Categoria: OLI 316

  • OLI 316: VERSANTE LIGURE – CHE BOSSI, CHE NOIA!

    Sei son federalisti 
    con spazio ad ogni dente
    e tre secessionisti 
    col labbro a nord sporgente
    due di stampo padano
    con lingua rugiadosa 
    ed uno anti-romano 
    con smorfia disgustosa: 
    non solo eterodossi 
    ma, a detta dei famigli, 
    diversi son, di Bossi, 
    i dodici sbadigli.
    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA

    .

  • OLI 316: INDIGNATI – Il diritto negato da black bloc e polizia

    Alle 14.34 il primo attacco

    L’Italia è l’unico paese al mondo in cui la manifestazione degli “Indignati” del 15 ottobre è stata annichilita dalla violenza di gruppi organizzati, e dall’incapacità delle forze dell’ordine a difendere il diritto di centinaia di migliaia di cittadini a manifestare in pace e sicurezza le proprie idee.
    Nell’Italia di questi anni l’atto di manifestare in piazza è stato sistematicamente svalutato dal potere, denigrato, demonizzato, sminuito, irriso, contrastato. Questo lo ha reso un diritto non pienamente tutelato. Un articolo su pag. 8 di La Repubblica del 16/10/11 osserva: “Il Viminale si era preparato a difendere la quiete della città proibita, il quadrilatero dei Palazzi della Politica …”. E quando iniziano a verificarsi i disordini la polizia ha “tempi di reazione lunghi, farraginosi … nessun filtraggio significativo e nessun intervento sul corteo e nel corteo …”.
    Possiamo testimoniare l’esattezza della cronaca di La Repubblica. Eravamo alle 14.29 In Via Cavour quando una cinquantina di persone iniziano a cambiare abbigliamento (video 1) : calano sul volto i passamontagna, indossano caschi da motocicletta. Cinque minuti dopo, alle 14.34, da questo gruppo parte l’assalto alle vetrine del supermercato “Elite” (video 2 e video 3) : molto violenti, molto decisi, molto “professionali”.
    E’ qui che iniziano i disordini che spezzeranno il corteo e distruggeranno la manifestazione. Un’azione di contrasto doveva iniziare subito, dal primo innesco. Invece il tempo viene lasciato correre, scientemente o no, fino al disastro ingovernabile.
    Certo, mancava il servizio d’ordine, e in Italia non ci possiamo permettere manifestazioni di queste dimensioni senza una vigilanza organizzata. Ma sarebbe stato sufficiente un servizio d’ordine autogestito dalle centinaia di associazioni del corteo? Non si trattava di tenere sotto controllo qualche frangia disordinata, violenta ma in qualche modo “omogenea” al movimento, ma di opporsi fisicamente a gruppi completamente “alieni”, organizzati militarmente con una strategia preordinata e precisa, pericolosi, impossibili da contrastare solo con le parole o con la resistenza passiva.
    Sarebbero stati necessari, e sono mancati: un’azione preventiva di intelligence, che “rivelasse” che l’obiettivo non era l’assalto ai palazzi del potere, ma la conquista delle strade; una vigilanza a monte che impedisse l’ingresso dei black bloc nel corteo; la presenza di agenti in borghese lungo il corteo per cogliere i primi sintomi; una strategia di intervento che isolasse immediatamente i gruppi violenti.
    Non è stato fatto per incapacità, o per intenzione?
    Di certo quel che è avvenuto a Roma conferma una deriva antidemocratica, per cui chi manifesta un dissenso non è considerato un interlocutore critico, da ascoltare, con cui mediare, comunque da tutelare e proteggere, ma un nemico a cui chiudere tutte le strade.
    Strategia perfetta per fornire agli attori della violenza organizzata un terreno di consenso e di reclutamento.
    Nel brevissimo tempo in cui “tutto è andato bene” ci si è potuti riempire gli occhi delle centinaia di forme che la democrazia assume in questo paese. Dietro ogni cartello, ogni striscione, ogni viso, c’era la vita che scorre quotidianamente in ogni angolo d’Italia

    Padre Alex Zanotelli, col suo gruppo, cantava “We shall overcome!” e “La libertà è partecipazione”. La speranza sta qui.

