Categoria: Città

  • OLI 349: SOCIETA’ – Freud e gli scontrini fiscali

    Pomeriggio, due succhi di frutta in un bar di Via XX Settembre, pago 6 euro alla cassa, la signora mi consegna uno scontrino per un ammontare di 14 euro, replico: “questo scontrino non è mio”, lei, sul piano vicino alla cassa, cerca  invano il mio tra una decina di scontrini un pò stropicciati, poi mi batte uno scontrino regolare da 6 euro. Bene, un errore.
    Uscendo, su una colonna del bar vedo una grande scritta: “TRISTE ESEMPIO DI DISINFORMAZIONE?”, al di sotto la fotocopia di un articolo del Secolo XIX del 6 giugno, titolo: “Via Venti, caffè ‘corretto all’Iva’”, che denunciava la presenza negli scontrini del bar di una misteriosa voce “IVA 21%”. Nell’articolo i proprietari del locale replicavano che c’era stato un errore: si trattava del costo di un bicchiere d’acqua, battuto erroneamente sullo scontrino con una voce sbagliata. Il giorno successivo un nuovo articolo su Il Secolo XIX “E nel bar di Via Venti scompare l’Iva sul caffè”, rende conto della fine dell’errore, comunque a danno dei clienti.
    Ma quanti errori … Freud, forse, parlerebbe di “atti mancati”.
    (Ivo Ruello, foto dell’autore)

  • OLI 348: CITTA’ – Faber homeless?

    In Oli 347 (*) Giovanna Profumo aveva commentato criticamente la “nuova casa” dei cantautori genovesi di Via del Campo 29 rosso.
    Chi ha abbastanza anni ricorda le precedenti “case” di via del Campo, a partire dallo storico negozio di Mario Salvarani, contiguo a Porta dei Vacca, nei cui locali oggi si trova un’aula universitaria. Mario Salvarani, “un corpo da Hitchcock e una faccia un po’ come Totò”, come lo descriveva Gianni Tassio che lavorava con lui come commesso (**), vendeva dischi e strumenti musicali. Ricordo un negozio che, al sottoscritto allora quattordicenne, sembrava un po’ demodé, come una vecchia casa di campagna ingombra di mobili assortiti in maniera casuale: ma che fascino, tra quei vecchi banchi di legno consumato! Poi a Mario Salvarani seguì Gianni Tassio, il negozio fu ammodernato, in anni recenti si trasferì al 29 rosso, mantenendo comunque un carattere semplice, un po’ ruspante, che Gianni Tassio assicurava con la propria umanità e simpatia, offrendo al contempo un panorama completo sulla canzone d’autore locale. E questa è storia che non si ripete.


    Giustamente Enzo Costa, nel suo commento all’articolo di OLI 347, rende merito alla giunta Vincenzi per aver evitato la chiusura definitiva del negozio di Tassio. Spiace però che tutto lo sforzo si sia risolto nel risultato poco esaltante che abbiamo sotto gli occhi: un luogo asettico, che non aiuta i visitatori ad entrare davvero in contatto né con la storia, né con la contemporaneità, della vita musicale genovese, e dove anche la chitarra “Esteve”, congelata nella sua teca di vetro, risulta incomprensibilmente estraniata e allontanata dal pubblico.Distrazione? Incompetenza? Carenza di capacità emotiva? In ogni caso un’occasione mancata. Sicuramente Faber, se fosse ancora tra noi, si aggirerebbe più volentieri nei vicoli circostanti, homeless tra le sue anime salve.
    (*) http://www.olinews.info/2012/06/oli-347-citta-fabrizio-de-andre-in-un.html
    (**) http://miziocontro.wordpress.com/2011/12/03/7-a-una-chitarra-al-cielo-un-negozio-in-posizione-strategica/ 
     (Ivo Ruello – Foto dell’autore)

  • OLI 347: CITTA’ – Lovingenova

     Da qualche giorno è stato caricato in rete, visibile quindi in tutto il mondo, il trailer (durata 7’27”) di un video lungo circa 18’, ideato da M&R Comunicazione, realizzato da Dennis Cabella e Marcello Ercole di Illusion e interpretato da Manuela Parodi e Riccardo Vianello (tutti genovesi), per conto dell’Ufficio Sviluppo e Promozione del Turismo del Comune di Genova.

