Ci sono undici persone in Liguria in attesa di risposte appropriate per i loro bisogni di salute fisica e mentale. Una piccola quantità se confrontata con il milione e seicentomila abitanti ai quali la Regione Liguria ha il dovere costituzionale di garantite il diritto alla salute attraverso strumenti efficaci ed efficienti di prevenzione, cura e riabilitazione. Un problema trascurabile o di soluzione immediata, un granello, se immesso nei complessi nodi strutturali, economici, finanziari, politici in senso proprio e ampio, che la Regione Liguria in questi giorni si trova costretta ad affrontare. E che non pochi mal di pancia, conflitti, ansie provoca.
E’ in ballo tutta la politica sanitaria, ormai solidamente incamminata sul primato, forse inevitabile, ma certamente non brillante nei risultati, della visione aziendalistica dei bisogni sanitari, nell’ottica di politiche di bilancio, che non devono moltiplicare buchi, ma sempre più sottoposte alle logiche restrittive e punitive verso il Servizio Sanitario Pubblico, finora tra i migliori e meno costosi del mondo, nonostante sprechi, mafie, malesanità, familismo amorale, e partitismo immorale. Ma intanto alla chetichella, sono stati introdotti i tickets anche sui farmaci generici della fascia essenziale e “salvavita”, e si continua ad intaccare uno dei principi costituzionali e fondamentali della sanità pubblica: la gratuità.
Ma veniamo ai nostri undici cittadini liguri in attesa di appropriate risposte ai loro bisogni di salute. Un caso che mette in discussione, come già fanno i tifosi del privato asociale e del libero mercato, un altro principio fondamentale del nostro Servizio Sanitario Nazionale: l’universalità e l’uguaglianza di tutti i cittadini.
La notizia ci viene dalla newsletter del Senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.
Da un recente convegno nazionale, il primo, tenuto il 9 giugno, è risultato che nei sei O.P.G. (luoghi di detenzione e cura) esistenti in Italia sono internate circa 1500 persone. Di queste “389 risultano dimissibili perché non socialmente pericolose, ma al 31 maggio 2011solo 130 sono state dimesse dopo la denuncia e le sollecitazioni della Commissione d’inchiesta”. Degli altri: 7 sono morti e per 200 è stata prorogata la permanenza.
La mancanza di fondi era la causa dell’impossibilità di accogliere le persone espressa da Presidenti di Regione e responsabili delle Asl. Ebbene, grazie all’impegno e alla tenacia della Commissione d’inchiesta, i fondi sono stati trovati e il Ministero della Salute ha stanziato 5 milioni di euro. Eppure, continua il Senatore Marino, 10 regioni non solo non hanno approntato nessun percorso per le dimissioni, ma non hanno presentato alcuna richiesta di fondi.
Ecco un elenco: il Lazio per 41 cittadini, l’Abruzzo per 6, la Campania per 75, la Calabria per 11, la Sicilia per 31, il Friuli Venezia Giulia per 7, la Liguria per 11.
Ci sorprende trovare la Liguria in questa lista, anche perché, dalla legge Basaglia in avanti, ci sono state positive esperienze di ritorno di questi pazienti nel proprio ambiente.
Nel ringraziarlo per il lavoro fatto e per l’impegno controcorrente, ci permettiamo di consigliare al Senatore Marino di fare qualche telefonata più stringente ai suoi compagni di partito e conterranei: presidente di Regione, Assessore alla Sanità, direttori di Asl e di Dipartimenti di Salute Mentale.
(Angelo Guarnieri)
Categoria: Angelo Guarnieri
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OLI 307: SANITA’ – Sanità per gli “ultimissimi”
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OLI 306: CACCIA – Regione, Corte Costituzionale e tramonto
Deve essere opinione diffusa, non so se maggioritaria, ma fino ai referendum poco importava, che la Corte Costituzionale si occupi soltanto delle leggi ad personam, o ad aziendam o ad partitum, che riguardano il presidente del consiglio (vacante) Berlusconi. E che sia un organo dello Stato di grande importanza e di poteri strabordanti, composto in maniera determinante da toghe rosse, incallite e resistenti e da sopravviventi comunisti, designati o eletti per perseguitare il suddetto Presidente del consiglio e impedirgli con ogni sorta di malevolenza di portare avanti la sua illuminata politica di governo dell’Italia.
