Categoria: Città

  • OLI 301: CITTA’ – Tutti in piazza



    Sabato 14 maggio. Piazza De Ferrari, cuore della Genova moderna, ospita come sempre la variegata complessità di situazioni di cui è fatta la città. A distanza di poche ore, manifestazioni assai diverse per spirito, stile, modalità e partecipanti.

    In mattinata, nell’ambito del convegno “Unità, Federalismo, Fraternità: un percorso possibile”, promosso a Palazzo Ducale dal cattolico Movimento dei Focolari in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è stato predisposto uno “stand artistico-creativo per coinvolgere i passanti”, con un grande icosaedro troncato cosparso di variopinte impronte di mani e alcune gioiose ragazze che dispensano in letizia abbracci alla gente.

    http://www.focolare.org/it/news/2011/03/22/convegno-%E2%80%9Cunita-federalismo-fraternita%E2%80%9D/

    Nel pomeriggio, un’affollata vivace protesta che ha unito diversi comitati sorti contro una certa modernità che avanza proponendo in tutta Italia innovazioni lusinghiere, che però non convincono tutti: a molti esse appaiono soltanto opportunità di arricchimento per pochi speculatori e cause di irreparabili devastazioni del patrimonio comune.

    http://www.dibattitopubblico.com/genova/

    (Ferdinando Bonora, foto di Giorgio Bergami ©)

  • OLI 299: CITTA’ – L’ospedale che non c’è

    Impazza in questi giorni la querelle fra istituzioni per l’ospedale del ponente che non è stato inserito nel futuro Puc dall’amministrazione comunale genovese perché “Il progetto non esiste”.
    In realtà uno c’era ma è tramontato.
    “Ma se i soldi ci saranno, anche subito si può fare” dichiara la sindaco sul Mercantile del 3 maggio.
    La Regione ribatte che “per ora i soldi non ci sono, ma la scelta è già stata fatta ed è l’area delle ex acciaierie di Cornigliano, dietro la restaurata Villa Bombrini” (Il Secolo XIX 1 maggio 2011).
    Una proposta forse poco gradita al Comune, che aveva presentato ben quattro altre opzioni, passando dall’area di Campi, appetita dal patron della Sampdoria per lo stadio, alla Calcinara di Sestri Ponente, dove vi sono gli attuali insediamenti delle aziende high tech come Esaote, che si dovrebbero spostare agli Erzelli, fino alla Carmagnani Superba di Multedo.
    Ancora prima si era ipotizzato dalla giunta regionale ora all’opposizione l’ex area Mira Lanza: il progetto cancellato è costato 500 mila euro di danni.
    Una disputa dunque su un ospedale che si costruirebbe in aree ancora da smantellare con industrie da trasferire: il tutto senza finanziamenti, che sono stati dirottati sul Galliera, benemerito della Curia per cui si è avuto un iter ultrarapido, già si parla di gare d’appalto lavori per un polo sanitario-gioiello, residenze, commerciale e parcheggi annessi.
    I quattrini per il futuro ospedale del ponente si troveranno con la vendita di altri tre ospedali del ponente medesimo, Villa Scassi, a Sampierdarena, il Padre Antero a Sestri e il Gallino a Pontedecimo. Un bel rigiro,avvilimento a parte dei cittadini ponentini.
    Ospedali grandi, piccoli, vecchi o no, probabilmente non tutti servono, infatti si sono dismesse un po’ di specialità, non senza ragione, visti i doppioni di reparti e di primari. E poi siamo diminuiti di popolazione e invecchiati, perchè farne un altro? Forse per uno più moderno…
    Magari una risposta sta nel nuovo Puc che prevede per l’ospedale S.Martino “una riorganizzazione funzionale e dell’assetto insediativo”: oltre al sanitario e l’università, parrebbe che 60mila metri quadrati di superficie agibile nei pressi di viale Benedetto xv, dove hanno sede i padiglioni universitari, siano destinati “alla riconversione agli usi urbani consentiti”. Lo stesso dicasi per l’area del Maragliano, altri 19 mila metri quadrati.
    Una riqualificazione dalle “funzioni complementari ammesse di residenza, strutture ricettive alberghiere, ..uffici, servizi e parcheggi privati”.
    Non pare che nuovi ospedali servano soprattutto per le esigenze sanitarie dei cittadini.
    Intanto si è compiuto l’ultimo trasloco di vecchi pazienti dell’ex ospedale psichiatrico di Quarto, che faceva parte della cartolarizzazione per ripianare il buco della sanità e anche per quest’area c’è già nel Puc un’altra bell’ipotesi di trasformazione.
    Insomma si stanno riprogettando i luoghi di cura e a onor del vero gli sprechi sono stati tanti, cosi cittadini devono essere grati, si sta pensando a loro, spazio al nuovo e alla tecnologia.
    Ce lo spiegherà meglio il nuovo consulente assunto per “le attività preordinate all’adozione del progetto: mille euro al giorno per 50 giorni” titolava il Giornale il 28 aprile 2011 ,unico a dare la notizia.
    Mentre si progetta il pubblico (sulla carta s’intende), il privato già si è attrezzato: ristrutturazioni alla grande in Albaro, dove un polo sanitario privato sta costruendo una palazzotto con una decina di nuove sale operatorie.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 297: LETTERE – Amt, il video erutta sulla testa dei viaggiatori

