Categoria: Berlusconi

  • OLI 289: PAROLE DEGLI OCCHI – Genova faziosa e radical chic

    GBa
    GBa
    GBe

    “Una mobilitazione faziosa, una vergogna!”
    L’ira di Berlusconi per la manifestazione delle donne (e uomini) di domenica 13 febbraio si aggiunge al grottesco commento di Mariastella Gelmini che ha farneticato di “solo poche radical chic che manifestano per fini politici e per strumentalizzare le donne”.
    Per controbattere, stavolta bastano davvero soltanto le parole degli occhi: non occorre aggiungere altro alla potenza di immagini che parlano da sole.
    Foto di Giorgio Badi (GBa) e Giorgio Bergami (GBe)

  • OLI 288: VERSANTE LIGURE – SCOSSE DI ANNIENTAMENTO

    Di un crollo hai l’impressione
    con tutto al suolo raso:
    valori, informazione,
    diritti, eros, leso
    ed in frantumazione
    è un ethos condiviso.
    E la ricostruzione
    (ironico buon peso
    che il mio mestier m’impone)
    la cura Bertolaso.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
  • OLI 288: POLITICA – Benvenuti ad Hardcore

    La luce è assolutamente quella delle sagre di paese. Clima benevolo, un sole che schianta sui giardini dietro al palco e ammorbidisce l’intonaco giallo delle case. Mancano solo le collane di nocciole, ma un venditore di magliette propone gli slogan da portare a casa.
    Ci sono famiglie, passeggini, bambini, biciclette e maschere.
    Bavaglini sporchi di pappe invitano alle dimissioni con adesivi colorati.
    E se il paese è culla di creatività e fantasia qui, nel feudo del capo, la fantasia si scatena.

    Risorge anche Rosa, mamma di Silvio. E’ una befana in cerca del figlio: “Lo avete visto? Quello sporcaccione… Silvio sono tua madre!”.
    E ci sono nonni e nipoti che si palesano con cartelli. SONO IL NONNO DI TUTAKAMEN oppure MI CHIAMO IGOR, PRINCIPE DI KIEV, NIPOTE DI PUTIN! ZIO SILVIO AIUTAMI! SPASIBA.
    I tamburi dei Bandao, gruppo senese, danno ritmo alla protesta colorata di viola. E una donna utilizza il palo della sua bandiera per improvvisare una lap dance.
    Gli interventi dal palco, a tratti rabbiosi, si addolciscono quando si parla di futuro e speranza e possibilità di cambiare le cose.
    Nessuno dei presenti vuole fare a botte.
    Preferiscono buttare in aria mutande e reggiseni.
    E se l’Egitto viene richiamato da cartelli in inglese, i più sanno che l’Italia non è ancora l’Egitto.

    I RISULATI DEL MIO LAVORO LI VEDRETE, DOPO LA MIA MORTE, PERCHE’…SI RIBELLERANNO LE COSCIENZE DEGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’ ricorda uno striscione firmato Paolo Borsellino. Alcuni assemblano le facce dei politici in un unico manifesto che le contiene tutte, invitando i presenti a mandarli a casa.
    Altri son filosofi: LA VERGOGNA E’ L’ULTIMO OSTACOLO ALLA LIBERTA’ e poeti: FATTE NON FUMMO PER ESSERE TRATTATE COME RUBY.
    Tutti, nessuno escluso, sono consapevoli del puttanaio, diventato metafora di un paese a pezzi, e sono ad Arcore per chiedere le dimissioni del premier e cambiare rotta. Ma nessuno vuole fare a botte. Perché è il ghigno che regna in questa piazza, lo sberleffo, il pernacchio napoletano.
    SILVIO MINETITTITI! – NO AL GOVERNO PROSTITUZIONALE! – SE TI FACESSERO UNA STATUA AD ARCORE, SAREMMO I TUOI PICCIONI.
    Nessuno vuol fare a botte.