Che possa invece anche occuparsi di tramonto apparirà sicuramente strabiliante, così come il fatto che rientri nei suoi compiti valutare le leggi regionali per vagliarne la rispondenza al dettato costituzionale.
Ma tant’è questo è proprio il compito della Corte costituzionale e i giudici che la compongono lo applicano con saggezza, competenza e rigore, senza cedere alla forza della loro posizione di potere, ma con il necessario e possibile equilibrio. E soprattutto nel rispetto assoluto del principio costituzionale per il quale la legge è e deve essere uguale per tutti.
Ma veniamo al tramonto.
La Corte Costituzionale ha bocciato la norma della Regione Liguria che permetteva la caccia agli uccelli migratori mezz’ora dopo il tramonto.Con sentenza N°191, del 15 giugno 2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo della legge regionale 15/ 2010 che consentiva di cacciare in appostamento (imboscate, agguati) gli uccelli migratori (provati come migranti e in ricerca affannosa di riparo) mezz’ora dopo il tramonto (l’ora più dolce per essere ammazzati).
La norma della Regione Liguria ha violato la normativa venatoria statale, che impone il divieto di caccia al calar del sole. Tempo dei bilanci, dell’esame di coscienza, della preghiera e della preparazione al sonno, ai sogni, alla notte e alla danza delle stelle.
Le associazioni di protezione e vera sensibilità ambientale (Italia Nostra, L.A.C., LIPU, WWF, ENPA, Lega Ambiente, V.A.S.) avevano presentato prontamente un esposto che il governo ha dovuto recepire, impugnando la legge regionale ligure. Per la quale avevano votato a favore (repetita iuvant) i consiglieri regionali (26) di PD, PDL, Lega e Marilyn Fusco e contro (5) i consiglieri di PRC, IDV e Lista Biasotti.
Si è astenuto il consigliere di SEL e non si capisce ancora perché.
Certo la lobby dei cacciatori è ancora forte. Ma non si capisce come sensibilità e valori della sinistra possano sostenere simili norme. Non basta più l’ex retro-pensiero che i cacciatori votano e gli uccelli no.
Infine il comunicato delle associazioni : “E’ stato riaffermato un principio di legalità contro l’ennesima violazione della normativa venatoria statale a cui il Consiglio Regionale, in buona parte prono alle istanze dell’estremismo venatorio, ci ha abituati… “
E il comunicato degli uccelli: “Ringraziamo i giudici piumati della Corte Costituzionale per aver avuto compassione del nostro volo, dei nostri affanni, della bellezza che doniamo al mondo. Ci proponiamo tutti insieme, uccelli di tutto il mondo, di votare anche noi. Prima o poi”
(Angelo Guarnieri – Foto Paola Pierantoni) -
OLI 305: REFERENDUM – Passato è il battiquorum! Eccome!
Messaggini massaggianti.
Tra Italo, casellante cortese,
fra i primi caldi fumiganti
e le zanzare geneticamente modificate,
forse perché allevate fra Caorso e Trino,
e il solito pensionato, ora sessantenne
sconfortato, forse oggi un po’ rinato.Lunedì pomeriggio. Profumo di quorum.
I: Buon quorum,
e che il futuro sia un po’ più arancione.
Ovunque voi siate, fermatevi un attimo
e fatevi un bel brindisi! Allegri!
P: un miracolo della saggezza,
che è saggia, è per me.
Ora brindiamo.
I.”…E poi la gente, perché
è la gente che fa la storia,
quando si tratta di scegliere
e di andare, te la ritrovi tutta
con gli occhi aperti che sanno
benissimo cosa fare”.
Buongiorno Italia!
P: solo che “la gente”
spesso non va dove tu vorresti.
O sei tu su una strada
che lei non vuole percorrere.
La pazienza dell’incontro
ha fatto il miracolo.
Buongiorno Italia, buongiorno Italo.
