Categoria: Città

  • OLI 278: ILVA – I figli dell’accordo

    Italsider 1953 –  Foto (C) Giorgio Bergami

    Adesso che Malacalza se n’è andato a La Spezia con le sue dieci bobine sulle spalle – manufatti politicamente enormi –  il sindaco Marta Vincenzi sente la necessità di ridiscutere la questione aree di Cornigliano con relativa capacità occupazionale.

    Le dichiarazioni sui quotidiani genovesi si sprecano e le istituzioni, anziché proporre un progetto proprio, continuano ad invitare Riva a cedere aree, e al tempo stesso lo coinvolgono in cordate di salvataggio del teatro dell’Opera, con un atteggiamento schizofrenico, decisamente incomprensibile.
    Nulla si dice di coloro che, dopo una collocazione negli enti pubblici durata cinque anni, sono rientrati nello stabilimento siderurgico. La stampa scrive che hanno lavorato nel mese di ottobre una sola settimana – alcuni anche meno – e sono rimasti a casa per tre.
    Nell’attesa che il rientro si armonizzi con tempi e salario più umani e che i contratti di solidarietà vengano condivisi in maniera equa tra tutti gli addetti dello stabilimento, quei lavoratori si sarebbero aspettati da Marta Vincenzi, oltre che un saluto – arrivato solo dall’assessore Margini – una riflessione politica più ampia. Per esempio relativa allo spreco di risorse umane – prima operative nei molti settori di Comune e Provincia – oggi affidate ad un programma di rientri legato indissolubilmente ad una crisi siderurgica gravissima. Che vede allontanare sempre di più il traguardo di un lavoro vero.
    La richiesta, fatta a fine settembre dal sindaco Vincenzi al gruppo Riva di versare due milioni di euro per continuare il lavori di pubblica utilità negli enti pubblici, è apparsa assai tardiva, molto simile ad uno spot per consolare coloro che dicevano che in stabilimento di lavoro non ce ne sarebbe stato per tutti.
    E non si può certo dire che il tempo per pensare e proporre non ci sia stato in cinque anni.
    Se non fosse vera questa storia sarebbe ridicola. Buffo lo spostamento dalla siderurgia agli enti pubblici per tornare in siderurgia. Strani i percorsi attraverso i quali i lavoratori dell’ILVA sono dovuti passare per essere formati e imparare nuovi lavori, grande la capacità di adattamento sempre nuova richiesta loro a fronte di un salario decisamente ridotto nella busta paga di ottobre.
    Molti di loro si dichiarano “figli dell’accordo di programma”. Ma sono solo figli dello spreco: di soldi, di risorse. E di idee.
    (Giovanna Profumo)
  • OLI 278: CITTA’ – La rampa

    Lavori in corso alla Chiesa del Gesù, a Genova.
    Per consentire un facile accesso anche a turisti e fedeli disabili, ad maiorem Dei gloriam si sta provvedendo a eliminare la barriera architettonica costituita dagli scalini che salgono ai tre portali in facciata.
    Lodevole intenzione. Peccato che l’intervento comporti una struttura metallica applicata all’ingresso di sinistra, verso Piazza De Ferrari, per fissare la quale si sono forati gli antichi gradini di marmo e la parete in pietra del Finale, per giunta un po’ bruciacchiata dalla saldatura. Sul risultato estetico è prematuro pronunciarsi, in attesa del completamento che – si spera – non lascerà in vista il ferro così com’è ora, ma lo rifinirà in qualche modo. In ogni caso si tratta di un’operazione alquanto invasiva, che altera l’autenticità e l’equilibrio della monumentale facciata barocca prospiciente Piazza Matteotti, riprodotta tra l’altro anche da Pietro Paolo Rubens nella seconda edizione del suo Palazzi di Genova, datata 1622.


