Categoria: ENERGIA

  • OLI 332: ENERGIA – CNR e LENR, una nuova risorsa per l’umanità

    Sull’inizio del 21 secolo, all’alba del terzo millennio, si prospetta un cambiamento epocale per la vita dell’uomo sulla terra: la fusione fredda. Già da molti anni la notizia degli esperimenti sulla LENR (Low Energy Nuclear Reaction) sta silenziosamente uscendo sui media più moderni, trascurata dai giornali e dalle televisioni, a parte alcune trasmissioni come Report (il Rapporto 41 del Cnr) e poche altre. La grande massa degli scienziati impegnati nella ricerca sull’energia ha sempre alzato il sopracciglio al solo nominare questo fenomeno, fino a pochi anni fa inspiegabile ma, sembrerebbe sempre di più, reale, ossia la trasmutazione del nucleo dell’atomo a temperature “fredde”, lontane da quei milioni di gradi teorizzati come indispensabili dalla teoria della relatività. E senza radiazioni nocive.
    Dopo l’E-Cat di Rossi e Focardi (e-catalyzer.it), anche la Nasa pubblica un video indicando dei risultati notevoli, così come proprio in queste ultime ore il MIT (Massachusett Institute of Technology) rilascia una notizia dove indica non solo la realizzazione di un esperimento di fusione fredda con guadagni notevoli, ma anche di essere in grado di dare la spiegazione scientifica del processo nucleare che lo genera. Si tratta di due notizie “con i controfiocchi”, perché se da una parte la credibilità di Rossi era stata minata da un suo passato poco trasparente su un progetto finito male, i due nuovi soggetti alimentano una speranza decisamente più tangibile.
    Ma in Italia? Che fa lo Stato? Di fronte all’immobilismo del Cnr nonostante i buoni risultati dei team di Preparata e di Rossi, ci si aspetterebbe adesso che finalmente la nuova dirigenza appena instaurata si dia da fare. Possibile che non abbiano ancora destinato qualche milione di euro (non sarebbe servito di più) alla ricerca sui risultati di Rossi a Bologna? Possibile che Preparata e il suo team siano stati ignorati dopo i risultati ottenuti già dieci anni fa? Una cecità che sta facendo perdere a tutti noi la possibilità di un business miliardario, oltre che un riscatto d’immagine per la nostra università. Una società, la nostra, che non è in grado più di sognare, elemento principale della ricerca scientifica pura, al di là degli interessi commerciali e industriali immediati. C’è bisogno di una iniezione di fiducia e di un grande ricambio di generazioni negli atenei italiani.
    Intanto il Cern di Ginevra prende sul serio la cosa: ecco una serie di attività trovate sul loro sito cercando la parola “lenr”.
    (Stefano De Pietro)


  • OLI 316: INFORMAZIONE – The danger of a single story – dal Festival dell’Internazionale all’etica dell’informazione

    Disegno di Guido Rosato

    Chimamanda Adichie è solare, bella e simpatica. Ha un fascino che condivide con i suoi colleghi speaker di Ted: raccontano storie, fresche e curiose, ricche di  lezioni che non è necessario spiegare. Le capisci da te.
    Figlia della media borghesia nigeriana, lettrice e scrittrice precocissima, in Nigeria leggeva e raccontava di bambine bionde con gli occhi azzurri; di mele e birra al ginger, della neve e del tempo: creava personaggi nati dall’unica storia che aveva avuto modo di leggere ma che non aveva mai incontrato né sperimentato, quella della letteratura occidentale. Dovendo andare a trovare la famiglia del ragazzo occupato presso la sua casa, in Nigeria, si prepara a conoscere una “famiglia povera”, così come rappresentata dall’unica storia che raccontatale da sua madre; si sorprende di trovare persone che lavorano la rafia, che fanno anche delle cose, oltre ad essere povere.
    Fin qui il video, che consiglio di vedere perché … è bello: fatto di tante “single story”, tanti racconti univoci di “una realtà” che è sempre più complessa di come ce la rappresentano e di conseguenza dell’unico modo in cui la rappresentiamo.