Mille di questi miracoli!
(Angelo Guarnieri) -
OLI 304: REFERENDUM – Il battiquorum
Un promemoria per farci venire il desiderio di andare a votare domenica 12 giugno e per convincere più cittadini possibile a farlo insieme con noi. Con allegria, con mitezza, con fiducia. Con il gusto dolce della democrazia che, come dice Emir Kusturica, è la parola più bella che esiste quando è vera ed è la parola più brutta, luciferina, quando è falsa.
Il milione e quattrocentomila cittadini che hanno impiegato le loro energie per grazia e gratitudine, perché ci si possa pronunciare e decidere, perché “sora” acqua sia un bene pubblico, universale, non negoziabile, pura e pulita e non avvelenabile dal profitto, e perchè l’energia necessaria a vivere bene, non a vivere col turbo, sia controllabile sempre dalle anime del territorio, con i loro mezzi, che la natura mette a disposizione, con i loro limiti, con la prudenza dell’umana dimensione, che va dalla polvere alla polvere e dalla nascita alla morte, nei tempi storici dell’esistenza degli altri a noi prossimi per specie e per ere.
Il promemoria, che ci giunge dal passato è ricco di passaggi esaltanti che fondano l’odierna condizione. Ma ci ricorda anche qualche ferita che non curata , anzi estesa e ulteriormente infettata, non pochi affanni ha prodotto all’attuale situazione delle persone e della società. Penso alla scala mobile, ai salari, all’ingiustizia retributiva e distributiva, al diritto al lavoro, al senso e al significato del lavoro.
Allora alleviamo il “battiquorum” che giustamente ci angustia, senza indebolirci e senza inocularci il germe di una sorta di indifferenza emotiva, anzi ci stimola a utilizzare le energie, scarse e bisognose di manutenzione – lunga è stata la notte e tenebrosa – perchè domenica e lunedì siano comunque due belle giornate di partecipazione, di festa e di speranza. E di luce di un nuovo giorno, anche se non ci sarà il sole, per lasciare libere le nuvole di darci una mano. Ma questo non lo diciamo a nessuno!
Allora tutti a votare, cosi il battiquorum l’avranno gli altri, quelli della sovranità popolare del Partito dell’abuso della Libertà, tale solo se combacia con l’arroganza del capo, il Presidente del Consiglio (vacante).
Poi tutti al mare. O in qualsiasi altro posto. Abbiamo tante cose belle da fare!
Anche andare al trovare le pecore che sono andate al mare, ma d’erba.
(Angelo Guarnieri) -
OLI 303: ELEZIONI – Come è cominciata
Messaggini dall’Italietta
fra un casellante nella nebbia
e un pensionato, ex, ma di tante storie.
Parole, persone, cellulare. Tutto vero!
Il casellante si chiama Italo.
E’ del profondo Nord. Ama l’Italia unita.Notte di febbraio.
I: Gramsci a Sanremo!!!
Ma che cazzo succede
In quest’Italia, spacciata?P: solo a Sanremo.
Nessuno sa chi è.
Tranquillo e allegri!I: “che questa maledetta notte
dovrà ben finire…” Milano,
Napoli, speriamo Cagliari.P: forse le prime luci di un nuovo giorno?
I: e Trieste, anche le provincie,
sembra Mantova e Varese e Pavia,
che sono avanti di poco e dovevano
stravincere, e a Napoli, De Magistris
è avanti di venti punti. Da solo contro tutti.
Altro che, abbiamo sbagliato candidato!
E’ quasi ora che qualcuno alzi il telefono
“pronto Barak, avrei un problema”.P: ma anche Barak ce l’ha!
I: ma non penso chieda consigli a Berlusca…
P: spero li chieda a Nobel, quello del premio
(Angelo Guarnieri)
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OLI 302: SOCIETA’ – Questo non è un paese…
Una telefonata annuncia da Torino che un valente giovane ingegnere, trentenne circa, simpatico ed intraprendente, ha trovato un lavoro con contratto a termine, non si può certo specificare alla prima di che tipo, in una piccola azienda della magnificata città del nord.
