Categoria: disturbi alimentari

  • OLI 301: LETTERE – La libertà di scelta resta fuori dalla porta. Della scuola.

    Quando penso “mensa scolastica” la mia memoria olfattiva torna al profumo di cibo che accoglieva bimbi e genitori all’ingresso della scuola materna, odore di minestrone la mattina e budino al cioccolato all’uscita. Ora quando entri in una scuola oggi, non ti accoglie nemmeno più l’odore di disinfettante, perché se non lo portano i genitori da casa le pulizie si fanno all’acqua, senza sapone. Eppure, visti i costi, la mensa dovrebbe essere di buona qualità, anche se non è comprensibile come sia possibile che un ottimo menu biologico a Bologna costi 6,24 € a pasto e a Genova, non biologico, 6,50 €. In entrambi i casi si tratta di “pasti veicolati”, cioè prodotti e consegnati da aziende esterne, solo che a Genova sono private mentre a Bologna il comune è socio maggioritario.
    Ma veniamo alla libertà. In anni di asilo nido, scuola d’infanzia e primaria ho visto il menu scolastico peggiorare in qualità e penso che a farne le spese sono migliaia di bambini ogni giorno. Ho tentato di entrare nella commissione mensa, ma di solito ci vanno genitori che sono liberi all’ora di pranzo o che per particolari esigenze devono assistere il figlio diabetico per essere sicuri che abbia l’assistenza necessaria.
    Quest’anno però mio figlio mi mette con le spalle al muro: “ma perché non mi posso portare il pranzo da casa? Perché devo mangiare un pezzo di pesce congelato che viene chissà da dove, di solito pesce halibut, che come si legge anche su Wikipedia, viene pescato nel Pacifico del nord, dalla Russia al Giappone…. ma mamma saranno radioattivi!”
    Figlio mio, perché hai la sfortuna di essere allergico alle porcherie che le industrie mettono nel tonno in scatola, o meglio hai la fortuna di esserlo, così non te lo mangi. E hai anche il permesso di non mangiare quel povero pezzo di pesce morto lontano, per niente, visto che non puoi sostituirlo con altro ma puoi lasciarlo nel piatto.
    Però lui vorrebbe portarsi il pasto da casa, anche un pezzo di formaggio. Solo che non si può: puoi chiedere al comune un menu differente per allergie, per motivi religiosi o etici e sperare che sia disponibile: il menu o l’incaricato a compilarlo. Far da sé non è più una pratica prevista, ma non se ne comprende il motivo.
    Proporrei un questionario di valutazione della qualità da far compilare ai bambini, in fondo sono loro che mangiano a scuola tutti i giorni.
    (Cristina Capelli)

  • OLI 286: DISTURBI ALIMENTARI – Grido alla vita da un punto di non ritorno

    L’incontro con lo studio di Oliviero Toscani nasce da un’email che prova a puntar dritta a lui, corredata da link degli articoli sulla a. e b. e su una sua campagna pubblicitaria apparsi su OLI. La speranza e’ quella di trovare un interlocutore, non un mito, ma un uomo.

    Trascorrono due o tre giorni di silenzio, durante i quali la madre della modella a. Isabelle Caro (*), fotografata da Toscani in tutta la lunghezza della sua colonna vertebrale e morta recentemente, si toglie la vita. Vita che sua figlia, sebbene più sottile di un accento, invitava ad amare dai cartelloni pubblicitari come la cosa più importante al mondo.

