Categoria: Via del Campo

  • OLI 348: CITTA’ – Faber homeless?

    In Oli 347 (*) Giovanna Profumo aveva commentato criticamente la “nuova casa” dei cantautori genovesi di Via del Campo 29 rosso.
    Chi ha abbastanza anni ricorda le precedenti “case” di via del Campo, a partire dallo storico negozio di Mario Salvarani, contiguo a Porta dei Vacca, nei cui locali oggi si trova un’aula universitaria. Mario Salvarani, “un corpo da Hitchcock e una faccia un po’ come Totò”, come lo descriveva Gianni Tassio che lavorava con lui come commesso (**), vendeva dischi e strumenti musicali. Ricordo un negozio che, al sottoscritto allora quattordicenne, sembrava un po’ demodé, come una vecchia casa di campagna ingombra di mobili assortiti in maniera casuale: ma che fascino, tra quei vecchi banchi di legno consumato! Poi a Mario Salvarani seguì Gianni Tassio, il negozio fu ammodernato, in anni recenti si trasferì al 29 rosso, mantenendo comunque un carattere semplice, un po’ ruspante, che Gianni Tassio assicurava con la propria umanità e simpatia, offrendo al contempo un panorama completo sulla canzone d’autore locale. E questa è storia che non si ripete.


    Giustamente Enzo Costa, nel suo commento all’articolo di OLI 347, rende merito alla giunta Vincenzi per aver evitato la chiusura definitiva del negozio di Tassio. Spiace però che tutto lo sforzo si sia risolto nel risultato poco esaltante che abbiamo sotto gli occhi: un luogo asettico, che non aiuta i visitatori ad entrare davvero in contatto né con la storia, né con la contemporaneità, della vita musicale genovese, e dove anche la chitarra “Esteve”, congelata nella sua teca di vetro, risulta incomprensibilmente estraniata e allontanata dal pubblico.Distrazione? Incompetenza? Carenza di capacità emotiva? In ogni caso un’occasione mancata. Sicuramente Faber, se fosse ancora tra noi, si aggirerebbe più volentieri nei vicoli circostanti, homeless tra le sue anime salve.
    (*) http://www.olinews.info/2012/06/oli-347-citta-fabrizio-de-andre-in-un.html
    (**) http://miziocontro.wordpress.com/2011/12/03/7-a-una-chitarra-al-cielo-un-negozio-in-posizione-strategica/ 
     (Ivo Ruello – Foto dell’autore)

  • OLI 347: CITTA’ – Fabrizio De André in un memory shop

    È possibile che la maggioranza delle persone ne sia rimasta entusiasta.
    E che il flusso turistico nella zona abbia registrato un incremento mai visto.
    E che sia assolutamente vero che quella – come declama il banner all’altezza di Porta dei Vacca – sia “la nuova casa dei cantautori genovesi”. Anche se altri hanno prodotto il certificato di residenza.
    Tuttavia entrando nel negozio di via del Campo 29 rosso – piccola galleria con vetrine di oggetti, foto e ricordi che si apre in uno spazio adibito a memory shop – è lecito provare tristezza. E poiché la tristezza in De André è stata declinata in molte canzoni, concesso è immaginare la sua nel veder trasformato lo storico negozio di Gianni Tassio in tappa di partenza di un “pellegrinaggio laico” per migliaia di suoi fan. Privilegio di Faber è non toccare con mano, per provare la distaccata costernazione di chi non è più tra noi. A sostenere la trovata geniale il Gruppo Viziano e il Comune di Genova.
    Adesso Fabrizio De André è “progetto”, parte di “itinerari certificati viadelcampo29rosso”, prodotto, anche Fondazione: l’esatto contrario di quello che cantava nelle sue canzoni. Non ci sarebbe da stupirsi nel vedere il suo nome associato ad una marca di olio, pesto o salsa di noci.
    Viene in mente la Corazzata Potemkin di fantozziana memoria.
    (Giovanna Profumo, foto di Ivo Ruello)

  • OLI 336: GENOVA – Appello all’Amiu

    Dunque, la rumenta galleggiante, alias installazione di modern art nella fontana di Via del Campo oggi, dal lontano 3 febbraio,  è ancora lì (vedi OLI 333).
    L’esperimento sta diventando pulp.
    O chiamiamo Peter Greenaway per girarci un film, o la puliamo. Che ne dite?
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 333: GENOVA – Fabrizio e le sue anime salve

    Il 25 febbraio festa in Via del Campo e dintorni per l’apertura del negozio–museo nato dove fino a qualche anno fa c’era lo storico e amato negozio di Gianni Tassio. Per tutto il pomeriggio concerti e poesia in ogni angolo.
    In piazzetta dei Fregoso per due ore ha risuonato la musica di Fabrizio De Andrè.
    Guardando i volti di chi c’era la sensazione è che De Andrè continui a raccogliere intorno a sé il popolo di cui parlano le sue canzoni, mischiato a tanti visitatori e passanti, accompagnati dai loro bambini.
    Non potendo utilizzare le canzoni di Fabrizio, come sottofondo alle immagini abbiamo messo una canzone che appartiene ad una tradizione musicale lontana, la Rebètika, nata in Asia Minore, e giunta in Grecia nel 1922 quando due milioni di profughi espulsi dalla Turchia approdarono ad Atene e Salonicco, precipitando nella miseria e nella illegalità. L’uso della droga, in particolare dell’hashish, era diffuso. Vite al margine, ma anche piene di ironia, vitalità e amore. Un mondo molto vicino a quello cantato da De Andrè.

    Le parole della canzone dicono:
    Giannusena, Giannusena
    dove eri che non ti si è vista?
    Ero nascosta con i ragazzi, manghes! E ho acceso il fuoco.
    Vieni, preparaci un caffè,
    accendi il narghilè
    e porta da fumare, che abbiamo voglia di stare allegri!
    Porta l’hashish, di quello buono,
    quello che ti fa girare la testa
    e suona il baglamà, facci ascoltare della musica come si deve!
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)

  • OLI 333: CITTA’ – Modern Art in Via del Campo

    3 Febbraio 2012, il ghiaccio congela la spazzatura nella fontana di Via del Campo.
    Una natura morta urbana offerta ai turisti che vanno a spiare la cosiddetta colonna infame nostrana.

    25 febbraio 2012, il gelo è passato, il ghiaccio è tornato acqua, e la stessa identica spazzatura fluttua liberamente nella fontana, offerta al popolo che affolla la strada per festeggiare la riapertura, sotto forma di shop/museo, del negozio di Gianni Tassio.
    Ma attenzione: forse non è incuria, forse si tratta di una “installazione”, in cui la persistenza nel tempo della spazzatura diviene metafora della persistenza del male, mentre il cartello posto subito sopra diventa simbolo della vanità degli sforzi della creatura umana che tenta di conciliare il “dover essere” con gli invalicabili limiti dell’essere.
    (Paola Pierantoni)