha l’oro in bocca”.
    No, è meglio lasciar perdere. Le parole sono importanti.

    (Ivo Ruello – immagini da internet e dal blog di Beppe Grillo)

  • OLI 371: INFORMAZIONE TV – Si dice(va) donna

    Tilde Capomazza oggi è un’anziana signora, come molte, ma non tutte, le donne che il 20 marzo avevano riempito la sala della Provincia per la presentazione del libro “La tigre e il violino”, storia della trasmissione televisiva “Si dice donna” che lei aveva diretto per quasi quattro anni, dal 1977 agli inizi del 1981.
    L’autrice del libro, Loredana Cornero, interessata ed esperta di temi della rappresentazione femminile in televisione, non era presente.
    Il compito di coordinare l’incontro era di Silvia Neonato, giornalista, all’epoca una delle redattrici che Tilde Capomazza aveva chiamato accanto a sé per realizzare quella che lei definisce “la prima ed ultima trasmissione femminista di donne per le donne” che sia mai apparsa in TV.
    La più vecchia di noi, racconta Silvia Neonato, aveva 32 anni, eravamo un piccolo gruppo di donne giovanissime a cui era stato affidato il compito di raccontare “un Paese che cambia”. E in quegli anni a cambiare erano soprattutto le donne.
    Non si trattava di una trasmissione di nicchia, ad orari improbabili, si trattava di un’ora e un quarto di servizi (storie di vita, talk show, inchieste) in prima serata.
    La puntata più disgraziata ebbe quattro milioni e mezzo di ascolti, e si raggiungevano punte di nove milioni.
    Tilde Capomazza dice: “Tentavamo di essere complesse senza perdere chiarezza”. Parole che sono musica oggi che siamo degradati da un linguaggio politico giocato su semplificazioni volgari. Ma il linguaggio che usavamo, ricorda Tilde, era diretto, non usavamo perifrasi. Le donne dicevano di sé, della loro sessualità usando parole mai pronunciate in TV: coito interrotto, la prima notte di nozze subita come una violenza, quanto si era rivelata deludente la sessualità nel matrimonio, il non aver mai visto nudo il proprio marito, il rapporto con i clienti raccontato dalle prostitute.
    E poi le inchieste sul lavoro delle donne, e lo sguardo sulle altre realtà: il ruolo delle donne in Cina, un parto in acqua filmato in Olanda, in anni in cui la visione di un parto era fuori discussione. Anni in cui l’Osservatore Romano declamava “I movimenti femministi non possono stravolgere la natura femminile. Strappata da una famiglia patriarcale la donna si trova in una realtà drammatica, ma la casa è il suo rifugio”.
    Anni in cui Tilde Capomazza, donna dell’Azione Cattolica alla ricerca della sua strada per diventare giornalista, si sentiva dire dal Direttore della Rai di Napoli “Lasci stare, si trovi un bel marito …”, e da altri “Lei è una brava ragazza, pensi piuttosto alla maternità”.
    Tilde dice “Questo miracolo potè compiersi perché sotto c’era un movimento femminista, e perché c’era questo canale televisivo che si voleva differenziare”.
    Nel 1975 infatti la riforma della Rai  aveva reso possibile la nascita di Rete 2, politicamente vicina ai partiti di sinistra e laici (PCI, PSI e PRI), sotto la direzione del socialista Massimo Fichera.
    Una donna tra il pubblico commenta: “Era una trasmissione dentro un’epoca”. L’esperimento si chiuse agli inizi del 1981: ci attendevano gli anni ’80, e l’ultima trasmissione dedicata al tema dell’aborto segnò la parola fine. Fichera fu sostituito, Tilde Capomazza messa a far niente, tutte le altre redattrici mai più chiamate a collaborare in TV. La trasmissione fu dimenticata, mai più citata in nessuna occasione. Inutilizzabile perfino nel curriculum, dicono le protagoniste. Il flusso delle parole nella sala della provincia viene interrotto due volte dalla proiezione di spezzoni tratti dalle Teche della Rai. Il pubblico resta incantato a vedere quelle immagine così belle, così vere.
    Il libro, corredato da un DVD con immagini della trasmissione, è attualmente esaurito. L’augurio è che la Rai si decida a ristamparlo.
    (Paola Pierantoni – Immagine da Internet)