Dopo aver brillantemente conseguito la laurea a Palermo, di pregio nel campo, 5 anni fa, dopo aver svolto svariati lavori e lavoretti, spazianti dall’elettronica alla baristica intensiva, dopo aver coltivato sogni di autonomizzazione e maturazione nella terra di nascita e d’origine delle sue origini, compresi affetti, attaccamenti, passioni, in particolare per la musica, dopo mesi di noia e sconsolazione, dopo aver contato tutte le pietre che collegano la casa alla piazza e la piazza alla casa e che sono il tracciato che fanno dire ai paesani di un disoccupato che “quello lì, come tanti, non avendo da fare va a casa e mangia”, ha preso la decisione, violenta come uno strappo, dolorosa e necessaria, ma anche aperta alla conoscenza e alla curiosità, di salire al nord, di prendere il metaforico treno del sole, che non esiste più se non in una canzone e in una montagna di ricordi che si vuole rimuovere dalla storia e dalla coscienza collettiva, sostituito dai viaggi spezzati delle andate e ritorno, dei voli low-cost, dei traghetti super veloci, dei week end rubati, delle albe in treno, della santificazione delle feste, delle passeggiate con gli amici. Come se si volesse annullare la condizione di emigrato; come se la nuova condizione di immigrato non dovesse essere più una rottura, una beanza oscura, e quindi si potesse annullare, con i nuovi potenti mezzi della tecnologia, lo spazio angosciante e infinito che separa e unisce l’immigrato e l’emigrato. Sia per i giovani siciliani sia per i giovani africani.
Lo spazio di pensieri e di sentimenti che si è voluto annullare nel pubblico sentire e nel pubblico manipolare affinché la paura del diverso desse qualche appiglio alle nostre fragili identità e la libertà potesse realizzarsi anche nell’essere liberamente razzisti.Buona fortuna giovane amico ingegnere. Che tu possa essere padrone della tua vita. Che tu possa crearti la tua vita. Non sei solo. Ci sono milioni di giovani in ricerca che vivono sottomissione e umiliazione, ma che, come te e come i giovani di Plaza della Catalunya e di Puerta del Sol, possono ritrovare la strada dell’indignazione, dell’impegno, del potere dell’essere insieme, dell’allegria e della libertà non regalata e non comprata.
Da alcuni anni circa duecentomila persone, in grande maggioranza giovani, partono dal sud Italia per andare a cercare lavoro e fortuna nel Nord Italia o in Europa. Quasi tutti migliorano la loro condizione.Qualcuno ne soffre al punto di perdersi. Una parte ritorna e ricostruisce una presenza più esperta nella sua terra. Questo è un bene, ma la sua terra è sempre la stessa. Un luogo di bellezza indicibile, rubata alla gioventù, ancorata a un mostro che governa spreco, inefficienza, stagnazione. Ma forse cambierà.
Nel frattempo Report ci informa che dal 2000 ogni anno fra i 30 i 45 mila giovani, post.doc, ricercatori, studiosi e scienziati, prendono la via dell’estero.Che di solito al’estero non esistono contratti precari e annichilenti. Che la remunerazione, salari, borse, benefit sociali, è degna di questo nome. E si vedono i giovani intervistati, che sembrano avere in loro la forza della rappresentanza, parlare con soddisfazione e pienezza di queste esperienze.
Nonostante la nostalgia, che depurata, in questo caso è sentimento positivo.
I cervelli in fuga, nel demente gergo mediatico, che quando li si nomina non si può fare a meno di pensare agli alluci che rimangono qua.
Ma se tante giovani persone sono così valorizzate all’estero, vuol dire che il nostro sistema scolastico non è poi così male. E poi senza questa ricchezza di energia e di creatività, che dovrebbero associarsi al lavoro, che ne è dell’Italia, che ne sarà?
L’Italia non è un paese per…
(Angelo Guarnieri) -
OLI 301: GIUSTIZIA – E’ ancora notte alla Diaz.
Grande rilievo è stato dato dai media alla notizia, trascinata dai clamori del festival di Cannes, che si farà un film sui fatti della notte della Diaz, avvenuta nel corso del G8 di Genova, il 21 luglio 2001.