    Sabato scorso sono salita a Sestri Ponente sul bus n. 1 diretta a Caricamento e durante il viaggio sono stata intrattenuta da un video collocato sulla parete posteriore della cabina di guida.
    Ho pensato: “Anche qui!”. Già molti luoghi sono invasi da video pulsanti e fastidiosa musica di sottofondo. Su quel video si alternavano slide, tavole a colori, obiettivi, sistemi, incuriosita ho continuato a guardare e ho capito che si trattava di progetti riguardanti la Genova del futuro.
    In effetti sotto le immagini scorrevano parole come: inserimento a livello Europeo, attenzione al territorio, città che guarda al futuro, città compatta, città vivibile, progetti di quartiere.
    Era molto difficile, in quella condizione, districarsi e capire le molte informazioni che eruttavano dal video sui viaggiatori del bus. E’ noto, a chi li frequenta abitualmente, che i bus cittadini non sono il massimo del confort sia per il massiccio numero di viaggiatori che per il traffico convulso
    Due ragazzini, generazione abituata a interagire con i moderni mezzi multimediali, hanno provato a toccare il video, forse pensando ad un videogioco, ma lui (il video) incurante alle loro sollecitazioni ha continuato a emettere le immagini previste.
    Mi sono interrogata sull’efficacia e sul costo di questo genere di iniziative, la perplessità mi ha accompagnato al capolinea.
    Come cittadina sono contrariata da questo tipo di informazioni che non “informano” ed hanno piuttosto l’aria di metodi pubblicitari. Vorrei invece avere risposte alle molte domande e denunce che, come cittadini, abbiamo posto all’amministrazione cittadina, rimanendo inascoltati, sui problemi relativi al traffico pesante che giornalmente si riversa sulle strade del nostro quartiere ( http://nuke.amicidelchiaravagna.it/Tematiche/ProblematicheViaBorzoli/VieBorzolieChiaravagna/tabid/181/Default.aspx )
    Proprio i giornali di questi giorni indicano un forte aumento del traffico pesante a Genova e un peggioramento probabile nei prossimi anni in concomitanza con lo sviluppo dei traffici del porto.
    Ci auguriamo quindi un rapporto più autentico e chiaro con l’Amministrazione.
    (Luisa Campagna)

