Nel suo articolo straordinario, a proposito dello scandalo del San Raffaele e del suo padre-padrone Don Verzè, Francesco Merlo ha “giustificato” le personalità eccellenti cadute nella sua rete: “… del resto don Verzé non ha sedotto solo il cardinale Martini e tutta la credula Milano cattolica. Come ogni rispettabile padrino aveva bisogno della copertura laica e dunque l’ha ingaggiata. Massimo Cacciari ed Ernesto Galli della Loggia sono due intelligenze di prima grandezza nella cultura italiana, di quelli che braccano e scovano e mettono alla gogna i vizi del paese…”
In risposta e con riferimento al “fiume melmoso del disastro che ha travolto ma non sradicato la direzione dell’ospedale e non ha finora toccato l’Università (la cui amministrazione è comunque separata e autonoma)..”, Roberta De Monticelli scrive oggi su Repubblica a proposito del “… tema profondissimo della responsabilità personale di ogni atto e di ogni cosa detta, e la divisa della veglia critica nei confronti delle proprie stesse pulsioni oscure. Allora? Merlo parla di “seduzione”, di cui sarebbero stati vittime molti che hanno creduto e sono “caduti nelle panie”.
Evidentemente prescindendo da nomi e cognomi, la domanda che (si) pone ci riguarda tutti: “non ci sarà una sorta di troppo facile giustificazione, in questa immagine delle panie? È questa la domanda che io credo dobbiamo porre a noi stessi. Questo io chiederei a tutti noi, che di questa meravigliosa giovinezza che è la ricerca vera, e di questa vera religione che è l’indagine nelle profondità dell’umano, abbiamo avuto il privilegio di vivere. A noi, che dal pensiero che scienza e sapienza dell’umano potessero quotidianamente incontrarsi abbiamo ricevuto linfa e nutrimento. E che riconosciamo con dolorosa gratitudine da dove, da chi, ci viene questo pensiero, o almeno la possibilità di metterlo in pratica.
Questo chiederei: quanto ha potuto giocare nella nostra ignoranza del lato oscuro il rinvio ingiustificabile del nostro primo dovere, quello di chiedere e dare ragione, sempre? Di chiedere trasparenza, e di applicarla, sempre? Quanto si applica agli altri, agli amministratori, e quanto anche a noi stessi, il detto che non c’è servitù se non volontaria, o almeno che anche l’opacità delle decisioni ultime, dove è subita, è volontaria? Oggi non c’è altra salvezza per questo bene, la ricerca, l’università, l’eccellenza e la libertà, che nella nostra prontezza a scindere il riconoscimento della paternità di un’idea e della sua forza, dall’acquiescenza all’oscurità dei metodi consortili della “padronanza”.
Scrisse per ben altra occasione Piero Calamandrei che «sotto la morsa del dolore e della vergogna gli indifferenti…(si sono risvegliati) alla ribellione contro la propria cieca e dissennata assenza ». “
Resta altro da dire? Mi inchino alle parole e al loro significato. Che le vergogne, che individualmente e collettivamente abbiamo attraversato e che attraversiamo, ci traghettino “alla ribellione contro la nostra cieca e dissennata assenza”.
(Daniela Patrucco)
Categoria: Daniela Patrucco
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OLI 324: LETTERE – Roberta De Monticelli, Don Verzè e la servitù volontaria
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OLI 321: LETTERE – Burlando e le Cinque Terre

Ex parcheggio di Vernazza – dalla trasmissione Presa diretta di Rai3 L’alluvione ligure è andata in onda a Presa diretta di Rai3, con servizi da Genova e dalle Cinque Terre. Nicola Rollando, che ha ospitato e guidato la giornalista a Vernazza, dovrebbe condividere le sue pregevoli riflessioni con i “colleghi cittadini” per verificare quanti come lui, eventualmente silenti, possano attivarsi per determinare un cambiamento nelle politiche di gestione del territorio.
Tra quanto d’importante detto da Rollando a proposito di Vernazza, si cita: “questo è un paese di trecentocinquanta anime che in estate arriva a contare oltre settemila presenze… i nostri vecchi nel tempo hanno portato la terra dal mare sulle colline per consolidarle e mettere in salvo il paese… noi abbiamo smesso di farlo preoccupandoci invece di far arrivare in questi luoghi persone che non siamo in grado di proteggere…”.
Con diversi stili e approcci, negli anni è stato detto e scritto tutto ciò che potesse essere utile e pure superfluo a proposito di “turismo (in)sostenibile” e “cementificazione” alle Cinque Terre; ciononostante, un’ampia fetta di informazione e di cittadini, ragionando del “disastro” di Monterosso e Vernazza, precisa trattarsi di “luoghi in cui non si può dar colpa alla cementificazione perché non c’è mai stata”.
Vernazza dopo l’alluvione (fonte Il Secolo XIX) A Monterosso e Vernazza in un modo o nell’altro sono saltati i torrenti sottostanti le vie principali dei borghi; anche Manarola e Riomaggiore hanno parcheggio e strada, anche Manarola ha avuto in passato la sua alluvione (dall’O.C.C. Tribunale della Spezia): “le provviste di denaro reperite illecitamente venivano impiegate non solo per consolidare il consenso politico davanti alla collettività, finanziando opere pubbliche ad alto impatto visivo”… (è il caso di via Discovolo in cui il denaro erogato invece di essere speso per consolidare la soletta in cemento danneggiata dall’alluvione, venivano spesi in parte per rifare la pavimentazione e l’illuminazione, peraltro interventi esplicitamente esclusi dal finanziamento), ma anche per sistemare questioni di carattere privato oppure per favorire l’amico, il parente o la persona dalla quale poi si possono ottenere protezioni e favori.”
Per quale ragione, dopo uno tsunami giudiziario e uno “naturale”, la retorica del “Paradiso delle Cinque Terre” continua a sopravvivere? Durante il periodo dell’alluvione non si è sentita la voce del Parco (commissariato da oltre un anno) che infatti continua a svolgere funzioni di agenzia di viaggi, al più di ufficio di collocamento, certo non di “authority di tutela del territorio”. Anche dopo aver dismesso “il faraone”…A Genova, a causa dell’alluvione, è in fase di dismissione il sindaco Vincenzi: scaricata anche lei secondo i retroscena dei quotidiani da Burlando che, a sua volta, non è immune da responsabilità in questo (nuovo commissario della stessa emergenza di cui era già commissario dal 2007 – nomina Prodi) e in altri contesti: è lo stesso uomo che difende e promuove le centrali a carbone di Vado e La Spezia, che ha sostenuto e dismesso il “faraone”, che ha picconato la provincia di La Spezia quando era in bilico. L’uomo dev’essere fatto di buon cemento armato per resistere ai contromano e agli tsunami naturali e giudiziari. Forse finché ha soldatini da sacrificare? Sopravvivrà all’auto-commissariamento?
Approfondimenti:
Turismo sostenibile/tutela territorio: http://www.speziapolis.org/dp/sostenibile/amantea_2008.pdf
Inchiesta giudiziaria: http://speziapolis.blogspot.com/p/inchiesta-5-terre.html
Ambientalismo: http://speziapolis.blogspot.com/2010/10/legambiente-vergogna.html
(Daniela Patrucco) -
OLI 319: LETTERE – Shock economy e privatizzazione
Terremoto dell’Aquila, aprile 2009 – Gli imprenditori embedded nell’economia dei disastri si preparano a raccogliere il bottino:
– GAGLIARDI:..oh ma alla Ferratella occupati di ‘sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito… Non è che c’è un terremoto al giorno
– PISCICELLI:… no…lo so (ride)– GAGLIARDI:… così per dire per carità.. poveracci
– PISCICELLI:.. eh certo … Io ridevo stamattina alle 3 e mezzo dentro al letto
– GAGLIARDI:… io pure… va buo’… Ciao.
Alluvione Spezia e Massa, ottobre 2011 – Comunicato della Protezione Civile – 31/10/2011: “La Prefettura della Spezia rivolge nuovamente un invito a non recarsi presso i Comuni interessati dagli eventi alluvionali in quanto la presenza di volontari singoli non organizzati sta creando intralcio alle operazioni di soccorso e sgombero delle strade”.
Shock Economy – L’ascesa del capitalismo dei disastri – Naomi Klein –RCS, 2007:
“Date le temperature bollenti, sia climatiche sia politiche, i futuri disastri non avranno bisogno di cospirazioni segrete. Tutto lascia pensare che, se le cose restano come sono ora, i disastri continueranno a presentarsi con intensità sempre più feroce. La generazione dei disastri, dunque, può essere lasciata alla mano invisibile del mercato. Questa è un’area in cui il mercato funziona davvero.”
La Klein, a proposito dell’uragano Katrina che nel 2005 ha spazzato New Orleans, ha ipotizzato che le autorità abbiano deliberatamente assecondato la furia della natura che, radendo al suolo l’intera area, avrebbe facilitato la delocalizzazione delle popolazioni (povere) residenti e un’imponente opera di riurbanizzazione.
In questa alluvione ligure ho sperimentato, in una giornata trascorsa a Brugnato, (che è diverso dal generico sapere, leggere, vedere in TV) l’ovvio:- massiccia presenza di imprese riconducibili ai settori della movimentazione di terra e dell’edilizia;
- massiccia presenza di volontariato organizzato e istituzionalizzato, che opera in coordinamento con la protezione civile;
- tentativo, da parte delle istituzioni, di tenere fuori i volontari-volontari;
- quantità smisurata di iniziative di raccolta fondi.
Mentre si spala si argomenta, si dibatte, si delibera e uno degli esiti di tale deliberazione è stato il seguente:
“In un’Italia di disoccupati, di occupabili, di disastri, non avrebbe maggior senso destinare alla cura del territorio lo stesso denaro che inevitabilmente viene investito “nell’emergenza”? Non di più o di meno, ma lo stesso denaro; garantendo occupazione e stabilità economica a un maggiore numero di persone?” Banale? Mica tanto.
Se si ragiona in termini di economia dei disastri, allora il quadro diventa molto chiaro: si preferisce investire nell’emergenza perché le medesime risorse sono ridistribuite in una ristretta cerchia di soggetti, spesso ben selezionati. Socializzazione dei costi, privatizzazione dei profitti.“Come il prigioniero terrorizzato che rivela i nomi dei compagni e abiura la sua fede, capita che le società sotto shock si rassegnino a perdere cose che altrimenti avrebbero protetto con le unghie e con i denti”.
Se si ragiona in termini di “shock economy”, si può ben capire il senso della proposta del senatore Grillo: l’attivazione dei privati, attraverso il project financing, per la ricostruzione delle zone alluvionate nello spezzino, in cambio dell’acquisizione di una struttura dismessa da una forza armata o di una concessione che ne preveda l’uso protratto nel tempo.
Il senatore Grillo, naturalmente, ha già coinvolto gli americani: Milton Friedman docet.
(Daniela Patrucco) -
OLI 316: INFORMAZIONE – The danger of a single story – dal Festival dell’Internazionale all’etica dell’informazione
Disegno di Guido Rosato Chimamanda Adichie è solare, bella e simpatica. Ha un fascino che condivide con i suoi colleghi speaker di Ted: raccontano storie, fresche e curiose, ricche di lezioni che non è necessario spiegare. Le capisci da te.
Figlia della media borghesia nigeriana, lettrice e scrittrice precocissima, in Nigeria leggeva e raccontava di bambine bionde con gli occhi azzurri; di mele e birra al ginger, della neve e del tempo: creava personaggi nati dall’unica storia che aveva avuto modo di leggere ma che non aveva mai incontrato né sperimentato, quella della letteratura occidentale. Dovendo andare a trovare la famiglia del ragazzo occupato presso la sua casa, in Nigeria, si prepara a conoscere una “famiglia povera”, così come rappresentata dall’unica storia che raccontatale da sua madre; si sorprende di trovare persone che lavorano la rafia, che fanno anche delle cose, oltre ad essere povere.
Fin qui il video, che consiglio di vedere perché … è bello: fatto di tante “single story”, tanti racconti univoci di “una realtà” che è sempre più complessa di come ce la rappresentano e di conseguenza dell’unico modo in cui la rappresentiamo.Al Festival dell’Internazionale, dalle storia a senso unico sulla Nigeria, l’Africa e la sua gente, mi trovo in breve a riflettere sui media e sulle storie a senso unico che quotidianamente ci propinano sulle questioni che ci stanno a cuore: il carbone pulito e le multinazionali dell’energia, che ci salveranno dall’effetto serra e dalla crisi economica con i loro investimenti sulle rinnovabili (fine della storia); i medici e l’asl, che si occupano di prevenzione e salute a partire dalla rilevazione precoce della malattia (fine della storia).
Solo fulgide eccezioni qua e là raccontano “storie multiple”, che tolgono le cornici a quelle singole permettendo loro di contaminarsi. Solo allora, ad esempio sull’energia, si può vedere il corto circuito che si è determinato dopo l’esito referendario sul nucleare: combattiamo l’effetto serra e contestualmente convertiamo le centrali all’uso del carbone per mantenere elevati i profitti delle multinazionali, contro la crisi economica, per la salvaguardia dei posti di lavoro, a prescindere dai costi per la salute e dalla salute medesima.
Se facciamo la stessa operazione con l’energia pulita, vediamo che per produrla deforestiamo l’Amazzonia, interrompiamo i corsi dei fiumi della Patagonia e occupiamo militarmente i terreni agricoli della Puglia con ettari di campi fotovoltaici, con buona pace delle associazioni ambientaliste che partecipano agli utili mentre, naturalmente, si battono per lo stop al consumo di territorio.
Parliamo di salute e prevenzione? C’è qualcuno che considera opportuno che la prevenzione comprenda la riduzione degli agenti inquinanti? Che la salute debba sconfinare dalla “cornice sanitaria” a quella “ambientale”.
Un delirio? Sì, un delirio di storie raccontate sempre da un solo punto di vista su una sola dimensione. Sarà che chi racconta le “storie a senso unico” sceglie, consapevolmente, di non uscire dalle “cornici”? Il giornalismo, il giornalista, se non in grado di toglierle, può almeno renderle visibili? Come ha fatto Chimamanda Adichie con le sue? Possiamo, in qualche modo, chiamarla etica dell’informazione?
(Daniela Patrucco)

