MISTERO OLIVERI
Mistér che menti offusca
di grandi e di piccini:
come Renata riesca
a dir “Amo Pertini!”
tubando con Berlusca
boss della Mussolini.
Enzo Costa
enzo@enzocosta.net
www.enzocosta.net
MISTERO OLIVERI
Mistér che menti offusca
di grandi e di piccini:
come Renata riesca
a dir “Amo Pertini!”
tubando con Berlusca
boss della Mussolini.
Presidente Tofani. Signor prefetto, intanto la ringrazio sia per l’accoglienza e la disponibilità sia per la documentazione che ci ha consegnato, la quale sarà sicuramente per noi un elemento importante di riflessione, sia soprattutto per la conferma, rispetto ai dati di cui eravamo già in possesso, del fatto che non ci troviamo di fronte a situazioni straordinarie o di emergenza.
Prefetto Romano. Assolutamente no.
Presidente. Piuttosto – mi sembra di capire – esiste una situazione abbastanza sotto controllo, anche in relazione all’entità non eccessiva degli eventi infortunistici.
Romano. Esattamente (audizione svolta presso la prefettura di Genova, Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette “morti bianche”, 17 ottobre 2005).
Il lavoro portuale è uno di quelli con più alto rischio infortunistico. Si svolge per lo più all’aperto in condizioni climatiche e meteorologiche variabili, in situazioni sempre diverse e soggette a continui cambiamenti. La deregolamentazione del lavoro portuale l’ha reso ancor più difficilmente codificabile. “Oggi non sappiamo chi entra ed esce in porto e il lavoro nero dilaga” (Gian Paolo Patta, sottosegretario del ministero della Salute, incontro del 16 aprile in prefettura).
Riportiamo integralmente un comunicato stampa della Associazione Per Cornigliano che, diramato il 5 aprile 2007, inspiegabilmente non è stato pubblicato da nessun giornale.
Un tempo neanche troppo lontano si sperava che nelle aree delle acciaierie, al posto degli impianti a caldo, fosse costruito un enorme distripark, che avrebbe regalato alla città una bella quantità di posti di lavoro. Con l’ultimo accordo sulle acciaierie il sognato distripark si è rimpicciolito fino a diventare uno spiazzo di soli 144 mila metri quadrati.
Lo sapevate? In Italia sono 30.000, uno più uno meno, coloro che fanno, bene o male, i giornalisti; e 20.000 di loro, ossia due su tre, sono precari, senza tutele né diritti, sottopagati, sfruttati. Vivono in condizioni che un magistrato del lavoro, Mario Fiorella, ha paragonato ai “peggiori settori dell’edilizia e dell’agricoltura”, manovali e braccianti, pagati pochi euro lordi ad articolo per riempire pagine di giornali, riviste, spazi radiotelevisivi. Se aggiungiamo che questa “forza lavoro” è formata in gran parte di giovani, ne esce un quadro abbastanza inquietante anche per il futuro della categoria quindi dell’informazione.
Parlando con gli operatori che si occupando dei “minori immigrati non accompagnati” si incontra subito il grande problema della sparizione dei ragazzi. Quando un minore viene segnalato – magari ha commesso un piccolo reato, magari era palesemente in un giro di sfruttamento – dopo l’identificazione della polizia viene affidato al Servizio Sociale del Comune che, come primo intervento, lo conduce in una “comunità di accoglienza residenziale” dove dovrebbe attendere l’incontro con gli operatori sociali che dovranno definire per lui un “progetto educativo”.
Il 3 aprile scorso si è svolta la premiazione del concorso “Sguardi Latinoamericani a Genova”, indetto dalla fondazione Casa America presieduta da Roberto Speciale. I nomi e le opere dei vincitori sono stati riportati dalla cronaca locale (Secolo XIX, 4 aprile): 10 vincitori, 10 nazionalità coinvolte tra i 56 partecipanti, sguardi che si sono espressi nella cronaca giornalistica, nella fotografia e nel video. La premiazione però, sui giornali non è raccontata. A
Come mai un cantante della portata di De André oggi è tanto gettonato e così poco ascoltato? Forse perché la differenza fra l’uomo nella società ed il cantautore è molto forte; per uomo della società intendo l’uomo che fa parte della borghesia, non certo l’uomo comune, protagonista di tante storie cantate da Fabrizio. Storie del mondo dove viviamo, spesso ignorate dai più per la carenza di rapporti umani che contraddistingue le nostre città. Esiste -anche se negato- un menefreghismo becero, un egocentrismo bacchettone, che portano l’uomo a non guardare oltre il perimetro della siepe del proprio giardino. Quanto sta là fuori non gli appartiene, ed è ciò che Fabrizio racconta con le sue stupende melodie, che potrebbero essere declamate anche senza il supporto della musica tanta è la loro bellezza e profondità.