    Alcuni lettori di Oli hanno espresso il loro sconcerto in proposito, notando pure che il cartello informativo, apposto come di norma, cita progettisti e direttore dei lavori, i finanziatori, la committenza, l’impresa esecutrice e altri dati, ma tace gli estremi del nulla osta della soprintendenza, che si presume sia stato concesso, nelle forme e secondo le procedure previste dalla Intesa firmata il 26 gennaio 2005 tra il ministro per i Beni e le attività culturali ed il presidente della Conferenza episcopale italiana, relativa alla tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni ecclesiastiche, nel quadro del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo numero 42 del 22 gennaio 2004 e successive modifiche e integrazioni). Dato il contesto, sembrerebbe strano che possa essere bastata la semplice D.I.A. (Denuncia di Inizio Attività), come dichiarato.
    È opportuno che la città, coi suoi monumenti, sia per i cittadini (anche e soprattutto per quelli che hanno più difficoltà a percorrerla), piuttosto che il contrario, immobilizzata in una conservazione a oltranza dell’esistente che ne pregiudichi un’agevole fruibilità per il maggior numero di persone.
    Altrettanto importante è però che qualsiasi innovazione, specie su testimonianze di grande valore, sia attuata nel pieno rispetto dei caratteri formali, materiali e funzionali dell’oggetto, nella massima coerenza con la sua storia.
    Dovrebbero essere i competenti uffici ministeriali a fornire sufficienti garanzie in merito, con l’assicurazione – in casi particolarmente delicati come quello in questione – che non si sarebbe potuto fare altrimenti e lasciando sempre aperta la possibilità di un dibattito critico con la cittadinanza.
    La richiesta di conoscere gli estremi dell’approvazione dei lavori in corso da parte della Soprintendenza per i beni architettonici non è pertanto pretesa oziosa, ma esercizio di un basilare diritto all’informazione e quindi alla partecipazione alla gestione di un patrimonio che è di tutti.

    (Ferdinando Bonora, foto dell’autore)

  • OLI 278: LETTERE – Fotocronaca da Borzoli

    Le fotografie che fanno parte di questo collage sono state riprese un lunedì mattina nel giro di una mezz’ora e documentano quale sia la situazione del traffico pesante che quotidianamente si riversa sulle strade del quartiere a Sestri Ponente.
    Ogni giorno gli abitanti si trovano a vivere con rumore superiore ai limiti consentiti, smog e pericolo per la loro incolumità.
    Il Comune è informato di questa realtà e ci sono stati incontri con i Comitati del quartiere ma la soluzione del problema è “difficile e problematica”.
    Ed allora abbiamo avuto l’idea di documentare visivamente la situazione in tutto il suo “splendore” per stimolare idee e possibilità di soluzioni.
    (Luisa Campagna)

  • OLI 277: AMBIENTE – L’Arpal e il carbone alla rinfusa

    2003 – Terminal rinfuse – Foto Ivo Ruello

    Festival della scienza. Alle 20.30 di sera l’ultimo gruppetto di una ventina di persone aspetta il suo turno per la visita della centrale Enel. Prima un video storico, poi con in testa il simbolico elmetto si va in giro per gli immensi spazi della centrale con la gentile guida dei tecnici.
    Infine si sale in alto, sul terrazzo in cima al palazzo, da cui si domina tutta l’area intorno, dalla lanterna al terminal rinfuse.
    Il tecnico indica i vari elementi del paesaggio circostante, spiega il processo produttivo, gli impianti. Arrivano, naturalmente, le domande sul rischio di inquinamento: in città le discussioni e le polemiche sui danni alla salute e all’ambiente procurati dalla centrale (stoccaggio all’aperto e dalla combustione del carbone) ci accompagnano da molti anni. Il tecnico dà le sue spiegazioni: il carbone utilizzato viene dalla Thailandia e contiene bassissime percentuali di zolfo, per cui non è necessaria la de-solforazione. Spiega i sistemi abbattimento dei fumi e degli altri inquinanti.
    Tranquillizza infine sul rischio di inquinamento che può derivare, specie nelle giornate di vento, dalla polvere del carbone stoccato all’aperto: indica, dall’alto, l’area Enel riservata a contenere le scorte. Spiega che il livello del carbone viene tenuto molto basso, ben al di sotto del muro di contenimento, e che il materiale viene bagnato tre volte al giorno con un sistema automatico di irroratori.

