Categoria: OLI 369
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OLI 369: ARGENTINA – L’unica lotta che si perde è quella che si abbandona
Foulard bianco, sguardo vispo, passo deciso, Hebe de Bonafini, Presidente delle Madres de Plaza de Mayo, arriva a Genova per incontrare la città. Due giornate di conferenze, letture, musica, rappresentazioni teatrali dedicate alle Madres.
L’associazione è nata in Argentina durante la feroce e sanguinosa dittatura militare che tra il 1976 e il 1983, con a capo il generale Videla, ha represso, torturato ed ucciso parte della popolazione argentina, soprattutto giovani, che si opponevano alla dittatura militare: oltre 30mila desaparecidos, 1 milione di esiliati, 9mila esiliati politici, 15mila persone fucilate per strada per sostenere un progetto economico neoliberista messo in piedi dall’estrema destra argentina con l’appoggio della CIA.Con un foulard bianco con scritto il nome del proprio figlio scomparso, le madres sono scese in piazza per la prima volta 36 anni fa marciando in silenzio intorno al monumento di Plaza de Mayo, dove ha sede il palazzo del governo nella Casa Rosada di Buenos Aires. All’inizio i militari sparavano loro addosso, le picchiavano, le chiamavano le pazze, queste donne comuni, casalinghe che con gran coraggio hanno sfidato i carnefici della dittatura chiedendo giustizia per i loro figli.
“Non continuiamo a lottare solo perché vogliamo più giustizia, abbiamo un impegno con i nostri figli, vogliamo continuare a fare quello che loro facevano: lavorare e lottare per un uomo nuovo, una società più giusta, per questo abbiamo creato l’università, la rivista, il centro culturale, la libreria, la biblioteca, la radio ora stiamo facendo le case per le donne violentate; c’è molto da fare in questo mondo” afferma con passione Hebe de Bonafini “chiedo a tutti di lavorare e di lottare per un mondo senza differenze, dove la pace non sia un reclamo ma una realtà che venga insieme alla giustizia… Per favore ascoltiamoci, ascoltiamo la nostra voce, guardiamo i nostri volti, accarezziamoci per favore, chiediamo all’altro cosa ti succede, di cosa hai bisogno e sentiamo quello che passa agli altri per sentire cosa passa dentro noi stessi. E quando vi fa così male il sangue per quello che succede all’altro e da lì che cominceremo a fare un uomo nuovo e rivoluzionario”Hebe oggi ha 84 anni, è una delle più giovani delle Madres, dichiara che ha voglia di continuare a lottare per questo mondo per cui tanti hanno dato la loro vita.“La vita è lotta. E la lotta inizia con la nascita di una persona e termina con la fine della sua vita” mi dice, e lei la dura lotta la conosce molto bene, la sua è nata in nome di ciò che di più caro le è stato brutalmente strappato; dopo la scomparsa di 2 suoi figli e di sua nuora Hebe non si è fermata un attimo nella ricerca della verità, per ottenere giustizia e non vendetta, anche quando nel 2001 sua figlia Alejandra fu brutalmente torturata.A Genova Hebe si rivolge ai giovani e li esorta: “A tutti i giovani del mondo chiediamo di fare politica, che non credano che la politica sia “mierda”, ma il modo per cambiare le cose per un mondo più giusto. Se volete un mondo migliore dovete lottare… Perché la giustizia e la pace siano un diritto e una costante…”(Maria Di Pietro – foto dell’autrice e da internet) - 
		
		
OLI 369: SCUOLA – Bambini, va in scena il denaro
Sabato 9 marzo, il teatro è quello della parrocchia di S. Giuseppe Benedetto Cottolengo di Genova, il pubblico è di grandi e piccini, accorso numeroso, nonostante il diluvio, per il Money Show di Davide Tolu e Matteo Manetti.
I due vanno in scena vestiti da coloratissimi straccioni per raccontare a bambini e bambine – età compresa tra i 6 e i 13 anni – la storia del denaro e del suo utilizzo presente, passato e auspicabilmente futuro.
Con i fratelli Caciotta e Polpaccio si fa un viaggio nella storia e – partendo dal baratto e dalla Roma imperiale – si arriva al salario, fino all’euro che prende corpo in scena.
L’idea è far riflettere i piccini su come possono essere spesi e sprecati i soldi in famiglia – è proprio necessario spenderne così tanti per una giacca di Amaro Gabbiano? – e su come sono investiti da banche d’affari da una parte e banche etiche dall’altra.
Ogni quadro storico è accompagnato da canzoni e sketch, che divertono i bambini e li rendono partecipi, in uno spasso che coinvolge anche i grandi.
Davide e Matteo parlano di lavoro minorile e di denaro destinato all’acquisto di armi in equilibro tra informazione e ironia e nel linguaggio proprio dei bambini.