Quest’anno fra l’altro ricorre il decennale del G8 di Genova e sarà un’occasione preziosa per ripensare storie, fatti, tragedie, conflitti, speranze e conquiste che l’hanno segnato, lasciando un’impronta indelebile nell’anima di Genova, nei percorsi personali di decine di migliaia di giovani e meno giovani, nel costituirsi di movimenti contro le ingiustizie, per la pace, per un nuovo mondo possibile.Un ripensamento non ripiegato su sé stesso, non nostalgicamente attaccato a certezze militanti di un passato che non c’è più, che cerca verità e giustizia, perché sono dovute a coloro che soffrirono le violenze, la repressione e le umiliazioni di un apparato istituzionale opaco, sordo e brutale nel suo non capire e nel suo non sapere agire. Un momento di riflessione collettiva e aperta che cerca nella memoria di quello che è stato, nel luglio 2001 e negli anni a seguire, le risorse e le energie per alimentare di speranze trasformative il futuro, per dare un senso forte alla parola verità, perché la giustizia sia messa al centro dell’agire comunitario e non un accessorio del potere e del potere della ricchezza. Senza giudicare: ci pensano i giudici che l’hanno fatto egregiamente in quasi tutte le sedi, resistendo alla forza dei poteri della politica senza idee e senza ideali, dando dimostrazione di cosa possa voler dire applicare la Costituzione.
“Voi G8, noi sei miliardi”, era la parola d’ordine chiara, trasparente e innocente come l’acqua di un ruscello; ad essa vennero contrapposte zone rosse, armi ed armature, marchi della prepotenza, che inevitabilmente finirono per sollecitare l’emulazione e istanze di rivalsa e di rancore.
“Voi la crisi, noi la speranza” è la parola d’ordine con la quale si vuol guidare ora il momento di riflessione collettiva e dare senso agli incontri, ai seminari, agli approfondimenti politici e culturali, ai momenti di festa, di musica, di teatro, che animeranno Genova per un mese, dalla fine di Giugno al 24 luglio, giorno dell’assemblea conclusiva. Il programma avrà i suoi momenti culminanti negli ultimo giorni, quando si coaguleranno gli incontri di più ampia e profonda incidenza e partecipazione, che si vuole locale, nazionale e internazionale.In particolare sono da tener presenti: la giornata del 19 luglio, dedicata ai migranti e al Mediterraneo; il 21 luglio con Genova e la memoria (Piazza Alimonda, Carlo Giuliani); il 23 luglio con il seminario sulla guerra nel Maghreb, il 23 luglio con la manifestazione e il concerto; il 24 luglio con l’assemblea internazionale conclusiva.
Un gruppo di persone, coraggiose e motivate da passione politica ancora non pallida, sta lavorando a questo programma; molte organizzazioni a partire dalla CGIL, dall’ARCI e dalla FIOM, sono proficuamente impegnate; le istituzioni politiche locali sembrano salutarmente intenzionate a cooperare.Ma, dopo le scuse per la peregrinazione, torniamo al film, che avrà per titolo: Diaz – Non pulire questo sangue. Un film che ha avuto una gestazione difficile e ha suscitato molte perplessità nella decisione di farlo e di offrirlo al pubblico. Tratta di una delle pagine più buie e tragiche della democrazia italiana. La notte della “sospensione dei diritti”, come affermò Amnesty, della “macelleria cilena” come disse un funzionario di polizia presente; la notte che fece impallidire l’allora Ministro degli interni, quando seppe, come rivelato in un’intervista dalla moglie.
Ci furono, dopo furiosi e immotivati pestaggi, 93 arresti di dormienti. 25 condanne in secondo grado di giudizio sono state comminate a funzionari di polizia.
La Fandango e Domenico Procacci, che ne è il responsabile, nel produrre questo film fanno un atto di coraggio, si assumono una positiva responsabilità.
Ma allora perché consegnare prima la sceneggiatura al capo della polizia? Perché l’approvi?E perché non prendere in considerazione le richieste di ascolto delle vittime della Diaz, come protestano gli esponenti di “ Verità e giustizia” e Heidi e Giuliano Giuliani?