    Video 1 –  I black bloc si preparano
    Video 2 –  Assalto ad Elite
    Video 3 –  Inizia la guerriglia

    (Paola Pierantoni e Ivo Ruello – fotografie e video degli autori)

  • OLI 316: INDIGNATI – Le immagini di Genova

    Mentre a Roma la manifestazione veniva sequestrata dai violenti, a Genova alcune migliaia di persone hanno potuto indignarsi pacificamente.

    Foto di Angela Brancati
  • OLI 316: INFORMAZIONE – The danger of a single story – dal Festival dell’Internazionale all’etica dell’informazione

    Disegno di Guido Rosato

    Chimamanda Adichie è solare, bella e simpatica. Ha un fascino che condivide con i suoi colleghi speaker di Ted: raccontano storie, fresche e curiose, ricche di  lezioni che non è necessario spiegare. Le capisci da te.
    Figlia della media borghesia nigeriana, lettrice e scrittrice precocissima, in Nigeria leggeva e raccontava di bambine bionde con gli occhi azzurri; di mele e birra al ginger, della neve e del tempo: creava personaggi nati dall’unica storia che aveva avuto modo di leggere ma che non aveva mai incontrato né sperimentato, quella della letteratura occidentale. Dovendo andare a trovare la famiglia del ragazzo occupato presso la sua casa, in Nigeria, si prepara a conoscere una “famiglia povera”, così come rappresentata dall’unica storia che raccontatale da sua madre; si sorprende di trovare persone che lavorano la rafia, che fanno anche delle cose, oltre ad essere povere.
    Fin qui il video, che consiglio di vedere perché … è bello: fatto di tante “single story”, tanti racconti univoci di “una realtà” che è sempre più complessa di come ce la rappresentano e di conseguenza dell’unico modo in cui la rappresentiamo.

    Al Festival dell’Internazionale, dalle storia a senso unico sulla Nigeria, l’Africa e la sua gente, mi trovo in breve a riflettere sui media e sulle storie a senso unico che quotidianamente ci propinano sulle questioni che ci stanno a cuore: il carbone pulito e le multinazionali dell’energia, che ci salveranno dall’effetto serra e dalla crisi economica con i loro investimenti sulle rinnovabili (fine della storia); i medici e l’asl, che si occupano di prevenzione e salute a partire dalla rilevazione precoce della malattia (fine della storia).
    Solo fulgide eccezioni qua e là raccontano “storie multiple”, che tolgono le cornici a quelle singole permettendo loro di contaminarsi. Solo allora, ad esempio sull’energia, si può vedere il corto circuito che si è determinato dopo l’esito referendario sul nucleare: combattiamo l’effetto serra e contestualmente convertiamo le centrali all’uso del carbone per mantenere elevati i profitti delle multinazionali, contro la crisi economica, per la salvaguardia dei posti di lavoro, a prescindere dai costi per la salute e dalla salute medesima.
    Se facciamo la stessa operazione con l’energia pulita, vediamo che per produrla deforestiamo l’Amazzonia, interrompiamo i corsi dei fiumi della Patagonia e occupiamo militarmente i terreni agricoli della Puglia con ettari di campi fotovoltaici, con buona pace delle associazioni ambientaliste che partecipano agli utili mentre, naturalmente, si battono per lo stop al consumo di territorio.
    Parliamo di salute e prevenzione?  C’è qualcuno che considera opportuno che la prevenzione comprenda la riduzione degli agenti inquinanti? Che la salute debba sconfinare dalla “cornice sanitaria”  a quella “ambientale”.
    Un delirio? Sì, un delirio di storie raccontate sempre da un solo punto di vista su una sola dimensione. Sarà che chi racconta le “storie a senso unico” sceglie, consapevolmente, di non uscire dalle “cornici”? Il giornalismo, il giornalista, se non in grado di toglierle, può almeno renderle visibili? Come ha fatto Chimamanda Adichie con le sue? Possiamo, in qualche modo, chiamarla etica dell’informazione?
    (Daniela Patrucco)