Money Show è una bella occasione per portare il denaro a portata del piccolo pubblico e lavarlo da quell’idea sporca che lo vuole fine e non mezzo.
L’auspicio è che Davide Tolu e Matteo Manetti siano ospitati con il loro spettacolo dalle scuole elementari genovesi per sensibilizzare i bambini su un utilizzo più sano e consapevole dei soldi.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) - 
		
		
OLI 369 – TEATROGIORNALE – I confini di Schengen
Da il Sole 24Ore Schengen, perchè a Berlino non piace il via libera a rumeni e bulgari
Al confine tra la Germania e la Romania c’è un muro con un varco e una sbarra abbassata. Oltre vi è una fila che aspetta il gendarme addetto alla frontiera. Il cielo è plumbeo, non un posto dove sedersi. Dopo un paio d’ore la sbarra si alza: ogni cittadino rumeno che vuole entrare in Germania, e quindi in Europa, deve fornire generalità e documenti; infine i richiedenti visto vengono fatti accompagnare in una stanza scavata nel muro in attesa del 2014, quando Schengen verrà, forse, ratificato anche per loro.
– Nome?
Fa il gendarme alto, con i capelli biondi e i baffi.
– Samuel Rosenstock.
– In che campo agisce?
– Per carità, sono contro l’azione,
– Contro l’azione?
– Certo e per la contraddizione continua.
– Quindi afferma che è inoccupato.
– In realtà anche per l’affermazione non sono né favorevole né contrario.
– Esigo una motivazione sul perché vuole circolare liberamente in Europa.Il signor Rosenstock si avvicina al gendarme e gli sussurra all’orecchio:– Non do spiegazioni perché detesto il buon senso.
Il gendarme, affatto stupito, pone qualche timbro sui fogli di Samuel Rosenstock, detto Tzara e lo fa entrare nella stanza ricavata dal muro.– Nome?Questo gendarme è pelato e con una pancia da bevitore di birra.– George Palade.– Professione?– Ricercatore.– E cosa vuole cercare qui da noi?– I ribosomi.– E che sono? Cellule criminali legate alla prostituzione?– Beh, hanno a che fare con le cellule ma si dedicano alla biosintesi.– Sintesi, in sintesi cosa sintetizza?– Proteine. Anche lei le utilizza sa?– Non dica fesserie, sono un pubblico ufficiale.– Nel suo citoplasma, glielo assicuro. Altrimenti morirebbe.– Ah… mi minaccia pure. Le faccio passare io la voglia di fare lo spiritoso.Il gendarme prende il signor George Palade, nobel per la medicina, per la collottola e lo lancia dentro la stanza ricavata nel muro.Si avvicina una donna dai capelli neri.– Nome?– Nadia Comaneci.– Professione?– Ginnasta olimpionica.– Non può entrare.– Perché?– Il fratello di mio cugino si è sposato con una rumena e lo sanno tutti… La donna rimane dritta davanti al gendarme.-Va bene, venga va, ha ancora da lavorare…Il Gendarme fa entrare la campionessa olimpica nella stanza ricavata nel muro guardandole vistosamente il sedere e strizzando l’occhio al collega che esce dalla stanza. E’ il primo gendarme, quello alto con i baffi, che si avvicina alla sbarra per prendere le generalità di un altro migrante.– Nome?
Dice il gendarme, l’uomo che ha di fronte non risponde.– Nome?L’uomo ostenta indifferenza.– Perché non mi vuole rispondere?L’uomo osserva il gendarme.– Perché non la conosco.– Ma neanche io la conosco. Come faccio a conoscerla se non mi dice come si chiama.– E io come faccio a dirle come mi chiamo se non la conosco. E’ un buon principio non parlare con gli sconosciuti, si potrebbero fare dei brutti incontri.– Condivido, meglio essere prudenti. A meno che non si possano avere valide credenziali.L’uomo si illumina.– Giustissimo, ma non basta un nome.– Vero. Infatti chiediamo i documenti.– I documenti documentano quello che la persona sostiene di essere, ma se la persona è insostenibile non c’è documento che tenga e bisogna andarsene, o perlomeno appoggiarla da qualche parte. Il gendarme è preoccupato.– Appoggiarla dove? Il regolamento non lo prevede.– Non lo so, ma se non riesco a sostenerla è meglio che la appoggi da qualche parte prima che mi caschi su un piede.– Ha ragione, meglio essere prudenti.– La prudenza non è mai troppa. E se è troppa basta levarla, ma non troppo, quanto basta.– E poi dove la metto?– Non lo so, ma scusi ci conosciamo?– Io sono Hans Shodler e lei?– Eugené Ionesco. Piacere.– Il piacere è mio.– Mi scusi, glielo rendo subito, l’ho preso senza accorgermene e se permette ora me ne vado.Ionesco saluta alzando il capello e se ne va.(Arianna Musso – foto da internet) 