    Un ottimo prodotto fatto in casa, senza il provincialismo di dover per forza ricorrere a risorse esterne ritenute più valide, altamente professionale, che presenta una città splendida e desiderabile quale in effetti Genova è e soprattutto dovrebbe essere, finalmente sottratta a localistici compiacimenti ripiegati su se stessi e proiettata invece in una dimensione di metropoli internazionale di grande respiro nella quale è piacevole vivere.
    Un bel video, fin troppo bello: le accurate inquadrature, il montaggio serrato, il sottofondo musicale, l’uso sapiente di effetti speciali che concretizzano via via le parole-chiave del marchio Lovingenova (ancient, new, magic, true) e un diffuso elegante erotismo propongono un prodotto patinato e simpaticamente ruffiano che ci si augura possa stimolare arrivi da tutto il globo.
    Ma quale città siamo realmente in grado di offrire ai forestieri? Non è una novità che Genova sia ancora largamente in preda a una diffusa sciatteria e sporcizia, sovente maleodorante di piscio e rumenta, ostica nei confronti di chi non appartiene al proprio ristretto giro, incapace di spalancarsi come dovrebbe. Aspetti negativi di cui sono innanzitutto responsabili i suoi abitanti, oltre che certi settori della pubblica amministrazione. Per fare un esempio tra i tanti possibili, basta confrontare il banco di informazioni all’aeroporto quale appare nel filmato, efficiente e ospitale, e la situazione da noi denunciata un paio di settimane fa. Per quanto riguarda poi l’accoglienza in negozi, ristoranti e altri servizi, qualcosa si è evoluto rispetto alle situazioni sbeffeggiate alcuni anni fa negli sketch comici di Balbontin, Casalino e Ceccon, col tormentone “la torta di riso è finita!”, e negli esilaranti ridoppiaggi di scene di film famosi curati da Fabrizio Casalino, ma molto resta ancora da fare.

     Oltre che per promuovere Genova nel resto del mondo, il video Lovingenova dovrebbe in parallelo essere proposto – insieme ad altre realizzazioni analoghe, sia pur di taglio diverso, come Genova, Sinfonia della Città di Luigi Berio su disegni di Emanuele Luzzati – innanzitutto agli stessi genovesi, affinché maturino consapevolezza e orgoglio per la propria città e per quanto è in grado di offrire in primo luogo ai suoi abitanti e poi a chi sceglie di venire a scoprirla e goderla, sostituendo al mugugno l’impegno di partecipare tutti al miglioramento, alla gestione e all’apertura cosmopolita di questo stupendo bene collettivo.
    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 346: CITTA’ – Gli illuminati costruttori genovesi