  • OLI 316: CITTA’ – La pazienza dei cittadini

    Disegno di Guido Rosato

    E’ sabato mattina, c’è molta folla al mercatino di piazza Palermo. Ad un tratto un gran trambusto, tra i banchi qualcuno corre, altri lo inseguono, lo atterrano placcandolo fragorosamente: il fuggitivo è un ragazzo sui vent’anni. Scortato come lo Steve Mc Queen di Papillon viene trascinato fuori all’aperto e la gente intorno lo circonda, chiedendosi che cosa avrà fatto. Giovani e anziani.
    – I soliti, sempre qui a fregare i portafogli, basta.
    – Non se ne può più di questi ladri, andate a casa vostra.
    Un uomo lo tiene per il braccio, brandisce il telefonino, gridando che chiamerà i carabinieri, sul bavero del giubbotto ha il distintivo della Amt. Le persone s’avvicinano e gli domandano curiosi, quasi aggressivi, mentre il ragazzo, bianco, bruno di capelli, la camicia stazzonata, lo sguardo spaventato, biascica qualcosa – Ecco, senti ora parla, e parla pure italiano!- esclama trionfante l’addetto Amt.
    – Ma cos’ha fatto? s’incalza a gran voce.
    – Quando gli volevo controllare il biglietto è sceso di corsa ed è scappato, ma io l’ho inseguito.
    La folla ondeggia, mormora e d’improvviso si rivolta verso il controllore, lo apostrofa al grido di andate a lavorare, con il servizio che fa schifo ancora un po’ rompete la testa a ‘sto ragazzo , l’avete buttato a terra, strattonato e cosa sarà mai un biglietto con il deficit che c’è, per poco lo ammazzate. Non c’è lavoro per i giovani, fate pagare chi può, e mettete più bus.
    Un sentimento che pare indignazione monta tra le persone in un attimo: tutti si sta dalla parte del ragazzo e in tanti ancor più sentendo quel “parla italiano”. E se fosse stato straniero come ci saremmo comportati? Però. Un eccesso di zelo, un’esagerazione incredibile da parte dell’addetto Amt, che ha trascinato, inchiodato a terra il giovane portoghese, ma nessuno ha rimproverato il ragazzo per aver commesso comunque un illecito, non pagando il biglietto.
    I carabinieri arrivano e si spostano lontano, soltanto una persona si offre di testimoniare per l’aggressività eccessiva, intanto s’avvicina un signore, chiede: “Marco che succede?” accarezzandogli la testa e quegli occhi spenti e dolenti diventano lucidi.
    Qualuno chiede: non si può finire qui? Il ragazzo mostra un biglietto intonso, ma il controllore vuole la denuncia, in fondo ha fatto il suo lavoro (che si guarderà forse dal fare in altra occasione); e il carabiniere continua imperterrito a proclamare che si chiarirà tutto, prendiamo soltanto i dati.
    Marco resta solo con l’amico, tutti sono tornati alle loro compere con aria smarrita.
    E’ tale la sproporzione che ci si è dimenticati del compito che il controllore ha, pur con i limiti del suo comportamento e del suo senso del dovere di parte.
    E’ il confine tra chi ruba una mela e lo spettacolo di chi si appropria ogni giorno con disinvoltura del bene comune. Non si tollera più e si fa confusione di regole e del rispetto di esse: pare davvero finita la pazienza dei cittadini
    (Bianca Vergati)

  • OLI 316: PAROLE DEGLI OCCHI – Resistenza

    Foto di Paola Pierantoni – a cura di Giorgio Bergami

    Due immagini ci sono venute incontro in questi giorni: un incontro sull’Antola, e la lapide di Fenoglio sotto la sua abitazione ad Alba. Ci pare che stiano bene insieme.

    Foto di Giovanna Profumo- a cura di Giorgio Bergami