Ma lo stupore e l’amarezza per questo atto è ancora più profondo, ancora più radicale.
Riguarda l’assoluta libertà dell’arte, la ripulsa di ogni censura, la bruttezza di ogni mutilazione.
Forse la notte della Diaz è ancora buia, è ancora fra noi.
(Angelo Guarnieri) -
OLI 299: PAROLE ED EMOZIONI – Morte di Osama
Un premio Nobel per la pace, Obama,
Presidente degli Stati Uniti d’America,
non può dire “giustizia è fatta” (ansa),
nel comunicare al mondo che una pianta
di male è stata eliminata. Con una moglie,
due bambini non coinvolti, alcuni uomini e donne,
guardie del corpo, di cui mai sapremo nomi e numeri.
È questione di linguaggio. È questione di umanità.
Non c’entra l’utilità politica, né la buona politica.
Deve trovare un altro linguaggio un Presidente,
deciso e amato, premio Nobel e per la pace.
Altrimenti è un misero premio Nobel.
Da primitivo West e di tempi che speravamo andati.
(Angelo Guarnieri) -
OLI 287: GIORNATA DELLA MEMORIA – I bambini di Terezin
La notizia viene dal consigliere comunale Antonio Bruno: i giardini di via Laviosa a Pegli verranno intitolati ai bambini che persero la vita nel lager di Terezin.
La richiesta era stata fatta all’Amministrazione da un cittadino, iscritto all’A.N.P.I., sostenuta e sollecitata da alcuni consiglieri comunali sensibili, valutata ed accolta dall’apposita Commissione Toponomastica del Comune di Genova ed infine approvata dalla Giunta.
Dopo questo cammino faticoso e necessario ci sarà nel vasto territorio di Genova un luogo aperto, visibile e arioso, un giardino, dedicato ai quindicimila bambini che nella fortezza – lager di Terezin si videro rubare il futuro e la vita. Solo in cento sopravvissero.
Un luogo vivo che alimenterà il ricordo e i segni dell’immane tragedia che fu l’Olocausto, il male assoluto, che di certo si fa bene a celebrare ogni anno con riflessioni e solenni cerimonie, ma che non può essere racchiuso nei nobili rituali di un giorno, nelle affermazioni impegnate e impegnanti di personalità della cultura e delle Istituzioni.
Onore quindi al cittadino che ha fatto la proposta e a chi l’ha sostenuta. E al Comune di Genova, nelle sue articolazioni, che aprirà un suo spazio importante – i giardini sono importanti, anche se ogni tanto lo dimentichiamo – perché i bambini di Terezin continuino a vivere e forse a trovare un po’ di pace negli sguardi, negli interrogativi e nei pensieri, dei bambini, dei genitori, dei pensionati, dei viandanti che quello spazio frequenteranno.
La notizia dell’avviarsi concreto di questo progetto è giunta proprio un giorno prima della data ufficiale della Giornata Della Memoria. Mi è sembrato uno di quei segnali invisibili, subliminali, che costellano quotidianamente la nostra vita e, attraverso il fuoco delle emozioni, ci richiamano alla coltivazione della memoria, per non farla appassire, per ricercare le linee di distinzione fra il bene e il male, perché il “mai più” venga impresso in noi, come il numero che marchiava i deportati e seviziati nei lager nazisti e fascisti.Dalla fine del 1941 alla liberazione nella fortezza – lager di Terezin furono reclusi gli ebrei cecoslovacchi destinati al campo di sterminio di Auschwitz. Tra di loro 15.000 bambini e ragazzi.
La loro presenza è testimoniata dalla commovente produzione di migliaia di disegni e di centinaia di poesie. Questi documenti sono stati nel tempo oggetto di affettuoso studio e hanno rivelato capacità creative straordinarie, maturità di pensiero precoce, straziante consapevolezza della tragedia nella quale si era immersi e insopprimibile anelito alla vita.
Ma soprattutto la musica trovò spazio nel dolore e nella tragedia, anche per il concentrarsi a Terezin di un consistente e validissimo numero di musicisti. Vennero creati un coro e un’orchestra con ampia partecipazione di bambini e ragazzi. Vennero eseguite opere di Smetana e Mozart e venne composta un’opera originale, Brundibar, usata fra l’altro dai nazisti a scopi propagandistici.
Quasi tutti i componenti dell’orchestra e del coro trovarono la morte a Terezin e ad Auschwitz.
Ci rimasero, cenere che non si consuma e fumo che non si disperde, la musica e l’insegnamento. E un pugno di poesie. Una tra tutte:Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
Da troppo tempo siamo una schiera di maledetti
che vuole stringere le tempie dei suoi figli
con le bende della cecità.
Quattro anni dietro a una palude
in attesa che irrompa acqua pura.
Ma le acque dei fiumi scorrono in altri letti,
in altri letti,
sia che tu muoia, sia che tu viva.
Non c’è fragore d’armi, sono muti i fucili,
non c’è traccia di sangue qui: nulla,
solo una fame senza parole.
I bambini rubano il pane e chiedono soltanto
di dormire, di tacere e ancora di dormire…
Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
Neppure gli anni potranno cancellare
tutto ciò.
di anonimo
(Angelo Guarnieri) -
OLI 277: AMBIENTE – Gli occhi della compassione
Ero uscito per la solita passeggiata sulla costa di Arenzano. Il tramonto era passato da circa mezz’ora. L’aria era tiepida e molto gradevole. Non ti sbatteva in faccia i tuoi pensieri, li rimandava con benevolenza.
Mi trovavo nella parte del golfo di Arenzano che guarda a ponente, dove la celebrata passeggiata a mare si incunea nel porticciolo, sotto il promontorio della straziata pineta, all’altezza di un moletto – messo in mezzo al mare per trattenere la sabbia – che divide lo sbocco di un torrente dalle onde del mare e dalla spiaggia che le accoglie.
Sul lato della strada resiste un’antica baracchetta, luogo di ristoro per avventori occasionali e per un gruppo di amici serali, fra i quali diversi noti cacciatori.
Come al solito, mentre la mente vagava ai quatto angoli del mondo, un essere animato, sulla spiaggia accanto al moletto, catturò la mia attenzione.
Avvicinandomi e mettendo meglio a fuoco i miei occhi fragili, vidi che era un uccello dalle piume color malva, imponente, grosso quanto un grasso gabbiano, dal portamento elegante, con un collarino nero, la testa più rosata e due occhietti molto vispi che esploravano terra ed aria in ogni direzione. Accanto stazionavano pigri gabbiani, mentre non c’era l’amico airone cinerino che in coppia con un altro spesso occupa la punta del moletto e che puntuale quando cala la sera va a dormire nel parco.Non avevo mai visto un simile uccello! Ero meravigliato dalla sua bellezza. Una vampata di curiosità si accese in me. Chiesi ad un amico se confermava quello che io vedevo e se ne sapeva qualcosa. Condivise subito la mia emozione ma non ne sapeva nulla. Chiedemmo al gestore della baracchetta che invece sapeva tutto: si trattava di un oca migratrice, dal nome irricordabile, arrivata con un compagno nei giorni di tempesta e probabilmente dispersa.
Il compagno era stato ucciso da un cacciatore qualche sera prima sulle allegre colline di Arenzano.
Si era vista ogni sera e anche durante il giorno ogni tanto arrivava.
Provai grande dolore e grande rabbia. Mi sembrò che con quel roteare di capo e di occhi continuasse a cercare il suo compagno. Mi venne in mente un racconto di Maupassant, letto tempo fa e mai più dimenticato, in cui un colombo, che vola felice nel cielo, impazzisce di dolore perché gli viene ucciso il compagno con cui divideva la felicità e con il movimento delle ali ci racconta tutta la sua disperazione.
Pensai alla perdita di compassione che sta uccidendo il mondo e alla amputazione della pietas che sta desertificando il nostro convivere, prosciugando le sorgenti della nostra democrazia.
Ammenocché!
Gli uccelli, tutti, riuniti in consiglio non decidano di vendicarsi e ci diano una dura lezione.
(Angelo Guarnieri)