    Quando si dice:” Averne di questi imprenditori!”. Infatti a sentire la proposta del presidente di Assedil non si può che dargli ragione: “Le grandi opere sono lontane e invece bisognerebbe dedicarsi a tanti piccoli interventi nell’edilizia, a cominciare dalla ristrutturazione degli edifici scolastici così malandati”. Il costruttore pensa a salvare l’edilizia, parlando alla Festa del Muratore, invoca investimenti di relativa entità per non perdere posti di lavoro e dice la verità sulle nostre scuole, spesso in luoghi ed edifici inadeguati.
    Vedi l’ex Nautico di piazza Palermo, chiuso da anni e patrimonio comunale, di cui si era previsto persino di farne un autopark e che potrebbe, se ristrutturato, divenire Polo scolastico della Foce, mentre la scuola media Doria del quartiere sta pagando l’affitto.
    Dove trovare i soldi però? I Comuni sono in crisi di liquidità, è vero, ma si potrebbero ogni tanto utilizzare gli oneri di urbanizzazione, cioè quanto viene versato al Comune dal costruttore per edificare, per mettere a posto le scuole, invece di finire nella spesa corrente della gestione della macchina amministrativa. Come ad esempio i circa trecentomila euro di oneri per Villa Raggio, da pagare al Comune dilazionati in più anni, mentre gli appartamenti da duecento metri quadri ad ottomila euro al mq “in grezzo” sono già stati venduti e l’impresa in parte incassa prima.
    Alla fin fine, come nel caso della media Doria, si risparmierebbero pure i soldi dell’affitto.
    E di casi così ce ne sono sul territorio comunale.
    I ragionamenti degli edili si fanno però più interessanti e interessati in occasione del convegno dell’Associazione culturale La Maona quando, prendendo spunto dai decreti Monti per rilanciare l’Italia, si discute di grandi opere. Così a partire dai Comuni, a seguire i porti, l’idea è che sia l’impresa a presentare il progetto (e fin qui nessuna novità) al Comune che, se lo valuterà positivamente, lo metterà in gara, ed è qui la novità: all’imprenditore proponente resterà il diritto di prelazione, mentre il progetto verrà inserito automaticamente nelle opere pubbliche.
    Da sottolineare che l’inconsueto iter sarebbe al di fuori di normative nazionali ed europee.
    Quali le opere pubbliche individuate dall’associazione costruttori?
    Innanzi tutto lo scolmatore, opera da 400 milioni di euro in su, da farsi con “projet bond”, ovvero il Comune individua edifici di pari valore nel suo patrimonio immobiliare e propone di sottoscrivere dei bond che abbiano come garanzia quegli immobili: reggeranno le casse comunali?
    E poi, udite, udite, ben altre cinque importanti opere pubbliche.
    Ovvero, cinque megaparcheggi in centro città!
    Parcheggi possibili, già individuati dalle precedenti Amministrazioni. Ancora? Sempre meno abitanti e più vecchi, tutti nonni sprint e pluriautomuniti.
    Gli ineludibili park potrebbero essere sotto le stazioni Principe e Brignole: ma qui non c’è stata l’alluvione? Un altro potrebbe essere in piazza Santa Maria dei Servi, alla Foce, dove la biblioteca della Chiesa omonima posta nelle cantine, ha rischiato di finire sott’acqua. Si smantellerebbero poi i giardini delle Caravelle per far posto alle auto della polizia invece di fare una convenzione per le volanti con il park sotterraneo di piazza della Vittoria spesso vuoto, come quello di piazza Dante, dove anche qui si propone di farne un altro nuovo.
    Così mentre si auspica un maggior uso dei mezzi pubblici, si propongono altri parcheggi in città, accentratori di traffico secondo i più aggiornati studi sulla viabilità, e non si fanno i park d’interscambio.
    Illuminati i nostri costruttori genovesi, gran belle opere pubbliche.
    (Bianca Vergati – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 346: SOCIETA’ – Il mercato dei fiori

    Scopro di vivere nell’epicentro di un importante commercio: nella zona del Ghetto, tra piazza del Campo e Vico Untoria, si concentra infatti il mercato dei fiori venduti dagli ambulanti. Me lo fa scoprire il “Settimo rapporto sull’immigrazione a Genova” a cura di Maurizio Ambrosini ed Andrea Torre, Ed. Il Melangolo – 2012.
    Il libro è stato presentato a Genova lo scorso 25 maggio, ma non ne ha parlato nessuno, ad eccezione di Pro.no., agenzia di stampa della Provincia di Genova.
    Grandissima sottovalutazione dei nostri mezzi di informazione, perché il rapporto ha un taglio particolarmente interessante: l’accurata analisi statistica e quantitativa del fenomeno migratorio è infatti funzionale ad una lettura del nostro territorio e delle sue prospettive, ed è accompagnata da una ricca bibliografia, e da due rapporti di ricerca, uno dei quali, a cura di Franca Lagomarsino e Andrea Torre, riguarda i venditori di fiori ambulanti marocchini, definiti “Visibilmente invisibili” in quanto “Sono estremamente visibili, molto più di altre figure di lavoratori immigrati, ma emarginati dal nostro sguardo” in quanto “oggetto di pregiudizi negativi (gli immigrati non fanno un lavoro regolare) che creano difficoltà dei contatti e imbarazzo“. Il cliente, dice uno degli intervistati “ancora prima ti giudica come un povero, un povero totale, non solo di testa, povero di tutto. Però ce ne è tanti che hanno vissuto davvero la vita … loro ti capiscono al volo. Hanno un’altra mentalità, parlano come se parlassero a una persona normale … ne trovi il 20% che hanno vissuto la vita”.
    Il rapporto infrange molte delle ovvietà con cui guardiamo a queste figure, e segnala trasformazioni importanti.