  • OLI 296: CITTA’ – Nuovo Puc, se il Parlamento docet

    Mercoledi 30 marzo, terzo incontro sul nuovo Piano Urbanistico di Genova.
    Non c’è la campanella ma servirebbe tanto. La sala rossa del consiglio comunale sembra un’aula scolastica, pochi al loro posto, tanti in piedi, gruppetti a chiacchierare. Invano il giovane presidente apre i lavori, i più indisciplinati non demordono, specie i senior. Comincia così la seduta della commissione urbanistica sul Puc, i timori si rilevano fondati, anche oggi si segue un rituale già visto per le proteste dell’opposizione, che si tramutano in liti aperte, attacchi personali, intimazioni a chi presiede. Durano quasi un’ora le intemperanze e alcuni della maggioranza sgattaiolano furtivi, hanno già fatto presenza.
    Il motivo del contendere è l’indisponibilità di materiale “cartaceo”, ovvero il documento del Puc è soltanto su dischetto e più consiglieri asseriscono di saper usare poco il computer.
    Al massimo la posta si borbotta e poi al grido di “non ci si può permettere! Ma qui ci prendono per … ” si sottolinea che il regolamento espressamente prescrive che va fornita documentazione comprensibile.
    “Il Puc non è ancora quello definitivo e quindi inutile stamparlo” si ribatte in un vociare fastidioso.
    Ecco infine la sindaco, trafelata, che spiega essere appena arrivata da Milano per la presentazione ufficiale di Euroflora, che si terrà a Genova e quindi altri buuh, contiamo meno di Busalla.
    Un po’ d’ordine, siamo qui per lavorare, si devono ultimare le spiegazioni: frettolose e schizofreniche, soprattutto per chi non ha nemmeno visionato il dischetto.
    L’oggetto del contendere è invero “corpulento” : centinaia di pagine di scritto e tavole a colori.
    A stamparlo per gli addetti (consiglio comunale, nove municipi, associazioni, Confindustria, ordini architetti e altri ancora) si presume un costo di migliaia di euro per cui: i volenterosi lo studino a computer, mentre l’unica corposa copia cartacea è consultabile presso l’ufficio di presidenza.
    A quel punto ci si chiede perchè non fare un bel corsetto di uso minimo del web o se invece non sia questo un modo per non proseguire i lavori, pur riconoscendo che un po’ di ragione chi protesta la possiede. Cartine, tabulati , obiettivi, sistemi, insomma un “tomo” così puntuale e preciso, davvero impegnativo per chi non è del mestiere.
    Confusione voluta, mania di grandezza, eccesso di precisione?
    Il Puc è comunque ambizioso con sfaccettature accattivanti come l’idea dell’acqua che accomuna i sistemi territoriali, in cui viene suddivisa Genova e dintorni, non più l’abitato del mare soltanto, ma lo spazio di collina e le sue vallate
    Certamente il “piano” risulta positivo per l’inserimento a livello europeo della città-porto e quindi giusto considerare infrastrutture, corridoi di mobilità nel contesto globale, insieme all’aspetto demografico, pur se quello socioeconomico appare sotto traccia. Si devono però fare i conti con l’Europa e anche con Autorità portuale, ente Fiera, Autostrade e insieme agli obiettivi, il verde, il piano energetico, l’aspetto geomorfologico, il costruito, gli spazi vuoti, i servizi,le aree dismesse o produttive….e se si va al succo del discorso, cioè che cosa ne sarà di un’area, ci si perde.
    Troppa frammentazione, non sembra un piano fatto per i cittadini. Sarà autentica, eppure sfugge, la proclamata reale attenzione per il territorio, sarà campo di caccia per dispute leguleie.
    Ad esempio l’ex ospedale di Quarto è inserito sia negli “obiettivi” come “parco tecnologico-scientifico” (“meraviglia, pensi, forse faranno un campus, visto che l’università dismette per far cassa …), sia nei “sistemi di trasformazione di aree”, e qui se ne parla come “insediamento residenziale integrato con un polo per atti direzionali e ad alto contenuto tecnologico del levante”. Ma non si sta già facendo il polo degli Erzelli a ponente? Forse un’ipotesi per Abb o Ericsson, o una vaghezza?
    “Una città che guarda al futuro con il nuovo Piano Urbanistico Comunale e la candidatura europea a Smart City, un progetto per migliorare la qualità della vita dei genovesi attraverso uno sviluppo economico rispettoso dell’ambiente” secondo Richard Burdett, l’archistar londinese, artefice del Piano, “perchè Genova ha tre qualità fondamentali: compattezza territoriale, al di là delle ovvie difficoltà di trasporto, una felice posizione geografica verso sud che può consentire di sfruttare al meglio l’energia solare e forte connessione tra il tessuto economico e sociale”. Sic, speriamo bene alla prossima seduta e non solo.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 296: PAROLE DEGLI OCCHI – La città

    Foto (C) 2011 – Giorgio Bergami
  • OLI 295: CITTA’ – Cornigliano, la stazione e il suo degrado, in dieci foto

    Figura 1 Copertina della Domenica del Corriere 24 gennaio 1926

    Visita guidata a Cornigliano. La meta, per esattezza, è la stazione. Ci arriviamo non per il grande rettifilo principale, via Cornigliano, ma scivolando attraverso le stradine laterali a valle di questa, che un tempo spiovevano come rivi verso le spiagge della famosa località balneare. Nel 1926 per la stazione (che all’epoca era in posizione più centrale rispetto al quartiere) passò il convoglio che trasportava la salma di Margherita di Savoia: in una tavola illustrata della Domenica del Corriere si vede, sullo sfondo, la grande spiaggia di Castello Raggio (Figura 1). Di questo passato idilliaco rimane traccia soltanto nella toponomastica: una stradina che ora conduce ad un’inferriata, fiancheggiando l’enorme parcheggio dell’ex Italsider, si fregia del nome Vico alla Spiaggia (Figura 2). Mi ricorda un’anziana signora, carica di una incalcolabile quantità d’anni e di rughe, che sfoggiava con leggiadria il nome Afrodite. Continuando per via Bertolotti, che costeggia a valle la strada principale, entriamo nello spirito giusto per visitare la stazione di Cornigliano con un lento procedere attraverso le macerie degli impianti ex Italsider (figura 3 e 4). Se le rovine non fossero sufficienti a prepararsi al degrado, vi consiglio di riportare alla mente lo spezzone di un film che molto si addice: un episodio di Allegro ma non troppo in cui i disegni di Bozzetto accompagnano il Valzer triste di Sibelius.

    Figure 2, 3 e 4 – Foto Eleana Marullo

    Eccoci quasi arrivati: appare la facciata della stazione, il cui restauro è terminato nel 2009 (figura 5). Gli esterni sono ancora dignitosi ma appena si entra lo spettacolo cambia, bruscamente. Non esistono biglietterie, neppure automatiche. La sala d’attesa è chiusa da una rete metallica, che non impedisce al popolo notturno delle stazioni di entrarvi e lasciare segno. Nel paradosso, le tracce del passaggio umano si riducono all’essenziale: qualche buccia di banana ed un tappeto di gratta&vinci, che non hanno salvato nessuno dalle miserie dell’esistenza e giacciono al suolo come foglie secche (figura 6).

    Figure 5, 6 e 7 – Foto Eleana Marullo

    Il sottopassaggio che conduce al secondo binario si fa latore dei messaggi d’amore e di disperazione dei graffitari locali (figura 7). I liquami sul pavimento ci avvertono che qualcuno è stato qui, di recente. Arrivati sul secondo binario lo sguardo vaga sul piazzale vuoto: delle macerie metalliche che fino a qualche mese erano accatastate al suolo non rimane che qualche pozzanghera rossa e ferrosa (figura 8). Girandosi a monte, altri cumuli di macerie (calcinacci, oggetti dimenticati, ferraglia) si accalcano alla vista (figura 9 e 10).

    Figure 8,9 e 10 – Foto Eleana Marullo

    Il 28 luglio 2010 il Corriere Mercantile riportava un servizio sulle stazioni del ponente genovese. Incuria, degrado, atti vandalici ed un pervasivo senso di abbandono: “Brutte, sporche, inospitali: ecco le stazioni Rfi. Cornigliano è la peggiore”. A distanza di qualche mese la situazione non è di certo cambiata. Ed al degrado che accompagna, endemicamente, le stazioni del ponente (fuori da forti circuiti economici, fuori da interessi turistici o balneari), si aggiungono le cicatrici pesanti del passato ed i segni di uno “stress postraumatico” di quartiere. (Eleana Marullo)

  • OLI 295: CITTA’ – Mazurka Clandestina


    E’ stata la prima volta per Genova. Sabato 26 marzo, sera piovigginosa e scoraggiante, alle dieci e mezzo di sera trecento persone si sono incontrate nel grande spazio, fino ad un istante prima assolutamente deserto, della Galleria Darsena, dietro al Museo Galata. Un piccolo impianto di amplificazione portatile, giacconi, cappotti, borse abbandonati per terra, e inizio delle danze. Il repertorio è quello popolare francese: balli in cerchio e balli di coppia, valzer e mazurke, appunto. Età dalle giovanissime alle mature. Dopo un’oretta iniziano ad aprirsi le custodie e appaiono fisarmoniche, chitarre, violini, flauti.
    Dalle borse escono panini e bottiglie, ma il bar nei pressi deve aver comunque festeggiato incredulo l’evento totalmente inatteso. A notte inoltrata una torta con candeline accende un punto di luce: si festeggia un compleanno.
    Il fenomeno è quello della “Clandestina”: una rete di relazioni nate nel mondo della danza popolare lancia un appuntamento informale in un luogo di una città. La comunicazione passa solo attraverso mail, Facebook, sms: nessun altro preavviso. Le esigenze tecniche sono minimali: CD, un piccolo amplificatore, e poi non mancano mai i suonatori.
    Non è molto che sono nate le Clandestine, l’inizio è il 2009. Se ne svolgono a Torino, Milano, Napoli, Roma … ma anche in Francia, in Spagna, a Praga, a Londra.
    Irene Gonzales di Napoli (*) li descrive come “Eventi totalmente gratuiti, non patrocinati da nessuno, che non mettono in gioco nessun tipo di organizzazione o associazione” e che “si svolgono in luoghi poco usuali della città, poco popolati alla sera, in cui portiamo la nostra bellezza”.
    Marco Gheri, uno degli organizzatori di quella genovese, mi parla dello spirito che le anima, e che è lo spirito della “festa”, rito sociale scomparso dalle città, vivo ormai solo in ambiti territoriali molto specifici, ma che covando sotto la cenere nel cuore dell’uomo, ha trovato nuovamente il modo di esprimersi: stante le condizioni al contorno.
    Come definire una festa? E’ una comunità che si incontra e che in quel tempo e in quel luogo vuole esprimere e condividere la gioia, attraverso la musica, la danza, il cibo, il vino, le chiacchiere. C’è chi balla bene, chi balla male, chi non balla affatto: non ha nessuna importanza. Un tempo era la comunità del territorio, del paese, del quartiere, che si incontrava. La comunità delle clandestine si muove su spazi più articolati. C’è una rete che si incontra da una città all’altra, relazioni che corrono attraverso l’Italia e l’Europa, scambi di ospitalità, amicizie, partecipazioni ai festival europei di musica popolare, e questo è il nucleo che anima e suggerisce gli eventi; poi c’è l’incontro, quel giorno, con le persone del posto, molte fanno parte di gruppi di danza popolare, ma c’è anche il passante, quello a cui è giunta la voce, e che magari, prima o poi, entrerà nel cerchio.
    (*)INTERVISTA A IRENE GONZALEZ.pdf

    (Paola Pierantoni)

  • OLI 294: CITTA’ – La finestra sulla villa (Serra di cornigliano)

    Villa Serra di Cornigliano in una cartolina d’epoca

    Mi professo fortunata: abito a Cornigliano. Ogni giorno, quando apro la finestra di casa, mi si offre una cartolina da un’altra epoca: incorniciata dallo squadro degli stipiti in legno, appare una villa fatiscente, testimone muta di fasti passati e di presenti, durevoli manchevolezze. Vedo un degrado solido e costante, inesorabile come lo scorrere della sabbia nella clessidra: un giorno si stacca un pezzo di intonaco, il giorno dopo una persiana si scolla dalle cerniere, passa un mese e crolla un tavolato dalle ferruginose impalcature, un altro ancora e salta un intarsio dai marmi del pavimento, sul terrazzo. Eppure sono pochi anni che abito qui davanti e che spio – con un voyeurismo un po’ morboso -questa decadenza plateale. Quante volte mi sono ritrovata a pensare al “povero” Domenico: che cosa avrebbe pensato di fronte alla colpevole negligenza dei posteri?
    Villa Serra di Cornigliano fu infatti commissionata nel 1787 dal marchese Domenico Serra ad Andrea Tagliafichi. Progettista, scenografo, decoratore ed ingegnere civile ed idraulico, oltre che architetto, costui era molto famoso all’epoca, un personaggio assai “quotato” e di chiara fama, ricercato dalle maggiori famiglie genovesi per la sua abilità nell’abbinare al gusto classico un nuovo modo di concepire il giardino. Tagliafichi lavorò molto a Genova: tra i suoi progetti il recupero di Villa Doria de Mari (a Sampierdarena,1780), il parco di Villa Lomellini Rostan (alla foce del Varenna, 1780), la ristrutturazione della Villa Durazzo-Rosazza ( a Dinegro, 1787) e Villa Durazzo Groppallo nella zona di Manin.
    Mentre lavorava a Villa Durazzo-Rosazza, Tagliafichi ricevette l’incarico di costruire ex novo una villa per la famiglia Serra a Cornigliano, e se ne occupò in prima persona, dalle fondamenta al giardino, fino ai particolari dell’arredo. Grandi aiole a prato, palme e alberi sempre verdi fiancheggiavano i vialetti, una rinomata collezione di azalee trovava posto sulle gradinate alle spalle della villa, mentre un giardino d’inverno ricco di piante esotiche completava le delizie del parco. Nel 1916 la villa fu venduta dal marchese Orso Serra al comune di Cornigliano Ligure.
    Dell’opera di Tagliafichi rimangono ad oggi soltanto monconi: il parco di Villa Doria de Mari è stato distrutto dalle lottizzazioni, mentre la ferrovia e gli impianti industriali hanno eraso quello di Villa Lomellini Rostan e mutilato quello di Villa Durazzo Pallavicini.
    Sarà per questa consapevolezza che guardavo ogni giorno con maggiore desolazione alla decadenza della villa, mia dirimpettaia. Fino a quando…
    (Eleana Marullo)

  • OLI 294: CITTA’ – Il nuovo Puc, lecito sognare

    Da un sogno, forse una speranza, parte il nuovo Piano Urbanistico Comunale di Genova: un Puc che ha impegnato più di 60 fra tecnici e architetti, come ha sottolineato la sindaco in sala rossa, per arrivare alla conclusione di un impegno preso in campagna elettorale, messo in cima alle priorità del suo mandato, tanto da tenere a sé la delega all’Urbanistica.Genova si dovrà preparare ad accogliere quasi un milione di persone, 320 mila “city users”, in più, “nomadi”, che verranno magari a lavorare di passaggio per realizzare le grandi opere previste, persone che per scelta o necessità trascorreranno a Genova parte della loro vita.
    -Non si pensi ad un aumento di abitanti ma di avere una fascia di persone che gravitano sulla città , spiega la Vincenzi,- l’esempio sono i ricercatori dell’Iit, 600 ricercatori di altissimo livello, che si fermano qui per cinque-sette anni al massimo.
    E già verrebbe da chiedersi perché se ne vanno invece di fermarsi.
    Così pur partendo da un’analisi del Censis, che conferma per i prossimi vent’anni i 600mila abitanti attuali, si elabora un’ipotesi di città che dovrà espandersi nei servizi, ma non nel consumo di suolo, una città “compatta”, che costruisce sul costruito. Meno male. Peccato che si continui a costruire, vedi i grattacieli di S.Benigno a Ponente o il palazzone di via Rossetti a Levante.
    Sono sempre tutte eredità ?
    Eppure il Censis parla chiaro: una città-elefante, non gazzella, che crescerà di poco, Anzi entro il 2025 si avrà desolatamente un meno 19% di under 14 , arrivando ad essere soltanto il 10% degli abitanti, mentre gli over 65 saranno un terzo della popolazione: secondo Anci ( Corriere della Sera, 14 marzo) nel 1951 Genova aveva 80mila abitanti in più.
    Auguri alla sindaco per un sogno che si vorrebbe disperatamente condividere. Mancano gli attori però per questa città futuribile, la politica e l’economia.
    La politica, che si è mossa soltanto con la grande crisi, cieca al declino della città già in atto da molto tempo prima, preoccupandosi poco delle aziende che si rattrappivano, quando non chiudevano o si trasferivano.
    Liberando così spazi ghiotti come l’ex Boero, l’ex Verrina, l’ex Italsider, l’ex Saiwa, l’ex, l’ex… e via alla riqualificazione con palazzine, grattacieli, su cui ha investito “la meglio imprenditoria” e le banche.
    E al Cardinale che al te deum di fine d’anno tuona: – le risorse ci sono, è imperativo morale metterle in circolo – (Secolo, 2 genn 2011), risponde Viziano, leader dell’omonimo gruppo di costruzioni: – ma la città non sostiene chi fa investimenti.
    Mentre il petroliere Garrone scrive una lettera a Il Secolo il 4 marzo 2011: – Abbiamo dovuto sempre lottare in questa città sì bellissima ma così ostile e difficile … Il motivo del lamento? Non riesce a costruire lo stadio. Tutta roba che dà lavoro.
    Inutile affannarsi per un Malacalza che se ne va o ad un Ansaldo che chiede da anni lo sbocco a mare e a cui ancora pochi giorni fa è stato chiesto di aspettare altri tre anni, senza appoggiare mai di fatto il lavoro di eccellenza che rappresenta. Così la Silicon Valley degli Erzelli pare più un’operazione immobiliare che “la cittadella della conoscenza” tanto auspicata: si spera non sia così, anche se il Politecnico che lì doveva nascere e che non si è fatto, politica e imprese l’avevano molto tiepidamente appoggiato.
    L’unico affare l’ha messo a segno l’imprenditore della siderurgia, che non lo si riesce a schiodare dagli spazi, datigli in omaggio dalla politica appunto.
    La sindaco vagheggia – una città capace di accogliere e di attrarre grazie alle nuove infrastrutture ma anche ad uno sviluppo promesso dal rilancio del porto e dalla nascita di nuove attività sulle aree già oggi libere, oltre un milione di metri quadrati censiti e registrati.
    Dunque imprese e lavoro cercasi per un milione di spazi e di persone. Intanto ci si accontenterebbe di un lavoro per quelli che già ci sono.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 293: CITTA’ – Domande dell’elettore, risposte della politica

    Alle lamentele del pubblico in sala – questa sinistra ha fatto errori eclatanti, e D’Alema e Bersani e vorrei che … – Concita de Gregorio, domenica 27 febbraio, replicava: Cosa ha da proporre in alternativa?
    A questa domanda corrispondeva il silenzio.
    Chi era intervenuto pareva devastato dal quesito.
    Forse non aveva ragionato sugli effetti.
    Oppure, più semplicemente, non aveva una vision politica. Privo di malizia, condivideva con la platea le proprie aspettative, più simili ad ansie calcistiche.
    Alla base – finiamo sempre lì – c’è l’assenza di corrispondenza. In sintesi la percezione che, chi è delegato a rappresentare l’elettore, non fa o non vuole fare quello per cui è stato votato.
    E se lo fa non è in grado di comunicarlo.
    E’ un problema nodale.
    Se la politica agisce bene deve condividere le proprie azioni con i cittadini. Se, invece, pare in balìa di interessi economici o di lobby deve avere il coraggio di replicare e difendersi.
    Assodato che la città di Genova e la Regione Liguria sono governate dal centro sinistra, prendiamo atto che è molto difficile per il cittadino digerire l’aumento del biglietto del bus a 1.50 euro insieme al taglio delle corse.
    A Milano il costo rimane di 1 Euro a fronte di un servizio assai maggiore. Inoltre è possibile utilizzare i biglietti vecchi ancorché scaduti.
    Non viene spiegata ai cittadini la scissione tra i consiglieri di maggioranza sull’Acquasola. E rasenta il ridicolo sapere che solo lunedì  7 marzo si è reso necessario un sopralluogo della Commissione urbanistica al parco per verificare soluzioni alternative alla revoca della concessione alla Sistema Parcheggi. Che la politica praticata sia frutto di paziente tessitura lo dimostrano in allegato i documenti sottoposti al voto in Consiglio comunale nelle ultime due settimane. Ma che la tessitura non sia sufficiente lo evidenzia il fatto che il caso Acquasola sia ancora all’ordine del giorno e fonte di scontro all’interno della maggioranza in comune.
    I soggetti politici coinvolti non hanno spiegato con sufficiente chiarezza le vicende Ist ed Ospedale Evangelico, insieme al buco di bilancio dell’Albergo dei poveri – stimato a 50 milioni di euro – con l’inchiesta sulla vendita delle case, e il nuovo progetto edilizio della Valletta Carbonara.
    Sul bilancio del Brignole ha gravato negli anni anche un’applicazione di tariffe per malato insufficiente a coprire i costi – OLI 13 maggio 2009 n. 225 – con tariffe di molto inferiori al quelle di altri istituti convenzionati.
    Cosa ha da proporre in alternativa? – chiedeva Concita de Gregorio – all’elettore deluso, tagliando la questione sul nascere.
    La politica della chiarezza, della coerenza e dell’ascolto – avrebbe potuto rispondere lui.
    Ci vuole così tanto?
    Documento 2
    (Giovanna Profumo)