    Al Festival dell’Internazionale, dalle storia a senso unico sulla Nigeria, l’Africa e la sua gente, mi trovo in breve a riflettere sui media e sulle storie a senso unico che quotidianamente ci propinano sulle questioni che ci stanno a cuore: il carbone pulito e le multinazionali dell’energia, che ci salveranno dall’effetto serra e dalla crisi economica con i loro investimenti sulle rinnovabili (fine della storia); i medici e l’asl, che si occupano di prevenzione e salute a partire dalla rilevazione precoce della malattia (fine della storia).
    Solo fulgide eccezioni qua e là raccontano “storie multiple”, che tolgono le cornici a quelle singole permettendo loro di contaminarsi. Solo allora, ad esempio sull’energia, si può vedere il corto circuito che si è determinato dopo l’esito referendario sul nucleare: combattiamo l’effetto serra e contestualmente convertiamo le centrali all’uso del carbone per mantenere elevati i profitti delle multinazionali, contro la crisi economica, per la salvaguardia dei posti di lavoro, a prescindere dai costi per la salute e dalla salute medesima.
    Se facciamo la stessa operazione con l’energia pulita, vediamo che per produrla deforestiamo l’Amazzonia, interrompiamo i corsi dei fiumi della Patagonia e occupiamo militarmente i terreni agricoli della Puglia con ettari di campi fotovoltaici, con buona pace delle associazioni ambientaliste che partecipano agli utili mentre, naturalmente, si battono per lo stop al consumo di territorio.
    Parliamo di salute e prevenzione?  C’è qualcuno che considera opportuno che la prevenzione comprenda la riduzione degli agenti inquinanti? Che la salute debba sconfinare dalla “cornice sanitaria”  a quella “ambientale”.
    Un delirio? Sì, un delirio di storie raccontate sempre da un solo punto di vista su una sola dimensione. Sarà che chi racconta le “storie a senso unico” sceglie, consapevolmente, di non uscire dalle “cornici”? Il giornalismo, il giornalista, se non in grado di toglierle, può almeno renderle visibili? Come ha fatto Chimamanda Adichie con le sue? Possiamo, in qualche modo, chiamarla etica dell’informazione?
    (Daniela Patrucco)

  • OLI 310: ENERGIA – Effetti collaterali del monopolio

    Cassazione, se si scioglie il gelato non è colpa dell’Enel.
    (Foto dal blog persbaglio.ilcannocchiale.it)

    Si potrebbe pensare che gli effetti negativi del monopolio dello Stato sull’energia elettrica si fermino al fatto di non essere liberi di installare un pannello fotovoltaico senza dover obbligatoriamente vendere l’energia alla rete elettrica nazionale. Da oggi invece una sentenza della Cassazione aggiunge un tassello alle vessazioni che il sistema monopolistico italiano infligge ai propri cittadini, ossia che Enel non è più responsabile delle interruzioni di energia derivanti da una mancanza di fornitura da parte della rete elettrica nazionale, al tempo dei fatti GRTN (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale).
    La storia si articola negli anni, con un ristorante che, a seguito di un’interruzione notturna dell’energia elettrica, aveva perduto le scorte refrigerate e congelate, motivo per il quale si era rivolto alle vie legali per chiedere il risarcimento ad Enel. Ma Enel si opponeva, manifestando la propria estraneità alle cause di interruzione, che invece andavano ricercate nella mancanza di fornitura da parte di GRTN (che allora era la società di stato che amministrava la distribuzione monopolistica dell’energia elettrica). Le prime due sentenze, richiamandosi alla responsabilità del venditore rispetto alla qualità del prodotto venduto, avevano dato ragione al ristorante. La sentenza di Cassazione ribalta invece completamente le prime due, chiamando in causa una sostanziale differenza, ossia che Enel non ha la possibilità di rifornirsi da un altro produttore, avendo la rete elettrica nazionale caratteristica di monopolio, per cui Enel è obbligata nella scelta del suo fornitore. Quindi, non può essere responsabile di una scelta che gli viene imposta per legge.
    Si potrebbe obiettare ai giudici di Cassazione che GRTN non aveva però un rapporto commerciale diretto con l’utente finale, per cui non si capisce chi dovrebbe ripagare il danno. Viene di fatto annullato ad Enel il suo rischio d’impresa. In questo ragionamento, la ricaduta sul cittadino delle “beghe” tra Enel e il suo fornitore non viene tenuta in minima considerazione, a riprova che ormai le istituzioni viaggiano su binari celesti, ignari dei reali bisogni dei cittadini.
    Quindi adesso al ristorante non resta che rifare causa ad un’azienda che non esiste più, dovendo innanzi tutto individuare quale tra le centomila che si sono create ai tempi del decreto Bersani sulla liberalizzazione avrà ereditato la responsabilità di tale disservizio di GRTN. E poi attendere altri dieci anni come minimo per un’altra ballerina sentenza di Cassazione, se nel frattempo non avrà preferito emigrare nella spiaggia di un paese sudamericano.
    http://www.dirittoeprocesso.com/index.php?option=com_content&view=article&id=3255:black-out-elettrico-perche-lenel-non-e-responsabile-cassazione-sez-iii-18-gennaio-2011-n-1090&catid=58:risarcimento&Itemid=91
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 307: ENERGIA – Legambiente ha le idee confuse