    Una è stata il passaggio della vendita dai minori agli adulti, che si è compiuta intorno alla fine degli anni ’90, e che ha dietro di sé una storia di cui fu protagonista una rete formata da Comune, Forum Antirazzista, Direzione Scolastica Regionale, CRAS (Centro Risorse Alunni Stranieri), Tribunale dei minori, Questura.
    Un’altra è stata quella della graduale regolarizzazione della attività: il responsabile del mercato dei fiori di San Remo parla di un avvenuto “processo di specializzazione, con acquisizione di partita Iva, acquisto in regola, maggiore attenzione alla qualità del fiore e alla modalità di vendita … confezionano un ‘prodotto finito’, tolgono le spine, lo confezionano, lo vendono agli ambulanti. Poi hanno ampliato le gamme di prodotto, non più solo la rosa: indice che si rivolgono ad acquirenti che sono piccoli chioschi. Qui comprano regolarmente, con emissione di fattura e tutto”. Ci sono forme di razzismo: “Ci tocca vendere ai marocchini” ma la realtà è che “i marocchini coprono ormai una nicchia di mercato”.
    Alcuni grossisti comprano a San Remo, altri al mercato di Genova. Poi nella zona del Ghetto avviene l’acquisto del prodotto da parte degli ambulanti, anche loro ormai transitati nel territorio della regolarità e delle partite Iva: si tratta di anziani che lo fanno da tempo, o di giovani in attesa di altre occasioni. Un’attività “cuscinetto” che può rendere 70 euro nelle giornate buone, o scendere a zero in quelle cattive. Un lavoro dignitoso, che può prevedere una sua dinamica: la diversificazione del prodotto venduto e della clientela, acquisendo acquirenti fissi, piccoli chioschi, e magari il passaggio da ambulante a piccolo o medio grossista.
    Per capire questa parte della nostra città, insistono i ricercatori, occorre però “mettere in discussione l’ottica miserabilista”.
    (Paola Pierantoni –  Foto dell’autrice)

  • OLI 345: BENI PUBBLICI – Tra burocrazia e disincanto

    “Hanno tirato via il grottesco!” Di questi tempi era ora, si potrebbe dire.
    Dallo Zingarelli ed. del ’37 il grottesco è “dipinto decorativo … capriccioso, licenzioso o ridicolo” o, citando la Treccani, “deriva da raffigurazioni astruse, strambe, scoperte a Roma sui muri di antiche terme chiamate grotte”.
    Concitati cittadini confinanti di Villa Raggio in via Pisa hanno chiamato le Istituzioni per denunciare l’oltraggio del grottesco, i rumori preoccupanti di calcinacci, ma hanno voluto restare anonimi: sfiducia, timore di essere coinvolti, il committente pare sia un potente armatore.
    Intanto proseguono i lavori per le residenze superlusso, e infatti lo studio immobiliare interpellato pubblicizza appartamenti “in grezzo” ad ottomila euro al metro quadro, poi a seconda delle rifiniture chieste il prezzo si vedrà, e gli alloggi saranno una decina in tutto. Orgogliosamente si reclamizzano piscina e spogliatoi, decine di posti auto mascherati da pergolati e siepi: che fine faranno il parco, i suoi prati e i suoi alberi?
    Sul Permesso di costruire le unità abitative sono però il doppio, con l’ampliamento volumetrico a livelli sottostanti, demolizione e ricostruzione della dépandance, mentre il tetto verrà modificato per l’ampliamento dei volumi dell’attico e vi si realizzeranno giardini pensili: un incremento di superficie abitabile del 20 per cento, come consente la legge. Trattasi però di un complesso monumentale con vincolo, secondo il Decreto Legislativo n. 42 artic. 136, su ville giardini e parchi che si distinguono per la loro evidente bellezza…
    “Si costruirà nel pieno rispetto del luogo”, dichiara il titolare che gentilmente acconsente a fare visitare la villa e sa già degli allarmi. “Abbiamo aspettato un sacco”.
    Mica tanto: nel giro di due mesi pareri e permessi, in tempo prima dell’approvazione del nuovo Puc, assai restrittivo per il Sistema delle Ville Storiche.
    Nessuno mette in dubbio la correttezza dell’intervento, per carità.
    Non è chiaro però di che natura saranno gli interventi.
    Il percorso per capire tutto ciò come comune cittadino è costituito da telefonate per sapere come sia rintracciabile la delibera citata sui cartelli esposti, delibera fantasma, che si scopre poi essere Permesso a costruire, reperibile al Matitone. Telefonate a più riprese in giorni diversi e finalmente un indirizzo di posta elettronica, una mail che vale come domanda scritta all’ufficio competente. Nessuna risposta.
    Dunque incursione al Matitone e ricerca della mail a suo tempo inviata.
    Evviva! Rilasciata la copia del Permesso al progetto in questione.
    Non è finita: nel provvedimento si cita il Parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici, diventato prevalente rispetto alle obiezioni della Sezione Tutela e Pianificazione del Paesaggio, la quale si è occupata della sistemazione del verde e per cui si prospetta “eventuale conseguente variante”.
    Il numero della Soprintendenza citato sull’elenco telefonico pare non funzioni. Dopo quattro passaggi ecco l’ufficio competente: alla citazione di Villa Raggio viene passato il funzionario, pur essendo dato in un primo momento assente. Mail con richiesta di verifica sulla villa.
    Ci si presenta di persona alla Soprintendenza, dove si riceve soltanto il lunedì mattina, in tempo per depositare invece la richiesta di copia del Parere: per la consegna fra qualche giorno, chissà.
    Nel libro “ Paesaggio, Costituzione Cemento” Salvatore Settis denuncia come in Italia si violi sistematicamente la Costituzione rispetto alla tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, fra il caos urbanistico e legislativo, nel labirinto di competenze fra Stato, Regioni, Comuni.
    Mentre si piangono gli operai morti sotto i capannoni crollati perché mal costruiti in Emilia e si contano i danni infiniti sul patrimonio artistico, che nessuno ci restituirà più.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 345: CITTA’ – La creuza negata e i giardini di Babilonia

    “Che bello, state pulendo? Quando potremmo passare?”
    La signora getta uno sguardo di gratitudine verso il basso, è entusiasta: “La facevo da ragazza questa strada, arrivavo subito al mercato Orientale. Poi l’hanno chiusa… Saranno vent’anni che l’hanno chiusa, da quando siamo tornati a vivere a Genova da Roma, è vero?”, si rivolge al marito che ordina i ricordi della loro vita e annuisce con una confidenza distante. “Quand’ero ragazza, c’era anche un posto dove si andava a ballare”, ma se la mattonata riemerge concreta sotto uno strato di terra erbacce, della balera rimane solo una traccia nelle sue parole.
    Sfilano i passanti, alcuni si informano e incitano ad andare avanti, altri offrono un aiuto che non arriverà. Tutti sono contenti che Salita della Misericordia torni a loro come spazio, scorciatoia pedonale, scivolo per passeggini. Chi dalla pulizia trarrà giovamento immediato sono gli iscritti all’attiguo tennis club che potranno accedere ai campi dall’ingresso superiore, senza dover affrontare siringhe e fauna invasiva.
    Peccato che la creuza possa essere pulita solo a metà: un muro di lamiera separa la parte superiore da quella inferiore ed oltre quel muro lo scenario è da foresta amazzonica. Alcune ragazze lo colorano di intenzioni e a scavalcarlo – per ora – c’è solo la sagoma di un uomo pennellato.
    Ci sono volute idee e quattro ore di lavoro di squadra – giovani universitari, occupati, pensionati, licenziati dall’Amiu – per toccare con mano che è molto più facile di quanto si creda restituire a Genova e ai suoi abitanti risorse e luoghi.
    Domenica 27 maggio a Genova una mappa del “tesoro” tracciava dalle 9.30 fino a sera il percorso di tre spazi pubblici “recuperati” dai cittadini: insieme a salita della Misericordia, i Giardini Rotondi di Santa Maria in Passione, e i giardini Babilonia accanto alla facoltà di architettura “rimesso in vita dagli studenti”.