    E la villa del premier – in fondo ad un viale blindato ben prima che se ne possano scorgere i cancelli – è distante non solo fisicamente dai manifestanti, avvolta da una nebbiolina soleggiata, dimora del potere. La polizia a fare da ponte levatoio.
    Una bambina ciondola le gambe. Non tocca il marciapiede dal gradino sul quale è seduta. Una donna la imbocca.
    Volontari del Pd raccolgono firme, felici che a Milano ci sia Pisapia.
    Sul pullman che la riporta a casa una figlia parla dal cellulare con la madre distante
    – E’ andato tutto bene? Sai, ero preoccupata ci sono stati degli scontri…Qui i tg parlano di scontri!
    – Scontri? Nessuno scontro. E’ stata una manifestazione bellissima! Ma forse, non parlavano della stessa manifestazione.
    ( Giovanna Profumo)

  • OLI 284: CULTURA – Poeti a confronto

    A SILVIA

    Silvia, rimembri ancora
    quel tempo della tua vita mortale,
    quando beltà splendea
    negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
    e tu, lieta e pensosa, il limitare
    di gioventù salivi?

    Sonavan le quiete
    stanze, e le vie d’intorno,
    al tuo perpetuo canto,
    allor che all’opre femminili intenta
    sedevi, assai contenta
    di quel vago avvenir che in mente avevi.
    Era il maggio odoroso: e tu solevi
    così menare il giorno.

    Io gli studi leggiadri
    talor lasciando e le sudate carte,
    ove il tempo mio primo
    e di me si spendea la miglior parte,
    d’in su i veroni del paterno ostello
    porgea gli orecchi al suon della tua voce,
    ed alla man veloce
    che percorrea la faticosa tela.
    Mirava il ciel sereno,
    le vie dorate e gli orti,
    e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
    Lingua mortal non dice
    quel ch’io sentiva in seno.

    Che pensieri soavi,
    che speranze, che cori, o Silvia mia!
    Quale allor ci apparia
    la vita umana e il fato!
    Quando sovviemmi di cotanta speme,
    un affetto mi preme
    acerbo e sconsolato,
    e tornami a doler di mia sventura.
    O natura, o natura,
    perché non rendi poi
    quel che prometti allor? perché di tanto
    inganni i figli tuoi?

    Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
    da chiuso morbo combattuta e vinta,
    perivi, o tenerella. E non vedevi
    il fior degli anni tuoi;
    non ti molceva il core
    la dolce lode or delle negre chiome,
    or degli sguardi innamorati e schivi;
    né teco le compagne ai dì festivi
    ragionavan d’amore.

    Anche perìa fra poco
    la speranza mia dolce: agli anni miei
    anche negaro i fati
    la giovinezza. Ahi come,
    come passata sei,
    cara compagna dell’età mia nova,
    mia lacrimata speme!
    Questo è il mondo? Questi
    i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
    onde cotanto ragionammo insieme?
    questa la sorte delle umane genti?
    All’apparir del vero
    tu, misera, cadesti: e con la mano
    la fredda morte ed una tomba ignuda
    mostravi di lontano.

    Giacomo Leopardi
    da I Canti

    A SILVIO

    Vita assaporata
    Vita preceduta
    Vita inseguita
    Vita amata
    Vita vitale
    Vita ritrovata
    Vita splendente
    Vita disvelata
    Vita nova

    Sandro Bondi
    dalla rubrica Versi diversi del settimanale Vanity Fair

    Un’antologia di liriche del ministro poeta
    http://gamberorotto.com/miscellanea/sandro-bondi-poeta/


    (a cura di Ferdinando Bonora)

  • OLI 283: POLITICA – Tre voti

    Da qualche giorno circola in rete – per iniziativa di Alessandro Fiorani – questo spezzone da Gli Onorevoli, di Sergio Corbucci, con Totò (1963):

    (a cura di Ferdinando Bonora)

  • OLI 282: PAROLE DEGLI OCCHI – Clonazioni, da Dolly a Berlusconi

    Foto di Giorgio Bergami ©

    All’incirca da un quindicennio, da Pecora Dolly a Berlusconi Silvio, la clonazione sta procedendo tra fallimenti, successi e casi al limite dell’incredibile.
    Giorni fa, l’8 dicembre, su Rai3 Fuori Tg ha trattato l’argomento, con servizi e qualificati ospiti in studio che hanno ragionato circa l’affidabilità e bontà delle carni clonate.
    Perplessità continuano a serpeggiare, per una pratica che va comunque contro la natura delle cose.
    Anche l’ultima clonazione del governo Berlusconi, che è riuscito a riprodurre se stesso mediante spericolate alchimie parlamentari, lascia gran parte degli italiani (e anche di molti stranieri) nello sconcerto e ancor più nel disgusto.