    Arriva un’inaspettata risposta all’email. E’ una collaboratrice di Oliviero Toscani che vorrebbe prender contatto con me. Ci sentiamo, chiede di raccontarmi, telefonicamente. Possibile farlo in mezzo ad una piazza del centro storico e con uno sconosciuto all’altro capo del telefono? La invito a pormi una domanda. Lei, schietta, chiede: che cosa ti ha suscitato l’immagine di Isabelle? Invidia? So di che cosa sta parlando, anche se una domanda del genere farebbe sgranare gli occhi dei più, non si tratta di pura follia. La realta’ e’ che chi ha imboccato il cammino dell’a. o b. può invidiare 30 kg su 1.65 di altezza. Dallo specchio distorto dell’a. e b. queste misure valgono quanto le forme dell’Olympia di Manet per i più.
    La dichiarazione di anoressia di Isabelle nasconde un altro messaggio, che nulla ha a che vedere con le facili accuse di velleità sensazionalistiche di un fotografo di successo. Il coraggio di mostrare il proprio corpo nella sua interezza, costola per costola, è frutto della consapevolezza di aver raggiunto ormai un punto di non ritorno ed è volontà ed invito assieme a gridare si’ alla vita, per quelli che possono ancora invertire il senso di marcia. La comprensione di questo messaggio richiede in chi soffre di disturbi alimentari un livello di coscienza e di introspezione dal quale la nostra società invita a svicolare. Lo stesso trattamento riservato dai media agli scatti di Toscani in generale ne è la prova. A partire dalla barra di destra della pagina di La Repubblica, questi non offrono certo un servizio di sensibilizzazione rimbalzando le sue fotografie come ennesima provocazione o lanciando allarmi sulle inedie delle star di turno con paralleli fotografici prima e dopo. Questa è la vera insensibilità, l’incoscienza modaiola con la quale si affrontano temi come anoressia e bulimia.
    Non è dato di sapere il livello di intimità del dialogo tra Oliviero Toscani e Isabelle Caro, sicuramente non deve essere affar pubblico, come ormai tutto tende a trasformarsi nei salotti televisivi. Non è necessario che questo scambio sia avvenuto con parole verbalizzate, lo sguardo che si restituiscono nelle foto trasmette una comprensione della realtà che va al di là di qualsiasi commento, coglie un mondo vero e una fisicità reale, al di là degli stereotipi, dei colori, dei difetti, dei dettami della società.
    Per ascoltare Isabelle “basta” iniziare ad amarsi, prima di aver varcato quella soglia. Non è cosa da poco. Però perchè non provarci se in cambio c’è una vita da costruire?
    (*) http://neigeisabelle.blog.mongenie.com/
    (Maria Alisia Poggio)

  • OLI 283: DISTURBI ALIMENTARI – Goccia a goccia

    Difficile riuscire ad entrare nella testa di un adolescente, tutti lo si è stati, alcuni lo rimangono, alcuni mutano, forse per il senso del dover esser adulti. Stereotipi di adulti? O forse semplicemente monadi dalla memoria breve? Facile percepire la fragilità di quell’età, dove i modelli sembrano irraggiungibili, ma non sono loro il vero motivo, è l’inadeguatezza alla vita, dalla quale molti riescono a salvarsi, in vario modo. Chi con una buona costruzione di sé, che nelle varie fasi della vita ti consente di collocare il vuoto dentro in vari spazi, chi con un involucro d’ovatta o con lo spirito clownesco, che lo rimbalzano, chi incanalandosi in lavoro, sport, binari vari. Spesso, nel breve lasso della gioventù c’è chi tenta di controllare la propria inadeguatezza, misurando uno degli elementi più naturali che esistono, simbolo di amore, condivisione, fertilità, affetto: il cibo. I media, veri broker dei sentimenti e dell’intelletto del giorno d’oggi, ci mettono poi sopra un bel cappello, funzionale, ad effetto! Trasformano anoressia e bulimia in qualcosa di cronachistico, un po’ salutista e un po’ fashion… Che siano tutti delle fashion victim o dei vegani che non hanno ancora coscienza di sé?(*) Dura da pensare, considerando che si può essere a. e b. (anoressici e bulimici) senza limite d’età e d’intelletto.
    L’inadeguatezza è una brutta bestia, è la bestia per eccellenza, il “mistero” sacro e profano della vita, che l’annienta, prima che sia la vecchiaia, la malattia clinica, prima che la morte, che non chiede l’età anagrafica per educazione, bussi alla porta. Distante anni luce dal tempo di morire, che ciascuno avrebbe il diritto di scandire in condizioni di personale impossibilità a vivere, a. e b. sono l’inconscia, spesso, come la dispercezione del proprio corpo, o conscia scelta di rinunciare a vivere. Quando la vita è una porta aperta, non si riesce a superarne la soglia. Non è necessario vomitare, pesare, controllare le calorie, farsi di lassativi, basta rinunciare goccia a goccia al cibo, alla vita, perché questa fa paura, perché si sente un vuoto uterino dentro.
    È difficile comprendere che una monade in fondo non è sola, ma fa sistema con le altre. Se ci si butta, passando attraverso quella porta ci sono strutture che fanno da paracadute, anche a Genova. Ci aiutano a fluttuare nella vita, moto perpetuo al quale è dolce adeguarsi, sebbene qualche volta ci sommerga, per farci riemergere sorprendentemente subito dopo.
    * http://seidimoda.repubblica.it/dettaglio/Portman:-vegana-o-anoressica/75460
    (Maria Alisia Poggio)