    (Giovanna Profumo)

  • OLI 345: TRASPORTI – Divorzio da Amt

    Una signora di 83 anni mi confida il suo divorzio, ormai definitivo, da Amt.
    Fino all’aumento tariffario in vigore dallo scorso 1 febbraio 2011 lei si poteva permettere l’abbonamento annuale: l’età e l’invalidità superiore al 66% le davano diritto ad una tariffa agevolata sostenibile, sui 170 euro annui.
    Ma poi la tariffa agevolata è aumentata, e soprattutto è stata condizionata al reddito, così un abbonamento annuale a 190 euro oggi si può avere solo se il reddito non supera i 15000 € annui. In caso contrario l’abbonamento viene a costare 380 euro: troppo per un bilancio da pensionata.
    Così la signora ha divorziato dagli autobus, e se ne sta a casa o dintorni: “Questo aumento non è stato una grande idea, perché l’Amt da me non ha guadagnato niente, anzi ha perso i miei 170 euro. E la stessa cosa vale per le mie amiche, più o meno coetanee. Ci ho perso anch’io, però, perché non mi muovo più”. Restrizione degli spazi.
    Il racconto dell’anziana signora ha il suo parallello con quello di giovani amiche che, fatti i conti, hanno anche loro divorziato dagli autobus, optando per il podismo, ottima cosa per dieta e salute, meno per i bilanci cittadini.
    L’Amt è uno dei problemi più gravi e urgenti per la nuova amministrazione, e se le politiche tariffarie da sole non bastano a risolvere la situazione, costituiscono però uno dei fattori che nel tempo possono incidere in modo significativo.
    Ad esempio: biglietti a basso costo per tragitti brevi; abbonamenti davvero appetibili diversificati per categorie di utenti; salvaguardia delle fasce deboli di utenza (invalidi, disoccupati, anziani); eliminazione delle taccagnerie auto-lesioniste, come quella del Volabus dove non valgono gli abbonamenti nè mensili ed annuali. Misure come queste estendono l’utenza, rendono sempre più residuale il viaggio col biglietto singolo, e diminuiscono la percentuale di chi viaggia a sbafo.
    Nei mesi passati avevamo suscitato scientemente l’invidia degli utenti genovesi descrivendo il sistema di trasporti urbani di città come Zurigo (Oli 286), Berlino (Oli 282), Vienna (Oli 324), Copenagen (Oli 314).
    Ma in realtà basta andare a Torino per trovare una politica tariffaria davvero interessante. Il biglietto singolo costa come da noi 1,50 €, anzi di più, dato che vale 90 minuti, però basta girare tra le varie, articolatissime, proposte tariffarie del GTT (Gruppo Torinese Trasporti), e la differenza salta fuori. Per stare al caso da cui siamo partiti: l’abbonamento annuale per chi ha più di 65 anni e un reddito non superiore a 36.151 euro costa 155 € che scendono a 140 se si accetta una fascia oraria di utilizzo più ridotta.
    Marco Doria ha spesso auspicato la collaborazione di idee con i sindaci delle altre città: da Torino possono venire dei bei suggerimenti.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 344: CITTA’ – Palazzo Ducale, quando va in scena il sogno