    Sulla faccenda dei residui di zolfo e di azoto nel processo di combustione gli ospiti possono solo fidarsi (o diffidare), ma per quanto riguarda le scorte di materiale possono constatare che quello che ha detto il tecnico è vero: sotto alla torre c’è un’area dove il carbone ha un’altezza uniforme, inferiore a quella del muro, su cui si distinguono gli irroratori. E tutti, arrivando, avevano dovuto prestare grande attenzione per non slittare sul terreno bagnato.
    Però dietro alla piatta ed umida distesa del carbone destinato alla centrale svettano, nere contro il nero della notte, delle verie e proprie colline. Sarebbe bello fotografarle, ma è davvero troppo buio.

    2003 -Terminal rinfuse – Foto Ivo Ruello

    “E quelle?” La domanda sale da diverse voci.
    “E’ sempre carbone”
    “E di chi è?”
    “Del Terminal Rinfuse (*)”
    “Ma sono delle montagne!”
    “Eh si … “
    “Ma le bagnano?”
    “Dicono di sì, ma così in alto gli irrogatori non ci possono arrivare. E comunque servirebbe a poco”
    “E nessuno dice niente?”
    “La competenza è dell’Arpal … Lo sanno benissimo“
    Anni fa, nel febbraio del 2003, giorno di vento, mi era capitato di fare un giro al terminal rinfuse. Il paesaggio era – diciamo così – suggestivo, quasi come un viaggio in Islanda. C’erano anche degli interessanti fenomeni di auto-combustione, altro che carbone bagnato.
    Da allora nulla, a quanto pare, è cambiato. Domanda: ma perché l’Arpal non interviene?
    (*) http://www.porto.genova.it/porto/terminal/terminal_rinfuse_ge.asp
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 276: CITTA’ – Nuovo eco-sistema a Genova

    Interessante bio-esperimento a Genova. Iniziato qualche anno fa, consiste nel lasciare libero corso alla natura in una ristretta superficie dello spazio urbano, in ispecie un tratto della scalinata che porta da Via Caffaro a Circonvallazione a monte. Non abbiamo notizie certe, ma parrebbe che all’origine ci sia un’intesa tra la Facoltà di Scienze Naturali della Università di Genova e Comune. In sostanza si è semplicemente lasciato che l’acqua che cola lungo il muraglione scorresse liberamente, per studiarne gli effetti nel tempo. Circa due anni fa si poteva osservare solo un piccolo rigagnolo a filo del muraglione, già però con inizi di vegetazione acquatica.

    Ora l’area umida ha già superato la metà dell’area cementificata.

    Quando il piccolo stagno avrà del tutto occupato lo spazio un tempo riservato al passaggio pedonale, è prevista – ci dicono – la messa in posa di un ponticello di legno per consentire, nello stesso tempo, il transito dei passanti e interessanti osservazioni naturalistiche. Previste visite guidate.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 275: POLITICA – il 4 novembre si manifesta per i diritti

    Giovedì 4 novembre, alle 17, sotto il monumento a Garibaldi in Piazza De Ferrari è prevista a Genova una manifestazione promossa dal Circolo di Studi sul Lavoro Sociale “Oltre il Giardino” e chiama operatori sociali, volontari, cittadini, amministratori locali, sindacati a mobilitarsi contro la politica di un governo il cui scopo è “abolire i servizi pubblici cambiando di fatto la Costituzione” e che “con la scusa della crisi economica vuole colpire a morte lo stato sociale”
    Il titolo del volantino riassume amaramente l’attuale situazione nel nostro paese: “Mercato, profitto e beneficienza al posto della democrazia e dei diritti”.
    Le primissime adesioni: Associazione Balgasar – Associazione San Marcellino – Associazione il Ce.Sto – Csoa Pinelli – Laboratorio Buridda – Csoa Zapata – Cooperativa La Comunità – Cooperativa Il laboratorio – Cooperativa il Biscione – Lega Coop – Don Andrea Gallo , Comunità S.Benedetto – Pietro Marcello, Regista.
    A seguire, il testo del volantino.