  • OLI 281: VERSANTE LIGURE – DISCENTE DISCINTA CERCASI

    Diligente discente
    cerco, che a casa stia
    (giammai manifestante!
    chiamo la polizia!),
    salvo uscita “bungante”
    per soirée in casa mia
    presso wild Presidente,
    prof di filosofia.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
    .

  • OLI 280: VERSANTE LIGURE – DI MARA IN MARA

    Cambiare faccia e pose
    offrirne una rassegna
    per muri, prima, e Chiese,
    poi, di ideali pregna.
    Avere idee (im)precise
    difendere con tigna
    le posizioni prese
    mutarle in pompa magna:
    è fonte di sorprese,
    la sindrome Carfagna.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA

  • OLI 279: CULTURA – Venere, Marte & Bondi

    A questo punto – dopo i lazzi dei comici e la cospicua serie di articoli comparsi a stampa e on line in Italia e all’estero, a partire da quello di Carlo Alberto Bucci su La Repubblica dello scorso 18 novembre – il ministro Bondi dovrebbe avere un sussulto di dignità e, senza aspettare l’imminente mozione parlamentare a suo sfavore, rassegnare finalmente le dimissioni. Non tanto per il crollo di Pompei, di cui continua a proclamarsi innocente e di cui in effetti non è colpevole, pur essendone responsabile in quanto titolare del dicastero. Ben più grave della rovina della Domus gladiatorum è l’uso disinvolto e protratto nel tempo del nostro patrimonio culturale per arredare di volta in volta sedi istituzionali o padiglioni per incontri internazionali, sottoponendolo a spericolati lifting.
    Questa è la vera indecenza: che il ministro per i Beni e le attività culturali continui ad avallare i capricci del premier e del suo architetto prediletto Mario Catalano, che considerano i musei non come pubblici luoghi di educazione, crescita civile e benessere collettivo, ma come magazzini di antiquariato di lusso da cui prelevare a piacimento pezzi con cui far bella figura con gli ospiti o per il proprio godimento. Per giunta, se il tempo edace ha deteriorato nei secoli qualche opera, la si rimette a nuovo in barba a ogni criterio di restauro contemporaneo, incuranti dell’indignazione degli addetti ai lavori. Del resto, tale approccio non riflette l’atteggiamento che Berlusconi e altri vecchi hanno nei confronti del proprio corpo, grottescamente modificato e imbellettato nel patetico tentativo di annullare i segni degli anni?
    Se a parziale giustificazione del recente trasferimento a Palazzo Chigi di antiche sculture romane dal Museo delle Terme ci poteva essere la prospettiva altrimenti di un loro ricovero in deposito durante la ristrutturazione del museo, del tutto inaccettabile resta il “restauro” di Venere e Marte, che al prezzo di 70 mila euro ha rifatto mani e membro perduti, esponendoci al sarcasmo internazionale.
    Non è un caso isolato, ma l’ultimo atto di una lunga serie. Non dimentichiamoci, ad esempio, dell’hollywoodiano-disneyano padiglione approntato da Catalano per il vertice Nato a Pratica di Mare nel 2002, arredato con una ventina di capolavori sottratti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. O del vistoso orologio dorato conservato nella sala del trono del Palazzo Reale di Genova, di cui Berlusconi si innamorò all’epoca dello sciagurato G8 del 2001, disponendone il trasferimento a Palazzo Chigi. Sarebbe ancora a Roma, se con abile mossa il direttore del museo, intervistato allo scoppio del caso, non avesse dichiarato candidamente che il pezzo era stato soltanto prestato alla Capitale per un brevissimo periodo, costringendo alla restituzione.
    Ministro Bondi, se nei confronti dei beni culturali questo continua ad essere l’indirizzo del governo di cui lei è membro e che lei continua a sostenere, per favore si dimetta. Farà cosa gradita innanzitutto alla stragrande maggioranza di coloro che lavorano – a ogni livello – nel ministero da lei presieduto e poi alla gran parte di tutti noi cittadini italiani. Grazie.

    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 278: VERSANTE LIGURE – CADUTA RUGHE

    Quel crollo maledetto
    va inteso in senso lato:
    è un simbolo perfetto
    di sfascio dello Stato
    di un conclusivo atto.
    Sia vero o esagerato,
    di Papi, questo è un fatto,
    il lifting si è schiantato.
    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA