Categoria: Città

  • OLI 284: PAROLE DEGLI OCCHI – Ricordando il Poeta

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    Dall’8 Dicembre al 10 Gennaio le notti di Strada Nuova sono state illuminate dalla poesia di Edoardo Sanguineti.
    Il 9 dicembre il Poeta avrebbe compiuto 80 anni e 80 sono i suoi versi proiettati sulle facciate dei palazzi e sul selciato con straordinario effetto, trasformando lo spazio urbano in pagina poetica.
    Le fotografie di Giorgio Bergami (GB) e Paola Pierantoni (PP) colgono e rappresentano l’evento con sensibilità diverse.

    Per saperne di più:
    http://www.marconereorotelli.it/home
    http://www.viveregenova.comune.genova.it/content/genova-si-illumina-di-poesia-0

  • OLI 283: DIRITTI – Scegliere il tempo del morire

    L’evento questa volta è raccontato “dall’interno” perché siamo in tre – della redazione di OLI – ad avervi partecipato.
    Giovedì scorso, per tre ore, gli uffici dell’Anagrafe di Corso Torino sono stati animati da una insolita agitazione, che si sommava a quella della vicina sala dedicata ai matrimoni: un gruppo di donne di età molto diverse, unite dalla appartenenza al gruppo “Generazioni di donne”, aveva organizzato la consegna collettiva dei propri testamenti biologici per “sollecitare le forze politiche e il legislatore a riconoscere pienamente il diritto alla autodeterminazione” e per affermare il diritto a scegliere il tempo del proprio morire, a rifiutare di diventare esseri puramente vegetativi nelle mani di altri, o di soffrire senza prospettiva per un tempo indeterminato.
    Ognuna delle “testamentarie” sapeva bene quanto sia incerto questo terreno: nessuna legge garantisce la validità di questo atto, e attendere che una normativa rispettosa della pluralità di pensieri possa arrivare nel prossimo futuro richiede un grande ottimismo: gli attacchi a Saviano e Fazio per lo spazio dato a Mina Welby e a Englaro, la minatoria circolare governativa contro i registri comunali, l’isterica reazione al suicidio di Monicelli, il grande attivismo delle gerarchie cattoliche, dicono che tira una brutta aria per la ragione e il rispetto.

    Ma il cammino della politica è lungo, e le prospettive si costruiscono anche nei momenti bui, agendo soprattutto sul piano della cultura e della consapevolezza: per questo le organizzatrici intendevano rivolgersi non solo alle istituzioni e alle forze politiche, ma alle persone, donne e uomini.
    Alle persone però bisogna arrivarci, e non è così facile.
    Il gruppo ha un suo sito (*), ma per questa occasione è stata tentata anche la strada degli organi di informazione. Ripetuti invii di comunicati e diversi giri di telefonate non sono però riusciti a smuovere i redattori della stampa locale oppressi, come hanno lamentato al telefono, “dalle centinaia di segnalazioni” che piovono sui loro tavoli ogni giorno. Così sui giornali di questo evento non vi era traccia.
    Altra assenza sensibile quella della amministrazione comunale: la manifestazione era organizzata da tempo, ma nessuna presenza politica si è affiancata ai gentilissimi funzionari responsabili della redazione materiale degli atti.
    Peccato, poteva essere una buona occasione per richiamare l’attenzione pubblica su un “servizio” – e soprattutto su una questione etica, culturale e politica – pesantemente sotto attacco da parte del governo.

    Il documento che annunciava l’iniziativa osservava che sul testamento biologico “L’informazione è molto carente e si è limitata al momento del lancio della iniziativa” e che “La nostra azione pubblica ha lo scopo di spezzare questo silenzio”. Il sito del Comune, per parte sua, non aiuta, arrivare alla voce “testamento biologico” è cosa ardua: imperizia? Distrazione? Intenzionalità? …
    Per colmare almeno in parte queste lacune, le istruzioni necessarie a compiere questo atto sono state inserite sul sito del gruppo (*).
    Un aiuto è venuto solo dal lungo e bel servizio di Emanuela Pericu sul TGR: avrà giocato la particolare attenzione femminile su questo tema? Il 65 % dei testamenti è stato depositato da donne, e donne erano le organizzatrici di questo testamento plurale.
    Riflettere sulle ragioni profonde di questa differenza può essere un esercizio interessante.
    (*) www.generazioni-di-donne.it
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 283: CITTA’ – Gucci: festa di strada

    Finalmente!
    Dopo Firenze, Portofino, Venezia, Cortina, Milano, Capri, Roma, Porto Cervo, Monte Carlo, Dubai e tanti altri luoghi più o meno d’élite in tutto il mondo, anche Genova ha ora la sua boutique Gucci, nella centralissima Via XXV Aprile, al pianterreno del neoclassico Palazzo Costa Gallera (*1).
    Giovedì 16 dicembre, tra il tardo pomeriggio e la prima serata, s’è tenuto il tanto atteso vernissage.
    Molta bella gente di varia eleganza, dal casual al fashion victim. Impeccabili hostess controllavano gli accessi consentendo soltanto agli invitati l’ingresso nell’area della pubblica via recintata da vistosi cordoni, con l’asfalto coperto da una sobria moquette arredata con grandi cubi di luce. Gli ampi vasi con le piante che normalmente fiancheggiano il marciapiede erano stati spostati da un lato, sia per liberare il fronte del negozio, sia per schermare la postazione del tecnico che gestiva l’accompagnamento musicale dell’evento.
    Grande animazione: fuori sfidando il gelo e all’interno nella raffinata atmosfera caratterizzata da vetri fumé, specchi, legno, marmi e moquette, dove Frida Giannini – la stilista direttore creativo di tutte le linee di prodotto Gucci – ha “voluto esaltare l’aspetto lussuoso della boutique attraverso la luce naturale e i richiami alla tradizione”, come riporta Wanda Valli su la Repubblica / Ed. Genova del 17 dicembre (pag. 3). Nello stesso pezzo, intitolato entusiasticamente “Gucci lancia la sfida all’austerity, ‘Città moderna, noi ci crediamo’ ”, si dà conto anche della compiaciuta visita della sindaco Vincenzi, “convinta che anche l’industria della moda serva a dar lavoro e a rilanciare Genova”, e si nota come pure altrove in città vi siano analoghi segnali di incremento d’offerta di prodotti di fascia alta.
    Andrea Morando, proprietario di questo (in franchising) e di vari altri negozi in centro e altrove, dichiara in un articolo on line (*2): “siamo sicuri di avere successo. Per noi portare una griffe così importante al livello mondiale qui a Genova significa credere in un progetto ambizioso. […] Il nostro è stato un investimento molto rilevante, il livello del brand è altissimo, per cui, essendo questa una nicchia del lusso, ci aspettiamo dei riscontri importanti”.
    Auguri!
    Ma casi come questo sono indici di ripresa o non piuttosto di un persistere – se non di un aggravarsi – della crisi?
    Da che mondo è mondo, si sa che i consumi di lusso si intensificano nei periodi di recessione economica, quando si accentua il divario tra i pochi che dispongono di ingenti mezzi – e amano investirli anche in status symbol di una presunta superiorità reale o agognata – e i troppi che ne hanno pochi o niente affatto e restano a guardare, ora con invidioso rammarico, ora con indifferenza, ora con disgusto sdegnato o rabbioso.
    Nel primo Seicento, momento di grave congiuntura in tutta Europa, proprio qui a Genova, quando schiere di mendicanti invadevano le strade (e infatti si eresse l’immenso Albergo dei poveri per rinchiuderveli), chi poteva permetterselo innalzava palazzi o chiese sfarzosi e le signore esibivano abiti che costavano quanto una nave di medio tonnellaggio o un caseggiato. Tutto ciò non era simpatico, almeno per certe sensibilità odierne.
    Nessuno intende adesso contestare chi può e desidera comprarsi borse di pitone da 2800 euro o abitini da 1400 euro: liberissimo di farlo, buon per lui.
    Non è però simpatico che – per quanto “prestigiosa” possa essere la griffe – per una festa privata d’inaugurazione – si dice con 1500 invitati, ma pare ne siano venuti assai meno – si chieda e si ottenga di occupare non uno spazio pubblico marginale, bensì una centralissima strada di grande traffico, per giunta in orario di punta – dalle 18,30 alle 21,30 – costringendo i mezzi a variazioni di percorso con l’intervento straordinario della polizia municipale e disagi per migliaia di cittadini.
    Voci critiche si sono già levate, sia on line (*3), sia come riportato da Il Secolo XIX del 17 dicembre (pag. 26, a firma R.C.).
    Vorremmo aggiungere ai competenti uffici alcune domande che ci paiono legittime, in un’ottica di trasparenza amministrativa: a fronte di tutto ciò, quale è stato il beneficio per la collettività? Quanto è stato versato al Comune dagli organizzatori per l’occupazione del suolo pubblico e altre spese? Qual è il ricavato netto per le nostre disastrate casse?
    Grazie.
    (*1) http://www.gucci.com/it/home
    (*2) http://www.genova24.it/tag/gucci
    (*3)http://www.genovaogginotizie.it/cronaca-cronaca-locale/2010/12/17/news-4848/genova-via-xxv-aprile-chiusa-ieri-per-100.html

    Per i non addetti ai lavori, sul significato di termini quali “brand”, “casual”, “fashion victim”, può essere d’aiuto Wikipedia:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Casual
    http://it.wikipedia.org/wiki/Fashion_victim

    (Ferdinando Bonora, foto dell’autore)

  • OLI 283: SOCIETA’ – La parabola di Marta tra Gucci, Littizzetto e Tenco

    Giovedì 16 dicembre 2010 il traffico di Via XXV Aprile è stato interrotto nel pomeriggio perché veniva inaugurata la nuova boutique Gucci a Genova.

    All’evento erano presenti molte personalità – Very Important Persons – del jet set genovese tra le quali la Sindaco Marta Vincenzi convinta, secondo la Repubblica / Ed. Genova, che l’industria della moda serva a rilanciare la città.
    Nel Settembre 2010 Victor Uckmar, presidente dell’Airc, partecipava ad una serata a Palazzo Lomellino interamente dedicata alla raccolta di fondi per la ricerca sul cancro. Mostra di quadri di personalità dello spettacolo e asta di tali opere facevano da cornice all’iniziativa. Ad ogni partecipante veniva richiesto un contributo.
    Né Marta Vincenzi, né alcun assessore della sua giunta hanno partecipato all’evento.
    Ma veniamo alla politica, con alcune domande per le quali attendiamo risposte:
    Quanti soldi sono entrati nelle casse del Comune per l’interruzione del traffico cittadino a causa dell’inaugurazione di una boutique? Quale l’impatto in termini di gestione della mobilità per AMT e vigili urbani?
    Sulla base di quale progetto politico Marta Vincenzi programma la sua agenda?
    Ai primi quesiti si risponderà semplicemente mostrando i conti, per provare ai cittadini, vessati da prossimi aumenti di tariffe, che il gioco è valso la candela.
    Alla terza domanda si potrà dare risposta con una vision – parafrasando il linguaggio dei corsi di formazione – condivisibile che, ultimamente, è assai faticoso cogliere.
    Qui non stiamo parlando solo dell’assenza all’Airc, ma di un’assenza generale della Sindaco Vincenzi dalle cose che la renderebbero più vicina ai cittadini che l’hanno eletta. Dalla manifestazione del 1 marzo a favore dei migranti, colma di gente, partita in un lungo corteo da piazza della Commenda che ha visto la Sindaco partecipare, solo con un saluto, quando la manifestazione è stata costretta ad uno stop sotto palazzo Tursi, per aggiungere i molti cortei cittadini e terminare con il mitico sportello delle multe del secondo piano del Matitone – botta di realtà per tutte le anonime Marte della città – nel quale i numeri di prenotazione scendono alla velocità di un bradipo.

    Luciana Littizzetto ha dato spazio a Marta Vincenzi, in prima serata, in relazione all’ordinanza relativa alle prostitute:

    La “Sindachessa” è finita tra le notizie “balenghe” di Che tempo che fa.
    Non si chiede qui alla Sindaco di esserci sempre e comunque. Ma di selezionare, in base al clima pesante che grava sulle spalle di molti, le occasioni nelle quali la sua firma e presenza istituzionale possa avere spessore.
    La boutique di Gucci non fa parte della lista.
    Ai nostri lettori lasciamo, come augurio natalizio, l’ascolto della canzone del genovese Luigi Tenco, diventata bandiera della richiesta di cambiamento della sinistra.
    Con la speranza che Marta Vincenzi nel 2011 ne faccia buon uso.

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 282: TRASPORTI – AMT versus BVG: terrestri contro alieni

    Aeroporto internazionale di Berlino. Ritrovandosi in albergo (distante 12 km) a disfare la valigia esattamente quaranta minuti dopo essere uscita dall’aeromobile, la viaggiatrice prova la sensazione di essere atterrata su un pianeta alieno, visto che per compiere l’impresa ha utilizzato la rete pubblica (BVG), e che nei quaranta minuti sono inclusi il recupero del bagaglio, la canonica visita alla toilette, il guardarsi un attimo in giro, e l’acquisto del biglietto (2,1 €). Poi, la nostra nota altri dettagli. Ad esempio agli incroci non ci sono vigili che si sbracciano. E in effetti, pensa, che ci starebbero a fare? In questa città così grande c’è un bel silenzio, poche macchine, niente ingorghi.

    Di berlinesi in giro c’è pieno, con aggiunta di turisti, solo che stanno sugli autobus, in metropolitana, o a piedi. Tanto sanno che possono andare dove vogliono e tornare quando vogliono coi mezzi pubblici.
    Ecco spiegate le signore che vanno all’Opera armate di sacchetti di plastica: dato che non si fanno depositare sulla soglia dalle automobili, se ne arrivano e se ne partono con calzature da neve e, senza imbarazzi, indossano le scarpette eleganti nel foyer.
    Troppo impietoso e ingiusto un paragone con AMT? Vediamo.
    A Berlino il biglietto singolo costa quasi il doppio (2.1 €) del nostro. Ma presto noi arriveremo a 1.50, e in caso di integrazione con la ferrovia, a 1.80. A quel punto dal super integrato biglietto berlinese ci separerebbe solo una differenza del 14,3 %, che potrebbe scendere ulteriormente se si tiene conto della validità, che a Berlino è di 120 minuti a Berlino.
    Senz’altro più sensibile il divario di costo dell’abbonamento annuale ordinario: 612 euro berlinesi, contro i (previsti) 392 di AMT, ma l’utilizzo medio di mezzi pubblici a Berlino supera ampiamente il nostro. Infatti qui gioca la siderale distanza qualitativa del servizio: lì si va ovunque a qualunque ora con tempi massimi di attesa che vanno dai 3/4 minuti delle ore di punta, ai 15 della mezzanotte, fino a mezz’ora da notte fonda a nuovo giorno.

    Il fatto è che ci avviciniamo all’Europa sul piano delle tariffe, ma ce ne allontaniamo per qualità del servizio: infatti all’orizzonte ci sono tagli alle corse di autobus e treni. Forse, nell’emergenza, è una misura indispensabile. Solo che così non funziona e non funzionerà mai. Che il servizio pubblico sia tale da essere usato da tutti, e non solo dai poveracci, non è un lusso da ricchi, ma l’unica condizione per modificare davvero la vita in una città, e per avere un equilibrio di bilancio.
    Marta Vincenzi (Il Secolo XIX, 25/11) addossa la colpa a Tremonti, ma ammette che la privatizzazione di AMT “Non è servita a garantire gli obiettivi che si era posta. Miglioramento del servizio, razionalizzazione delle linee, manutenzione dei mezzi più efficace”. Motivo? “E’ mancata la riorganizzazione dei bacini di utenza”. Forse c’è un eccesso di sintesi nell’articolo, ma vorremmo capire meglio questa situazione AMT “Che ci sta scappando di mano” (Margini, Il Secolo XIX, 14/12), e in cui divisioni e liti attraversano tutti i soggetti coinvolti (idem).
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 282: SOCIETA’ – Buon Compleanno, Italia Nostra!

    La sezione genovese di Italia Nostra, nata nel 1960, compie 50 anni. Auguri!
    Il compleanno è stato festeggiato sabato scorso alla Biblioteca Berio, in una gremita sala dei Chierici, con la partecipazione di Alessandra Mottola Molfino, presidente nazionale, e dei responsabili locale e regionale, Alberto Beniscelli e Roberto Cuneo. Giovanna Rotondi Terminiello, già soprintendente per i Beni artistici e storici della Liguria nonché figlia di quel Pasquale Rotondi cui la nazione deve molto per la salvezza dei propri capolavori durante la seconda Guerra mondiale, ha espresso grande stima e affetto in una dissertazione sul tema “I Beni culturali per l’Italia”.
    La benemerita associazione aveva visto la luce a Roma nel 1955, creata da uomini di lettere, artisti, storici, critici d’arte, architetti e urbanisti che si unirono a difesa del patrimonio culturale e delle bellezze naturali sempre più minacciate, con un largo seguito di iscritti via via più numerosi. All’inizio fu una specifica azione per contrastare e sventare uno dei tanti scempi urbanistici nella Capitale, da cui prese il via un’attività di attento monitoraggio, conoscenza e salvaguardia che continua tuttora sull’intero territorio italiano.

    La stessa Biblioteca Berio ospita nella Sala lignea, fino a sabato 18 dicembre, un’esposizione di documenti, ritagli di giornali, manifesti, fotografie, pubblicazioni e altri materiali che testimoniano il mezzo secolo di attività di Italia Nostra in Liguria, tra battaglie vinte e sconfitte, ma in ogni caso producendo aumento di consapevolezza e partecipazione tra i cittadini.
    Una mostra “povera”, visitabile ogni giorno dalle 15,30 alle 18,30, messa su grazie al volontariato e con pochi mezzi, senza effetti speciali ma non per questo meno degna di essere visitata di tante altre. In una ventina di bacheche è presentata una rassegna di argomenti che non riguardano solo gli addetti ai lavori ma toccano tutta la società.
    Lo stesso ex Seminario arcivescovile, che oggi ospita la Berio, sarebbe stato distrutto e sostituito da un grattacielo ben più redditizio per la Curia che aveva intrapreso l’operazione, se Cesare Fera, Bruno Gabrielli e altri di Italia Nostra non si fossero messi in gioco investendo tempo, energie e competenze. Così per molte altre vicende, come ad esempio lo smisurato Cono di Portman che sarebbe dovuto sorgere al centro del porto antico ed è fortunatamente rimasto sulla carta, o il Palazzo dei Pagliacci a Sampierdarena, testimonianza di un bel liberty di primo Novecento destinata alla demolizione e invece salvata. Oppure, una decina d’anni fa, il mantenimento a liberi usi pubblici della Loggia di Banchi, in sinergia con altre associazioni coordinate nel Forum dei cittadini e delle associazioni del Centro storico.
    Più in generale, non si oppongono solo dinieghi ma soprattutto si propongono alternative concrete e ben argomentate alle attuali prassi in tema di mobilità dei cittadini e delle merci, gestione dei rifiuti, arredo urbano e via dicendo.

    Di fronte a tanto impegno civile, monta però una certa amarezza considerando quanto sta accadendo negli ultimi anni, con la ripresa alla grande del saccheggio del territorio e degli sfregi a quanto ereditato da chi ci ha preceduto. Come se anni di lotte non fossero serviti a nulla. Anzi, rispetto a mezzo secolo fa la situazione è ancor più grave: se un tempo poteva esserci almeno la scusa dell’ignoranza, oggi la speculazione procede arrogantemente tra mistificazioni e manipolazioni della verità, con normative compiacenti e incurante della crescita culturale e delle sensibilità sviluppatesi grazie anche a Italia Nostra e ad altre analoghe realtà. Sarà opportuno che tutta la società non stia a guardare ma riprenda la battaglia, in prima linea al fianco di Italia Nostra.
    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 281: PAROLE DEGLI OCCHI – Beni culturali

    Periodo natalizio. In piazza Ferretto è apparso uno zampognaro, dall’Aquila terremotata. Un tempo se ne incontravano a gruppi, nelle strade del centro e nei quartieri. Ora questo si aggira da solo per la città e Piera, giornalaia di via dei Giustiniani, lo festeggia.

    Anche le tradizioni popolari, come il suonar la zampogna, sono beni culturali da conoscere, tutelare e salvare dalla scomparsa, alla pari del paesaggio, dei centri storici, delle architetture, dei dipinti, delle sculture, dei documenti scritti, dei resti archeologici e di quant’altro resta a testimoniare la nostra storia.

    Foto di Giorgio Bergami ©
  • OLI 280: CULTURA – Mercanti nel Tempio


    Gran bella mostra, quella inaugurata venerdì scorso a Genova nell’Appartamento del Doge.
    Mediterraneo. Da Courbet a Monet a Matisse allinea circa ottanta opere provenienti da una quarantina di musei e collezioni private, con capolavori di Courbet, Cézanne, Monet, Renoir, Van Gogh, Munch, Braque, Matisse e molti altri, in un viaggio appassionante attraverso i diversi modi di sentire e rappresentare la Francia mediterranea, dalla metà del Settecento fino ai primi decenni del Novecento, con un solo sconfinamento in Liguria nella Bordighera di Claude Monet.
    Che non vi sia nulla di genovese poco importa. Anzi: si è finalmente superata quella trita concezione che per anni ha preteso eventi incentrati solo su realtà locali, come se Genova, prima ancora di essere dov’è e com’è, non appartenesse al mondo intero e come tale non potesse essere in grado di ospitare ciò che in varie parti del globo è stato prodotto nei secoli.
    Per informazioni e approfondimenti si vedano le pagine dedicate all’evento (e alla splendida mostra collaterale di Piero Guccione: una vera scoperta) sull’elegante sito di Palazzo Ducale:

    Il tutto è stato curato da Marco Goldin, direttore di Linea d’ombra, la società da lui fondata nel 1996, con sede a Treviso. Una ben organizzata – e ben promossa – azienda che produce da anni mostre di successo – da Treviso a Brescia, da Torino a Rimini, da Passariano a San Marino e ora anche a Genova – con un abile marketing che attira folle di visitatori e rende i beni culturali risorsa innanzitutto economica.

    Goldin, ottimo affabulatore, ha illustrato nell’affollato salone del Maggior Consiglio cosa aspettava di lì a poco il pubblico, insistendo in particolare sull’ultima stanza che offre tre meraviglie di Monet, Van Gogh e Cézanne a colpire e emozionare.
    Ma la visita in realtà non finisce lì: al termine del percorso espositivo si arriva come di consueto al breve angusto passaggio che immette nella cappella dogale, che si percorre sempre con la curiosità di scoprire come i responsabili dell’allestimento hanno trattato tale spazio straordinario: se lasciato sgombro a farsi ammirare nella sua sontuosità carica d’arte e di storia, o arricchito invece da altre opere che dialogano con esso in accordo o per contrasto.
    Niente di tutto ciò! Per la prima volta (e si spera sia l’ultima) la cappella è diventata la bottega della mostra. Tutta ingombra di vetrine, scaffali e banconi dove si espongono e vendono libri, tazze, borse e altri gadget di Linea d’ombra, con gli affreschi di Giambattista Carlone e Giulio Benso seminascosti e la Madonna Regina, di Francesco Schiaffino, che fa capolino soffocata sullo sfondo. Nella parete d’ingresso, la scena con Cristoforo Colombo che cristianizza l’America è scomparsa, occultata dalla struttura cui è appeso il campionario delle riproduzioni in vendita. Al centro del vano troneggia un espositore, quasi un moderno badalone sul quale, invece di antifonari per il canto dei religiosi, son poggiate copie del catalogo da sfogliare per invogliarne l’acquisto.

    Un pugno nello stomaco. Un vero peccato che una positiva esperienza di visita debba concludersi per molti (anche se non per tutti: le sensibilità individuali variano da persona a persona) nello sconcerto e nell’irritazione.

    Nulla da eccepire sulle attività commerciali a integrazione e contorno di eventi culturali, ma fa specie che chi fa professione di cultura – e chi dovrebbe presiedere e chi dovrebbe sovrintendere – non colga la barbarie di un liberismo sempre più spinto che consente di far tutto dappertutto nella massima naturalezza, quando vi sono invece posti che per i loro caratteri non lo consentono. La cappella del Ducale è uno di questi ed è davvero indecente organizzarvi un mercato che si potrebbe tenere altrove (nel senso etimologico del termine: in decens, non decente, che offende il decoro del luogo).
    E sarà anche il caso, più in generale, di avviare una riflessione pubblica sull’ineluttabilità o meno degli attuali modi di fruizione di Palazzo Ducale a fini espositivi: in particolare, sul tamponamento “provvisorio” del loggiato che da ormai troppi anni ne preclude la godibilità e sulle invadenti pannellature che nascondono le ricche pareti dell’appartamento dogale, mortificandone la dignità.
    Per ora rassegniamoci (e indigniamoci): fino a maggio, per contemplare la cappella non ci resta che la realtà virtuale…

    Illustrazioni tratte dal sito http://www.palazzoducale.genova.it

  • OLI 280: CITTA’ – Dismissioni a perdere

    Brucia parecchio la fuga di Asg, l’azienda del gruppo Malacalza attiva nella realizzazione di magneti e superconduttori. Ora dal Comune partono allarmi e delibere sul lavoro” sparito” perché troppi spazi del territorio, potenziali aree produttive, restano inutilizzate e così arrivano richieste e siluri agli altri enti su ruolo e competenze. In gioco l’Ilva di Cornigliano, ma pure Fincantieri e altro.
    Tanti soggetti, vincoli, progetti e non si decide. E pensare che ancora poco tempo fa le preoccupazioni più marcate parevano altre: gli spazi dello stadio, sordi ad esempio alle richieste di allargamento dell’Ikea, cui si era poi offerto un ampliamento “troppo costoso” per l’azienda. Adesso si menziona Ansaldo Energia e il suo sbocco al mare, ma Ansaldo ha già trasferito a Massa da quel dì.
    (Forse sobilla la corsa alla nomina della sede dell’Agenzia Nucleare, autocandidatura di Genova e ormai data quasi per certa su Roma).
    Si rivendicano dunque competenze per semplificare e anche per trasferirle nel Piano Urbanistico. Di quel Piano però se ne conoscono i Principi Generali e sono trascorsi tre anni dall’insediamento della nuova Amministrazione.
    Onda su onda, si lavora di variante in variante.
    Sta correndo veloce l’iter concernenti aree ed immobili di proprietà delle Ferrovie, scuole, sedi scolastiche e pensionati: in Commissione Urbanistica pochi presenti per decidere le sorti di vaste aree ex ferrovia, dalla Valpolcevera a Fegino, alla Stazione Marittima e Nervi.
    Specifici accordi stipulati fra il 1999 e il 2003 fra Regione, Comune e Ferrovie prevedevano progetti e investimenti per il potenziamento del Nodo Genovese. Oggi un diverso modello di organizzazione del trasporto pubblico propone la metropolitanizzazione delle linee. Perciò in base ai protocolli sottoscritti e a quelli (ancora!) in via di definizione, si procede alla valorizzazione delle aree e degli immobili. Giustamente si riqualificheranno Pontedecimo, Trasta, Fegino: via a parcheggi pubblici, parcheggi privati, medie e grandi strutture di vendita purché non alimentari, residenze… mentre alla Stazione Marittima, in Mura degli Angeli, un megalbergo “richiesto dagli operatori del settore”.
    Se dunque pare necessario intervenire su aree assai degradate, molto vago è per adesso il ritorno che ne avrà la comunità in termini di miglioramento dei servizi, di verde, spazi pubblici rispetto alle concessioni edilizie che ne trarrà Ferrovie.
    Niente di scritto.
    Fanno gola le ex aree ferroviarie. Trattative febbrili in tutta la Liguria, come per Ventimiglia, zona franca urbana: Ferrovie temporeggia, nonostante le sollecitazioni di Comune e Regione e l’interesse di Confindustria Cuneo, Ikea e persino associazione imprenditori di Montecarlo.
    Comunque si apprezzano i buoni intenti del Comune di Genova, non si dismetterà la funzione di edificio scolastico per scuole come la Bernabò Brea e via Bertani, che rimarranno tali. Addio invece al San Raffaele di Coronata che diverrà residenze private, in barba alle richieste di social housing del Municipio Ovest.
    Soltanto gli abitanti di Nervi hanno espresso la loro preoccupazione, visto il silenzio del Municipio Levante, che discuterà per raddoppiare i parcheggi alla stazione, posta in un budello di via: un park deserto e attivo solo nel fine settimana, quando si forma una coda infinita di motori accesi per la gioia di chi passeggia, di genitori e bambini che vengono per respirare aria buona. I referenti del territorio non sono stati capaci di creare parcheggi alternativi prima di arrivare ai Parchi, pur accordando centinaia di concessioni per edificarne di privati.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 279: LETTERE – Libertà e Giustizia: Scuola di formazione politica

    Il prossimo dicembre si inaugura a Genova la prima Scuola di Formazione Politica che l’associazione Libertà e Giustizia dedica alla nostra città.
    “Libertà e Giustizia”, che si costituisce come associazione nel 2002 con l’intento di spronare i partiti ad esercitare fino in fondo il loro ruolo di rappresentanti di valori, ideali ed interessi legittimi, persegue da anni un progetto di rinnovamento della politica e con le scuole di formazione traduce la propria missione in un impegno concreto. Le scuole sono pensate per chi vuole contribuire attivamente alla crescita del paese; sono lo strumento attraverso cui l’associazione intende promuovere una nuova cultura della politica, discutere sui temi sensibili della democrazia e della cittadinanza, confrontarsi con testimoni privilegiati. Pensate per chi intende la cittadinanza in modo attivo ed informato, si rivolgono in particolare a chi opera nelle istituzioni e nelle amministrazioni pubbliche ed a chi svolge attività politica. Si fondano sulla collaborazione con Università e gruppi di ricerca e sul contributo di relatori apprezzati per competenza ed originalità di riflessione.

    Il metodo didattico privilegia il coinvolgimento diretto dei partecipanti attraverso seminari, laboratori e dialoghi informali, in cui ciascuno ha la possibilità di portare il proprio contributo e la propria testimonianza.

    La scuola organizzata dal Circolo di Genova, tratta il tema del governo delle trasformazioni epocali, in atto nelle città e nei territori, analizzando i molti aspetti che caratterizzano le trasformazioni e proponendo metodi e linee guida per impostare l’attività di governo.
    Il governo delle trasformazioni in atto richiede di coniugare sviluppo e rispetto dell’ambiente, coesione sociale e sostenibilità; sfida non facile che spesso oggi la politica, con le sue istituzioni e partiti non riesce ad affrontare. Economisti, sociologi, urbanisti, amministratori pubblici e testimoni diretti si alterneranno nella Sala del Camino di Palazzo Ducale per fornire, con un approccio che coinvolge molte discipline, una risposta concreta di formazione per un impegno individuale e collettivo più competente.

    Nei tre moduli, che si terranno nei fine settimana del 11/12 dicembre, 15/16 gennaio, 29/30 febbraio, il tema è affrontato utilizzando particolari chiavi di lettura:

    • gli effetti che le trasformazioni tecnologiche, produttive ed economiche hanno sulla società e sulla forma della città;
    • la città che fornisce alle persone servizi ed opportunità di lavoro, e che richiede infrastrutture, reti di comunicazione, risorse e valori ambientali, qualità e bellezza urbana
    • nuovi compiti e strumenti per le istituzioni e le amministrazioni pubbliche, che affrontano la sfida del nuovo progetto della città ed il suo territorio.

    Nell’ambito di ciascuno dei tre moduli si svolgeranno altrettanti “Caminetti”, aperti alla partecipazione del pubblico, in cui un Sindaco che ha già completato due mandati (Valentino Castellani), un Sindaco in carica (Marta Vincenzi) ed un aspirante Sindaco (Enrico Musso) saranno introdotti e guidati in una conversazione sulle loro esperienze nel governo delle trasformazioni urbane.

    Per informazioni :
    http://www.libertaegiustizia.it/
    info@libertaegiustizia.it
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    (Mariolina Besio)