    Mercato, profitto e beneficenza al posto della democrazia e dei diritti
    Con la scusa della crisi economica il governo vuole colpire a morte lo stato sociale. L’eliminazione del Fondo Sociale e del Fondo per i non autosufficienti costringe Regioni, Comuni e ASL a ridurre ancora di più gli aiuti alle famiglie per l’assistenza agli anziani, ai disabili, ai bambini e agli adolescenti, a chi è emarginato o povero.
    A causa dei tagli alla spesa pubblica le persone e le famiglie in difficoltà già colpite dalla crisi dovranno cavarsela da sole, chi può pagando i servizi, chi non può ricorrendo alla beneficenza, come già avviene da alcuni anni. Bisognerà ricorrere ancora di più alle cure domestiche, soprattutto a carico delle donne, della famiglia o al lavoro, spesso nero e mal pagato, di badanti e babysitter.
    Molti lavoratori dei servizi sociali, sopratutto privati ma anche pubblici, saranno costretti alla disoccupazione o al lavoro senza risorse, precario e dequalificato.
    I volontari dovranno affrontare il compito impossibile e improprio di sostituire i servizi pubblici.
    Di questo famiglie, operatori e amministratori locali si stanno accorgendo anche se c’è ancora troppa rassegnazione e troppo senso di impotenza.
    Ma il vero scopo del governo non è quello di ridurre la spesa per i servizi alle persone.
    Lo scopo principale è invece quello di abolire i servizi pubblici, cambiando nei fatti la nostra Costituzione: il sistema dei servizi pubblici, con l’aiuto della cooperazione e del volontariato, non serve soltanto a offrire prestazioni ma sopratutto a rendere concreti quei valori di libertà, uguaglianza e fraternità che giustificano e fondano la società italiana nata dalla Resistenza e dalla Guerra mondiale.
    I servizi pubblici vanno difesi non tanto perché aiutano chi è in difficoltà a rientrare nella società o a combattere il bisogno, l’invalidità, la povertà ma proprio perché hanno il mandato specifico di aiutare la comunità a conoscere e sviluppare il dovere di solidarietà. Servono a costruire giorno per giorno una società che tuteli e garantisca l’uguaglianza delle opportunità per tutti.
    Il governo vuole eliminare questi presidi costituzionali, per lasciar mano libera a chi vuole vendere le prestazioni sociali oppure offrirle non per diritto ma per carità o beneficenza. Non per caso i tagli riguardano tutti i presidi costituzionali pubblici, come la scuola la sanità la cultura. In ciascuno di questi settori , contribuiscono nei rispettivi ambiti a realizzare il compito della Repubblica (art.3 Costituzione)
    “… rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
    Ognuno di noi deve reagire con forza essendo consapevole del nostro vero interesse e del vero scopo del governo. Bisogna agire insieme, insieme con le amministrazioni locali, i sindacati, le cooperative, le organizzazioni del volontariato, gli operatori, le famiglie e le loro associazioni, insieme con il mondo della scuola, della sanità, della ricerca, della cultura, del lavoro. Non solo per difendere i servizi, le famiglie, i lavoratori. Non solo per combattere l’egoismo, la furbizia, la disonestà.
    Agire insieme per far emergere una società migliore, più fedele alla Costituzione, più democratica, libera, uguale, fraterna.
    A tutti coloro che condividono questa preoccupazione, ma anche la voglia di ricostruire un discorso di senso sull’insieme dei servizi, diamo appuntamento Giovedì 4 NOVEMBRE ore 17 in piazza De Ferrari (sotto il monumento di Garibaldi ! )
    Per aderire mandare una mail a oltreilgiardino.ge@yahoo.it – Per vedere via via chi ha aderito guardare gli eventi nell’account di facebook “oltre il giardino”

     
  • OLI 275: CITTA’ – Box a gogò

    Madame le Parking, così Jean Nouvel, quello del padiglione blu della Fiera, definì l’architetto Teresa Sapey, per il suo garage alla Puerta d’America di Madrid, hotel su 15 livelli, ciascuno dei quali disegnato da architetti di brillio internazionale. Il lavoro più bello e innovativo per un modello urbano sostenibile, parcheggi interrati per far sparire le auto dalle strade ed usare i mezzi pubblici. (Corriere della Sera, 17 ottobre 2010).