    Giuseppe Lisciotto, Gatto mutante
    www.giuseppelisciotto.it

    Sul sito di Legambiente (*) è stata pubblicata la proposta di legge popolare per lo sviluppo delle energie rinnovabili, intese come una rosa ristretta di voci relative alla produzione e alla ricerca, dimenticando completamente il nucleare a fusione, calda e fredda. E anche qualcos’altro.
    Primo appunto, tecnico: ci si riferisce ad un generico “nucleare”, intendendo forse quello a fissione ma dimenticando che i processi a fusione (ancora da realizzare per l’utilizzo civile ma già dimostrati in via teorica e sperimentale) sono anch’essi “nucleari” ma sono adatti alla produzione di energia elettrica in modo sicuro. Si dimentica anche qualsiasi riferimento alla fusione fredda, che proprio nei laboratori Enea aveva avuto alcune risposte affermative grazie a Giuliano Preparata e il suo team, senza voler citare le attuali celle dell’Energy Catalyzer di Rossi e Focardi (**). Invece, nella legge si vieta esplicitamente qualsiasi forma di finanziamento per il fantomatico “nucleare”.
    Secondo appunto, politico: l’energia prodotta viene considerata “di pubblica utilità” e quindi si è obbligati ad immetterla in rete pubblica secondo regole stataliste. Dietro a questa apparente ottimizzazione si nasconde in realtà la volontà di mantenere il controllo del mercato dell’energia, che non diventa libero tra cittadini-produttori, ma è soggetto alle tariffe imposte dall’AEG (Autorità per l’energia e il gas).
    Si sarebbe auspicata invece un’apertura alla possibilità dei cittadini di “far da sé”, con la libertà di vendere il surplus al vicino di porta. Così invece si fanno fuori eventuali consorzi condominiali, che con la vendita di energia ricaverebbero un utile. Si pretende di far passare il sistema della produzione diffusa attraverso la cruna dell’ago della gestione centralizzata, abortendone i vantaggi.
    Esiste anche un motivo psicologico che gioca a favore della liberalizzazione, cioè che vivere la filiera produttiva dell’energia fin dall’inizio comporta una presa di coscienza del suo costo effettivo. Di conseguenza, ci si aspetta un comportamento più ragionevole, che tenda al risparmio “in casa propria”, senza pretendere una “sovraproduzione” in casa d’altri (l’Enel, appunto).
    Terzo appunto, ambientalista: a fronte di un’impostazione rigida della parte economica, è stato invece completamente dimenticato il problema dell’impatto visivo e ambientale degli impianti, ad esempio del fotovoltaico. Provate ad immaginare una città cosparsa di pannelli ovunque, senza alcuna regola. L’argomento è totalmente assente dalla norma proposta.
    In conclusione, sull’onda del successo del referendum sul nucleare (a fissione!) si rischia adesso di affidare la politica energetica italiana in mano alla scia speculativa dei produttori delle attuali sorgenti alternative (fotovoltaico, eolico), assestando la mazzata finale alla ricerca di sistemi di maggiore efficienza e minore impatto.
    * http://risorse.legambiente.it/docs/legge.0000001403.pdf
    ** http://www.energycatalyzer.com/threads/video-ny-teknik-tested-the-energy-catalyzer.7/

    (Stefano De Pietro)