    Domenica 20 maggio: nel salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale a Genova, il Teatro Tascabile di Bergamo (TTB) mette in scena “Valse”, spettacolo di strada in cui quattro donne e quattro uomini su trampoli ballano con la musica di Strauss e Puccini. Il TTB, fondato nel 1972 da Renzo Vescovi, ha un ricco repertorio, articolato tra teatro di sala, spettacoli di strada, progetti per le scuole, al suo attivo vanta numerose tournée in Italia e nel mondo. Queste informazioni, tratte dal sito del TTB, non rendono però assolutamente merito ad uno spettacolo come “Valse”, né tantomeno possono restituire la magica e poetica atmosfera che ha conquistato domenica il pubblico di Palazzo Ducale. Nel salone del Maggior Consiglio lo spazio è in gran parte tenuto vuoto, destinato agli attori-danzatori della compagnia, mentre il folto pubblico, seduto, in piedi, a terra, accalca l’esigua porzione rimasta: inizia la musica, otto “giocolieri” fanno il loro ingresso, poco di meno di quattro metri di altezza ciascuno, figure deformate dalla vita in giù, gli abiti da sera nascondono i trampoli arrivando quasi fino a terra, ad altezza “umana”, dove altri due attori della compagnia, un maestro di cerimonia ed una fanciulla con un enorme palloncino, costituiscono quasi un trait d’union tra noi e loro: lassù va in scena un ballo, si balla, si scherza, ci si ubriaca, si cambia partner, il tutto con movimenti ora flessuosi ora acrobatici che metterebbero in difficoltà molti dei nostri “normali” arti inferiori, dotati di banali calzature, magari firmate.
    All’improvviso, un lieve imprevisto, la fanciulla col palloncino scivola, cade nel mezzo del salone, si rialza immediatamente, non è successo nulla, ma la caduta pare accrescere la distanza tra il cielo e la terra, solo un “umano” può inciampare, lassù resta l’eleganza irreale dei ballerini, i profili stagliati contro il soffitto del salone. Un amico, all’uscita, li definirà “trampolieri”, termine suggestivo, che ben definisce gli artisti che domenica ci hanno regalato un sogno.
    (Ivo Ruello, foto internet)

  • OLI 340: BOCCADASSE – Altri piani per la ex rimessa dei bus

    C’era una volta la rimessa dei bus, in un grande piazzale alle spalle di Boccadasse, un sito storico e lo evocano le immagini della mostra inaugurata da Metrogenova, sabato 14 aprile con il patrocinio del Municipio Medio Levante.
    L’associazione, che si occupa di trasporti, rimarca con forza l’importanza del mezzo pubblico, ricorda i tram che arrivavano in deposito, attraversando da Levante a Caricamento tutto il litorale, puntuali e tranquilli senza inquinare.
    Una malinconia per i visitatori e pure per i residenti del borgo, che quasi rimpiangono quell’epoca.
    Perché poi, si dovrebbe essere contenti, è stata tolta una servitù con quei bus che giravano notte e giorno imperterriti e rumorosi.
    Non è tutto così roseo, eppure la mostra dedica un pannello en passant all’oggi.
    Al posto della rimessa infatti si sta costruendo una U di palazzoni che incombe il contesto, una U ristretta dove il sole non arriverà mai, gli affacci ravvicinati come negli edifici della periferia più desolante stile anni ’60.
    L’altra opzione erano due torri a undici piani, firmato dall’archistar, come quelle che ti colpiscono allo stomaco non appena imbocchi la sopraelevata per venire a Genova.
    Non si pretendeva un parco verde, ma almeno costruire la metà.
    Soltanto le immagini possono rendere l’idea: se prima la rimessa era ad un piano e mezzo di altezza, ora i piani sono cinque, attraversati da varchi che paiono immagini di un carcere.

    Quando il tutto verrà completato l’aspetto sarà probabilmente più ameno, con il giardino nel piazzale, speriamo non il solito “verde piantumato” per dare un contentino agli abitanti intorno, che tanto hanno battagliato per non avere tutto quel cemento. Ci si augura diventi una “piazza” vera, uno spazio libero come sempre il Comune auspica e poi raramente concede: si sa quanto sia prezioso ed allettante lo spazio, specie in certi quartieri. Se qui non vai in piazzetta a Boccadasse, non ci sono spazi per bambini e nonni e spesso libeccio e tramontana fanno scappare tutti.
    L’altro “verde” concesso in zona per ripristinare e ampliare la casa diroccata che si affacciava nei pressi è diventato un bel supermercato con annessa la sede della polizia municipale.
    E speriamo pure che la piazza-giardino resti a disposizione del quartiere perché la manutenzione sarà a carico del megacondominio, che magari ci farà una bella cancellata e addio: nella Convenzione con il Comune sembra demandata la cura del verde ai privati.
    Come finirà? Nel degrado o in un bel giardino chiuso?
    Intanto spaventa gli abitanti del borgo un vecchio problema perché –  visto che i nuovi edifici prevedono cento appartamenti – quando piove, già oggi dai tombini arriva un refluo di acque nere per tubature mai messe a norma.
    Con l’occasione, segnaliamo il sito osservatorioverde.it come fonte di informazioni sull’urbanistica genovese.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)