    Forse vorrà aspirare a quel titolo la sindaco di Genova, viste le ultime uscite del suo Urban Lab. A Il Secolo XIX (22 ottobre 2010) il numero uno dell’Urbanistica comunale, l’architetto Tomiolo, ha infatti annunciato essere pronto il Comune a modificare le regole per i box pertinenziali, ovvero quelli costruiti su suolo comunale e venduti a prezzo agevolato con bonus vari come per la prima casa – di pertinenza soltanto non più a trecento metri da casa ma nell’ambito di tutto un Municipio. Quindi a distanze anche dieci volte superiori, cioè ci si compra un box a prezzo agevolato a Staglieno, pur abitando a Marassi. Sottocasa insomma, comodo e utile per sgombrare la strada dai veicoli, che era poi la vocazione a cui avrebbe dovuta ambire tutto questo fiorire di costruzione di box. I potenziali clienti acquisterebbero in diritto di superficie per novant’anni i garage ricavati sulle aree pubbliche: una ” forma d’investimento” per i cittadini, bontà loro. E il Comune in prospettiva potrebbe renderli commerciabili senza vincoli, incassando i relativi oneri, viste le vacche magre. Che importa se di fatto la macchina poi la lasci sul portone e ingombri la strada ugualmente.
    Proposta sollecitata da alcune imprese edili in crisi di vendita in certe zone cittadine. Non parliamo di eccesso di offerta – ci si affretta a chiarire, tanto più che i costruttori premono per il via libera a nuovi progetti, in posti di gran pregio però, dove si vende dai centomila euro in su e pazienza se poi resta dell’invenduto.
    Lasciare spazio ai passanti, ai passeggini, alle bici, a chi semplicemente vuol fare quattro passi a piedi, avere diritto al proprio spazio, vivendo in una città “gentile” e rispettosa. Anche a questo servono i parcheggi, che invece paiono diventati le slot machine delle entrate comunali, in questi anni costruiti a migliaia.

    Perché se da un lato sembra che di box ne avanzino, dall’altro pare non si finisca mai di progettarne: 3500 sono in totale i park pertinenziali conteggiati da Il Secolo, mentre altri 1500 potrebbero avere l’avvio con le nuove interpretazioni.

    Il giornale ne cita due anche di Nervi (via Oberdan e via Casotti) per un totale di 150, mentre con il parcheggio delle Streghe, quello dietro la chiesa, via Donato Somma, via Capolungo, più di 700 box sono in costruzione nella zona. Altri 2mila sono previsti in città con il project financing.
    In giro però molti cartelli con su scritto vendesi box, lì come in tutta Genova.
    Ma – per una città più verde – non si doveva scoraggiare l’auto, incentivare il trasporto pubblico? Si permette invece di tirar giù alberi, giardini-parco, case antiche, come villa Margherita a Nervi, per far posto ai parcheggi. Dunque come mai si costruisce, con il rischio di non vendere? Quante auto, barche, case vorrebbero che ci si comprasse? In cambio di verde, territorio e costa spariti per sempre.

    Il fatto è che di quattrini ce ne sono comunque, in mezzo a tanta crisi, magari qualcosa di troppo: lo “scudo” ne ha liberati parecchi. Intanto gli edili minacciano a livello nazionale una pesante protesta, si lavora poco, in realtà non si edifica il necessario.
    Eppure l’allarme lanciato dalla magistratura, persino dalla Confindustria dovrebbe far riflettere: sarebbe giusto indagare fino in fondo su chi sta investendo e con quali soldi si costruisce in Italia e in Liguria, una regione che ha perso migliaia di abitanti. Di certo non se lo stanno chiedendo gli enti locali, troppo occupati a monetizzare per il nostro bene.

    Via Capolungo, scavi.

    Via Capolungo, prima degli scavi.

    (Bianca Vergati)
     
  • OLI 274: CULTURA – Grazie, Tiziano

    Se n’è uscito di scena all’improvviso, Tiziano Mannoni.
    C’eravamo incontrati qualche giorno fa, alla presentazione del programma di Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, nell’affollato salone del Maggior Consiglio. Seduti vicini, mi mostrava fotocopie degli antichi statuti di Pontremoli sui quali stava lavorando per una sua ennesima pubblicazione. Per guadagnar tempo, scorreva i fogli e intanto seguiva i relatori sul palco, con  l’intelligente, vivace e poliedrica curiosità di sempre. Ci conoscevamo da quasi quarant’anni, da quando, liceale non ancora diciottenne, avevo cominciato a frequentare nel 1971 gli incontri teorico-pratici di archeologia che egli, allora quarantatreenne, teneva presso la sezione genovese dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri per un gruppo di appassionati, d’intesa con la Soprintendenza (detta allora “alle Antichità”, oggi “per i Beni Archeologici”).

    Ogni venerdì sera ci si ritrovava in sede, a Palazzo Reale nel vecchio atrio dov’è ora la caffetteria del museo, a seguire le sue lezioni di tecnica di scavo e storia della ceramica. Il sabato e la domenica si saliva a scavare sulla Collina di Castello tra le macerie di San Silvestro, in una Genova ancora martoriata dalla guerra, inimmaginabile per chi vi vede adesso quella Facoltà di Architettura dove molti anni dopo lo stesso Mannoni sarebbe stato uno dei docenti più apprezzati e carismatici, a distribuire ai suoi studenti il proprio sapere con l’umiltà, la semplicità e la chiarezza che contraddistinguono chi è veramente grande. 

    San Silvestro negli anni Ottanta (foto F. Bonora)

    Le rovine del convento domenicano racchiudevano mura del precedente castello vescovile medievale, a sua volta eretto sulle vestigia dell’oppidum preromano, la cittadella fortificata ligure-etrusca da cui si sarebbe sviluppata l’intera città. Sotto la sua guida si praticavano scavi rigorosamente stratigrafici, andando a ritroso nel tempo dai giorni nostri fino al quinto/sesto secolo avanti Cristo, sviluppando le innovative metodiche d’indagine messe a punto da Nino Lamboglia, il direttore dell’Istituto di Studi Liguri tragicamente scomparso in porto nel 1977, che di tanto in tanto effettuava sopralluoghi e forniva consigli.
    Mannoni e il suo gruppo hanno condotto significative ricerche anche in numerosi altri siti, sia a Genova sia nel resto della Liguria e pure fuori regione. In particolare nella Lunigiana, da dove proveniva e dove ha disposto che tornino i suoi resti.
    La sua formazione al di fuori dei consueti binari (non aveva alle spalle studi classici, ma proveniva dall’ambito delle scienze, che da pioniere aveva cominciato ad applicare ai vari aspetti dei beni culturali) lo faceva guardare con sospetto e sufficienza da un certo mondo accademico legato a un’idea di archeologia come storia dell’arte antica e dei fatti eccezionali, che mal sopportava un nuovo approccio attento invece alla globalità dei fenomeni, in un’archeologia intesa come disciplina storica che indaga tutti gli aspetti del passato basandosi soprattutto sulle tracce materiali stratificatesi nel tempo in un dato territorio; non solo nel sottosuolo ma anche al disopra di esso, negli edifici, nelle infrastrutture e nelle forme del paesaggio tuttora in uso.
    Dal vecchio Gruppo Ricerche nacque l’Iscum, Istituto per la Storia della Cultura Materiale oggi ospitato presso il Museo di Sant’Agostino, con archivi e biblioteca specializzata.
    La chiesa gremitissima al funerale e i numerosi commenti “linkati” qui sotto dicono quanto fosse stimato non solo per i suoi meriti scientifici in Italia e all’estero, ma anche per l’umanità con cui sapeva rapportarsi agli altri.
    Siamo in tanti a dovergli tanto: grazie, Tiziano, per tutto quello che ci hai lasciato.

    http://www.viveregenova.comune.genova.it/content/addio-tiziano-mannoni-archeologo-dellarchitettura
    http://generazionediarcheologi.myblog.it/archive/2010/10/17/addio-tiziano-mannoni-l-archeologia-italiana-piange-un-pioni.html
    http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2010/10/18/AMSqeu9D-addio_delle_creuze.shtml

    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 272: CITTA’ – Il funerale del Teatro Carlo Felice

    Genova, 28 settembre 2010, Piazza De Ferrari, ora di pranzo.
    Il funerale del Teatro Carlo Felice con i dipendenti e i collaboratori del teatro.

    (C) 2010 Stefano De Pietro

    OLI 272: SOMMARIO